Salve le ferie del dipendente licenziato in tronco

In seguito al licenziamento in tronco, l'ex dipendente di un’Azienda sanitaria lombarda ricorre in Cassazione dolendosi perchè la Corte territoriale per non aveva considerato illegittima la prassi del datore di lavoro di ritenere non più fruibili le ferie non godute dai dipendenti entro il primo semestre dell’anno successivo a quello di maturazione, salvo proroga autorizzata del responsabile dell’ufficio per ragioni di servizio.

La doglianza è fondata. Secondo la Corte di legittimità, la perdita del diritto alle ferie , ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro , può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie - se necessario formalmente - e di averlo nel contempo avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato Cass. n. 21780/2022 . Inoltre, alla luce del diritto dell'Unione, il Collegio ha anche specificato che le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato al diritto alle ferie annuali retribuite è il datore di lavoro il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite, dovendo sul punto darsi continuità al principio affermato da Cassazione n. 15652/2018 la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova - di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie , se necessario formalmente - di averlo , nel contempo, avvisato - in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato . Nel caso di specie, la Corte territoriale ha omesso di compiere l'accertamento imposto dalla giurisprudenza di legittimità, avendo solo preso atto di una prassi seguita dall'Amministrazione interessata, senza verificare se la stessa avesse dimostrato di avere invitato il lavoratore a godere o meno delle ferie e di aver fatto presente le eventuali conseguenze. Per tutti questi motivi, ne segue l' accoglimento del ricorso principale.

