Quale sorte per le statuizioni civili nel caso di proscioglimento nel merito?

In tema di cause estintive del reato, e segnatamente di prescrizione dell’illecito penalmente rilevante, va rimessa alle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione la questione se, all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, quando, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili.

Lo ha stabilito la Quarta Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30386, depositata il 12 luglio 2023. La regola di prevalenza sancita all' art. 129, comma 2, c.p.p … L'analisi dell' art. 129 c.p.p. offre interessanti spunti di riflessione anche in relazione al secondo comma del citato articolo. Tanto in fase predibattimentale cfr. art. 469 c.p.p. , come in qualsiasi altro stato e grado del giudizio, può sempre procedersi all'anticipata definizione del procedimento, quando risulti evidente che il fatto non sussiste, o che l'imputato non lo ha commesso, o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. Il legislatore ha dunque congegnato la disposizione de qua in modo che, ove ricorra una delle cause di estinzione del reato nella sentenza in commento si trattava della prescrizione , il proscioglimento nel merito è vincolato ad una situazione di evidenza, così come emerge allo stato degli atti del procedimento, cioè nel momento in cui si verifica il fatto estintivo dell'illecito penale. …presuppone una nozione restrittiva di evidente innocenza” Da tempo tanto la dottrina quanto la giurisprudenza si sono interrogate circa il rapporto fra la declaratoria di estinzione del reato e quella di una causa di non punibilità nel merito. Orbene, va dato atto di quell'orientamento in base al quale la regola di giudizio, prevista dall' art. 530, comma 2, c.p.p. - cioè l'obbligo per il giudice di pronunciare sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova della responsabilità - è dettata esclusivamente per il normale esito del processo sfociante in sentenza emessa dal giudice al compimento dell'attività dibattimentale, con piena valutazione di tutto il complesso probatorio acquisitosi in atti. Per contro, detta regola non può trovare applicazione in presenza di causa estintiva di reato. In tale situazione vale infatti la regola di cui all' art. 129 c.p.p. , in base alla quale l'inizio di prova, ovvero la prova incompleta in ordine alla responsabilità dell' imputato , non viene equiparata alla mancanza di prova, ma, per pervenire ad un proscioglimento nel merito, soccorre la diversa regola di giudizio, per la quale deve positivamente risulta evidente art. 129 comma 2 c.p.p. emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato per quanto contestatogli cfr. Cass. pen., sez. I, 30 giugno 1993, Mussone . Ne consegue che, nel concorso tra una causa di estinzione del reato e di un'altra e più favorevole causa di non punibilità, quest'ultima deve risultare in modo evidente, e non anche in modo insufficiente o contraddittorio, come sancito all' art. 530, comma 2, c.p.p. , essendo richiesto un grado di innocenza addirittura superiore a quello necessario per una declaratoria di assoluzione con formula ampia. Appare dunque superato l'altrettanto risalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in applicazione del combinato disposto degli artt. 245 e 254 d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, 530 comma 2 e 129 c.p.p. , anche una situazione di incertezza probatoria consente la prevalenza della formula di merito sulla causa di estinzione del reato ex multis , Cass. pen., sez. VI, 3 maggio 1991, Giambartolomei . È superato il dictum della sentenza Tettamanti? Ciò posto sul piano generale, occorre osservare che la sentenza in commento rimette quindi in discussione, dinanzi al supremo organo nomofilattico, i principi già acquisiti con la precedente pronuncia a Sezioni Unite Tettamanti” Cass. S.U. 35490/2009 , alla luce di una lettura sinottica con la recente sentenza n. 182/2021 della Corte Costituzionale . Secondo la sentenza Tettamanti, all'esito del giudizio dibattimentale, il proscioglimento nel merito, nel caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità , posto che il giudice può pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129, comma 2, c.p.p. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee a escludere l'esistenza del fatto, la sua rilevanza penale ovvero la non commissione del medesimo da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente incontestabile, ferme restando le ipotesi in cui il giudice sia chiamato a dover approfondire ex professo il materiale probatorio acquisito. Ne deriva che il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva , pur nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova, solo nel caso in cui, ai sensi dell' art. 578 c.p.p. , il giudice di appello - intervenuta una causa estintiva del reato - è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili per la presenza della parte civile ovvero nel caso in cui a una sentenza di assoluzione in primo grado resa ai sensi dell' art. 530, comma 2, c.p.p. , appellata dal p.m., sopravvenga una causa estintiva del reato e il giudice di appello ritenga infondato nel merito l'appello del PM.

Presidente Dovere – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. M.S. veniva tratto a giudizio davanti al Tribunale di Siracusa, per rispondere del reato di cui all' art. 589 c.p. perché, nel condurre l'imbarcazione della società cooperativa complesso portuale di X, adibita al trasporto passeggeri, all'interno della omissis in direzione della piattaforma n. 6 pontile , con colpa consistita nel non regolare la velocità e le modalità di navigazione in considerazione delle condizioni di luce e di avvistamento e, pertanto, nel non mettere in atto la necessaria manovra di accostamento a dritta di cui alla Regola 14 punto A del regolamento internazionale per evitare gli abbordi in mare, entrava in collisione con l'imbarcazione da diporto della persona offesa che procedeva con rotta opposta, così concorrendo a causare il sinistro dal quale derivava la morte per annegamento di C.C. . Fatto commesso in territorio di X, il omissis . Il giudice di primo grado, all'esito di giudizio ordinario, con sentenza del 9 maggio 2018, ritenuta provata la penale responsabilità dell'imputato per il reato ascrittogli, concessegli le circostanze attenuanti generiche, condannava il M. alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Lo condannava, altresì, in solido con la HDI Assicurazioni s.p.a. al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili costituite, da liquidarsi in separata sede civile ed al pagamento in loro favore di una provvisionale provvisoriamente esecutiva di 50.000 Euro, oltre alla rifusione delle spese processuali. 2. Avverso detta sentenza proponevano appello la difesa dell'imputato, le parti civili costituite nel processo e il responsabile civile. La difesa dell'imputato eccepiva in primo luogo la nullità della sentenza ex art. 522 c.p.p. assumendo che il M. era stato condannato per un fatto diverso da quello indicato nel capo di imputazione, e, in ogni caso, nel merito ne chiedeva l'assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato. Le parti civili, a loro volta, chiedevano affermarsi l'esclusiva responsabilità dell'imputato nella causazione dell'evento dannoso, e la condanna dello stesso all'integrale risarcimento del danno, quantificato in base ai criteri delle tabelle di Roma per la determinazione del danno da perdita parentale, in solido con il responsabile civile in subordine, aumentare la somma riconosciuta a titolo di provvisionale in funzione del maggior danno patito. Il responsabile civile chiedeva l'assoluzione dell'imputato ai fini degli interessi civili. La Corte di Appello di Catania, premesso che alla data della propria pronuncia il reato risultava prescritto, in considerazione della presenza delle parti civili, valutava i fatti nel merito, e perveniva alla conclusione che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, l'istruttoria dibattimentale non avesse consegnato la prova della penale responsabilità dell'imputato oltre ogni ragionevole dubbio. Con sentenza del 25 gennaio 2022, pertanto, in riforma della sentenza di primo grado, M.S. veniva assolto dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste, con revoca -come si legge in motivazione delle statuizioni in favore delle parti civili. 