Modifica delle condizioni di separazione solo a partire dalla data di presentazione della domanda

Respinta la tesi proposta da un uomo nel contenzioso relativo all’assegno di mantenimento riconosciuto alla moglie. Impossibile, chiariscono i giudici, far retroagire gli effetti del provvedimento di revisione al momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno.

Impossibile pretendere che la modifica delle condizioni della separazione venga fatta decorrere da una data anteriore a quella di proposizione della relativa domanda. Ciò perché è da considerare intangibile la precedente statuizione e, precisano i giudici, del tutto ininfluente il momento in cui sono maturati i presupposti per la modificazione o finanche per la soppressione dell'assegno . Sul tavolo dei giudici le istanze presentate da un uomo e mirate ad ottenere la modifica, con decorrenza dal 2009, delle condizioni stabilite dal tribunale in sede di separazione personale dalla moglie, condizioni che avevano posto a suo carico l'obbligo di corrispondere alla consorte un assegno mensile di 250 euro a titolo di contributo per il mantenimento . A sostegno di tale istanza l'uomo ha spiegato di avere avuto tre figli da un'altra donna e che ciò ha comportato un peggioramento della sua situazione economica , aggiungendo poi che la moglie, oltre ad aver intrapreso una convivenza con un altro uomo , non si è attivata per reperire un'occupazione, nonostante la giovane età e la brevissima durata della loro unione coniugale . Per i giudici d'appello, però, la modifica delle condizioni della separazione non può essere fatta decorrere da una data anteriore a quella di proposizione della relativa domanda, risultando intangibile la precedente statuizione e del tutto ininfluente il momento in cui erano maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno . Entrando nei dettagli della vicenda oggetto del processo, i giudici d'appello hanno aggiunto che la sentenza di divorzio della coppia, in quanto avente efficacia ex nunc , non incideva sul periodo anteriore, non essendo stati adottati provvedimenti presidenziali e non avendo il tribunale provveduto espressamente al riguardo, con la conseguenza che le statuizioni adottate in sede di separazione avevano continuato a regolare i rapporti economici tra i coniugi fino al passaggio in giudicato della pronuncia di scioglimento del vincolo coniugale . E poi, per quanto concerne il periodo compreso tra il deposito del ricorso e l'accordo intervenuto in sede di divorzio , i giudici d'appello hanno rilevato che nell'ambito di tale accordo , sottoscritto nel maggio del 2019, l'uomo aveva dato atto che la donna era divenuta economicamente autosufficiente soltanto dalla predetta data . Inutile il ricorso in Cassazione proposto dall'avvocato dell'uomo. Respinta, difatti, la tesi proposta dal legale, tesi secondo cui i giudici di merito, nell'escludere la possibilità di far decorrere gli effetti della modificazione delle condizioni della separazione da una data anteriore a quella di proposizione della relativa domanda, non hanno tenuto conto dell'applicabilità del principio generale secondo cui la durata del processo non può andare a detrimento della parte che ha fatto valere il proprio diritto . Nello specifico, il legale fa presente che il suo cliente non ha provveduto al pagamento dell'assegno posto a suo carico e sostiene, poi, che la modificazione delle condizioni della separazione avrebbe dovuto comportare l'esclusione dell'obbligo di corrispondere le somme dovute per il periodo pregresso . A queste obiezioni i Giudici di Cassazione ha ribattuto condividendo la linea seguita in appello e sancendo che non vi è la possibilità di far decorrere gli effetti della modifica dell'assegno da una data anteriore a quella di proposizione della relativa domanda . Decisivo il riferimento al principio secondo cui il diritto di un coniuge a percepire l' assegno ed il corrispondente obbligo dell'altro coniuge di versarlo, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di separazione o dal verbale omologato, conservano la loro efficacia fino a quando non intervenga la modifica di tali provvedimenti . Ciò significa che va respinta l'ipotesi di far retroagire gli effetti del provvedimento di revisione al momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno . I giudici precisano poi che la decorrenza degli effetti della revisione dalla data di proposizione della domanda, anziché da quella di maturazione dei relativi presupposti, non si pone in alcun modo in contrasto con il principio