Costruzioni di edifici: quando è proponibile l’azione ex art. 2043 c.c.?

L'azione ex art. 2043 c.c. può trovare applicazione in materia di costruzioni di edifici solo nei casi in cui non lo sia l' art. 1669 c.c. , ossia nelle ipotesi in cui si ravvisi un illecito che non è disciplinato dall' art. 1669 c.c. , il quale riguarda la costruzione non conforme alle regole dell'arte o che non tenga in considerazione i vizi del suolo preesistenti. Di conseguenza, l'esistenza di questa ipotesi speciale di responsabilità non fa venire meno l'applicabilità della norma generale dell' art. 2043 c.c. rispetto agli eventi indicati nell' art. 1669 c.c. , ma solo almeno nei casi in cui non ricorrano le condizioni previste da quest'ultima norma.

Il caso Gli attori avevano acquistato dalla società di costruzioni due unità immobiliari. La società, in particolare, aveva appaltato all'impresa di Tizio i lavori di copertura successivamente, si era venute a verificare copiose infiltrazioni ai piani terra ed interrato. Per questi motivi, gli attori avevano proposto domande risarcitorie ex artt. 1669 e 2043 c.c. nei confronti delle società. Nel giudizio di primo grado, il giudice dichiarava inammissibili le domande in quanto queste erano state intentate oltre il termine annuale di prescrizione previsto dall' art. 1669 c.c. inoltre, secondo il giudice, la domanda risarcitoria riferita all' art. 2043 c.c. doveva considerarsi nuova, siccome fondata su un titolo diverso, su una disciplina differente e costituente un ampliamento del thema decidendum ” rispetto alla dedotta responsabilità speciale di cui al citato art. 1669 c.c. Nel giudizio di secondo grado, invece, la Corte territoriale accoglieva l'appello e, in riforma dell'impugnata pronuncia, condannava, in solido, le società al risarcimento dei danni. A sostegno dell'adottata decisione, la Corte territoriale rilevava che la domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. non avrebbe potuto qualificarsi come nuova, siccome comunque implicante la prospettazione di una responsabilità di tipo extracontrattuale conforme a quella, di natura speciale, prevista in materia di appalto. Le contestazioni Avverso il provvedimento in esame, la società appaltatrice aveva proposto ricorso in Cassazione eccependo il difetto di editio actionis ” dell'avverso atto di appello per omessa riproposizione della domanda risarcitoria ai sensi dell' art. 2043 c.c. e, con altro motivo, la violazione e falsa applicazione dell' art. 2043 c.c. , per aver la Corte di appello ritenuto sussistente ed affermato la responsabilità aquiliana di essa società appaltatrice in difetto dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalla citata norma, una volta che l'azione inizialmente proposta ai sensi dell' art. 1669 c.c. era da ritenersi prescritta. Compatibilità tra le azioni 1669 c.c. e 2043 c.c. Secondo la Cassazione, l' art. 1669 c.c. non è norma di favore diretta a limitare la responsabilità del costruttore, ma mira a garantire una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale. Il Legislatore ha con essa stabilito un più rigoroso regime di responsabilità rispetto a quello previsto dall' art. 2043 c.c. , caratterizzato dalla presunzione iuris tantum di responsabilità dell'appaltatore, la quale è stata tuttavia limitata nel tempo, in virtù di un bilanciamento tra le contrapposte esigenze di rafforzare la tutela di un interesse generale e di evitare che detta presunzione si protragga per un tempo irragionevolmente lungo. Pertanto, se la ratio dell' art. 1669 c.c. è quella di introdurre una più incisiva tutela, è coerente con la medesima l'applicabilità dell' art. 2043 c.c. solo nel caso in cui non sussistano le condizioni previste dalla prima norma, essendo in generale ammissibile la coesistenza di due azioni diversificate quanto al regime probatorio e potendo la parte agire non avvalendosi delle facilitazioni probatorie stabilite per una di esse. In definitiva, l'azione ex art. 2043 c.c. è, dunque, proponibile quando in concreto non sia esperibile quella dell' art. 1669 c.c. , perciò anche nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell'opera ipotesi non rientrante nell'alveo di applicabilità