2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, ai soli effetti civili, a mezzo del proprio difensore di fiducia, C.L. , C.F. e C.L. , parti civili costituite, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall' art, 173, comma 1, disp. att. c.p.p. . 2.1. Con un primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 6 e 15 del Colreg e degli artt. 521 e 522 c.p.p. nonché vizio di motivazione laddove la Corte territoriale avrebbe ritenuto erroneamente nulla la sentenza di primo grado in ordine alla contestazione sulla colpa specifica attribuita all'imputato ed avrebbe omesso di motivare sul punto anche in relazione alle deduzioni della parte civile indicate nella comparsa conclusionale. Ci si duole che i giudici di appello, senza aver dichiarato nel dispositivo alcuna nullità della sentenza di primo grado, abbiano ritenuto in motivazione di dover condividere le argomentazioni della difesa dell'imputato e dunque di non poter imputare al M. nessuna delle due violazioni considerate la regola 14 Colreg perché esclusa dal primo giudice, e la regola 15 Colreg perché non ritualmente contestata mediante la modifica del capo di imputazione così a pag. 5 della sentenza impugnata . Inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto di escludere la valutazione della regola di cui all'art. 6 Colreg, sotto il profilo della colpa specifica, in quanto ritenuta erroneamente secondo i ricorrenti regola generale sulla velocità, e dunque rientrante nel giudizio sulla colpa generica sotto il profilo dell'imprudenza. Evidenziano le pp.cc. ricorrenti che dall'istruttoria dibattimentale è emerso che la dinamica del sinistro è stata parzialmente differente rispetto a quella ipotizzata originariamente nel capo di imputazione, in quanto si è accertato che lo scontro non è stato frontale dunque, le imbarcazioni non navigavano con rotte contrapposte, bensì con una incidenza di circa 45 gradi a prora rispetto alla direzione della omissis , con provenienza del C. da dritta da destra , dunque con rotte incrociate. Secondo la tesi proposta in ricorso questa diversa ricostruzione, che impone l'applicazione della regola 15 Colreg e non quella di cui all'art. 14 ipotizzata nel capo di imputazione, non implica in concreto alcuna differenza relativamente alla condotta che avrebbe dovuto tenere il M. per evitare il sinistro. Entrambe le regole citate, infatti, imponevano al M. di manovrare virando a dritta artt. 14 e 15 con prontezza art. 16 per lasciare libero il passaggio all'imbarcazione del C. . Pertanto, per le pp.cc. ricorrenti sarebbe chiaro che la Corte territoriale avrebbe preso un abbaglio ed avrebbe operato un malgoverno delle norme processuali sottese alla nullità della sentenza ex artt. 521 e 522 c.p.p. in quanto la regola 15 prevedeva di attuare la medesima manovra prevista dalla regola 14 si richiamano a conforto di tale tesi i dicta di Sez. 4, 5403/2015, 18390/2018 e 19028/2016 . 2.2. Con un secondo motivo si lamenta che la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe viziata da travisamento della prova, nonché manifestamente illogica e contraddittoria, in ordine alla ritenuta insussistenza della colpa generica nella condotta dell'imputato quale causa di verificazione dell'evento. Erroneamente la Corte territoriale avrebbe escluso, poiché non superata la soglia dell'oltre ogni ragionevole dubbio, che l'imputato debba essere ritenuto responsabile sotto il profilo della colpa generica, e specificatamente sotto il profilo dell'imprudenza. Si censura, sul punto, l'affermazione dei giudici di appello secondo cui nel corpo della sentenza e nelle perizie in atti non si riscontrerebbe alcun riferimento a specifiche e diverse ‘modalità di navigazionè inadeguate alle condizioni di tempo e luogo . Con ciò intendendo i giudici di appello che la condotta tenuta dall'imputato era stata prudente. Al contrario -secondo la tesi delle pp.cc. ricorrenti la condotta era imprudente in quanto violativa dell'art. 6 Colreg che disciplina la velocità di sicurezza, che deve essere improntata al grado di visibilità dell'orizzonte, nel caso specifico limitato dal bagliore delle luci del pontile nonché dall'illuminazione delle imbarcazioni attraccate al pontile medesimo e di quelle alla fonda. Sul punto si evidenzia in ricorso che sia il consulente del P.M., ing. G. , che il consulente delle parti civili, ing. prof. G. , hanno concordemente affermato che la visibilità era ridotta. Ed entrambi, ancora, hanno evidenziato che la velocità di 15,40 Kn non era adeguata, anzi era pericolosa, per la navigazione in quello specchio acqueo ricompreso tra il Porto rifugio ed il Pontile . Inoltre, la Corte catanese cadrebbe in errore nel ritenere che la velocità stimata dai consulenti del PM sia di 9-10 nodi peraltro già questa ritenuta non sicura . Pertanto, essendo ampiamente dimostrato il profilo della colpa generica in termini di imprudenza, si censura l'erronea motivazione che lo esclude in quanto affetta da contraddittorietà con le risultanze processuali citate nonché per manifesta illogicità laddove ritiene che non vi fosse alcuna condotta alternativa da tenere per evitare lo scontro, così come invece previsto dalla regola 6 Colreg. Relativamente alla colpa specifica, si sottolinea in ricorso che, se il M. avesse manovrato tempestivamente a dritta come previsto da entrambe le regole 14 e 15 , avrebbe certamente evitato di speronare, sovrastandola letteralmente come evidenziato dal CTP G. alle pagg. 73-75 della propria consulenza , l'imbarcazione della vittima. Sul punto, infine, si sottolinea l'argomentazione erronea in cui incorrerebbe la Corte territoriale laddove afferma che nelle circostanze di tempo e di luogo non si verteva in condizioni di visibilità ridotta pag. 7 , dunque doveva essere agevole avvistare la luce di segnalazione del C. . Invero, per le pp.cc. ricorrenti, il concetto di visibilità ridotta va riferito alla visibilità a trecentosessanta gradi, inficiata da fenomeni che ne compromettano per tutta la linea dell'orizzonte il visus, come ad esempio la nebbia, la foschia, le condizioni meteomarine avverse. Altra cosa si sostiene essere la regolamentazione della velocità in relazione alla visibilità dovuta a fenomeni specifici, come nel caso in esame il bagliore e/o il riverbero delle luci del Pontile , che non consentivano una normale capacità di avvistamento di natanti che si potevano frapporre nella rotta tra l'imbarcazione ed il pontile. Se è vero che la visibilità non era ridotta, per le pp.cc. ricorrenti, è altresì vero che era severamente compromessa a causa delle luci del pontile in relazione a quella specifica rotta di navigazione, ovverosia dal omissis in direzione della piattaforma n. 6 del pontile, rotta nella quale si è verificato il sinistro ad una