In mancanza di prova contraria il patrimonio personale del coniuge confluisce nella comunione legale

Ai fini dell’esercizio del diritto di prelievo di cui all’art. 195 c.c., la prova del carattere personalissimo del denaro deve essere accompagnata da indicazioni anche presunzioni relative alla conservazione di quel denaro e al suo non impiego per i bisogni della famiglia perché in mancanza deve presumersi che il denaro che residua è comune.

E' indispensabile che il coniuge titolare distingua preventivamente, nel patrimonio liquido, quanto denaro è stato prodotto da frutti dei beni propri e dai proventi conseguiti durante il matrimonio e quanto denaro, appartenendogli prima del matrimonio o provenendo da titoli elencati nell'art. 179, sia andato a costituire una sorta di patrimonio separato, suscettibile di trasformazione ai sensi della lett. f dell' art. 179 c.c. o di prelievo ex art. 195 c.c. E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20066 depositata il 13 luglio 2023. Il Tribunale territorialmente competente pronunciava sentenza di divisione della comunione formatasi tra due coniugi nel corso di venti anni di matrimonio quando essi avevano optato per il regime di separazione dei beni. In particolare, con la sentenza, il Tribunale adito aveva provveduto alle relative assegnazioni e a determinare le restituzioni ed i conguagli, condannando il marito convenuto a pagare alla moglie a tale titolo una certa somma di denaro, oltre interessi al tasso legale, dalla data della domanda, oltre a doverle restituire alcuni gioielli dalla stessa rivendicati come propri per averli ricevuti in dono. La Corte distrettuale adita dal marito confermava in toto la sentenza resa in primo grado. Nella specie, il Collegio aveva confermato che apparteneva alla comunione il valore del patrimonio di una società a responsabilità limitata costituita dall'appellante dopo il matrimonio e come sussistente al momento dello scioglimento della comunione , in applicazione degli artt. 178 e 194 c.c. e della regola della distribuzione in parti uguali di attivo e passivo aveva sostenuto, infatti, fosse irrilevante, prima ancora che tardiva, la prova offerta dal marito di aver utilizzato denaro personale per la ricostruzione del capitale della società perché aveva ritenuto inapplicabile alla fattispecie il terzo comma dell' art. 192 c.c. , secondo cui possono essere chieste in restituzione le somme prelevate dal patrimonio personale e investite per il patrimonio comune già costituito i giudici di appello avevano affermato che invece si trattava di denaro personale impiegato per acquisizioni che avevano concorso a formare la massa comune e che perciò, in tali ipotesi, doveva applicarsi l' art. 194 comma 1 c.c. ai sensi del quale all'atto dello scioglimento l'attivo e il passivo devono essere ripartiti in quote uguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi. Infine, il collegio distrettuale aveva affermato che le prove orali offerte dall'appellante per dimostrare l'ammontare delle somme conferite in comunione ma pervenute da lui per successione paterna non erano ammissibili perché non idonee a superare la carenza di prove documentali ed aventi ad oggetto trasferimenti di importo rilevante. Il marito proponeva, pertanto, ricorso per Cassazione sulla base di cinque motivi. i Giudici hanno ritenuto infondato, tra gli altri, il quinto dei motivi di ricorso proposti dal ricorrente e con il quale, quest'ultimo, lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. da 2721 a 2727 c.c. e da 244 a 257 c.p.c. , in relazione al n. 3 , comma 1 dell'art. 360 c.p.c. oltre che in riferimento ai nn. 4 e 5 , per avere la Corte territoriale escluso l'ammissibilità della prova orale diretta a dimostrare il mai avvenuto conferimento in comunione di somme pervenute in successione , soltanto perché avente ad oggetto trasferimenti di rilevante valore patrimoniale. Nella specie, i Giudici di Legittimità, hanno evidenziato che nel regime patrimoniale della famiglia il fondamento e l'ambito della comunione legale è il valore della forza lavoro di ciascun coniuge destinata a convertirsi in proventi a cui corrisponde il credito dell'altro coniuge in continuo rapporto di scambio e collaborazione reciproci . I proventi, allora, seppure provenienti dall'attività personale separata di ciascuno, in quanto conseguiti durante il matrimonio, divengono denaro famigliare identificato così dalla dottrina nel senso che sono scambiati con beni che diventano comuni lett. a dell' art. 177 c.c. o diverranno oggetto delle ragioni dell'altro coniuge come comunione differita in sede di scioglimento lett. c dell' art. 177 c.c. . Il denaro individuato nelle categorie dell' art. 179 c.c. invece non è oggetto di comunione legale differita