Il giudice può valutare l’attendibilità della consulenza tecnica d’ufficio?

L’argomento viene affrontato ancora una volta dalla Cassazione che ribadisce la pubblica funzione svolta dal CTU nell’ambito del processo nonché la sua funzione di ausiliare del giudice nell’interesse generale e superiore della giustizia. Il Giudice non è dispensato dal dovere di verificare l’attendibilità del parere fornito in relazione alle censure mosse dalla parte interessata.

Il caso trae origine da un ricorso presentato da Tizio, soccombente nei precedenti giudizi di merito. Sostiene il ricorrente di aver subito un danno, in un separato procedimento civile volto ad ottenere il risarcimento derivante da circolazione stradale, dalla consulenza tecnica d'ufficio espletata da Caio. Secondo Tizio, il consulente tecnico del giudice non avrebbe correttamente accertato il nesso di causalità tra il trauma subito nell'incidente ed alcune lesioni, riconoscendo così un danno inferiore rispetto a quello effettivamente riportato. Tizio, pertanto, impugnava la pronuncia resa di appello censurando la responsabilità del CTU . Il ricorso è infondato. Il Collegio, preliminarmente, propone un'ampia disamina della giurisprudenza di Legittimità in materia, specificando come, alla luce dell'orientamento ormai consolidato, il consulente risponde civilmente e penalmente dell'attività prestata, con obbligo di risarcire il danno cagionato in violazione ai doveri connessi all'ufficio Cass. civ., n. 25022/2019 , Cass. civ., n. 18313/2015 , Cass. civ., 18170/2010 . Procedendo all'analisi del caso di specie, il Collegio osserva che la Corte territoriale si sia correttamente posta in linea con l'ulteriore principio di legittimità secondo cui la diligenza nell'esecuzione delle indagini affidategli, costituendo a norma degli artt. 64 e 193 c.p.c. un preciso, quanto ovvio, obbligo del consulente, rappresenta soltanto il presupposto necessario affinché il parere dell' ausiliario sia meritevole della considerazione del giudice che, pertanto, non è dispensato dal dovere di valutare l'intrinseca attendibilità del parere stesso in rapporto alle specifiche censure contro di esso formulate dalla parte interessata Cass. lav., n. 3897/1981 . Nel caso de quo , la corte d'appello ha analiticamente motivato e indicato le ragioni e le fonti del proprio convincimento non risulta che, nel giudizio di danni da incidente stradale, l'autorità giudiziaria abbia fatto proprie, in modo acritico le conclusioni del CTU. Diversamente, l'operato del consulente è stato ampiamente valutato in quella che era la sede propria per la verifica ed in caso di vizi formali, carenze nell'indagine o motivazione incongrue, per i chiarimenti o la rinnovazione degli accertamenti tecnici , con la sostituzione del professionista . Dunque, il giudice di merito ha condiviso e fatto proprie le conclusioni rassegnate dal consulente, ritenendo corretto l'operato del professionista. In conclusione, la Corte ritiene che l'adesione, effettiva e raggiunta all'esito di un riesame critico del tutto idoneo alla consapevole appropriazione dei passaggi giustificativi delle proprie conclusioni, della corte territoriale a quelle del consulente d'ufficio elide il nesso rispetto ad eventuali errori commessi dall'ausiliario nel compimento delle indagini affidategli . La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna Tizio al pagamento delle spese processuali.

