Maltrattamenti in famiglia: episodi isolati e un modello educativo vecchio stampo non inchiodano il genitore

Rimessa in discussione la condanna pronunciata in appello a carico di un uomo finito sotto processo per le condotte vessatorie e violente tenute tra le mura domestiche a danno dei tre figli minorenni.

Difficile condannare per maltrattamenti il papà che adotta un modello educativo vecchio stampo, improntato all'uso della forza e della violenza, se ci si trova di fronte ad episodi eclatanti ma isolati. Secondo i giudici di merito , l'uomo sotto processo doveva essere ritenuto colpevole per i comportamenti violenti tra le mura domestiche nei confronti dei tre figli, tutti e tre minorenni. Per i giudici di primo e di secondo grado è logica la condanna per il reato di maltrattamenti in famiglia. Questa valutazione viene fortemente contestata dal legale che difende l'uomo e che sostiene sia illogico qualificare come maltrattamenti in famiglia i comportamenti posti in essere dal suo cliente in danno dei figli , vista l'assenza del presupposto dell'abitualità delle condotte vessatorie . Impossibile, secondo il legale, parlare di condotte abituali, trovandosi di fronte ad un numero ridotto di episodi di violenza nei confronti dei figli minori . Prima di esaminare la vicenda, i giudici di Cassazione chiariscono che il delitto di maltrattamenti in famiglia configura un reato abituale, essendo costituito da una pluralità di fatti commessi reiteratamente dalla persona con l'intenzione di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali e quindi ogni successiva condotta di maltrattamento si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario . A fronte di questo principio, è palese, secondo i Giudici di Cassazione, la fragilità della condanna dell'uomo sotto processo, poiché in appello si è rilevato che gli episodi di violenza posti in essere dall'uomo ai danni dei figli minori paiono isolati , ancorché indicativi di un modello educativo improntato non già al dialogo e alla condivisione ma all'uso della forza e della violenza . I magistrati ribadiscono poi che l'abitualità dei maltrattamenti può essere ravvisata anche a fronte di condotte ripetute in un limitato contesto temporale, fermo restando che, in tal caso, è necessario che le condotte vessatorie siano state poste in essere in maniera continuativa o con cadenza ravvicinata . Ma nella vicenda oggetto del processo non è chiaro come a condotte descritte come isolate quelle attribuite all'uomo, possa conseguire il riconoscimento del reato di maltrattamenti in famiglia. Anche tenendo presente che in appello ci si è limitati a un riferimento generico agli episodi commessi nell'ultimo anno , senza fare chiarezza sulla collocazione delle condotte maltrattanti rispetto all'arco temporale indicato nel capo di imputazione e ai periodi di allontanamento dei figli dai genitori, allontanamento imposto per affido a terzi o a case famiglia . Necessario, quindi, approfondire questi dettagli, e questo è il compito affidato dalla Cassazione ai giudici d'appello.