e sicuramente può essere oggetto di surrogazione, nel senso che il suo impego dà luogo all'acquisto di beni personali per scambio purchè siano rispettate le formalità della lett. f. dello stesso articolo. Risultano perciò delineate dal legislatore all'interno del patrimonio di ciascun coniuge, due masse di denaro, costituita la prima dai proventi dell'attività separata e la seconda dal denaro proveniente dai titoli indicati nell' art. 179 c.c. Attesa la natura di bene fungibile e consumabile del denaro, proseguono i Giudici di Legittimità, la distinzione tra queste due masse patrimoniali liquide è ardua perché se per la prova della provenienza del denaro può essere sufficiente un estratto conto bancario ad una certa data, quel che resta difficile è provare che le spese per i bisogni della famiglia non siano state sostenute con quel denaro ciascun coniuge, infatti, è tenuto a contribuire ai bisogni della famiglia con le sue sostanze e la sua capacità di lavoro e il denaro personalissimo e il denaro personale divenuto familiare necessariamente si pongono sullo stesso piano ai fini dell'adempimento dell'obbligo di contribuzione. Per separare il denaro personalissimo allo scioglimento della comunione , resta allora il problema di provare non già soltanto la proprietà di una certa somma prima del matrimonio o la sua provenienza da successione o donazione, ma l'ulteriore fatto che il denaro che resta non sia familiare ” ma personalissimo ” perché specificatamente conservato ” e non utilizzato per i bisogni della famiglia. La Cassazione ha quindi concluso affermando che l'indicata ricostruzione è necessitata dalla presunzione della seconda parte dell' art. 195 c.c. che è certamente coerente con tutta la disciplina della comunione legale una diversa soluzione avrebbe determinato una falla nel sistema del regime patrimoniale legale, consentendo l' elusione del principio di scambio – che ne è il fulcro – tra l'apporto di forza lavoro di ciascun coniuge e la ricchezza prodotta durante la comunione.

Presidente Di Virgilio – Relatore Papa Fatti di causa Con sentenza n. 1895 del 2009 il Tribunale di Treviso pronunciò la divisione della comunione formatasi tra C.G. e S.G. nel corso di vent'anni di matrimonio, dall'11 ottobre 1980 al 15 dicembre 2000, quando essi avevano convenuto il regime di separazione dei beni. Con la sentenza il Tribunale provvide alle relative assegnazioni e a determinare le restituzioni e i conguagli, condannando il convenuto S.G. a pagare a C.G. , a tale titolo, l'importo di Euro 639.937,76, oltre interessi al tasso legale dalla data della domanda 5 marzo 2003 e a restituire all'attrice alcuni dei gioielli da lei rivendicati come propri per averli ricevuti in dono. 2. La Corte d'Appello di Venezia, adita in appello principale da S. e in incidentale da C. , confermò la sentenza di primo grado. In particolare, per quel che ancora qui rileva, La Corte d'Appello confermò che apparteneva alla comunione il valore del patrimonio della […] s.r.l., società costituita da S. dopo il matrimonio, come sussistente al momento dello scioglimento della comunione, in applicazione degli artt. 178 e 194 c.c. e della regola della distribuzione in pari quote di attivo e passivo sostenne infatti fosse irrilevante, prima ancora che tardiva, la prova offerta da S. di aver utilizzato denaro personale per la ricostituzione del capitale della società, perché ritenne inapplicabile alla fattispecie il III comma dell' art. 192 c.c. , secondo cui possono essere chieste in restituzione le somme prelevate del patrimonio personale ed investite per il patrimonio comune già costituito affermò che invece si trattava di denaro personale impiegato per acquisizioni che hanno concorso a formare la massa comune e che perciò in tale ipotesi doveva applicarsi l' art. 194 comma I c.c. , per cui all'atto dello scioglimento l'attivo e il passivo devono essere ripartiti in quote uguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi. La Corte confermò pure la natura di bene comune, ex art. 177 comma I lett. a c.c., del 16,6% della quota sociale della S. […] spa in precedenza ceduta a terzi dal padre , in quanto acquisita da S. dopo il matrimonio, seppure con denaro personale ribadì anche sul punto che non era stata fornita alcuna prova sull'essere stata la quota suddetta oggetto di donazione da parte del padre di S. , sia diretta che indiretta, in quanto tra la cessione delle quote del padre nel 1994, l'accredito sul libretto bancario intestato a S.G. e al fratello del corrispettivo ricevuto e, poi, il nuovo acquisto delle azioni suddette nel 1996, dopo il matrimonio, non era ravvisabile nè una stringente consecuzione temporale nè un documentato nesso causale. La Corte ritenne ugualmente appartenenti alla