generale secondo cui la durata del processo non può andare a detrimento della parte che abbia visto giudizialmente riconosciuto il proprio diritto, dal momento che tale principio, volto ad evitare che il diritto azionato possa restare pregiudicato dal decorso del tempo necessario per farlo valere in giudizio, non implica affatto la necessità che gli effetti della decisione vengano fatti retroagire ad un'epoca addirittura anteriore alla proposizione della domanda. Vero, poi, riconoscono i giudici, che l'accoglimento della domanda di soppressione o di riduzione dell'assegno, se per un verso non giustifica la condanna dell'avente diritto alla restituzione totale o parziale degli importi già percepiti, il cui carattere sostanzialmente alimentare ne comporta l'irripetibilità, l'impignorabilità e la non compensabilità con altre prestazioni, per altro verso dispensa il coniuge obbligato dalla corresponsione delle somme eventualmente non ancora versate per i periodi pregressi. Ma tale esonero deve considerarsi , aggiungono i giudici, limitato, tuttavia, ai soli importi non corrisposti in epoca successiva alla proposizione della domanda di revisione, restando invece precluso, per il periodo anteriore, dall' intangibilità del giudicato formatosi in ordine alla sentenza di separazione, la cui operatività rebus sic stantibus dev'essere intesa esclusivamente nel senso della modificabilità delle relative condizioni, qualora sopravvenga un mutamento della situazione di fatto, e non anche nel senso che il provvedimento di revisione possa retroagire fino alla data di tale mutamento .

Presidente Marulli Relatore Mercolino Fatti di causa 1. D.L.S. convenne in giudizio P.S. , per sentir disporre, con decorrenza dall'anno 2009, la modificazione delle condizioni stabilite nella sentenza del 26 luglio 2010, con cui il Tribunale di Latina, nel pronunciare la separazione personale dei coniugi, aveva posto a carico del D.L. l'obbligo di corrispondere un assegno mensile di Euro 250,00, a titolo di contributo per il mantenimento della P. . A sostegno della domanda, il ricorrente espose di avere avuto tre figli da un'altra donna, nati negli anni 2002, 2006 e 2010, sostenendo che ciò aveva comportato un peggioramento della sua situazione economica, mentre la moglie, oltre ad aver intrapreso una convivenza con un altro uomo, non si era attivata per reperire un'occupazione, nonostante la giovane età e la brevissima durata dell'unione. Si costituì la P. , e resistette alla domanda, chiedendone il rigetto. Nelle more del giudizio, con sentenza del 27 maggio 2019, il Tribunale di Latina pronunciò la cessazione degli effetti civili del matrimonio, dando atto dell'accordo raggiunto tra le parti in ordine alle relative condizioni, e nulla disponendo relativamente all'assegno divorzile. 1 .1. Con decreto del 16 dicembre 2019, il Tribunale di Latina rigettò la domanda per il periodo intercorrente tra il deposito del ricorso e l'accordo intervenuto in sede di divorzio, dichiarando invece inammissibile la domanda per il periodo residuo. 2. Il reclamo proposto dal D.L. è stato rigettato dalla Corte d'appello di Roma con decreto del 29 luglio 2021. A fondamento della decisione, la Corte ha confermato l'inammissibilità o comunque l'infondatezza dell'istanza di sospensione del procedimento in attesa dell'esito del giudizio di divorzio o di riunione dei due giudizi, evidenziando la diversità dell'oggetto degli stessi e l'inidoneità delle valutazioni compiute nel primo ad incidere sulla validità del provvedimento impugnato. Ha escluso inoltre che la modifica delle condizioni della separazione potesse essere fatta decorrere da una data anteriore a quella di proposizione della relativa domanda, risultando intangibile la precedente statuizione e del tutto ininfluente il momento in cui erano maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno. Ha aggiunto che, in quanto avente efficacia ex nunc, la sentenza di divorzio non incideva sul periodo anteriore, non essendo stati adottati provvedimenti presidenziali e non avendo il Tribunale provveduto espressamente al riguardo, con la conseguenza che le statuizioni adottate in sede di separazione avevano continuato a regolare i rapporti economici tra i coniugi fino al passaggio in giudicato della pronuncia di scioglimento del vincolo coniugale. In riferimento al periodo compreso tra il deposito del ricorso e l'accordo intervenuto in sede di divorzio, la Corte ha rilevato invece che nell'ambito di tale accordo, sottoscritto nel mese di maggio 2019, il D.L. aveva dato atto che la