distanza di circa 300-360 metri dal pontile. Per quanto riguarda invece gli aspetti della prevedibilità ed evitabilità dell'evento valutati dalla Corte a pag. 6, le pp.cc. ricorrenti ritengono che la motivazione del provvedimento impugnato sia viziata perché a. In ordine alla prevedibilità dell'evento, sarebbe contraddittoria e manifestamente illogica in quanto, pur ritenendo provate le premesse del ragionamento, secondo cui presso il omissis insistevano il cantiere navale omissis ed il circolo nautico XX, da cui uscivano e/o rientravano unità navali e da diporto, e che durante tutto l'anno vi fossero diportisti e/o pescatori che uscivano in mare, conclude affermando che la circostanza era comunque difficilmente prevedibile per il M. perché era gennaio, faceva freddo ed era buio. E quindi quest'ultimo, ragionevolmente, non poteva prevedere in concreto la presenza di altre imbarcazioni, derubricando la prevedibilità dell'evento a mera possibilità e non probabilità. L'evento -si sostiene era prevedibile in concreto per il M. perché questi era capogruppo della Cooperativa barcaioli , con sede all'interno del omissis , ragione per cui lo stesso era perfettamente a conoscenza della altissima probabilità di poter incrociare imbarcazioni di pescatori e diportisti, come riportato dai testimoni indicati in ricorso. Per quanto riguarda, invece, la circostanza valutata dai giudici del gravame del merito relativa al divieto di navigazione nella omissis , si lamenta che la Corte territoriale abbia ignorato integralmente i motivi di gravame delle parti civili nonché la documentazione allegata alla comparsa conclusionale. b. Relativamente all'evitabilità dell'evento, la motivazione sarebbe contraddittoria e manifestamente illogica in quanto sarebbe erroneo ritenere che le condizioni di visibilità per il M. la sera del sinistro non gli imponessero di tenere alcun accorgimento in quanto esse se non ottimali a causa del riverbero delle luci del pontile e delle altre navi, non erano comunque tali da potersi definire di ‘visibilità ridotta pag. 7 . Quanto alla definizione di visibilità ridotta , si richiamano in ricorso le affermazioni del consulente del P.M. ing. C. da cui si evincerebbe essere indubbio che la visibilità in direzione del pontile, con rotta di 80-85 gradi uscendo dal omissis in direzione della piattaforma 6 del pontile, rotta nella quale si è verificato il sinistro, era severamente compromessa, il che imponeva al M. di dover adeguare la velocità per evitare di abbordare il C. . Per altro verso, la Corte territoriale incorrerebbe in un ulteriore errore allorquando ritiene non provata la circostanza che il C. avesse montata la luce di avvistamento al momento del sinistro. Sul punto si precisa in ricorso che il consulente del PM usa il condizionale in merito alla presenza della luce di avvistamento del C. sulla scorta della premessa che, non essendo stata rinvenuta la luce in parola, allora l'imbarcazione ne era sprovvista. Osservano, però, le pp.cc. ricorrenti che il primo decidente, sulla scorta della regola 23, comma 2 Colreg., ha invece ritenuto correttamente che la luce di avvistamento del C. , in relazione alla tipologia di imbarcazione, potesse essere mobile e non fissa. Perciò, la motivazione sul punto sarebbe contraddittoria rispetto alle emergenze processuali nonché affetta da travisamento di una prova specifica. Sotto il primo profilo, la circostanza secondo cui alcuni testi, tutti quelli impegnati presso il pontile , hanno escluso di avere visto delle imbarcazioni prima del sinistro, non rappresenterebbe un valido riscontro che il C. non avesse la luce di avvistamento. Invero, si sottolinea che nessuno di questi testi, sommariamente citati in parte motiva, ha riferito di avere osservato lo specchio d'acqua in direzione del ‘ omissis ' alle ore 18.05-18.10, cioè prima dell'evento. Oltre ad essere tutti questi ragionevolmente impegnati nel proprio lavoro, deduzione logica fatta propria anche dal primo giudice. Ciò non di meno vi sarebbe un dato documentale che esclude e contraddice l'attendibilità di tali testi, costituito dai filmati delle camere perimetrali posizionate presso la stazione omissis , versate in atti, dove si vedono due piccole imbarcazioni di pescatori una che fa la spola tra la riva e il centro della rada antistante il pontile ed una che rientra al ‘ omissis ' in direzione della darsena del omissis . Tale dato contraddirebbe pienamente anche la valutazione del Comandante 9Costagliola citata a pag. 8 della sentenza impugnata , il quale riferisce di non aver visto la luce del C. ma neanche le altre luci delle imbarcazioni di pescatori che si vedono nel video succitato. Anzi a ben vedere, secondo le pp.cc. ricorrenti, queste ultime dovevano essere maggiormente visibili al teste C. poiché in linea con la rotta che lo stesso stava seguendo in direzione della piattaforma 1 del pontile, ovverosia quella più vicina alla costa, mentre il sinistro si è verificato in direzione della piattaforma 6 del pontile, dunque verso la piattaforma prospicente il mare aperto. Per queste motivazioni la deposizione del teste C. non sarebbe stata valorizzata dal primo giudice. Infine, la valutazione della Corte territoriale, secondo cui la presenza della luce del C. sarebbe stata dimostrata secondo una prova logica insufficiente, sarebbe contraddetta dalla prova testimoniale diretta del teste Parentignoti il quale riferisce che il giorno del sinistro il C. aveva con sé la luce di avvistamento già montata prima di prendere il mare. 2.3. Con un terzo motivo si deducono violazione degli artt. 125, comma 3, 129, comma 2, e 578 c.p.p. nonché motivazione mancante e/o apparente laddove è stata pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste in luogo della declaratoria della intervenuta prescrizione. Ricordano le pp.cc. ricorrenti che la Corte territoriale, pur avendo dato atto dell'intervenuta prescrizione del reato ampiamente maturata alla data di trattazione del processo in secondo grado , ha affermato di dover procedere comunque alla valutazione del fatto nel merito sulla scorta della costituzione della parte civile nel processo, e conseguentemente ha assolto l'imputato perché non sarebbe stata raggiunta la prova di colpevolezza secondo il paradigma dell'oltre ogni ragionevole dubbio per insussistenza del fatto. Valutazione fondata sulla scorta della valutazione dei soli motivi di gravame proposti dall'imputato e non dando altresì conto -ci si duole di quanto devoluto alla cognizione del secondo grado di giudizio dalle parti civili nonché di quanto dedotto dalle stesse nella comparsa conclusionale. La Corte etnea, dunque, senza motivare sul punto, sembrerebbe prendere spunto dall'indirizzo giurisprudenziale dato dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 35490/2009, Tettamanti, secondo cui allorquando, ai sensi dell' art. 578 c.p.p. il giudice di appello intervenuta una causa estintiva del reato è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili per la presenza della parte civile, il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva, pur nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova. Nel caso che cì occupa si legge in ricorso l'insufficienza sarebbe stata ravvisata in merito alla sola colpa generica, posto che la Corte territoriale avrebbe omesso la valutazione della colpa specifica contestata all'imputato, riportandosi ad una sommaria ricostruzione del fatto valutato secondo la regola di giudizio penalistica dell'oltre ogni ragionevole dubbio e non già ancorando la valutazione al principio civilistico del più probabile che