comunione de residuo gli importi relativi alla liquidazione del fondo […] per Euro 113.585,99 di cui risultava documentato l'accredito, nel marzo 2001, sul conto corrente della Cassa di Risparmio intestato a S.G. e alle figlie e che perciò doveva presumersi esistente già nella comunione prima del suo scioglimento nel 2000 vi aggiunse l'importo di Euro 65.689,82 verificato dal c.t.u. nominato come corrispondente agli utili maturati fino al 2000 e, perciò, nel periodo di vigenza della comunione legale a cui dovevano essere quindi acquisiti ex art. 177 comma I lett. b c.c., in riferimento al periodo di loro maturazione e non della loro successiva distribuzione. La Corte escluse poi che dovessero essere restituite - la somma di L 100.411.226, rivendicata da S. come di sua proprietà anteriore al matrimonio confermò infatti che non risultava prova della sua esistenza al momento della costituzione della comunione legale e che era stata verosimilmente già consumata prima di tale data perché risultava iscritta su un libretto estinto due anni prima del matrimonio - L. 107.500.000 provenienti dalla successione del padre il c.t.u. aveva infatti verificato che non risultava provato come queste somme, portate da tre assegni circolari aventi come beneficiari S. e il fratello P. , fossero state impiegate e se fossero confluite nella disponibilità dei coniugi. Infine, la Corte affermò che le prove orali offerte da S. per dimostrare l'ammontare delle somme conferite in comunione ma pervenute da lui per successione paterna non erano ammissibili perché non idonee a superare la carenza di prove documentali e aventi ad oggetto trasferimenti di importo rilevante. Avverso questa sentenza S.G. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, a cui C.G. ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, S.G. ha prospettato, in riferimento al n. 3 del comma I dell' art. 360 c.p.c. , la violazione e/o falsa applicazione dell' art. 112 c.p.c. e, in riferimento al n. 4, la nullità della sentenza o del procedimento e, infine, in riferimento al n. 5, l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio. Con questo articolato motivo, il ricorrente ha sostenuto che la Corte d'appello non avrebbe pronunciato sulla sua domanda diretta a far escludere dalla comunione l'importo di complessivi Euro 651.160,00 derivante dalla sommatoria di distinti importi pervenuti direttamente in denaro dalla successione paterna o dagli interessi maturati su tali importi o costituenti il ricavato della vendita di beni immobili pure ereditati dal padre. In particolare, non vi sarebbe stata pronuncia sulla somma di L 90.573.875, contenuta in un libretto al portatore, di L 70.000.000 consistente nel ricavato della vendita a P. S. di un appartamento, di L 162.792.634 non ritenuta dal c.t.u. come proveniente dalla divisione dell'eredità paterna, di L 61.263.240, pari all'importo degli interessi conseguentemente maturati, di L 154.350.000 ritenuta comune per mancanza di prova che si trattasse del prezzo di vendita, alla società S. […] s.p.a., di due appartamenti ereditati dal padre, di L 324.277.829, per cui non è stata invece ritenuta sussistente la corrispondenza tra il prelievo dal conto corrente intestato al padre e i due successivi accrediti sul suo conto, di L 42.062.265 per la cui provenienza dall'eredità paterna è stata ritenuta prova non sufficiente la dichiarazione scritta rilasciata dal Direttore dell'agenzia banca, di L 20.397.254 pure consistente negli importi maturati a titolo di interessi sulle somme ereditate. La questione è proposta per altro profilo, con il quinto motivo, come riportato di seguito, secondo l'ordine di proposizione. 1.1. Il motivo è infondato. Dall'analisi della motivazione risulta che la Corte, al punto 6 della motivazione, pag. 19 ha confermato l'inammissibilità delle prove orali per superare la carenza di prove documentali degli assunti dell'appellante , quanto alla mancata dimostrazione dell'avvenuto conferimento nel patrimonio comune delle somme pervenutegli in successione ha infatti ribadito, come già aveva sostenuto il Tribunale, che S. non poteva chiedere di provare per testi i trasferimenti di somme cospicue , mancando la documentazione necessaria per ricostruirli ed attestarli . Seppure senza un'analisi dettagliata, la Corte ha dunque reso una motivazione sulla pretesa del ricorrente di restituzione delle somme suindicate perché asseritamente da lui ricevute per successione paterna in corrispondenza di quanto chiesto, pertanto, è stata resa sul punto una pronuncia ed è stata sostenuta dalla motivazione della mancanza di prova. Controprova è, peraltro, nell'argomentazione del quinto motivo, qui esaminato per ultimo, con cui il ricorrente ha censurato la mancata ammissione della istanza di prova per testi come proposta proprio sull'origine delle somme suindicate. 