P. era divenuta economicamente autosufficiente soltanto dalla predetta data. Precisato inoltre che il reclamante avrebbe dovuto fornire una prova rigorosa dal peggioramento delle proprie condizioni economiche e del miglioramento di quelle della resistente, ha osservato, ad abundantiam, che la nascita dei tre figli, verificatasi prima della pronuncia della sentenza di separazione, aveva costituito oggetto di valutazione nel relativo giudizio, così come la giovane età della P. e la breve durata della convivenza tra i coniugi. Nel medesimo giudizio, era stata poi esclusa la nuova relazione as-seritamente intrapresa dalla donna, la cui sussistenza per il periodo successivo era rimasta invece indimostrata, avuto riguardo alla genericità delle prove testimoniali dedotte in proposito ed all'insufficienza dei documenti prodotti. 3. Avverso il predetto decreto il D.L. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi. La P. ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 156, 158 e 2697 c.c. , degli artt. 112, 115, 116, 295 e 711 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., nonché l'omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, osservando che, nell'escludere la possibilità di far decorrere gli effetti della modificazione delle condizioni della separazione da una data anteriore a quella di proposizione della relativa domanda, il decreto impugnato non ha tenuto conto dell'applicabilità del principio generale secondo cui la durata del processo non può andare a detrimento della parte che ha fatto valere il proprio diritto. Premesso di aver dedotto, nel reclamo, di non aver provveduto al pagamento dell'assegno posto a suo carico, sostiene che la modificazione delle condizioni della separazione avrebbe comportato l'esclusione dell'obbligo di corrispondere le somme dovute per il periodo pregresso, affermando quindi che la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare il venir meno dei presupposti sulla base dei quali era stato riconosciuto l'assegno di mantenimento. 2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 156, 158 e 2697 c.c. , dell'art. 711 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., nonché l'omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere indimostrati il peggioramento delle sue condizioni economiche ed il miglioramento di quelle della P. , il decreto impugnato non ha tenuto conto dell'accordo, successivo alla sentenza di separazione, intervenuto tra esso ricorrente e la donna con cui aveva intrapreso la nuova relazione. La Corte d'appello ha inoltre omesso di verificare il nuovo rapporto di convivenza instaurato dalla P. , per il periodo successivo alla sentenza di separazione, nonché di accertare la situazione reddituale di esso ricorrente, che escludeva la possibilità di continuare a contribuire al mantenimento dell'ex coniuge. 3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, in via subordinata, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, 187, 189, 244, 345, 346 e 352 c.p.c. , censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha confermato l'inammissibilità delle prove testimoniali da lui dedotte, senza tenere conto delle specifiche doglianze sollevate in sede di reclamo e della rilevanza delle testimonianze ai fini della dimostrazione del nuovo rapporto di convivenza instaurato dalla P. . 4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in via subordinata, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 156, 158 e 2697 c.c. , dell'art. 711 c.p.c. e degli artt. 3, 24 e 111 Cost., nonché l'omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, rilevando che il decreto impugnato ha omesso di prendere in esame i documenti prodotti, essendosi limitato a dare atto delle date di nascita dei suoi figli e di quelle di emissione dei provvedimenti adottati in sede di separazione e di divorzio. 5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. , osservando che, nel condannarlo al pagamento delle spese processuali, la Corte territoriale non ha tenuto conto della reciproca soccombenza delle parti, che avrebbe imposto la compensazione totale o parziale delle spese. 