del disposto del comma 1 dello stesso art. 1669 c.c. . Nel caso di esperimento dell'azione disciplinata dall' art. 2043 c.c. non opera, ovviamente, il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore, che lo onera di una non agevole prova liberatoria. Pertanto, in tale eventualità, spetta a colui il quale agisce provare tutti gli elementi richiesti dall' art. 2043 c.c. e, in particolare, anche la colpa del costruttore. Principio di diritto Premesso ciò, secondo la S.C., con la sentenza impugnata, la Corte di appello, pur avendo dato atto che il diritto fatto valere con l'azione ex art. 1669 c.c. era da ritenersi prescritto per essere decorso più di un anno dalla denuncia dei relativi vizi costruttivi come accertato mediante la sentenza di primo grado passata pacificamente in giudicato sul punto , aveva ritenuto ammissibile la tutela risarcitoria prevista dalla generale previsione dell' art. 2043 c.c. , da ritenersi, invece, in questa ipotesi non più riconoscibile. Per le ragioni esposte, il ricorso è stato accolto e, per l'effetto, il provvedimento è stato cassato con rinvio ad altra Corte che dovrà uniformarsi al seguente principio di diritto Sul presupposto che la responsabilità ex 1669 c.c. è speciale rispetto a quella prevista dalla norma generale di cui all' art. 2043 c.c. , ne consegue che, avuto riguardo alla costruzione di un edificio, quest'ultima può essere invocata soltanto ove non ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi della responsabilità prevista per l'appunto dall' art. 1669 c.c. , ma, pur tuttavia, non al fine di superare i limiti temporali entro cui l'ordinamento positivo ne consente l'operatività, ovvero senza poter aggirare” lo speciale regime di prescrizione e decadenza che la caratterizza .

Presidente Di Virgilio – Relatore Carrato Ritenuto in fatto Con sentenza n. 472/2016, l'adito Tribunale di Varese respinse e - rispettivamente - dichiarò inammissibili le domande proposte l'una ai sensi dell' art. 1669 c.c. e l'altra ex art. 2043 c.c. sia dai coniugi T.L. e FI.Fr. , sia da O.G., i quali, dopo l'esperimento di un ATP dagli stessi richiesto, sulla premessa di aver acquistato dall' omissis s.r.l. due unità immobiliari site nel Comune di omissis e che la venditrice aveva appaltato all'impresa edile M.D. e f.lli i lavori di copertura, successivamente alla cui esecuzione si era venute a verificare copiose infiltrazioni ai piani terra ed interrato, avevano chiesto la condanna delle predette società al risarcimento dei danni sofferti. In particolare, il citato Tribunale ritenne che l'azione era stata intentata oltre il termine annuale di prescrizione previsto dall' art. 1669 c.c. e che la domanda risarcitoria riferita all' art. 2043 c.c. , proposta dalle parti attrici soltanto nella prima memoria di cui all' art. 183, comma 6, c.p.c. , si sarebbe dovuta considerare nuova, siccome fondata su un titolo diverso, su una disciplina differente e costituente un ampliamento del thema decidendum rispetto alla dedotta responsabilità speciale di cui al citato art. 1669 c.c. . In ogni caso, lo stesso giudice di primo grado, proprio sul presupposto che quest'ultimo tipo di responsabilità si connotava come speciale rispetto al quella generale prevista dall' art. 2043 c.c. , rilevava che, nell'ambito della costruzione di un edificio, quella generale avrebbe potuto essere invocata solo nel caso in cui non fossero sussistiti i presupposti oggettivi e soggettivi della responsabilità ex art. 1669 c.c. , e non al fine di superare i limiti temporali in cui quest'ultima opera, ovvero per derogare allo speciale regime di prescrizione e decadenza che la caratterizza. 