2. Con il secondo motivo, S. ha sostenuto la violazione e falsa applicazione degli artt. 177, 178, 179, 192, 194, 1105, 1107 e 2082 c.c. , in relazione al n. 3 del comma I dell'art. 360 c.p.c. e, in riferimento al n. 5, l'omesso esame di fatto decisivo nella conferma della statuizione relativa alla quota di partecipazione alla […] s.r.l. in particolare la Corte avrebbe operato uno stravolgimento della ratio ispiratrice della disciplina di cui agli art. 177 e ss. c.c. con l' assegnazione implicita alla controparte delle somme confluite in società allo scopo di ripianare le perdite e ricostituire il capitale, seppure provenienti esclusivamente dal suo patrimonio personale avrebbe così statuito in forza di un richiamo ad una pronuncia di legittimità Cass. 6876/2013 inconferente perché avente ad oggetto una società di persone, invece di ricondurre la partecipazione societaria alla categoria dei beni acquistati durante il matrimonio ex 177 lett.a c.c., riconoscendo quindi il diritto alle restituzioni ex art. 192 III comma c.c. . 2.1. Il motivo è infondato. In disparte ogni considerazione sulla mancata impugnazione della statuizione sulla inammissibilità per tardività della istanza di prova della provenienza delle somme, in ogni caso la Corte d'appello ha correttamente applicato i principi in materia di partecipazione societaria acquisita da uno dei due coniugi, anche con denaro personale, in pendenza di comunione legale, come proprio accaduto per la […] s.r.l. che è stata costituita alcuni anni dopo il matrimonio. Sul punto, in particolare, questa Corte, con la pronuncia correttamente richiamata dalla Corte territoriale Cassazione civile, sez. I 20/03/2013 n. 6876 , seppure resa per una partecipazione ad una società di persone, ha stabilito che nella fattispecie considerata nell' art. 178 c.c. , sebbene il coniuge non destini dei beni all'esercizio dell'impresa , ma all'acquisto di una partecipazione in una società e sarà quest'ultima e non il singolo coniuge ad esercitare l'impresa, la dottrina prevalente, evidenziando l'identità di ratio, condivisibilmente ritiene che la quota societaria del coniuge non cada in comunione legale ex art. 177 c.c. , lett. a , ma appunto in quella ex art. 178 c.c. . Ciò posto, è una caratteristica tipica della comunione de residuo che l'attivo della massa comune si arricchisca proprio nel momento in cui il vincolo di solidarietà tra i coniugi si allenta con lo scioglimento della comunione legale art. 191 c.c. , momento quest'[…] cui necessariamente va ancorata la stima del valore di quella massa. La compartecipazione al valore degli incrementi patrimoniali conseguiti post nuptias dall'altro coniuge è, appunto, differita al momento della separazione. Il principio, peraltro, è stato recentemente ribadito dalle S.U. di questa Corte, nella sentenza n. 15889 del 2022, secondo cui nel caso di impresa riconducibile ad uno solo dei coniugi costituita dopo il matrimonio e ricadente nella cd. comunione de residuo, al momento dello scioglimento della comunione legale, all'altro coniuge spetta un diritto di credito pari al 50% del valore dell'azienda, quale complesso organizzato, determinato al momento della cessazione del regime patrimoniale legale, ed al netto delle eventuali passività esistenti alla medesima data . 3. Con il terzo motivo, S. ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 177 e 192 c.c. in relazione al n. 3 del comma I dell'art. 360 c.p.c. e, ancora una volta, anche in riferimento al n. 5, per avere la Corte territoriale escluso la sussistenza della prova che l'incremento della quota di proprietà, pari al 16%, della S. […] s.p.a. sia avvenuto mediante utilizzo di denaro personale o, in ogni caso, sia stato oggetto di donazione diretta o indiretta sul punto, in particolare, non avrebbe adeguatamente considerato le prove documentali offerte e, soprattutto, il collegamento tra il prelievo del controvalore degli assegni circolari utilizzati per la sottoscrizione dal deposito intestato ad entrambi i fratelli S. e la provenienza del denaro dal deposito intestato al padre del collegamento avrebbe dovuto ritenere prova la dichiarazione resa dal Direttore della filiale della Banca dove erano accesi i depositi in conseguenza dell'avvenuto acquisto di questa quota con denaro personale avrebbe dovuto perciò operare il rimborso ex 192 III comma c.c 3.1. Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, corrispondente all'elaborazione della dottrina maggioritaria, anche la sottoscrizione di azioni di società, in sede di aumento di capitale ed in virtù di diritto di opzione, operata da parte di un coniuge ma in pendenza di comunione legale, implica che le azioni sottoscritte costituiscano incrementi patrimoniali sussumibili fra gli acquisti di cui all' art. 177 c.c. , lett. a salva la distinzione - che qui non rileva - tra proprietà della partecipazione e legittimazione all'esercizio dei diritti incorporati nella qualità di socio, l'operazione di sottoscrizione è infatti connotata proprio dal carattere di investimento patrimoniale anche se le azioni non sono meri titoli di credito, ma titoli di partecipazione l'aspetto patrimoniale è, infatti, assolutamente prevalente rispetto ai diritti e agli obblighi connessi con lo status di socio in esse incorporato non sussiste peraltro altra valida argomentazione per limitare ai diritti reali la categoria degli acquisti Cass. Sez. 1, n. 19689 del 2014 Sez. 2, Sentenza n. 2569 del 02/02/2009 Sez. 1, n. 9355 del 1997 . Pertanto, correttamente la Corte - e, prima ancora, il Tribunale - hanno escluso la ripetibilità delle somme impiegate per l'acquisto, atteso che in tema di scioglimento della comunione legale tra coniugi, la norma dell' art. 192, comma 3, c.c. attribuisce a ciascuno di essi il diritto alla restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune ad es., quelle impiegate per la ristrutturazione di bene immobile appartenente alla comunione , e non già alla ripetizione - totale o parziale - del denaro personale e dei proventi dell'attività separata che cadono nella comunione de residuo solamente per la parte non consumata al momento dello scioglimento impiegati per l'acquisto di beni costituenti oggetto della comunione legale ex art. 177, comma 1 lett. a , c.c. rispetto a questi acquisti, invero, trova applicazione il principio inderogabile, posto dall' art. 194, comma 1, c.c. , secondo cui, in sede di divisione, l'attivo e il passivo sono ripartiti in parti eguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi agli esborsi necessari per l'acquisto dei beni caduti in comunione Sez. 1, Sentenza n. 10896 del 24/05/2005 . Ciò posto, la motivazione resa dalla Corte sulla mancanza di prova della natura personale del denaro utilizzato per la sottoscrizione costituisce un'argomentazione ulteriore, non necessaria alla ratio decidendi ed è altresì mancata la prova , così in sentenza la motivazione principale consiste invece nel principio di diritto suesposto il Tribunale ha correttamente ribadito il principio secondo il quale non vi è diritto alla ripetizione del denaro personale impiegato per l'acquisto delle n. 13.650 azioni . costituenti oggetto della comunione legale ex art. 177 co. I lett. a c.c. - pag. 17, n. 4 della sentenza . Peraltro, la critica alla valutazione delle prove formulata con il motivo in esame, oltre che superflua, è altresì inammissibile perché non censura la costruzione del ragionamento presuntivo operato dalla Corte, ma si limita a ricostruire diversamente i fatti, in riferimento ad un elemento probatorio che è affermato come non significativo. 4. Con il quarto motivo, il ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 177, 192, 2729 c.c. e 115 c.p.c., in relazione al n. 3 del comma I dell'art. 360 c.p.c., oltre che al n. 5 la Corte avrebbe erroneamente ritenuta non contestata la circostanza che il fondo […] esistesse già nella comunione prima del suo scioglimento e avrebbe perciò infondatamente ritenuta comune la somma ricavata dalla liquidazione del titolo, pari ad Euro 113.585,99 avrebbe inoltre erroneamente considerato bene comune ex art. 177 comma I lett. b la somma di Euro 65.689,82, accreditata da S. […] s.p.a., in pendenza di comunione, con la causale utili ante 1983 , sebbene la causale fosse erronea perché relativa ad utili ante 1980 , maturati dunque ante nuptias e, perciò, da scomputare interamente avrebbe altresì violato le regole del ragionamento presuntivo laddove ha ritenuto verosimile che la somma di L 100.411.226, iscritta in un libretto di deposito estinto il 19/1/1979 fosse stata già consumata alla data di celebrazione del matrimonio, l'11/10/1980 infine, avrebbe pure erroneamente escluso che la somma di L 107.500.000, proveniente dalla successione paterna e portata da tre assegni circolari intestati ai due fratelli, sia confluita nella disponibilità dei coniugi , nonostante lo stesso consulente nominato ne avesse ricostruito la contabilizzazione bancaria. 