Condannato il padre per omessa assistenza familiare anche se la madre rinuncia al mantenimento per il figlio

Protagonista della vicenda in esame è un imputato, accusato del reato di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p., per aver omesso di contribuire al mantenimento del figlio minore.

La Corte d'Appello avrebbe omesso, secondo l'imputato, di considerare il fatto che, nel momento in cui gli era stato permesso, egli avesse sempre provveduto al mantenimento del figlio , attraverso pagamenti superiori all'importo determinato dal giudice civile, pagando anche le utenze e il canone di locazione dell'abitazione in cui viveva, oltre al figlio, la sua ex compagna. Viene anche sostenuto l'errore da parte della Corte territoriale nel ritenere non determinante, ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo, l'accordo negoziale siglato dalle parti ed in cui la madre del minore dichiarava di rinunciare al contributo di 100 euro per il mantenimento del figlio . La doglianza è infondata. La Corte di legittimità ha già avuto modo di precisare a riguardo che l'autonomia negoziale delle parti trova un limite solo quanto contengano disposizioni che si rivelino direttamente lesive degli interessi dei beneficiari dell'assegno di mantenimento oppure condizioni contrarie all'ordine pubblico e l'accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto al giudice per l'omologazione Cass. n. 24621/2015 . Ne consegue la correttezza della decisione della Corte d'Appello che ha rilevato come il patto non potesse spingersi sino al punto di privare il minore del diritto al mantenimento , essendo il negozio privato concluso vincolante solo tra le parti ma non tale da legittimare condotte omissive tese a ledere il diritto del minore al conseguimento dei necessari mezzi di sussistenza . Pertanto, la rinuncia della madre del minore a ricevere la somma di 100 euro stabilita dal giudice non fa venir meno il distinto ed autonomo dovere del padre di provvedere al mantenimento del figlio, condotta oggetto di consapevole omissione da parte del ricorrente. Per tutti questi motivi, la S.C. rigetta il ricorso in oggetto.

Presidente Di Stefano – Relatore Costantini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 30 settembre 2022, la Corte di appello di Genova ha confermato la decisione del Tribunale di Genova che aveva condannato C.P. alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 500 di multa per il reato di cui all' art. 570, comma 2, n. 2, c.p. per aver omesso di contribuire al mantenimento del figlio minore condotta contestata dal 3 aprile 2016 con permanenza. La Corte d'appello ha condiviso la ricostruzione effettuata dal Tribunale di Genova ed ha apprezzato la condotta omissiva del ricorrente che in maniera saltuaria ed occasionale aveva provveduto ad un non sufficiente mantenimento del figlio affidato alla madre, al contempo giudicando non significativa la rinuncia effettuata dalla genitrice del minore - in costanza della decisione assunta dal Giudice civile ma non recepita nel provvedimento - ai cento Euro da corrispondere mensilmente per come determinati dall'autorità giudiziaria civile, atto negoziale nell'ambito del quale il padre contestualmente dava il consenso al rilascio dei documenti affinché la donna portasse con sé il figlio minore in Marocco la Corte di appello ha, inoltre, rilevato come il ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di gravame, fosse a conoscenza delle modalità attraverso cui far recapitare la citata somma di denaro alla madre del minore, visto che i canali erano stati utilizzati in precedenti occasioni. 2. C.P. , per il tramite del difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Genova articolando due distinti motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo deduce vizi cumulativi di motivazione e violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b ed e , c.p.p. in ordine agli artt. 570 e 43 c.p. . La Corte di appello ha omesso di apprezzare come il ricorrente avesse sempre provveduto, quando gli era stato permesso, al mantenimento del figlio minore effettuando anche pagamenti superiori all'importo determinato dal Giudice civile attraverso il pagamento di utenze e del canone di locazione dell'abitazione in cui la donna viveva con il minore, l'acquisto di viveri e vestiti, crome dimostrato da scontrini esibiti ma illogicamente ritenuti dai Giudici di merito non significativi dell'avvenuto adempimento. Quanto al profilo soggettivo, rileva il ricorrente che se in alcune occasioni non era stato possibile provvedere al versamento delle somme in favore della donna, ciò era da ascrivere alla condotta della medesima che non si rendeva rintracciabile perché espatriata, tanto che la sua irreperibilità era stata documentata con l'allegazione di atti del procedimento che la vedevano accusata del delitto di cui agli artt. 81, 574-bis e 388, comma 2, c.p. , in quanto non trovata dalla Procura della Repubblica in occasione della necessità di notificare la citazione a giudizio. La Corte territoriale ha errato nel ritenere non determinante, ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo, l'accordo negoziale siglato dalle parti ed in cui la madre del minore dichiarava di rinunciare al contributo di Euro 100 per il mantenimento del figlio così come stabilito dal Giudice civile non è corretto ritenere, come enunciato in sentenza, che la rinuncia della madre opererebbe limitatamente alla propria sfera giuridica ma non anche del figlio, visto che la somma di denaro doveva essere corrisposta proprio alla donna. 