2. Decidendo sull'appello formulato dai soccombenti attori e nella costituzione di entrambe le società appellate, la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 4293/2018 pubblicata il 1° ottobre 2018 , lo accoglieva e, in riforma dell'impugnata pronuncia, condannava, in solido, la s.n.c. M.D. e fratelli e la s.r.l. OMISSIS al risarcimento dei danni, in favore dei suddetti coniugi T. -F., nella misura di Euro 16.045,00, e al risarcimento dei danni in favore di O.G. nello stesso importo. A sostegno dell'adottata decisione, la Corte territoriale, previamente ritenuto coperto dal giudicato il capo dell'appellata sentenza con il quale era stata dichiarata prescritta l'azione ricondotta all'applicazione dell' art. 1669 c.c. , rilevava - contrariamente all'avviso del giudice di primo grado - che la domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. non avrebbe potuto qualificarsi come nuova, siccome comunque implicante la prospettazione di una responsabilità di tipo extracontrattuale conforme a quella, di natura speciale, prevista in materia di appalto dalla suddetta norma ed inerente alla stessa vicenda fattuale, ragion per cui essa si sarebbe dovuta considerare ammissibile. Sulla base di tale presupposto, la Corte di appello - previamente accertata la responsabilità prevista dall' art. 2043 c.c. a carico della società venditrice degli immobili e della società appaltatrice dei lavori di copertura degli stessi - determinava l'importo dei risarcimenti dei danni assunti come patiti dagli appellanti sulla scorta delle risultanze desumibili dalle indagini compiute dal c.t.u., e, quindi, della verifica delle cause dei danni e dei costi occorrenti per il ripristino della piena agibilità dei locali interessati dalla denunciate infiltrazioni, così pervenendo al riconoscimento dei danni stessi da risarcire in favore delle parti appellanti nella su indicata misura, con relativa condanna al loro pagamento a carico delle due società appellate, in solido fra loro, non essendo emersa alcuna circostanza idonea a comportare una deroga alla regola presuntiva di pari responsabilità fissata dall' art. 2055, comma 3, c.c. 3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, omissis s.n.c. Tutte le parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede. La difesa della ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo, la ricorrente ha denunciato - ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 - la nullità del procedimento e della conseguente impugnata sentenza, in relazione alla non dichiarata inammissibilità o nullità insanabile dell'avverso atto di appello in quanto carente della prescritta firma digitale, nonché della nullità della inerente notificazione a mezzo pec, oltre che della omessa attestazione di conformità dell'originale depositato alla copia notificata per pec, in violazione degli artt. 3-bis e 11 della L. n. 53 del 1994 , nonché degli artt. 125 c.p.c. , 20 e 21 d. lgs . n. 82/2005 e 16-undecies del D.L. n. 179 del 2012 e successive modifiche. 2. Con la seconda censura, la ricorrente ha dedotto - con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - la violazione e falsa applicazione degli artt. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. , 163, comma 3, nn. 3 e 4 , c.p.c., 164, comma 4, c.p.c., nonché degli artt. 2043 e 1699 c.c. , per aver la Corte di appello ritenuto, con l'impugnata sentenza, ammissibile la domanda degli appellanti di risarcimento ai sensi del citato art. 2043 c.c. , quantunque formulata dagli stessi, nel giudizio di primo grado, per la prima volta con la memoria di cui all' art. 183, comma 6, n. 1 , c.p.c. , ponendo, così, in essere una inammissibile mutatio libelli rispetto all'iniziale domanda proposta con l'atto di citazione di riconoscimento dell'operatività della garanzia per vizi ai sensi dell'indicato art. 1669 c.c. 3. Con la terza doglianza, la ricorrente ha lamentato - con riguardo all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - la violazione degli artt. 342, 163, comma 3, nn. 3 e 4 , 164, comma 4, e 346 c.p.c. , per difetto di editio actionis dell'avverso atto di appello per omessa riproposizione della domanda risarcitoria ai sensi dell' art. 2043 c.c. 4. Con il quarto motivo, la ricorrente ha denunciato - ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - la violazione e falsa applicazione dell' art. 2043 c.c. , per aver la Corte di appello ritenuto sussistente ed affermato la responsabilità aquiliana di essa società M. in difetto dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalla citata norma, una volta che l'azione inizialmente proposta ai sensi dell' art. 1669 c.c. fosse da ritenersi prescritta. 