non . Ebbene, ad avviso delle pp.cc. ricorrenti, l'indirizzo giurisprudenziale succitato deve oggi, a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 7-30 luglio 2021 , n. 182 , essere allineato all'interpretazione costituzionalmente orientata data dalla stessa. Si ricorda in ricorso che la questione sollevata innanzi alla Corte costituzionale ha riguardato la legittimità dell' art. 578 c.p.p. alla luce del diritto convenzionale ed in particolar modo dell'art. 6 Cedu , poiché la previsione codicistica violerebbe il diritto alla presunzione di innocenza, garantito dalla norma convenzionale come interpretata nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo e da quelle dell'ordinamento dell'Unione Europea assunte a parametri interposti, in quanto imporrebbe al giudice dell'impugnazione di formulare, sia pure in via incidentale ed al solo fine di provvedere sulla domanda risarcitoria, un nuovo giudizio sulla responsabilità penale dell'imputato, sebbene questa sia stata esclusa in ragione della declaratoria di estinzione del reato . All'esito di un'articolata esegesi delle norme sottese, nonché alla luce del diritto vivente, la Consulta è giunta alla sentenza interpretativa di rigetto dando la seguente interpretazione dell'art. 578 c.p.p. In conclusione, il giudice dell'impugnazione penale giudice di appello o Corte di cassazione , spogliatosi della cognizione sulla responsabilità penale dell'imputato in seguito alla declaratoria di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione o per sopravvenuta amnistia , deve provvedere in applicazione della disposizione censurata sull'impugnazione ai soli effetti civili, confermando, riformando o annullando la condanna già emessa nel grado precedente, sulla base di un accertamento che impinge unicamente sugli elementi costitutivi dell'illecito civile, senza poter riconoscere, neppure incidenter tantum, la responsabilità dell'imputato per il reato estinto . Posto che Con riguardo al ‘fattò come storicamente considerato nell'imputazione penale il giudice dell'impugnazione è chiamato a valutarne gli effetti giuridici, chiedendosi, non già se esso presenti gli elementi costitutivi della condotta criminosa tipica commissiva od omissiva contestata all'imputato come reato, contestualmente dichiarato estinto per prescrizione, ma piuttosto se quella condotta sia stata idonea a provocare un ‘danno ingiustò secondo l' art. 2043 c.c. , e cioè se, nei suoi effetti sfavorevoli al danneggiato, essa si sia tradotta nella lesione di una situazione giuridica soggettiva civilmente sanzionabile con il risarcimento del danno il richiamo, testuale, è alla sentenza della Corte costituzionale 182/2021 . Si sostiene in ricorso che la Corte territoriale, dunque, avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione del reato ex art. 129, comma 1, c.p.p. e, non potendo recuperare opinabili valutazioni fondate sul ragionevole dubbio in ambito penale, avrebbe dovuto valutare la condotta del M. sotto il mero profilo della responsabilità civile ex artt. 2043, 2054 e 2059 c.c. , esaminando il fatto così come ricostruito in sentenza in relazione alle violazioni degli artt. 6 e 15 del Colreg. Ci si duole che il giudice del gravame del merito, invece, abbia avvalorato la propria tesi argomentativa sulla sussistenza del ragionevole dubbio sul presupposto di non poter valutare i profili di colpa specifica riconosciuti all'imputato in primo grado, dunque dirottando la valutazione della condotta del soggetto agente verso il solo profilo della colpa generica. Valutazione quest'ultima parimenti viziata, poiché fondata su una semplificazione del fatto e su una rilettura superficiale delle prove, senza entrare nella specifica valutazione della portata dimostrativa di ciascuna di esse. Al di là della pronuncia assolutoria nel merito, che la difesa delle pp.cc. ricorrenti ritiene non condivisibile anzi sfuggente, la tesi proposta è che sussistessero tutti gli elementi per poter ritenere ex artt. 2043, 2054 e 2059 c.c. la responsabilità di M.S. per aver causato la morte di C.C. . Le pp.cc. ricorrenti chiedono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. 3. In data 23 maggio 2023 è stata presentata memoria difensiva nell'interesse di M.S. a firma dei difensori dello stesso, Avv. 3LUCIA Randazzo e Gaetano Maria Greco, con la quale, ricordati gli snodi della presente vicenda processuale, e ripercorso il decisum del giudice di secondo grado, in particolar modo per quanto riguarda la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell' art. 522 c.p.p. , l'assenza di prova della responsabilità colposa dell'imputato, la prevedibilità e l'inevitabilità dell'evento, nonché la velocità del natante condotto dal M. , si deduce l'inammissibilità per genericità e aspecificità dei motivi del ricorso proposto dalle parti civili ricorrenti, nonché l'infondatezza dello stesso. Si sostiene che le doglianze proposte sollecitano una rivalutazione del fatto non ammissibile nel giudizio di legittimità. Per quanto riguarda il primo motivo del ricorso, secondo la difesa dell'imputato, le pp.cc. ricorrenti non trattano ritualmente nessuno dei tre vizi della motivazione lamentati, per cui sul punto l'impugnazione sarebbe inammissibile o, in subordine, infondata. E anche quanto al secondo motivo di ricorso, si sostiene che la parte civile proponga una rivalutazione del fatto, peraltro, attraverso un richiamo parziale agli atti di causa e senza allegare e riportare integralmente le dichiarazioni dei testimoni e dei consulenti indicati nel ricorso. Tra l'altro, si evidenzia che nessuna argomentazione viene indicata dalle pp.cc. ricorrenti per dimostrare che la motivazione della sentenza della Corte di appello sia manifestamente illogica e contraddittoria, rendendo così il ricorso aspecifico e conseguentemente inammissibile, oltre che infondato. Infine, manifestamente infondato sarebbe anche il terzo motivo di ricorso, ove ci si duole della riforma della sentenza di primo grado, nonostante l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione. Infatti, sul punto la parte civile ometterebbe di rilevare come la stessa avesse impugnato la sentenza di primo grado in merito alla responsabilità colposa, stante l'individuazione da parte del giudice di primo grado di un profilo colposo della vittima nella causazione del sinistro. Sarebbe indubbio, quindi, che la Corte territoriale non sia incorsa assolutamente nel vizio denunciato dal ricorrente, stante sia l'impugnazione della difesa, del responsabile civile e della parte civile sul punto, sia l'evidenza della mancanza di prova della colpevolezza dell'imputato, sicché la Corte era legittimata a intervenire sul punto e a riformare la sentenza di primo grado. Fra l'altro, anche in questo caso il vizio motivazione sarebbe stato denunciato in modo aspecifico pertanto, anche il terzo motivo sarebbe inammissibile o comunque infondato. 4. In data 25 maggio 2023 è stata depositata memoria a firma dell'Avv. Paolo Gelli, difensore del responsabile civile omissis , con cui si chiede rilevarsi l'inammissibilità del ricorso per cassazione, ex artt. 591 e 606 c.p.p. , poiché proposto per motivi manifestamente infondati o, in subordine, qualora si ritenesse di non applicare la novella legislativa di cui all' art. 573, comma Ibis c.p.p. , rigettare il ricorso con conseguente condanna al pagamento delle ulteriori spese sostenute in questo grado di giudizio. Considerato in diritto 1. Assume rilievo assorbente, ai fini dell'odierno decidere, la fondatezza del terzo motivo di ricorso che, ad avviso del Collegio, per le ragioni che si andranno ad illustrare, impone la rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell' art. 618, comma 1-bis c.p.p. . 