6. Così riassunte le censure proposte dal ricorrente, va innanzitutto disattesa l'eccezione d'inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa della controricorrente per carenza dei requisiti prescritti dall' art. 366, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. È pur vero, infatti, che i limiti contenutistici previsti dalle predette disposizioni impongono, nella redazione del ricorso, il rispetto del dovere processuale di chiarezza e sinteticità espositiva, il quale richiede una precisa individuazione dei profili di fatto e di diritto della fattispecie sottoposta all'esame del Giudice di legittimità, in modo tale da offrire a quest'ultimo una concisa rappresentazione dell'intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, con la connessa esposizione delle relative ragioni, nell'ambito della tipologia dei vizi elencata dall' art. 360 c.p.c. cfr. Cass., Sez. V, 30/04/2020, n. 8425 21/03/ 2019, n. 8009 Cass., Sez. II, 20/10/2016, n. 21297 . Nella specie, tuttavia, la confusa narrazione dei fatti di causa e l'illustrazione scarsamente perspicua delle ragioni addotte a sostegno dell'impugnazione non nuocciono ad una corretta comprensione della vicenda processuale ed all'individuazione della reale portata delle critiche mosse alla sentenza impugnata, la cui ricostruzione, pur disagevole, consente d'identificare con sufficiente chiarezza le argomentazioni sottoposte a censura e le questioni sollevate dal ricorrente, alle quali può dunque fornirsi risposta, nei termini di cui appresso. 7. Il primo motivo, concernente la decorrenza degli effetti della modificazione dell'assegno, è peraltro infondato. Nell'escludere la possibilità di far decorrere i predetti effetti da una data anteriore a quella di proposizione della relativa domanda, la sentenza impugnata si è infatti attenuta al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il diritto di un coniuge a percepire l'assegno ed il corrispondente obbligo dell'altro coniuge di versarlo, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di separazione o dal verbale omologato, conservano la loro efficacia fino a quando non intervenga la modifica di tali provvedimenti, trovando applicazione, in mancanza di specifiche disposizioni, i principi generali relativi all'autorità, intangibilità e stabilità sia pure rebus sic stantibus del giudicato, i quali impediscono di far retroagire gli effetti del provvedimento di revisione al momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno cfr. Cass., Sez. I, 12/03/2012, n. 3922 Cass., Sez. I, 7/01/2008, n. 28 nello stesso senso, in tema di assegno divorzile, Cass., Sez. VI, 30/07/2015, n. 16173 Cass., Sez. I, 22/05/2009, n. 11913 . La decorrenza degli effetti della revisione dalla data di proposizione della domanda, anziché da quella di maturazione dei relativi presupposti, non si pone in alcun modo in contrasto con il principio generale secondo cui la durata del processo non può andare a detrimento della parte che abbia visto giudizialmente riconosciuto il proprio diritto, dal momento che tale principio, volto ad evitare che il diritto azionato possa restare pregiudicato dal decorso del tempo necessario per farlo valere in giudizio, non implica affatto la necessità che gli effetti della decisione vengano fatti retroagire ad un'epoca addirittura anteriore alla proposizione della domanda. È pur vero che, come ripetutamente affermato da questa Corte, l'accoglimento della domanda di soppressione o riduzione dell'assegno, se per un verso non giustifica la condanna dell'avente diritto alla restituzione totale o parziale degl'importi già percepiti, il cui carattere sostanzialmente alimentare ne comporta l'irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità con altre prestazioni, per altro verso dispensa il coniuge obbligato dalla corresponsione delle somme eventualmente non ancora versate per i periodi pregressi cfr. 24/10/2017, n. 25166 Cass., Sez. VI, 4/07/ 2016, n. 13609 Cass., Sez. I, 10/12/2008, n. 28987 tale esonero deve considerarsi tuttavia limitato ai soli importi non corrisposti in epoca successiva alla proposizione della domanda di revisione, restando invece precluso, per il periodo anteriore, dall'intangibilità del giudicato formatosi in ordine alla sentenza di separazione, la cui operatività rebus sic stantibus dev'essere intesa esclusivamente nel senso della modificabilità delle relative condizioni, qualora sopravvenga un mutamento della situazione di fatto, e non anche nel senso che il provvedimento di revisione possa retroagire fino alla data di tale mutamento. Non può dunque condividersi il richiamo del ricorrente ad una recente pronuncia di legittimità, che in caso di riduzione o soppressione dello assegno di mantenimento ha ritenuto ammissibile l'esercizio dell'azione di ripetizione, anche per il recupero delle somme corrisposte in epoca anteriore alla proposizione della domanda di revisione, evidenziando la portata generale dell' art. 2033 c.c. e la sua applicabilità a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo giustificativo del pagamento, qualunque ne sia la causa cfr. Cass., Sez. I, 13/02/2020, n. 3659 . 