5. Il quinto motivo è articolato in quattro sub-censure - con la prima, la ricorrente ha dedotto - in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 - l'omesso esame di più fatti decisivi del giudizio discussi tra le parti e non valutati dalla Corte di appello, con riferimento alle plurime documentate difese di merito comprovanti l'infondatezza dei profili di responsabilità aquiliana ad essa ricorrente attribuiti, nonché con riguardo alla mancata ammissione dei mezzi istruttori richiesti, sia in primo che in secondo grado, oltre che in ordine al contestato quantum risarcitorio - con la seconda, ha prospettato l'omesso esame di fatto decisivo costituito dalla documentata perfetta compatibilità delle tegole coppo di grecia […] posate con una pendenza falda non misurata dal c.t.u. nella misura ritenuta dal c.t.u. del 22% invero del 25% secondo l'elaborato progettuale , nonché della certificata perfetta impermeabilità ed impermeabilizzazione garantita da dette tegole, con conseguente corretta realizzazione del manto di copertura e corretta inclinazione della stessa - con la terza, ha dedotto l'omesso esame di fatto decisivo costituito dalla ulteriore circostanza dedotta in giudizio e non valutata dalla Corte di appello, per cui l'unico caso di infiltrazione d'acqua indicato nell'atto di citazione del 19/3/2011 era stato causato da due fattori concomitanti estranei alla condotta di essa ricorrente, ovvero all'evento meteorico eccezionale e alla colpevole mancata manutenzione da parte degli attori del tetto, grondaie, pluviali e strutture di deflusso delle acque piovane - con la quarta, si denuncia l'omissione di un ulteriore fatto decisivo attinente al quantum debeatur , in ordine al quale la Corte di appello aveva fatto pedissequamente ed acriticamente propria la stima del c.t.u., tratta dal bollettino della Camera di commercio di Milano, mancando di prendere in considerazione la documentazione e la diversa stima addotte da essa ricorrente. 6. Con il sesto ed ultimo mezzo, la ricorrente ha denunciato - ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 - la violazione e falsa applicazione dell' art. 2055, comma 3, c.c. , in relazione alla illegittima statuizione di condanna dell'impresa edile M. a tenere indenne omissis di quanto da questa dovuto a parte appellante per effetto della sentenza nei limiti di 1/2 , malgrado, con l'impugnata sentenza, fosse stata accertata l'operatività della presunzione di pari responsabilità delle due società, siccome non superata da prove contrarie ai fini di una diversa ripartizione del concorso percentuale di colpa nella causazione dell'evento dannoso. 7. Ritiene il collegio che il primo motivo è infondato perché, al di là della possibile irregolarità della notificazione dell'atto di appello, la stessa aveva raggiunto il suo scopo, con conseguente sanatoria del relativo vizio, essendosi l'odierna ricorrente allora appellata ritualmente e tempestivamente costituita nel giudizio di secondo grado, spiegando pienamente le sue difese nel merito, come correttamente ritenuto nell'impugnata sentenza sulla base dell'univoca giurisprudenza di questa Corte v., tra le tante, Cass. SU n. 7665/2016 , Cass. SU n. 23620/2018 e, da ultimo, Cass. n. 20214/2021 . 8. Anche il secondo motivo è privo di fondamento e va respinto. Infatti - secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte a partire dalla sentenza delle SU n. 12310/2015 , con la allegazione del titolo di responsabilità ricondotto alla più generale norma della responsabilità extracontrattuale di cui all' art. 2043 c.c. , tempestivamente dedotta sotto forma di precisazione o modificazione con la prima memoria prevista dall' art. 183, comma 6, n. 1 , c.p.c. come rilevato nell'impugnata sentenza e come riportato anche nel ricorso, a pag. 10, laddove si ricorda che, in detta memoria, gli attori avevano chiesto l'accertamento e la dichiarazione della responsabilità dei convenuti, oltre che ai sensi dell' art. 1669 c.c. , anche e/o ai sensi dell' art. 2043 e e/o dell'art. 2049 c.c. - gli originari attori che avevano in effetti agito ab origine con una domanda il cui petitum consisteva nella sola richiesta di accertamento della presenza di gravi vizi e difetti nelle loro unità immobiliari e della loro