2. In premessa, va evidenziato che, diversamente da quanto ritenuto dal responsabile civile, la questione posta con il citato motivo sia scrutinabile da questo giudice di legittimità in sede penale, in quanto la costituzione di parte civile risale al 2011 e le Sezioni Unite, come si apprende dalla notizia di decisione n. 16076 del 25/5/2023 , chiamate a decidere se l' art. 573, comma 1-bis, c.p.p. , introdotto dall' art. 33 del D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150 , si applichi a tutte le impugnazioni per i soli interessi civili pendenti alla data del 30 dicembre 2022 o, invece, alle sole impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate a decorrere dalla suddetta data, hanno affermato il principio per cui la norma in questione si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione ai sensi dell' art. 99-bis del predetto D.Lgs. n. 150 del 2022 . 3. Il tema che il terzo motivo di ricorso devolve alla valutazione di questa Corte è quello dei limiti del sindacato del giudice di appello e della regola di giudizio applicabile allorquando siano presenti le parti civili, a fronte del gravame nel merito proposto da un imputato che non rinunci alla prescrizione e di un reato che, all'atto della decisione da assumere, si presenti ormai prescritto. Come ricordano le pp.cc. ricorrenti, nel caso in esame la Corte etnea, pur avendo dato atto della intervenuta prescrizione del reato ampiamente maturata alla data di trattazione , ha affermato di dover procedere comunque alla valutazione del fatto nel merito sulla scorta della costituzione della parte civile nel processo, e, conseguentemente, ha assolto l'imputato perché il fatto non sussiste ritenendo non raggiunta la prova di colpevolezza dello stesso secondo il paradigma dell'oltre ogni ragionevole dubbio di cui all' art. 533 c.p.p. . La sentenza impugnata è stata, dunque, pronunciata nel solco dell'insegnamento di Sez. U, n. 35490 del 28/5/2009, Tettamanti, Rv. 244273 e di tutta la giurisprudenza delle sezioni semplici degli anni successivi conforme a quella decisione. Le Sezioni Unite Tettamanti hanno enunciato il seguente principio di diritto allorquando, ai sensi dell' art. 578 c.p.p. , il giudice di appello intervenuta una causa estintiva del reato è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili per la presenza della parte civile, il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva, pur nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova . La pronuncia accorda al giudice di appello, in casi come quelli in esame, il potere di addivenire ad una sentenza di assoluzione dell'imputato, all'esito di una valutazione del compendio probatorio secondo la regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, pur dovendo ormai accertare soltanto la fondatezza della domanda di risarcimento del danno. Ed è quanto ha fatto la Corte catanese. La giurisprudenza delle sezioni semplici successiva alle Sezioni Unite del 2009 si è mossa nel solco del dictum di queste ultime, ribadendo in più occasioni che all'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, oppure ritenga infondata nel merito l'impugnazione del P.M. proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell' art. 530, comma 2, c.p.p. così, tra le tante, Sez. 6, n. 4855 del 7/1/2010, Damiani, Rv. 246138 Sez. 6, n. 16155 del 20/3/2013, Galati, Rv. 255666 che ha chiarito che i motivi di impugnazione dell'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell'innocenza dell'imputato, secondo quanto previsto dall' art. 129, comma 2, c.p.p. . Ancora, più recentemente, è stato ribadito che all'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo il caso in cui il giudice, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, sia chiamato ad apprezzare, ai sensi dell' art. 578 c.p.p. il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, nel qual caso non può limitarsi a farlo secondo il criterio di economia processuale ex art. 129 c.p.p. ma lo deve valutare secondo gli ordinari criteri di esau-stività e completezza dello scrutinio giurisdizionale così in motivazione, Sez. 4, n. 20568 del 11/4/2018, D.L. n., Rv. 273259 conf. Sez. 4 n. 53354 del 21/11/2018, Zuccherelli, Rv. 274497 . Giova rammentare che, nella ricordata sentenza n. 35490/2009, Tettamanti, dirimendo un precedente contrasto giurisprudenziale, le Sezioni Unite hanno tra l'altro affermato che la pronuncia assolutoria a norma dell' art. 129, comma 2, c.p.p. , comma 2, è consentita al giudice solo quando emergano dagli atti, in modo assolutamente non contestabile, delle circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato o la sua rilevanza penale, in modo tale che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo sia incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento. Si è precisato, in quella pronuncia, che il controllo demandato al giudice deve appartenere più al concetto di constatazione , ossia di percezione ictu oculi , che a quello di apprezzamento . L'evidenza richiesta dal menzionato art. 129, comma 2, c.p.p. , presuppone la manifestazione di una verità processuale talmente chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione oltre la correlazione ad un accertamento immediato, concretizzandosi pertanto un quid pluris rispetto a quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia. In assenza di parte civile, dunque, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze così questa Sez. 4, n. 23680 del 7/5/2013, Rizzo ed altro, Rv. 256202 conf. Sez. 6, n. 10284 del 22/1/2014, Culicchia, Rv.259445 . Diversamente, se l'imputato intende ottenere una valutazione più approfondita delle sue ragioni, che vada oltre l'evidenza della sua innocenza o della sua non colpevolezza, deve rinunciare alla prescrizione per un'applicazione di tale principio, costante, vedasi, in ultimo Sez. 4. n. 22687 del 21/4/2023, Fratoni, n. m. . Evidentemente, in un sistema così congegnato, le ragioni di economia processuale vengono meno in presenza della parte civile, in quanto, in tal caso, il giudice penale, pur in presenza di un reato prescritto, è comunque chiamato a valutare i motivi d'impugnazione proposti dall'imputato compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell'innocenza dell'imputato, secondo quanto previsto dall' art. 129, comma 2 c.p.p. . Perciò, in tal caso, nel sistema delineato dalle Sezioni Unite, l'imputato, pur non rinunciando alla prescrizione, ha maggiori margini per vedersi assolto nel merito, qualora la prova a suo carico, in sede di scrutinio per la valutazione della conferma o meno delle statuizioni civili a suo carico, si sia rivelata contraddittoria o insufficiente e tale da non superare la soglia del ragionevole dubbio. 4. Fondatamente, tuttavia, le pp.cc ricorrenti eccepiscono che tale modus operandi si pone in contrasto con la recente pronuncia della Corte costituzionale n. 182 del 7/7/2021 dep. il 30/7/2021, in G.U. del 4/8/2021 . Con quella pronuncia i giudici delle leggi hanno affrontato la questione di legittimità costituzionale dell' art. 578 c.p.p. , denunciato come in contrasto con l' art. 117, comma 1, Cost. , in relazione all'art. 