8. Sono invece inammissibili il secondo ed il terzo motivo, riflettenti l'omessa valutazione dei mutamenti intervenuti nella situazione economica e familiare delle parti. Le censure proposte dal ricorrente hanno infatti ad oggetto argomentazioni che la Corte d'appello ha svolto dichiaratamente ad abundantiam, avendo ritenuto assorbente, ai fini del rigetto della domanda di riduzione o soppressione dell'assegno di mantenimento, relativamente al periodo compreso tra l'instaurazione del procedimento di revisione e l'accordo intervenuto tra i coniugi in sede di divorzio, l'osservazione che nel predetto accordo le parti avevano espressamente dato atto che la P. era divenuta economicamente autosufficiente soltanto dalla data della stipulazione. In quanto estranee alla ratio decidendi del decreto impugnato, le predette argomentazioni non hanno spiegato alcuna influenza sul dispositivo della decisione, e risultano pertanto concretamente prive di effetti giuridici, con la conseguenza che il ricorrente non ha alcun interesse ad impugnarle cfr8/06/ 2022, n. 18429 Cass., Sez. I, 10/04/2018, n. 8755 Cass., Sez. lav., 22/10/2014, n. 22380 . 9. È parimenti inammissibile il quarto motivo, con cui il ricorrente lamenta l'omesso esame della documentazione da lui prodotta. In quanto aventi ad oggetto la prova dell'intervenuto mutamento delle situazioni economiche dei coniugi, la cui sussistenza è stata esclusa dal decreto impugnato, sulla base della dichiarazione dagli stessi resa nell'accordo intervenuto in sede di divorzio, le censure proposte dal ricorrente non sono riconducibili all'ambito applicativo dell' art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. , nel testo riformulato dall'art. 54, comma 1, lett. b , del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134 tale disposizione ha infatti introdotto nel nostro ordinamento processuale un vizio specifico de-nunciabile in sede di legittimità, consistente nell'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto del dibattito processuale e risulti idoneo ad orientare in senso diverso la decisione dovendo avere ad oggetto un fatto storico, tale vizio non può consistere nell'omessa valutazione di elementi istruttori, la quale non è pertanto deducibile come motivo di ricorso per cassazione, ove, come nella specie, il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché il provvedimento impugnato non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie cfr. Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053 Cass., Sez. II, 29/10/ 2018, n. 27415 Cass., Sez. III, 11/04/2017, n. 9253 . L'omesso esame di tali risultanze non è d'altronde censurabile neppure ai sensi dell' art. 2697 c.c. , la cui violazione sussiste soltanto nell'ipotesi, non ricorrente nel caso in esame, in cui il giudice abbia posto l'onere della prova a carico di una parte diversa da quella su cui lo stesso sarebbe dovuto gravare in base alle regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non invece quando, a causa di un'incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto che la parte onerata avesse assolto tale onere, potendo in tal caso configurarsi, al più, un erroneo apprezzamento dell'esito della prova, non deducibile come motivo di ricorso per cassazione cfr. Cass., Sez. VI, 31/08/2020, n. 18092 Cass., Sez. lav., 19/08/2020, n. 17313 Cass., Sez. III, 29/05/ 2018, n. 13395 . 10. È infine inammissibile il quinto motivo, avente ad oggetto il regolamento delle spese processuali. In tale materia, il controllo del Giudice di legittimità, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, è infatti circoscritto alla verifica dell'eventuale violazione del principio secondo il quale le stesse non possono essere poste, neppure parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa, restando invece esclusa da tale sindacato, in quanto riservata alla discrezionalità del giudice di merito, la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nel caso in cui ricorrano giusti motivi, sia nell'ipotesi di reciproca soccombenza, nella specie peraltro non configurabile, avuto riguardo all'integrale rigetto della domanda proposta dal ricorrente cfr. Cass., Sez. VI, 17/10/2017, n. 24502 Cass., Sez. V, 31/03/2017, n. 8421 Cass., Sez. I, 4/08/2017, n. 19613 . 11. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della contro-ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. ​