riconducibilità a difetti di costruzione, con la condanna solidale dei responsabili dell'illecito , non avevano immutato i fatti dedotti a sostegno dell'originaria domanda. In effetti, essi - con la citata memoria - avevano inteso specificare in modo sufficientemente univoco, con il richiamo della relativa norma di riferimento che la domanda avrebbe dovuto intendersi, oltre che rivolta, in via principale, al titolo di responsabilità speciale, anch'esso di tipo extracontrattuale, riconducibile alla previsione di cui all' art. 1669 c.c. , anche, in via eventuale, a quella generale - sempre di natura extracontrattuale - contemplata dall' art. 2043 c.c. , così mantenendo ferma la vicenda sostanziale già fatta valere in giudizio con l'originario atto di citazione cfr., pure, Cass. n. 13091/2018 e Cass. n. 4031/2021 . In tal modo, essi avevano chiesto affermarsi, in ogni caso, la responsabilità extracontrattuale dei convenuti per l'evento dannoso dedotto in giudizio pur in presenza della diversità di disciplina tra le due tipologie di responsabilità e della differenza relativa ai rispettivi oneri probatori da assolvere . 9. Rileva il collegio che il terzo e quarto motivo, siccome tra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati per le ragioni che seguono. Occorre partire da due presupposti di fondo - il primo è che - come ha riconosciuto il giudice di secondo grado nell'impugnata sentenza - è rimasto pacificamente accertato che, per l'effetto del devolutum specificamente dedotto in appello dagli attori soccombenti, si era venuto a determinare il passaggio in giudicato del capo decisorio della sentenza di primo grado con il quale fu dichiarato prescritto il diritto dei committenti ad ottenere il risarcimento ai sensi dell' art. 1669 c.c. , essendo trascorso - in applicazione del suo comma 2 - più di un anno dalla relativa denuncia - il secondo è che la Corte milanese, avendo correttamente ravvisato - diversamente dal giudice di primo grado - l'ammissibilità per quanto detto in risposta al secondo motivo anche della domanda risarcitoria extracontrattuale ai sensi dell' art. 2043 c.c. in base alle deduzioni modificative contenute nella memoria di cui all'art. 186, comma 6, n. 1 , c.p.c. , ha ritenuto di poter decidere sul merito di questa ulteriore domanda nei confronti dell'appaltatrice odierna ricorrente , ritenendone sussistenti i presupposti, sulla premessa della ravvisata compatibilità tra le due domande e - si noti - pur in presenza della formazione del suddetto giudicato in ordine alla dichiarata prescrizione del diritto degli attori-appellanti all'ottenimento del risarcimento del danno in relazione all'applicabilità dell' art. 1669 c.c. . Incentrando l'attenzione sul secondo aspetto, bisogna prendere le mosse dall'orientamento - ormai consolidatosi - della giurisprudenza di questa Corte a cominciare, soprattutto, da Cass. n. 1136/1977, passando attraverso Cass. n. 3338/1999 , per poi pervenire all'assetto definitivo disegnato con la sentenza della Sezioni unite n. 2284/2014 , secondo cui la questione della compatibilità, quindi dell'ammissibilità, dell'azione ex art. 2043 c.c. e di quella di cui all' art. 1669 c.c. rispetto al medesimo evento deve essere risolta in senso affermativo. Secondo l'affermatosi orientamento, l' art. 1669 c.c. dà luogo alla configurazione di una ipotesi di responsabilità aquiliana in quanto, pur presupponendo un rapporto contrattuale, ne supera i confini e si configura come obbligazione derivante dalla legge per finalità e ragioni di carattere generale. Ciò in quanto si ritiene ammissibile nell'attuale ordinamento giuridico il concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale tutte le volte che un unico comportamento risalente allo stesso autore - e, quindi, un evento dannoso unico nella sua genesi soggettiva - appaia di per sé lesivo non solo dei diritti specifici derivanti al contraente dalle clausole contrattuali, ma anche dei diritti assoluti, che alla persona offesa vanno riconosciuti, ivi incluso quello della tutela della sua proprietà art. 832 c.c. . La norma dell' art. 1669 c. c. è diretta, in altre parole, a tutelare l'interesse di natura pubblica, che trascende quello