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali CEDU , firmata a Roma il 4 novembre 1950 , ratificata e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, n. 848 , nonché in contrasto con lo stesso art. 117, comma 1, e con l'art. 11 Cost. , in relazione agli artt. 3 e 4 della direttiva UE 2016/343 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, e all' art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea CDFUE , proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007. La Corte di Appello di Lecce, che aveva rimesso la questione con due ordinanze del 6 novembre 2020 e dell'11 dicembre 2020, sospettava che la denunciata previsione normativa nella parte in cui stabilisce che, quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, decide sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti civili violasse il diritto alla presunzione di innocenza, garantito dalla norma convenzionale come interpretata dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo e da quelle dell'ordinamento dell'Unione Europea assunte a parametri interposti, in quanto imporrebbe al giudice dell'impugnazione di formulare, sia pure in via incidentale ed al solo fine di provvedere sulla domanda risarcitoria, un nuovo giudizio sulla responsabilità penale dell'imputato, sebbene questa sia stata esclusa in ragione della declaratoria di estinzione del reato. In altri termini, il giudice rimettente osservava come, in base al riferito consolidato orientamento del giudice della nomofilachia, anche nell'applicazione dell' art. 578 c.p.p. non potrebbe prescindersi dalla formulazione di un implicito giudizio di colpevolezza, al fine di confermare la condanna risarcitoria. Ma, in tal modo, la disposizione censurata lederebbe il principio di presunzione di innocenza garantito all'imputato dalla norma convenzionale e da quelle Europee, tutte assunte a parametri interposti, in quanto la prima, come interpretata dalla Corte EDU, escluderebbe la possibilità che in un procedimento successivo a quello penale conclusosi con un risultato diverso da una condanna, possano essere emessi provvedimenti che presuppongono un giudizio di colpevolezza della persona in ordine al reato precedentemente contestatole parimenti le seconde, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea, imporrebbero agli Stati membri di garantire che le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino una persona come colpevole finché la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. L'evocazione dell' art. 11 Cost. non avrebbe -nella prospettazione delle ordinanze di rimessione una sua distinta autonomia, come parametro diretto, ma confluirebbe nella denuncia degli indicati parametri interposti. I giudici delle leggi hanno ritenuto la questione proposta non fondata, dettando, con una sentenza interpretativa di rigetto, una lettura costituzionalmente orientata dell' art. 578 c.p.p. . Premette la Corte costituzionale al § 6.2. che l' art. 578 c.p.p. mira a soddisfare un'esigenza di tutela della parte civile quella che, quando il processo penale ha superato il primo grado ed è nella fase dell'impugnazione, una risposta di giustizia sia assicurata, in quella stessa sede, alle pretese risarcitorie o restitutorie della parte civile anche quando non possa più esserci un accertamento della responsabilità penale dell'imputato ove questa risulti riconosciuta in una sentenza di condanna, impugnata e destinata ad essere riformata o annullata per essere, nelle more, estinto il reato per prescrizione . Per quello che rileva in questa sede, al § 11 i giudici delle leggi, dopo avere illustrato in precedenza la portata e il significato del diritto alla presunzione di innocenza nell'ordinamento convenzionale e in quello Europeo, rilevano che occorre ora verificare se il giudice dell'appello penale, che, in applicazione della disposizione censurata, è chiamato a decidere sull'impugnazione ai soli effetti civili dopo aver dichiarato l'estinzione del reato, debba effettivamente procedere ad una rivalutazione complessiva della responsabilità penale dell'imputato, nonostante l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione e il proscioglimento dall'accusa penale . La risposta è che In realtà si ha che, nella situazione processuale di cui alla disposizione censurata, che vede il reato essere estinto per prescrizione e quindi l'imputato prosciolto dall'accusa, il giudice non è affatto chiamato a formulare, sia pure incidenter tantum, un giudizio di colpevolezza penale quale presupposto della decisione, di conferma o di riforma, sui capi della sentenza impugnata che concernono gli interessi civili . Al successivo § 12 si aggiunge che Anzitutto, un tale giudizio non è richiesto dal tenore testuale della disposizione censurata art. 578 c.p.p. che, a differenza di quella immediatamente successiva art. 578-bis c.p.p. , non prevede il previo accertamento della responsabilità dell'imputato . E al succes sivo § 13 i giudici delle leggi spiegano che Inoltre tale esegesi a ben vedere non trova ostacolo nella giurisprudenza di legittimità che il giudice rimettente richiama a fondamento delle sue censure di illegittimità costituzionale con riferimento sia ai rapporti tra l'immediata declaratoria delle cause di non punibilità e l'assoluzione per insufficienza o contraddittorietà della prova artt. 129 e 530, comma 2, c.p.p. , sia all'individuazione del giudice competente per il giudizio di rinvio in seguito a cassazione delle statuizioni civili art. 622 c.p.p. , sia all'impugnabilità con revisione art. 630, comma 1, lettera c, c.p.p. della sentenza del giudice di appello di conferma della condanna risarcitoria in seguito a proscioglimento dell'imputato per prescrizione del reato. Da una parte il principio di diritto Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 28 maggio-15 settembre 2009, n. 35490 secondo cui, in deroga alla regola generale, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, quando, in sede di appello, sopravvenuta l'estinzione del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili presuppone, per un verso, il carattere pieno o integrale della cognizione del giudice dell'impugnazione penale il quale non può limitarsi a confermare o riformare immotivatamente le statuizioni civili emesse in primo grado, ma deve esaminare compiutamente i motivi di gravame sottopostigli, avuto riguardo al compendio probatorio e dandone poi conto in motivazione per altro verso, non presuppone nè implica che il giudice, nel conoscere della domanda civile, debba altresì formulare, esplicitamente o meno, un giudizio sulla colpevolezza dell'imputato e debba effettuare un accertamento, principale o incidentale, sulla sua responsabilità penale, ben potendo contenere l'apprezzamento richiestogli entro i confini della responsabilità civile in seguito, ex plurimis, Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 20 marzo-8 aprile 2013, n. 16155 sezione quarta penale, sentenze 21-28 novembre 2018, n. 53354 e 16 novembre-12 dicembre 2018, n. 55519 . Punto nodale della pronuncia costituzionale, che consente ai giudici delle leggi di ritenere l' art. 578 c.p.p. costituzionalmente legittimo è, dunque, l'interpretazione dello stesso nel senso che § 14 Il giudice dell'impugnazione penale, nel decidere sulla domanda risarcitoria, non è chiamato a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice, in cui si iscrive il fatto di reato di volta in volta contestato egli deve invece accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell'illecito aquiliano art. 2043 c.c. . Con riguardo al ‘fattò come storicamente considerato nell'imputazione penale il giudice dell'impugnazione è chiamato a valutarne gli effetti giuridici, chiedendosi, non già se esso presenti gli elementi costitutivi della condotta criminosa tipica commissiva od omissiva contestata all'imputato come reato, contestualmente dichiarato estinto per prescrizione, ma piuttosto