4.1. Il motivo è inammissibile per più ragioni. Quanto al fondo […] e alla invocata erroneità di applicazione del principio di non contestazione, deve considerarsi che la Corte territoriale - e prima ancora il Tribunale - hanno ritenuto idonea prova della esistenza del titolo nel patrimonio dei coniugi prima dello scioglimento della comunione in forza di un documento attestante la situazione patrimoniale alla data del 17 maggio 2000, come prodotto da parte attrice C. tempestivamente, in primo grado. Così decidendo, pertanto, i giudici di merito hanno ritenuto idonea la prova documentale ritualmente prodotta, così compiendo una operazione ermeneutica evidentemente differente dall'applicazione del principio di non contestazione, in cui oggetto di valutazione è il comportamento processuale di controparte Cass. Sez. 3, n. 35037 del 17/11/2021 . Nel ricorso, invero, non è stato riprodotto il contenuto del documento posto a fondamento della motivazione nella sentenza impugnata, nè sono state allegate precise indicazioni sulla sua natura e sulla sua provenienza e perciò è precluso a questa Corte il sindacato sulla correttezza dell'operazione ermeneutica compiuta in sede di merito. A ciò si aggiunga che lo stesso ricorrente ha riportato di avere esplicitamente contestato soltanto nelle memorie conclusionali di replica la veridicità del documento posto a fondamento della decisione, evidentemente, perciò, quando già erano maturati i termini del perimetro della precisazione delle asserzioni e, conseguentemente, del thema probandum cfr. Cass. Sez. 3, n. 6172 del 05/03/2020 . Quanto alla somma di Euro 65.689,82, accreditata da S. […] s.p.a., in pendenza di comunione, con la causale utili ante 1983 , considerata dalla Corte d'appello bene comune ex art. 177 comma I lett. b c.c., la censura è inammissibile per sua formulazione il ricorrente sollecita una rivalutazione in merito del tempo di maturazione degli utili in riferimento ad un asserito riconoscimento dalla controparte senza evidenziare quale sia il fatto decisivo omesso idoneo a contrastare le conclusioni del c.t.u. nominato, come recepite esplicitamente sul punto dalla Corte d'appello. Quanto alla somma di L 100.411.226, la Corte ha escluso possa ritenersi confluita nel patrimonio comune perché presumibilmente già consumata nel tempo di quasi due anni intercorso tra l'ultima data che ne attesta l'esistenza gennaio 1979 alla data di celebrazione del matrimonio ottobre 1980 la critica del ragionamento è ugualmente inammissibile perché il ricorrente si è limitato a contrapporre che non fosse invece verosimile il consumo di tale somma nel tempo indicato. Per principio consolidato, invece, la denuncia in cassazione di violazione o falsa applicazione dell' art. 2729 c.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell'inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito Cass. Sez. 2, n. 9054 del 21/03/2022 . La censura per vizio di motivazione in ordine all'utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può, pertanto, limitarsi a prospettare l'ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l'assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo neppure occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo criterio di normalità, visto che la deduzione logica è una valutazione che, in quanto tale, deve essere probabilmente convincente, non oggettivamente inconfutabile Cass. Sez. L., n. 22366 del 05/08/2021 . 4.2. Quanto, infine, alla somma di L 107.500.000, proveniente dalla successione paterna, il ricorrente ha rimarcato che la Corte d'appello ha escluso il suo diritto esclusivo a prelevarla ex art. 195 c.c. per mancanza di prova sul suo effettivo impiego ma avrebbe così omesso di considerare che la provenienza dalla successione paterna era stata documentalmente accertata secondo la verifica del c.t.u. nominato, infatti, al 31/1/97 risultavano versati sul conto cointestato ai due fratelli S. tre assegni circolari del complessivo importo di L 215.000.000, di cui evidentemente la metà corrisponde all'importo suindicato di L 107.500.000. Quel che tuttavia il ricorrente non considera, con la sua censura, è che la prova della provenienza del denaro non rileva per sé sola ai fini del diritto di prelievo. È vero, infatti, che i beni personalissimi, quali quelli derivanti da successione, non sono soggetti al regime della comunione de residuo e quindi devono essere attribuiti al solo titolare al momento dello scioglimento della comunione, ai sensi dell' art. 195 c.c. , secondo cui nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare i beni mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima della comunione o che sono ad essi pervenuti durante la medesima per successione o donazione . È vero altresì, tuttavia, che secondo lo stesso articolo, in mancanza di prova contraria si presume che i beni mobili facciano parte della comunione . Per assicurare a ciascuna disposizione un ambito operativo sono necessarie allora alcune considerazioni. La legge impone di distinguere i proventi dell'attività separata di cui alla lett. c dell'art. 177, oggetto della comunione legale differita, da altre forme di liquidità in possesso del coniuge, considerate nel successivo art. 179 il danaro acquisito per