2.2. Con il secondo motivo la difesa deduce vizi cumulativi di motivazione e violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b ed e , c.p.p. in ordine agli artt. 62-bis e 133 c.p. . Non corrisponde a verità la parte della decisione che evidenzia che il ricorrente non avrebbe enunciato le ragioni poste alla base della richiesta concessione delle circostanze attenuanti generiche e la diminuzione della ò pena, avendo invece rappresentato, con pertinenti riferimenti in fatto ed in diritto, come costui dovesse provvedere al mantenimento di altre due figlie minorenni nate da una precedente relazione e che la pena si presentava corrispondente alla metà della forbice edittale prevista per l'ipotesi di reato contestata. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato, 2. Il primo motivo è infondato. 2.1. La Corte di appello, svolgendo corretti riferimenti alla decisione di primo grado che ha apprezzato i dati probatori a disposizione, ha messo in evidenza come, contrariamente a quanto affermato nei motivi di gravarne, sin dalla nascita del minore il ricorrente avesse provveduto a versare sporadiche ed occasionali somme di denaro non corrispondenti neppure all'esigua somma cristallizzata nella decisione del Giudice civile in Euro cento. Ha, inoltre smentito, valorizzando le dichiarazioni rese dalla persona offesa ritenuta credibile, il dato connesso all'impossibilità di rintracciare costei per poter consegnare il denaro necessario al mantenimento del figlio, tenuto conto che dall'istruttoria era emerso che l'uomo fosse a conoscenza dei canali attraverso i quali, se solo avesse voluto, avrebbe potuto far pervenire il denaro alla donna, al contempo evidenziando come la circostanza che costei si fosse recata in Marocco con il figlio era fatto noto all'uomo che - a conoscenza del luogo ove in Marocco sarebbe stato il minore - aveva prestato il consenso con atto scritto. 2.2. Infondata risulta la parte del motivo che vorrebbe far discendere la carenza dell'elemento soggettivo dal negozio siglato contestualmente alla decisione del Giudice civile che aveva quantificato in cento Euro la somma da corrispondere al mantenimento del minore, accordo mai portato all'attenzione di quella autorità in quanto intervenuto a margine di quella statuizione. 2.2.1. Si rileva come irrilevante risulti la citazione da parte della difesa della giurisprudenza di questa Corte, che ovviamente il Collegio condivide, secondo cui non sono configurabili i reati di cui agli artt. 12-sexies L. 1. dicembre 1970, n. 898 e 570 c.p. qualora gli ex coniugi si siano attenuti ad accordi transattivi conclusi in sede stragiudiziale pur quando questi non siano trasfusi nella sentenza di divorzio che nulla abbia statuito in ordine alle obbligazioni patrimoniali Sez. 6, n. 36392 del 04/06/2019, L., Rv. 276833 . In realtà, la difesa sembra fare riferimento ad altra decisione che ha circoscritto l'ambito del principio al solo reato di cui all' art. 570-bis c.p. , rimarcando l'esclusione di detta fattispecie quando l'agente -si sia attenuto agli impegni assunti con l'ex coniuge per mezzo di un accordo transattivo modificativo delle statuizioni patrimoniali contenute nella sentenza di divorzio, ancorché non omologato dall'autorità giudiziaria Sez. 6, n. 5236 del 11/12/2019, dep. 2020, V., Rv. 278128 . Tale ultima decisione ha, invero, osservato che le intese patrimoniali raggiunte dalle parti in sede di separazione non incidono sulla determinazione dell'assegno di divorzio ai sensi dell' art. 5 della L. n. 898 del 1970 , modificato dall' art. 10 della L. n. 74 del 1987 , data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate e diversificate situazioni, presupponendo l'assegno divorzile lo scioglimento del matrimonio cosi, tra le altre, Cass. Civ., Sez. 1, n. 25010 del 30/11/2007 , Rv. 600620 . In particolare, è stato precisato dalla giurisprudenza civile di questa Corte che l'autonomia negoziale delle parti trova un limite solo quando contengano disposizioni che si rivelino direttamente lesive degli interessi dei beneficiari dell'assegno di mantenimento oppure condizioni contrarie all'ordine pubblico. In questo senso si è espressa la Cassazione civile che ha osservato come l'accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto al giudice per l'omologazione Cass. civ., Sez. 3, n. 24621 del 03/12/2015 , Rv. 637914 . Ancora più precisa risulta la giurisprudenza della Corte di cassazione Civile allorché l'accordo tra le parti concerna il mantenimento di figlio nato al di fuori del matrimonio, come nel caso oggetto di scrutinio, in cui, a fronte di un provvedimento giudiziale che disponeva la minimale somma da versare dal padre del minore in favore del mantenimento del figlio, veniva siglato, a latere della procedura, la rinuncia della donna al versamento della stessa. La giurisprudenza civile di legittimità, in linea con quanto sopra evidenziato quanto ai limiti dell'autonomia negoziale, ha ritenuto valido e pienamente lecito un accordo intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, non essendovi necessità di un'omologazione o controllo giudiziale preventivo, ma ha escluso che tale accordo, avente ad oggetto l'adempimento di un obbligo ex lege ed in cui l'autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta, possa spingersi sino a compromettere l'interesse morale e materiale della prole Cass. Civ. Sez. 1, Ordinanza n. 663 del 11/01/2022 , Rv. 663557 - 01 . 