Presidente De Stefano/ Relatore Ambrosi Fatti di causa 1. La Corte di Appello di Roma ha rigettato l'appello proposto da F.A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, la quale aveva, a sua volta e con condanna alle spese del grado, rigettato la domanda risarcitoria proposta da F.A. nei confronti di M.G. per pretesa responsabilità professionale di quest'ultimo nello svolgimento di attività di ausiliare del giudice svolta in altro giudizio di danni da sinistro stradale avvenuto in data 9.02.2000. L'attore F. aveva imputato, in particolare, al convenuto CTU di aver erroneamente escluso il nesso di causalità tra il trauma subito nell'incidente ed alcune lesioni vescica neurologica e osteoarticolare della spalla , riconoscendo così un danno inferiore rispetto a quello effettivamente riportato. 2. Avverso la sentenza di appello, F.A. propone ricorso per cassazione articolato in tre motivi. M.G. ha resistito con controricorso. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell' art. 380-bis 1 c.p.c. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. Parte ricorrente ha depositato memoria. Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 64 c.p.c. e 1218 e 2043 c.c. laddove la Corte d'appello ha escluso la sussistenza della responsabilità del CTU per aver ritenuto inesistente il nesso causale tra le conclusioni del perito e la decisione assunta dal giudice di merito, nonostante quest'ultimo le avesse condivise motivatamente, facendole proprie, così interrompendo il legame eziologico tra la condotta del consulente ed il danno lamentato in smaccato contrasto con l' art. 64 c.p.c. pag. 10 ricorso . 2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 la violazione e falsa applicazione dell' art. 112 c.p.c. laddove la Corte d'appello ha omesso di valutare il merito delle censure sollevate dall'odierno ricorrente, in base all'errato presupposto che dette censure si risolverebbero, di fatto, in un illegittimo tentativo di sovvertire l'esito delle pronunce emesse dai Giudici nel corso del giudizio merito nel quale la consulenza del resistente è stata espletata. 3. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 omesso esame di un fatto decisivo sotto il profilo del vizio motivazionale laddove la Corte d'appello ha considerato preclusa in linea di principio la censurabilità dell'operato del consulente. 4. I tre motivi possono essere congiuntamente esaminati per motivi di evidente connessione, attenendo entrambi alla medesima censura avente ad oggetto la pretesa responsabilità dell'ausiliario e sono inammissibili sia con riferimento ai vizi di violazione di legge paventati, sia per il preteso omesso esame di fatto decisivo. Nel caso in esame, la Corte d'appello ha motivato e indicato le ragioni e le fonti del proprio convincimento ove ha testualmente affermato che non risulta che, nel giudizio di danni da incidente stradale, l'autorità giudiziaria abbia fatto proprie, in modo acritico le conclusioni del CTU. Diversamente, l'operato del consulente è stato ampiamente valutato in quella che era la sede propria per la verifica ed, in caso di vizi formali, carenze nell'indagine o motivazione incongrue, per i chiarimenti o la rinnovazione degli accertamenti tecnici, con la sostituzione del professionista pagg. 1 e 2 della sentenza impugnata . Il ricorrente insiste ancora, nell'odierno giudizio, nel sostenere che i giudici di merito si sono basati su una erronea CTU e continua a non considerare la ratio decidendi della decisione della Corte di merito, che, condividendo le argomentazioni della sentenza di prime cure, ha formulato motivata adesione alle considerazioni poste dall'ausiliario alla CTU, anche nel rigetto delle critiche ad essa mosse, in tal modo facendo consapevolmente propri tutti i passaggi argomentativi a sostegno della sua successiva decisione. In proposito, in termini generali, giova richiamare quanto questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, e cioè che il C.T.U., pur non esercitando funzioni giudiziarie in senso tipico, svolge nell'ambito del processo una pubblica funzione quale ausiliare del giudice nell'interesse generale e superiore della giustizia, rispondendo penalmente, disciplinarmente e civilmente della prestata attività, con obbligo di risarcire il danno cagionato in violazione dei doveri connessi all'ufficio v. Cass. 08/10/2019 n. 25022 , Cass. 18/9/2015, n. 18313 Cass., 5/8/2010, n. 18170 Cass., 8/5/2008, n. 11229 . E già Cass., 25/5/1973, n. 1545 . In termini particolari, va evidenziato che la Corte d'appello si è posta in linea con l'ulteriore principio affermato da questa Corte, che anche se risalente, va qui condiviso e ribadito, secondo cui la diligenza nell'esecuzione delle indagini affidategli, costituendo a norma degli artt. 64 e 193 c.p.c. un preciso, quanto ovvio, obbligo del consulente, rappresenta soltanto il presupposto necessario affinché il parere dell'ausiliario sia meritevole della considerazione del giudice, che, pertanto, non è dispensato dal dovere di valutare l'intrinseca attendibilità del parere stesso in rapporto alle specifiche censure contro di esso formulate dalla parte interessata Cass. Sez. L, 15/06/1981 n. 3897, pronuncia richiamata anche dalla sentenza appellata . Ebbene, nella fattispecie esaminata, può concludersi che l'adesione, effettiva e raggiunta all'esito di un riesame critico del tutto idoneo alla consapevole appropriazione dei passaggi giustificativi delle proprie conclusioni, della Corte territoriale a quelle del consulente d'ufficio elide il nesso rispetto ad eventuali errori commessi dall'ausiliario nel compimento delle indagini affidategli. I tre motivi, quindi, in modo inammissibile non si confrontano con tale univoca e corretta ratio decidendi. 5. Ne consegue l'inammissibilità del ricorso. Le spese vengono liquidate secondo il principio di soccombenza e si liquidano come da dispositivo. L'inammissibilità del ricorso comporta la dichiarazione di sussistenza, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315 . P. Q. M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere il pagamento delle spese processuali in favore di della parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 6.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.