successione o donazione di cui alla lett. 9 , il danaro ottenuto a titolo di risarcimento del danno e la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa di cui alla lett. e . Occorre però considerare che nel regime patrimoniale della famiglia il fondamento e l'ambito della comunione legale è il valore della forza lavoro di ciascun coniuge destinata a convertirsi in proventi a cui corrisponde il credito dell'altro coniuge, in un continuo rapporto di scambio e collaborazione reciproci. I proventi , allora, seppure provenienti dall'attività personale separata di ciascuno, in quanto conseguiti durante il matrimonio, divengono denaro familiare identificato così dalla dottrina nel senso che sono scambiati con beni che diventano comuni lett. a dell'art. 177 o diverranno oggetto delle ragioni dell'altro coniuge come comunione legale differita, in sede di scioglimento lett. c dell'art. 177 . Il denaro individuato nelle categorie dell'art. 179, invece, non è oggetto di comunione legale differita e sicuramente può essere oggetto di surrogazione, nel senso che il suo impiego dà luogo ad acquisto di beni personali per scambio , purché siano rispettate le formalità della lett. f dello stesso articolo. Risultano perciò delineate dal legislatore, all'interno del patrimonio di ciascun coniuge, due masse di denaro, costituita la prima dai proventi dell'attività separata e la seconda dal denaro proveniente dai titoli elencati nell'art. 179. Evidentemente, però, attesa la natura di bene fungibile e consumabile del denaro, la distinzione tra queste due masse patrimoniali liquide è ardua perché se per la prova della provenienza del danaro può essere sufficiente un estratto conto bancario, ad una certa data, quel che resta difficile è provare che le spese per i bisogni della famiglia non siano state sostenute con quel denaro ciascun coniuge, infatti, è tenuto a contribuire ai bisogni della famiglia con le sue sostanze e la sua capacità di lavoro e il denaro personalissimo e il denaro personale divenuto familiare necessariamente si pongono sullo stesso piano ai fini dell'adempimento di quest'obbligo di contribuzione. Per separare il denaro personalissimo allo scioglimento della comunione, resta allora il problema di provare non già soltanto la proprietà di una certa somma prima del matrimonio o la sua provenienza da successione o donazione, ma l'ulteriore fatto che il denaro che resta non sia familiare ma personalissimo perché specificamente conservato e non utilizzato per i bisogni della famiglia. Diviene pertanto indispensabile che il coniuge titolare distingua preventivamente, nel patrimonio liquido, quanto denaro è stato prodotto da frutti dei beni propri e dai proventi conseguiti durante il matrimonio e quanto denaro, appartenendogli prima del matrimonio o provenendo dai titoli elencati nell'art. 179, sia andato a costituire una sorta di patrimonio separato, suscettibile di trasformazione ai sensi della lett. f dell' art. 179 c.c. o di prelievo ex art. 195 c.c. . Questa ricostruzione è, come detto, necessitata dalla presunzione della seconda parte dell' art. 195 c.c. che è certamente coerente con tutta la disciplina della comunione legale una diversa soluzione avrebbe determinato una falla nel sistema del regime patrimoniale legale, consentendo l'elusione del principio di scambio - che ne è fulcro - tra l'apporto di forza lavoro di ciascun coniuge e la ricchezza prodotta durante la comunione. In altri termini, ai fini dell'esercizio del diritto di prelievo di cui all' art. 195 c.c. , la prova del carattere personalissimo del denaro deve essere accompagnata da indicazioni anche presunzioni relative alla conservazione di quel denaro e al suo non impiego per i bisogni della famiglia, perché in mancanza deve presumersi che il denaro che residua è comune. 5. Per queste considerazioni non può trovare accoglimento il quinto motivo, con cui il ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli articoli da 2721 a 2727 c.c. e da 244 a 257 c.p.c., in relazione al n. 3 del comma I dell'art. 360 c.p.c., oltre che in riferimento al n. 4 e al 5, per avere la Corte territoriale escluso l'ammissibilità della prova orale diretta a dimostrare l'avvenuto conferimento in comunione di somme pervenute in successione, soltanto perché avente ad oggetto trasferimenti di rilevante valore patrimoniale. Sono necessarie, sulla questione, alcune precisazioni. Dalle conclusioni nel giudizio d'appello, come riportate nella sentenza impugnata, si evince che S. aveva chiesto alla Corte di Venezia di poter provare di aver ricevuto, in pendenza di comunione, per successione ereditaria dalla madre L 162.792.634 e, per successione ereditaria dal padre, la somma di L 324.277.829 confluite in c/c a lui intestati e di L 