Presidente Fidelbo – Relatore D'Arcangelo Ritenuto in fatto 1. A.B. è stato tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Taranto per rispondere del delitto di cui all' art. 572, comma 2, c.p. , commesso in danno della convivente N.N. e dei tre figli minorenni, in omissis in data omissis capo a , di cui all' art. 590 c.p. , commesso in omissis in data omissis capo b , e di cui all' art. 186, comma 7, del D.Lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285 , commesso in omissis in data omissis capo c . 2. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, con sentenza emessa in data del 28 gennaio 2022 all'esito del giudizio abbreviato, ha dichiarato l'imputato responsabile del reato di cui al capo a , limitatamente ai maltrattamenti consumati in danno dei tre figli minori, nonché del reato di cui al capo c e riconosciute le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena ritenuta di giustizia. 3. Con la decisione impugnata, la Corte d'appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l'imputato appellante al pagamento delle spese del grado. 4. L'avvocato Antonio Mancaniello, difensore dell'imputato ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l'annullamento, proponendo quattro motivi di ricorso. 4.1. Con il primo motivo il difensore censura l'omessa motivazione del rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato all'esame della persona offesa e la manifesta illogicità della mancata assunzione della prova decisiva costituita dall'esame testimoniale della persona offesa in sede di rinnovazione dell'istruzione probatoria in grado di appello. 4.2. Con il secondo motivo il difensore deduce l'inosservanza dell' art. 119 c.p.p. e della disciplina della partecipazione agli atti di persona sordomuta in relazione alla remissione di querela operata per iscritto dalla persona offesa, in assenza dell'intervento di un interprete. 4.3. Con il terzo motivo il difensore eccepisce la violazione del diritto di difesa e il travisamento della prova in ordine ai presunti maltrattamenti posti in essere in danno dei minori. Rileva il difensore che l'imputato era, infatti, stato assolto dall'imputazione di maltrattamenti posti in essere in danno della convivente, per difetto del requisito dell'abitualità, ma condannato per le condotte maltrattanti poste in essere, direttamente e nella forma della c.d. violenza assistita, in danno dei figli minori. Tuttavia, non essendo state ritenute sussistenti condotte di violenza nei confronti della convivente, sarebbe illogico ritenere sussistente la violenza assistita. Con riferimento a condotte di violenza diretta mancherebbe, inoltre, una specifica correlazione con l'ambito temporale oggetto del capo di imputazione. Nell'arco temporale intercorrente dal 19 agosto 2020 al 18 agosto 2021 difetterebbe, infatti, la prova di abituali condotte di violenza nei confronti dei figli minori, sussistendo al più episodi isolati di percosse. 4.4. Con il quarto motivo il difensore si duole dell'erronea applicazione della legge penale e della manifesta illogicità della motivazione in relazione alla qualificazione delle condotte poste in essere in danno dei figli dell'imputato quali maltrattamenti in famiglia, pur in assenza del presupposto dell'abitualità delle condotte vessatorie. Sarebbe, infatti, illogico aver escluso l'abitualità nei confronti della convivente del ricorrente e, invece, ritenerla sussistente, pur a fronte di un numero inferiore di episodi di violenza, nei confronti dei figli minori. 5. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, secondo la disciplina delineata dall' art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020 , convertito dalla L. n. 176 del 2020 , prorogata per effetto dell' art. 16, comma 1, del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228 , convertito con modificazioni dalla L. n. 15 del 25 febbraio 2022 . Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 10 marzo 2023, il Procuratore generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano. 2. Con il quarto motivo il difensore si duole dell'erronea applicazione della legge penale e della manifesta illogicità della motivazione in relazione alla qualificazione delle condotte poste in essere in danno dei figli dell'imputato quali maltrattamenti in famiglia, pur in assenza del presupposto dell'abitualità delle condotte vessatorie. Ad avviso del difensore, sarebbe, infatti, illogico aver escluso l'abitualità nei confronti della convivente del ricorrente e, invece, ritenerla sussistente, pur a fronte di un numero inferiore di episodi di violenza, nei confronti dei figli minori. 3. Il motivo è fondato. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il delitto previsto dall' art. 572 c.p. configura un reato abituale, essendo costituito da una pluralità di fatti commessi reiteratamente dall'agente con l'intenzione di sottoporre il soggetto passivo ad una serie di sofferenze fisiche e morali, onde ogni successiva condotta di maltrattamento si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario ex plurimis Sez. 6, n. 56961 del 19/10/2017, F., Rv. 272200 01 Sez. 6, n. 43221 del 25/09/2013, B., Rv. 257461 01 Sez. 6, n. 4636 del 28/02/1995, Cassani, Rv. 201148 01 . La Corte di appello, tuttavia, non ha fatto corretta applicazione di tale consolidato principio, in quanto ha rilevato che gli episodi di violenza posti in essere dall'imputato ai danni dei figli minori sarebbero isolati , ancorché fossero indicativi, unitamente alle condotte di violenza c.d. assistita, cui i minori erano stati costretti, di un modello educativo improntato non già al dialogo e alla condivisione, ma all'uso della forza e della violenza. Le sentenze di merito, tuttavia, hanno ritenuto che le condotte di violenza poste in essere dall'imputato ai danni della convivente non fossero abituali. La giurisprudenza di legittimità, invero, ammette che l'abitualità dei maltrattamenti possa essere ravvisata anche a fronte di condotte ripetute in un limitato contesto temporale Sez. 3, n. 6724 del 22/11/2017, D.L. n., Rv. 27245201 Sez. 6, n. 25183 del 19/06/2021, R., Rv. 253041 01 , fermo restando che, in tal caso, è necessario che le condotte vessatorie siano state poste in essere in maniera continuativa o con cadenza ravvicinata Sez. 6, n. 21087 del 10/05/2022, C., Rv. 283271 01 . La Corte di appello ha, dunque, motivato solo apparentemente sul punto, non avendo chiarito come a condotte descritte come isolate consegua nella specie la sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia. Parimenti la Corte di appello, limitandosi a un riferimento generico agli episodi commessi nell'ultimo anno , non ha motivato sulle censure proposte dalla difesa nell'atto di appello relativamente alla collocazione delle condotte maltrattanti rispetto all'arco temporale indicato nel capo di imputazione e ai periodi di allontanamento dei figli dai genitori imposto per affido a terzi o a case famiglia. La fondatezza di questo motivo, in ragione del proprio rilievo assorbente, esime dal delibare gli ulteriori motivi proposti dal ricorrente. 4. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere accolto e deve essere disposto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Lecce perché motivi conformandosi ai principi di diritto indicati. 5. In caso di diffusione del presente provvedimento devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi, ai sensi dell' art. 52 del D.Lgs. n. 30 giugno 2003, n. 196 , in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Lecce.