individuale del committente, alla stabilità e solidità degli immobili destinati ad avere lunga durata in modo che siano garantite l'incolumità e la sicurezza dei cittadini. La portata, la ratio e la funzione di tale norma si pongono, dunque, in funzione chiaramente derogatoria rispetto a quelle di cui all' art. 2043 c.c. , che prevede, in via generica, l'ipotesi di atto illecito recante danno ingiusto al terzo, giacché chiarisce in che cosa debba consistere l'atto illecito, ossia la presenza di gravi difetti di costruzione per violazione delle regole dell'arte o per vizi del suolo preesistenti rispetto alla costruzione, con il conseguente verificarsi di un danno ingiusto per il committente, danno consistente nella rovina o nel pericolo di rovina dell'opera. Sulla base di tale inquadramento deriva il fondamentale principio che l' art. 2043 c.c. può trovare applicazione in materia di costruzioni di edifici solo nei casi in cui non lo sia l' art. 1669 c. c. , ossia nelle ipotesi in cui si ravvisi un illecito, che non è disciplinato - per l'appunto - dall' art. 1669 c. c. , il quale riguarda la costruzione non conforme alle regole dell'arte o che non tenga in considerazione i vizi del suolo preesistenti. Di conseguenza, l'esistenza di questa ipotesi speciale di responsabilità non fa venire meno l'applicabilità della norma generale dell' art. 2043 c.c. rispetto agli eventi indicati nell' art. 1669 c.c. , ma solo almeno nei casi in cui non ricorrano le condizioni previste da quest'ultima norma. In altri termini, la natura di norma speciale dell' art. 1669 c.c. e della correlata specialità del relativo titolo di responsabilità rispetto all' art. 2043 c.c. fondata su un obbligo di responsabilità generale da atto illecito presuppone l'astratta possibilità di applicazione delle due norme, onde, una volta che la norma speciale non possa essere in concreto applicata, permane l'applicabilità della norma generale. L'approdo giurisprudenziale di questa Corte consistito nel ravvisare nell' art. 1669 c.c. una ipotesi di responsabilità extracontrattuale risponde alla ragione essenziale di offrire ai danneggiati dalla rovina o dai gravi difetti di un edificio una più ampia tutela giacché nel caso contrario - ossia quello in cui non si ammettesse tale impostazione - verrebbe a crearsi un regime di responsabilità più favorevole per i costruttori di edifici. Ciò in virtù soprattutto del fatto che, diversamente, si escluderebbe ogni forma di responsabilità in situazioni che potrebbero ricadere nell'ambito - in linea di principio illimitato - dell' art. 2043 c.c. , come nel caso di danno prodottosi oltre il decennio dal compimento dell'opera sempre che, ovviamente, il danneggiato provi la colpa del costruttore , ipotesi per l'appunto non coperta dal comma 1 dell' art. 1669 c.c. che si applica ai difetti costruttivi che l'opera evidenzia nel corso dei dieci anni dal suo compimento, situazione - si noti - non verificatasi nel caso di specie, nel quale le lamentate infiltrazioni si erano manifestate circa sei anni dopo il completamento della costruzione degli immobili ovvero nell'ipotesi di danno alle cose subito da parte di chi non sia proprietario dell'immobile costruito. Ove non si fosse pervenuto alla descritta conclusione recepita da questa Corte, l'adesione alla tesi contraria avrebbe condotto alla creazione di una zona franca scevra di tutela, da parte dell'ordinamento, per alcuni dei danneggiati, dal momento che una porzione degli stessi verrebbe esclusa dall'ambito di applicazione dell' art. 2043 c.c. Le Sezioni unite - con la richiamata sentenza n. 2284/2014 - hanno chiarito che l' art. 1669 c.c. non è norma di favore diretta a limitare la responsabilità del costruttore, ma mira a garantire una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale. Il legislatore ha con essa stabilito un più rigoroso regime di responsabilità rispetto a quello previsto dall' art. 2043 c.c. , caratterizzato dalla presunzione iuris tantum di responsabilità dell'appaltatore, che è stata tuttavia limitata nel tempo, in virtù di un bilanciamento tra le contrapposte esigenze di rafforzare la tutela di un interesse generale e di evitare che detta presunzione