se quella condotta sia stata idonea a provocare un ‘danno ingiustò secondo l' art. 2043 c.c. , e cioè se, nei suoi effetti sfavorevoli al danneggiato, essa si sia tradotta nella lesione di una situazione giuridica soggettiva civilmente sanzionabile con il risarcimento del danno. Nel contesto di questa cognizione rilevano sia l'evento lesivo della situazione soggettiva di cui è titolare la persona danneggiata, sia le conseguenze risarcibili della lesione, che possono essere di natura sia patrimoniale che non patrimoniale . Sub § 14.1 si legge poi che La natura civilistica dell'accertamento richiesto dalla disposizione censurata al giudice penale dell'impugnazione, differenziato dall' ormai precluso accertamento della responsabilità penale quanto alle pretese risarcitorie e restitutorie della parte civile, emerge riguardo sia al nesso causale, sia all'elemento soggettivo dell'illecito. Il giudice, in particolare, non accerta la causalità penalistica che lega la condotta azione od omissione all'evento in base alla regola dell' alto grado di probabilità logica Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 10 luglio-11 settembre 2002, n. 30328 . Per l'illecito civile vale, invece, il criterio del ‘più probabile che non' o della ‘probabilità prevalentè che consente di ritenere adeguatamente dimostrata e dunque processualmente provata una determinata ipotesi fattuale se essa, avuto riguardo ai complessivi risultati delle prove dichiarative e documentali, appare più probabile di ogni altra ipotesi e in particolare dell'ipotesi contraria in tal senso è la giurisprudenza a partire da Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenze 11 gennaio 2008, n. 576 , n. 581 , n. 582 e n. 584 . Ancora, secondo Corte costituzionale 182/2021 § 14.2 L'autonomia dell'accertamento dell'illecito civile non è revocata in dubbio dalla circostanza che esso si svolga dinanzi al giudice penale e sia condotto applicando le regole processuali e probatorie del processo penale art. 573 c.p.p. . L'applicazione dello statuto della prova penale è pieno e concerne sia i mezzi di prova sarà così ammissibile e utilizzabile, ad esempio, la testimonianza della persona offesa che nel processo civile sarebbe interdetta dall' art. 246 c.p.c. , sia le modalità di assunzione della prova le prove costituende saranno così assunte per cross examination ex art. 499 c.p.p. e non per interrogatorio diretto del giudice , le quali ricalcheranno pedissequamente quelle da osservare nell'accertamento della responsabilità penale ove ne ricorrano i presupposti, dunque, il giudice dell'appello penale, rilevata l'estinzione del reato, potrà o talora dovrà Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 28 gennaio 4 giugno 2021, n. 22065 procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale al fine di decidere sull'impugnazione ai soli effetti civili art. 603, comma 3-bis, c.p.p. . In conclusione, per i giudici delle leggi § 16 il giudice dell'impugnazione penale giudice di appello o Corte di cassazione , spogliatosi della cognizione sulla responsabilità penale dell'imputato in seguito alla declaratoria di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione o per sopravvenuta amnistia , deve provvedere in applicazione della disposizione censurata sull'impugnazione ai soli effetti civili, confermando, riformando o annullando la condanna già emessa nel grado precedente, sulla base di un accertamento che impinge unicamente sugli elementi costitutivi dell'illecito civile, senza poter riconoscere, neppure incidenter tantum, la responsabilità dell'imputato per il reato estinto . 5. Orbene, come sopra illustrato, la sentenza costituzionale, così come i giudici rimettenti, si sono posti il problema della compatibilità con quanto affermato dalle SU Tettamanti. La verifica, tuttavia, in ragione del quesito di costituzionalità proposto, è stata effettuata esclusivamente nell'ottica di accertare se il meccanismo decisionale di cui all' art. 578 c.p.p. consentisse, in presenza di un reato prescritto, allorquando il giudice è chiamato ad operare un vaglio dei profili di responsabilità civile, di far persistere nel processo una valutazione di responsabilità penale. Quesito che ha trovato risposta negativa, in virtù dell'interpretazione costituzionale data alla norma. Il tema che, ad avviso di questa Corte, è rimasto in ombra concerne la compressione dello spazio per l'assoluzione dell'imputato, pur in assenza dell'evidenza della prova dell'innocenza di cui all' art. 129, comma 2, c.p.p. , a fronte di un compendio probatorio che non consenta di superare il limite del ragionevole dubbio. La sentenza costituzionale n. 182/2021 impone al giudice, in casi come quello in esame e, si noti, non solo quando si faccia questione di nesso causale ma anche quando si controverta sull'elemento soggettivo cfr. § 14.1. , di rapportarsi ad una fattispecie di illecito che non coincide più con quella di reato e impone l'uso della regola di giudizio civilistica del più probabile che non in luogo di quella dell'oltre ogni ragionevole dubbio laddove la permanente centralità dell'ente reato e la persistente vincolatività della regola di giudizio formulata dall' art. 533 c.p.p. pur nella delibazione in chiave civilistica cfr. Sez. 4, n. 11193 del 10/02/2015, Rv. 262708, per la quale l'azione civile che viene esercitata nel processo penale è quella per il risarcimento del danno patrimoniale o non, cagionato dal reato, ai sensi dell' art. 185 c.p. e 74 cod. proc. pen con la conseguenza che nella sede civile, coinvolta per effetto della presente pronunzia, la natura della domanda non muta. Si dovrà cioè valutare incidentalmente l'esistenza di un fatto di reato in tutte le sue componenti obiettive e subiettive, alla luce delle norme che regolano la responsabilità penale in senso conforme ancora Sez. 4, n. 5901 del 18/01/2019, Rv. 275122 sono le premesse della soluzione interpretativa delineata dalla sentenza Tettamanti. In altri termini, l'interpretazione costituzionalmente orientata della Corte costituzionale certamente garantisce l'imputato rispetto alla possibilità che, in sede di valutazione della responsabilità civile, vengano rappresentati enti giuridici il reato e giudizi di reità che contrastano con la presunzione di innocenza, rinvigorita dalla dichiarazione di estinzione del reato. Tuttavia, al contempo, essa pare interdire la possibilità dell'assoluzione nel merito in luogo della declaratoria di prescrizione. D'altro canto, il riferimento operato dalla Corte costituzionale ad una declaratoria di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione emessa dal giudice dell'impugnazione penale si veda, in particolare, il già riportato § 16 del Considerato in diritto non pare in grado di sostenere che l'interpretazione data all' art. 578 c.p.p. trovi applicazione solo nel caso in cui risulti esclusa la possibilità di un'assoluzione nel merito. Come se dapprima dovesse essere condotta l'indagine secondo le direttive delle Sez. U. Tettamanti con quella pienezza ed inte-gralità della cognizione del giudice dell'impugnazione alla quale fa riferimento la sentenza n. 182/2021 e successivamente, ove esclusa la possibilità di assoluzione nel merito, dovesse farsi applicazione di quelle dettate dalla Corte costituzionale. Ciò perché, nella costante interpretazione di questa Corte, l'accertamento dell'estinzione del reato per prescrizione non prevede una cesura tra esso e la successiva delibazione della domanda civile detto altrimenti, non vi è alcuna declaratoria di estinzione del reato che anticipi le statuizioni sugli interessi civili. Anzi, è proprio su questo presupposto della mancanza di una formale declaratoria di estinzione che, dopo aver incidentalmente rilevato il completo decorso dei termini di prescrizione del reato, il giudice dell'impugnazione, ormai impegnato nella verifica della fondatezza del ricorso ai fini civili, può ritornare sui propri passi e concludere formalizzando la sola pronuncia assolutoria. Si deve credere che, ove effettivamente implicata, la portata della innovazione avrebbe senz'altro indotto la Corte costituzionale ad esplicitare a chiare lettere il diverso percorso processuale conseguente all'interpretazione data all' art. 578 c.p.p. . 