Respinta la richiesta di risarcimento avanzata dalla donna nei confronti della società che gestisce lo stabilimento termale in cui è ricompresa la piscina, teatro dell'incidente. Censurata dai Giudici la condotta tenuta dalla donna a fronte di una situazione di palese pericolosità.
Pessima idea, senza dubbio, quella di camminare a piedi nudi lungo il bordo di una piscina. Quasi inevitabile la scivolata con conseguente caduta. E logico escludere, secondo i Giudici, la responsabilità della struttura per la disavventura vissuta dall'ospite. Protagonista della vicenda giudiziaria, e di un precedente capitombolo, è una donna, che cita in giudizio una società che gestisce uno stabilimento termale dotato di piscina e le chiede un risarcimento per i danni – alla persona e patrimoniali – riportati a seguito di una caduta a terra occorsale mentre stava camminando lungo il bordo della piscina. Per i giudici di merito, però, la richiesta di ristoro economico è priva di fondamento, poiché «la donna è stata imprudente», avendo «percorso a piedi nudi il bordo della piscina, bordo prevedibilmente e normalmente scivoloso», e ciò porta ad escludere ogni possibile addebito a carico della società. Col ricorso in Cassazione, però, la donna ha lamentato «la violazione delle norme di sicurezza per la tenuta dell'impianto» in cui si è verificato l'incidente, violazione utile, a suo dire, a certificare «la colpa» della società e a dimostrare «la legittimità della camminata senza calzature» lungo il bordo della piscina. Prima di prendere in esame la versione proposta dalla donna, i Giudici di Cassazione ribadiscono che «quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione, da parte della stessa persona danneggiata, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più rilevante deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente della medesima persona danneggiata nel dinamismo del danno». Tornando all'episodio oggetto del processo, i Magistrati chiariscono che «la violazione delle norme di sicurezza dettate per regolamentare le autorizzazioni amministrative, e certamente indice di una possibile colpa soggettivamente imputabile al gestore così come al custode della struttura, non possono spostare la conclusione, poiché non giustificano la condotta incauta che», come in questo caso, «sia giudicata tale in modo decisivo». A fronte del «bilanciamento tra pericolosità della cosa e obblighi di cautela», i Giudici sottolineano sì la pericolosità del bordo della piscina ma anche, allo stesso tempo, «l'agevole prevedibilità e percepibilità della stessa pericolosità, trattandosi di piscina all'aperto», senza dimenticare, infine, «la scelta» della donna «di non premunirsi di accorgimenti minimi» per evitare problemi e, invece, «camminando a piedi nudi» lungo il bordo della piscina.
Presidente Vincenti – Relatore Porreca Rilevato che O.M.C. ricorre, sulla base di un unico motivo, corredato da memoria, per la cassazione della sentenza numero omissis del 2018 della Corte di appello di Bologna esponendo che aveva convenuto in giudizio la s.p.a. E. per ottenere il risarcimento dei danni, alla persona e patrimoniali, indicati come conseguenti a una caduta a terra, occorsa mentre stava camminando lungo il bordo della piscina situata all'interno dello stabilimento termale gestito dalla suddetta società il Tribunale aveva rigettato la domanda, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, per quanto qui ancora importa, la deducente, percorrendo a piedi nudi il bordo della piscina, prevedibilmente e normalmente scivoloso, tanto più in quanto all'aperto, era stata imprudente in misura tale da escludere il nesso causale astrattamente riferibile alla convenuta non ha svolto difese la s.p.a. rimasta così intimata. Rilevato che con l'unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli articolo 2043,2051, c.c., 115, c.p.c., 14, comma 1, D.M. numero 18 marzo 1996, e della delibera della Giunta Regionale Emilia Romagna numero 1092 del 2005, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la deducente aveva invocato la violazione delle norme di sicurezza per la tenuta degli impianti come quello in parola, che erano indice della colpa in cui era versata la convenuta, e che confermavano la legittimità della camminata senza calzature, laddove il Collegio di merito avrebbe al contempo errato nell'omettere il bilanciamento tra obbligo di cautela della vittima e colposa pericolosità della cosa gestita e custodita. Considerato che il motivo di ricorso è in parte inammissibile, in parte infondato come chiarito da questa Corte cfr., in tema di responsabilità ex articolo 2051, c.c., Cass., 01/02/2018, numero 2482, Cass., Sez. U., 30/06/2022, numero 20943 , quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa, gestita così come custodita, o dal comportamento della stessa vittima o se vi sia stato concorso causale tra i due fattori, costituisce valutazione di merito da compiere sul piano del nesso eziologico, sottendendo un bilanciamento con i doveri di precauzione e cautela dunque, ove la condotta del danneggiato assurga, per l'intensità del rapporto con la produzione dell'evento, al rango di causa autonomamente sopravvenuta dell'evento del quale la cosa abbia infine costituito, in questo senso, una mera occasione, viene meno il nesso eziologico con la res , anche se la condotta del danneggiato possa ritenersi astrattamente prevedibile, ma debba essere esclusa come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale da verificare dunque secondo uno standard oggettivo in altri termini, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado d'incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'articolo 1227, comma 1, c.c., e dev'essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'articolo 2 Cost. a questo fine non è necessario che si tratti di condotta abnorme, dunque, bensì colposamente incidente nella misura apprezzata quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo del danno, fino a rendere possibile, nei termini appena specificati, che detto comportamento superi il nesso eziologico astrattamente individuabile tra fatto ed evento dannoso mancando la prova del nesso non può sussumersi la fattispecie concreta nel paradigma della responsabilità civile, nè custodiale nè generale la violazione delle norme di sicurezza dettate per regolamentare le autorizzazioni amministrative, e certamente indici di una possibile colpa soggettivamente imputabile al gestore articolo 2043 c.c. , così come al custode articolo 2051 c.c. , non possono spostare la conclusione poiché non giustificano la condotta incauta che sia giudicata tale in modo decisivo e assorbente ai fini ricostruttivi del nesso oggettivo a tale riguardo non può dirsi che il giudice di merito non abbia proceduto al richiamato bilanciamento tra pericolosità della cosa e obblighi di cautela, avendo apprezzato la sussistenza della prima ma, parimenti, l'agevole prevedibilità e percepibilità della stessa, trattandosi di piscina all'aperto, in uno alla scelta di non premunirsi degli accorgimenti minimi per evitare di subirne gli effetti, camminando la vittima a piedi nudi il fatto che le norme in materia di sicurezza prevedano accorgimenti proprio assumendo l'ipotesi di simili passi, non significa che, potendosi verificare e percepire la marcata e in tesi anche mal gestita scivolosità del terreno, l'utente possa esimersi dalle ovvie cautele per evitarne le conseguenze, non predisponendo le quali può innescare, secondo un giudizio fattuale proprio della sede giudicante di merito, una serie causale autonoma dal punto di vista della responsabilità civile risarcitoria a fronte di ciò, la censura, pur formalmente riferita a prescrizioni normative primarie e secondarie ovvero anche, e inammissibilmente, a prescrizioni di provvedimenti amministrativi, finisce per sottendere una parimenti inammissibile richiesta di rivalutazione istruttoria non deve disporsi sulle spese non essendovi state difese di parte intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.