si protragga per un tempo irragionevolmente lungo. Pertanto, si è aggiunto, se la ratio dell' art. 1669 c.c. è quella di introdurre una più incisiva tutela, è coerente con la medesima l'applicabilità dell' art. 2043 c.c. , nel caso in cui non sussistano le condizioni previste dalla prima norma, essendo in generale ammissibile la coesistenza di due azioni diversificate quanto al regime probatorio e potendo la parte agire non avvalendosi delle facilitazioni probatorie stabilite per una di esse. Una diversa soluzione non sarebbe giustificabile, poiché - come già posto in risalto - comporterebbe una indebita restrizione dell'area di tutela stabilita dalla norma fondamentale in materia di responsabilità extracontrattuale, oltre che in palese contrasto con l'armonia del sistema e con le ragioni poste a base della previsione della disciplina speciale ciò porterebbe all'irragionevole risultato di creare un regime di responsabilità più favorevole per i costruttori di edifici, perché escluderebbe ogni forma di responsabilità in situazioni che potrebbero ricadere nell'ambito - in linea di principio illimitato - dell' art. 2043 c.c. In definitiva, l'azione ex art. 2043 c.c. è, dunque, proponibile quando in concreto non sia esperibile quella dell' art. 1669 c.c. , perciò anche nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell'opera ipotesi, come detto, non rientrante nell'alveo di applicabilità del disposto del comma 1 dello stesso art. 1669 c.c. . Nel caso di esperimento dell'azione disciplinata dall' art. 2043 c.c. non opera, ovviamente, il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore, che lo onera di una non agevole prova liberatoria. Pertanto, in tale eventualità, spetta a colui il quale agisce provare tutti gli elementi richiesti dall' art. 2043 c.c. e, in particolare, anche la colpa del costruttore. Pertanto, deve affermarsi il principio - a cui dovrà uniformarsi il giudice di rinvio - in base al quale, sul presupposto che la responsabilità ex 1669 c.c. è speciale rispetto a quella prevista dalla norma generale di cui all' art. 2043 c.c. , ne consegue che, avuto riguardo alla costruzione di un edificio, quest'ultima può essere invocata soltanto ove non ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi della responsabilità prevista per l'appunto dall' art. 1669 c.c. , ma, pur tuttavia, non al fine di superare i limiti temporali entro cui l'ordinamento positivo ne consente l'operatività, ovvero senza poter aggirare lo speciale regime di prescrizione e decadenza che la caratterizza. Ed invece, con la sentenza qui impugnata, la Corte di appello almeno nei confronti dell'odierna ricorrente, quale ditta appaltatrice esecutrice dei lavori di copertura dell'edificio dedotti in giudizio , pur avendo dato atto che il diritto fatto valere con l'azione ex art. 1669 c.c. , come inizialmente esercitata da T.L. , F.F. e O.G. , era da ritenersi prescritto per essere decorso - ai sensi del comma 2 di detta norma, rispetto alla data di introduzione del relativo giudizio - più di un anno dalla denuncia dei relativi vizi costruttivi cfr. Cass. n. 18078/2012 , come accertato mediante la sentenza di primo grado, passata - come detto - pacificamente in giudicato sul punto, ha ritenuto ammissibile la tutela risarcitoria prevista dalla generale previsione dell' art. 2043 c.c. , da ritenersi, invece, per quanto illustrato, in questa ipotesi non più riconoscibile. 10. Quindi, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte nel precedente paragrafo, previo rigetto dei primi due motivi, vanno accolti il terzo e quarto, con conseguente assorbimento dei successivi motivi quinto e sesto che ineriscono aspetti correlati e conseguenti ed involgono - specificamente il sesto - anche la posizione della società costruttrice-venditrice . Ne consegue la cassazione dell'impugnata sentenza di appello in relazione alle censure ritenute fondate, con rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, la quale, oltre ad uniformarsi al principio di diritto precedentemente enunciato, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo e quarto motivo del ricorso, rigetta i primi due e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.