2.2.2. Ciò posto, corretta risulta la risposta fornita dalla Corte di appello che ha rilevato come il patto non potesse spingersi sino al punto di privare il minore del diritto al mantenimento, essendo il negozio privato concluso vincolante solo tra le parti ma non tale da legittimare condotte omissive tese a ledere il diritto del minore al conseguimento dei necessari mezzi di sussistenza. Non si tratta, allora, di accertare se la rinuncia della madre del minore a ricevere la somma di cento Euro determinata dal Giudice civile faccia venir meno l'elemento soggettivo in ordine al delitto di cui all' art. 570, comma 2, n. 2, c.p. , quanto, piuttosto, di ribadire come tale rinuncia non faccia venir meno il distinto ed autonomo dovere del genitore di provvedere al mantenimento del figlio, condotta oggetto di consapevole omissione da parte del ricorrente che ha siglato il patto di rinuncia della donna condizionandolo al rilascio della autorizzazione in favore della madre di portare il figlio all'estero in Marocco . Sotto detto aspetto chiaro risulta il tenore della contestazione formulata nei confronti del C. che non attiene solo al distinto e non esaustivo aspetto connesso all'inadempimento della decisione del giudice in ordine alla necessità di corrispondere la cifra di Euro cento in favore del minore, se del caso rilevante ai fini della integrazione di cui all' art. 570-bis c.p. reato non contestato , quanto della differente ipotesi prevista dall' art. 570, comma 2, n. 2, c.p. , che punisce la condotta di chi fa mancare i mezzi di sussistenza in favore del discendente minore di età. 2.2.3. Ribadita la natura legale dell'obbligazione che incombe su entrambi i genitori, nessun accordo potrà mai far venir meno l'integrazione del reato allorché la condotta omissiva abbia in concreto fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore, risultato che rende indifferente la previsione di accordi negoziali tra le parti o provvedimenti del giudice che ne definisce i contorni. Per l'esistenza di un obbligo morale e giuridico di assicurare i mezzi di sussistenza e di contribuire al mantenimento dei figli in capo ai genitori che sia svincolato da ogni accordo o provvedimento giurisdizionale deve farsi rinvio a pacifica giurisprudenza di questa Corte che, proprio in ipotesi di separazione di fatto tra i coniugi, ha ritenuto integrato il reato di cui all' art. 570, comma 2, n. 2, c.p. anche in mancanza di un valido provvedimento giudiziale di separazione Sez. 6, n. 5237 del 30/01/2020, V., Rv. 278341 . Il tenore della decisione citata pone in risalto come, ai fini della integrazione della fattispecie, sia irrilevante la presenza o meno di statuizioni pattizie tra i genitori, così valorizzando proprio l'impossibilità di comprimere un nucleo essenziale di tutela che l'ordinamento pone a presidio dei minori e del diritto ad una vita dignitosa attraverso la contribuzione di entrambi i genitori. 2.3. La Corte di appello, sotto tale profilo, ha messo in evidenza come, contrariamente a quanto anche in questa sede ribadito dalla difesa, la produzioni di documentazione o non era idonea a dimostrare un effettivo contributo in favore del minore o era, per occasionalità e sporadicità, assolutamente insufficiente ad assicurare per un lungo periodo di tempo i mezzi di sussistenza di cui il minore necessitava sin dalla nascita. Declinato in fatto, pertanto, risulta la parte del ricorso che, al fine di confutare la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, attraverso un diretto riferimento ai dati processuali che la Corte di appello ha mostrato di aver adeguatamente apprezzato e ponderato, tenta di accreditare la tesi secondo cui il ricorrente avrebbe comunque provveduto, con varie modalità, a prendersi cura del figlio minore, ricostruzione smentita dalle dichiarazioni della genitrice che hanno trovato conforto nelle stesse allegazioni del ricorrente ritenute non significative ed insufficienti. 3. Manifestamente infondato risulta il secondo motivo con cui la difesa rivolge critiche alla parte della decisione che ha negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la quantificazione della pena ritenuta eccessiva avendo la Corte di appello rilevato l'assenza di elementi positivi valorizzabili e la congruità della quantificazione della pena in ragione della lunga durata della condotta omissiva e delle precarie condizioni economiche in cui versava la parte offesa ed il minore. 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall' art. 616, comma 1, c.p.p. . P.Q.M. Rigetta il ricorso processuali.