6. Letto nell'ottica della sentenza n. 182/2021, il terzo motivo di ricorso proposto dalle pp.cc. ricorrenti sarebbe fondato ed assorbente rispetto ad ogni altra doglianza. Ciò perché il giudice di appello, trovatosi di fronte ad un reato prescritto, adottando la lezione della Corte costituzionale avrebbe dovuto 1. ai fini penali, valutata l'insussistenza della evidenza della prova dell'innocenza dell'imputato, concludere per l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione. 2. ai fini civilisti, valutata la responsabilità del M. in rapporto alla fattispecie dell'illecito aquiliano, applicata la regola di giudizio del più probabile che non, pronunciarsi unicamente sul diritto delle parti civili al risarcimento del danno. All'inverso, il motivo risulterebbe infondato facendo applicazione del principio espresso dalle Sez. U. Tettamanti, essendosi la Corte distrettuale attenuta ad esso. Di conseguenza, l'odierno thema decidendi impone una riflessione circa il valore, vincolante o meno, delle sentenze interpretative di rigetto della Corte costituzionale, pronunce con cui i giudici delle leggi, nel comporre il denunciato contrasto tra la norma di legge ordinaria e il contenuto delle norme costituzionali, indicano il percorso interpretativo idoneo ad evitare la demolizione della norma di legge ordinaria. Sul tema del valore ermeneutico di tali pronunce, ancora recentemente si è condivisibilmente sottolineata Sez. 1, n. 27696 del 1/04/2019, Immobiliare Peonia, Rv. 275888 l'insussistenza di ragioni per discostarsi dall'insegnamento offerto da Sez. U. n. 25 del 16/12/1998, dep. 1999, Alagni, Rv. 212074 circa il dovere del giudice comune di uniformare l'interpretazione di una decisione ai contenuti di una simile decisione del giudice delle leggi, salva l'emersione di validi motivi contrari di cui occorre fornire una puntuale e rafforzata spiegazione. Tali motivi non appaiono sussistenti nel caso che ci occupa ritenendo il Collegio che, per quanto interpretativa di rigetto, la sentenza n. 182/2021 costituisca termine di riferimento non eludibile perché la condivisibile soluzione rinvenuta appare comporre in un ragionevole equilibrio i diversi valori in gioco, ponendosi nella linea di tendenza anche normativa di una sempre più evidente distinzione tra azione penale e azione civile cfr. ex multis, Sez. Un. 22065 del 28/01/2021, Cremonini, Rv. 281228 e l'impianto complessivo della stessa Riforma Cartabia , mentre la pronuncia delle Sez. U. Tettamanti è espressione di un diritto vivente per il quale la presunzione di innocenza non è chiamata a svolgere, nell'ambito dei rapporti tra azione penale ed azione civile, il ruolo di principio ordinatore, e si inscrive in un contesto culturale che trasmette all'azione civile le regole del giudizio penale in cui è stata ospitata si veda, per il carattere paradigmatico, quanto affermato da Sez. U, n. 6141 del 25/10/2018, dep. 2019, Milanesi, Rv. 274627 Non può dubitarsi che la decisione che accoglie l'azione civile esercitata nel processo penale costituisca una pronunzia di condanna che presuppone l'accertamento della colpevolezza dell'imputato per il fatto di reato, secondo quanto espressamente stabilito dagli artt. 538 e 539 c.p.p. , e che, dunque, in presenza di siffatta situazione processuale, all'imputato debba essere riconosciuto lo status di soggetto condannato , sia pure soltanto alle restituzioni ed al risarcimento del danno . Pertanto, a parere di questo Collegio, la decisione cui si dovrebbe pervenire nel presente procedimento si contrapporrebbe al decisum di Sez. U. Tettamanti, dovendone disapplicare il principio secondo cui all'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, quando, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili. Ma, com'è noto, la L. 23 giugno 2017, n. 103 ha dettato nuove regole in materia di rapporti tra sezioni unite e sezioni semplici, introducendo con il nuovo comma 1-bis dell' art. 618 c.p.p. un'ipotesi di rimessione obbligatoria , che scatta ogni qual volta una delle sezioni semplici ritenga di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite. La norma trova evidente applicazione anche nel caso di novum che dipenda da una sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale. In tal senso depone, in primo luogo, la lettera dell' art. 618 comma 1 bis, c.p.p. che non discrimina le ragioni su cui si fonda l'opposizione al precedente. In secondo luogo, va considerata la diversa disciplina prevista dal comma 1 dell'art. 618, che per il caso di contrasto giurisprudenziale, in essere o potenziale, alimentato da pronunce delle sezioni semplici, definisce una ipotesi di rimessione discrezionale può con ordinanza rimettere alle sezioni unite . All'indomani della novella recata dalla L. n. 103 del 2017 , anche la dottrina ha evidenziato che, a parte il meccanismo previsto dall' art. 610 c.p.p. , accanto alla rimessione facoltativa si è insediata, con il comma 1-bis dell'art. 618, un'ipotesi di ri-messione obbligatoria, il cui scopo è quello di rafforzare il ruolo assegnato alle sezioni unite nella funzione nomofilattica. Obbligatorietà della rimessione che non trova eccezioni. Piuttosto, l'ampiezza dell'obbligo sembra dipendere dall'interpretazione della locuzione ‘principio di diritto enunciatò leggibile nella disposizione della quale ci si sta occupando. Infatti, sul punto si è già registrato un duplice orientamento. Secondo il primo, più restrittivo, espresso da Sez. 1 n. 49744 del 7/12/2022, Petrillo, Rv. 283840, il vincolo riguarda esclusivamente l'oggetto del contrasto interpretativo rimesso e non si estende ai temi accessori o esterni nella specie la Corte ha ritenuto tema accessorio, rispetto alla questione devoluta e decisa dalle Sezioni Unite con sentenza n. 8545 del 19 dicembre 2019, avente ad oggetto la natura oggettiva o soggettiva della circostanza aggravante finalistica di cui all'art. 416-bis.1 c.p., quello del concorso esterno nel reato di associazione di tipo mafioso . Secondo altra pronuncia, invece, in tema di giudizio di legittimità, il principio di diritto affermato dalle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di cassazione è vincolante, ai sensi dell' art. 618, comma 1-bis, c.p.p. , anche in relazione agli aspetti preliminari e conseguenziali ad esso, ancorché relativi a profili non specificamente devoluti ma che si rendano, tuttavia, necessari per meglio delimitare il significato e la portata applicativa del principio stesso che, in tal modo, riveste carattere unitario Sez. 6, n. 23148 del 20/01/2021 Bozzini, Rv. 281501 . Nel caso in esame, tuttavia, non si pone il problema di aderire ad uno dei due orientamenti, perché il dissenso, nel caso che ci occupa, attiene esattamente al principio di diritto espresso dalle Sez. U. Tettamanti. 7. In ragione di ciò, s'impone per il Collegio che la decisione del ricorso venga rimessa alle Sezioni Unite. P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.