42.062.265, depositata nel c/c omissis , intestato ai fratelli e poi transitata su c/c a lui intestato personalmente, oltre a L 20.397.254 consistenti in interessi maturati sulle somme suddette. Ciò puntualizzato, le circostanze articolate sub 6, 7, 8, 9, 10 e 11 sono state dedotte dal ricorrente per dimostrare che, in pendenza di comunione, sul c/c n. omissis aperto presso la Cassa di risparmio di Verona, Vicenza e Belluno e intestato a lui stesso, sono confluite per successione materna L 162.792.634. La circostanza sub 13 esclusa la parte relativa alla somma di L 107.500.000 di cui si è trattato al precedente punto 4.1. sarebbe finalizzata a dimostrare che, nel c/c […], acceso presso il Banco Ambrosiano di Castelfranco e intestato pure a S.G. , è confluita la somma di L 324.277.829, di cui L 68.000.000 sono stati spesi per l'acquisto del clipper cruiser […] , un'imbarcazione. Le circostanze n. 14 e 15 sono state formulate per dimostrare che, alla morte del padre S. […], la somma da quest'ultimo depositata sul c/c omissis , intestato ai fratelli, poi transitata sul c/c a lui intestato personalmente nella circostanza, invero, questa somma è indicata in L 84.124.530, ma pretesa in appello è stata soltanto la restituzione della minor somma di L 42.062.265, di cui pure si è detto al punto 3.1. Infine, la circostanza sub 16 concerne la prova che la somma confluita, per versamento da Cariverona s.p.a., nel c/c n. […] acceso presso la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo s.p.a. e pure intestato al ricorrente era costituita da interessi prodotti da denaro personale proveniente da successione. Al punto 6 della sentenza impugnata, come già prima rilevato, la Corte d'appello ha confermato l'inammissibilità delle prove orali proposte per superare la carenza di prove documentali , trattandosi di trasferimenti di somme cospicue e mancando la documentazione necessaria a ricostruirli ed attestarli . La motivazione effettivamente non è condivisibile in quanto esprime, attraverso un apparente giudizio di inammissibilità, un giudizio di attendibilità preventiva delle testimonianze da raccogliersi a prova l'ammissibilità attiene al rispetto delle norme che stabiliscono modalità e limiti di deduzione del singolo mezzo di prova, e nessuna norma vieta di assumere un teste solo perché ritenuto inidoneo a rendere una rappresentazione precisa delle circostanze oggetto di prova, mentre la rilevanza concerne il nesso tra i fatti da provare ed il riconoscimento della fondatezza della domanda o dell'eccezione, prescindendo da ogni considerazione della persona chiamata a deporre conseguentemente, l'ammissione di una prova testimoniale non può negarsi in considerazione del suo probabile esito negativo per l'inverosimiglianza del fatto che si intende provare ovvero per una pretesa inidoneità del teste a fare un resoconto preciso su di esso Cass. Sez. 1, n. 9640 del 10/09/1999 Sez. 2, n. 7146 del 15/04/2004 il giudice, pertanto, può valutare, secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 c.p.c. , soltanto quando la prova sia stata assunta l'attendibilità delle dichiarazioni rese dal testimone. Ciò precisato, deve tuttavia considerarsi che, per principio consolidato di questa Corte, il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione soltanto nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento Cass. Sez. 3, n. 11457 del 17/05/2007 Sez. 6 - 1, n. 16214 del 17/06/2019 . Ebbene, lo scrutinio preventivo non consente di ritenere decisivi i fatti di cui è stata chiesta la prova per testi non ammessa. Come già esposto al precedente punto 4.2 di questa motivazione, la prova del carattere personalissimo del denaro deve essere accompagnata da indicazioni anche presunzioni relative alla conservazione di quel denaro e al suo non impiego per i bisogni della famiglia queste ulteriori indicazioni, invece, non risultano nelle circostanze articolate, nè risulta siano state in alcun modo offerte. Conseguentemente, nessuna delle circostanze offerte a prova è idonea, seppure accertata, ad invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, la ratio decidendi come ricostruita. 6. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna della parte ricorrente S. , risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate in dispositivo, in favore della controricorrente C. . Stante il tenore della pronuncia, va dato atto - ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater - della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente S. al pagamento, in favore della controricorrente C. , delle spese del giudizio di legittimità, che liquida complessivamente in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell 'art. 13, comma 1-bis, del D.P.R. n. 115 del 200 2, se dovuto.