Presidente Manna – Relatore Cavallari Svolgimento del processo R.A. , con ricorso depositato presso il Tribunale di il 9 settembre 2014, ha esposto che era stato dipendente a tempo indeterminato dell'Azienda sanitaria locale della Provincia di era stato sospeso dal servizio in via cautelare dal 12 maggio 2007, data a partire dalla quale non aveva più percepito la retribuzione, ma solo l'assegno alimentare ex art. 15 CCNL del 19 aprile 2004, per poi essere licenziato senza preavviso in seguito al passaggio in giudicato di sentenza penale di condanna non aveva fruito delle ferie e delle giornate di riposo maturate alla data del 12 maggio 2007 e non aveva ricevuto il compenso sostitutivo di cui all'art. 19, u.c., CCNL del 1 settembre 1995. Il ricorrente ha chiesto la condanna dell'ASL a corrispondere i menzionati compensi. L'ASL si è costituita, proponendo domanda riconvenzionale di restituzione della somma percepita a titolo di assegno alimentare nel periodo della sospensione in attesa della definizione del giudizio penale e di risarcimento del danno all'immagine. Il Tribunale di , con sentenza n. 313/2016 , ha accolto il ricorso principale in parte, condannando l'ASL a pagare l'indennità in questione per le sole ferie maturate dal 1 gennaio 2006 all'11 maggio 2007, e ha rigettato la domanda riconvenzionale concernente l'assegno alimentare, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice contabile quanto al danno all'immagine. L'Agenzia di tutela della salute di da ora ATS , che ha incorporato l'ASL , ha proposto appello. R.A. ha proposto appello. La Corte d'appello di Brescia, riuniti gli appelli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 187/2017, ha rigettato entrambe le impugnazioni. R.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo. L'ATS si è difesa con controricorso e ha proposto ricorso incidentale sulla base di tre motivi. R.A. si è difeso con controricorso nei confronti del ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1 Con un unico motivo il ricorrente lamenta la violazione dell' art. 36 Cost. , degli artt. 2109 e 2126 c.c., dell'art. 10 D.Lgs. n. 66 del 2003, dell'art. 7 della direttiva 2003/88/CE e dell'art. 19 CCNL del 1 settembre 1995 del comparto sanità pubblica in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel non considerare illegittima la prassi seguita dall'Amministrazione datrice di lavoro di ritenere non più fruibili le ferie non godute dai dipendenti entro il primo semestre dell'anno successivo a quello di maturazione, salvo proroga autorizzata del responsabile dell'ufficio per ragioni di servizio. La doglianza è fondata. Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la perdita del diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie se necessario formalmente e di averlo nel contempo avvisato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato Cass., Sez. L, n. 21780 dell'8 luglio 2022 . Tale indirizzo è il risultato di una interpretazione del diritto interno conforme ai principi enunciati dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea, in merito al diritto del lavoratore alle ferie retribuite ed alla corrispondente indennità sostitutiva, con le tre sentenze della grande sezione del 6 novembre 2018 in cause riunite C-569 e C-570/2016 STADT WUPPERTAL in causa C-619/2016 SEBASTIAN W. KREUZIGER in causa C 684/2016 MAX PLANCK . In generale, si è affermato che la perdita del menzionato diritto presuppone l'imputabilità al lavoratore del mancato godimento delle ferie, come chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 95 del 6 maggio 2016 . In definitiva, la S.C. ha precisato, alla luce del diritto dell'Unione, che A le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato al diritto alle ferie annuali retribuite B è il datore di lavoro il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite, dovendo sul punto darsi continuità al principio affermato da Cassazione, Sez. L, n. 15652 del 14 giugno 2018 C la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario formalmente di averlo, nel contempo, avvisato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. La corte territoriale ha del tutto omesso di compiere l'accertamento imposto dalla giurisprudenza di legittimità, essendosi limitata a prendere atto di una prassi seguita dall'Amministrazione interessata, senza verificare se la stessa avesse dimostrato di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie e di averlo avvisato in modo accurato ed in tempo utile che, in caso di mancata fruizione, tali ferie sarebbero andate perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. 2 Con il primo motivo del ricorso incidentale l'ATS denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la violazione e falsa applicazione dell'art. 19, comma 8, CCNL del 1 settembre 1995 e dell'art. 5, comma 8, del D.L. n. 95 del 2012 , conv., con modif., dalla L. n. 135 del 2012 in quanto la corte territoriale non avrebbe valutato, con riferimento alle ferie maturate nell'ultimo anno e spettanti il giorno della sospensione cautelare, se la mancata fruizione delle ferie stesse fosse o meno imputabile al dipendente, il quale, commettendo reati, si era posto nella condizione di non poterne godere, in quanto era incorso nella sospensione cautelare dall'impiego. La doglianza è infondata. Il lavoratore ha diritto al godimento delle ferie maturate e, in mancanza, a percepire un'indennità sostitutiva delle stesse al momento della cessazione del rapporto. Per evitare di dovere pagare questo importo, il datore di lavoro deve dimostrare di avere invitato il dipendente a godere del periodo di congedo, se necessario formalmente, e di averlo avvisato, in modo accurato ed in tempo utile a garantire che detto congedo sia ancora idoneo ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire, del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. La circostanza che, in seguito alla commissione di reati, il lavoratore sia sospeso dal servizio e, quindi, licenziato, non può incidere sul periodo di riposo che era maturato anteriormente a questi accadimenti, in quanto il diritto alle ferie è correlato all'espletamento della prestazione lavorativa, che è avvenuto fino al momento della citata sospensione. Il datore di lavoro deve provare, allora, di avere messo in condizione il dipendente di godere del congedo nel periodo durante il quale l'interessato avrebbe dovuto usufruirne, in mancanza essendo tenuto a corrispondere la menzionata indennità. D'altronde, siffatta indennità compete, in via generale, all'epoca della cessazione del rapporto di lavoro, la quale avviene, in ipotesi come quelle oggetto di causa e qualora il procedimento disciplinare si concluda, in senso sfavorevole al dipendente, con l'irrogazione della sanzione del licenziamento, a decorrere dalla precedente sospensione dal servizio, la quale pur strutturalmente e funzionalmente autonoma rispetto al provvedimento risolutivo del rapporto, siccome meramente interinale rispetto a quest'ultimo si salda con tale licenziamento, tramutandosi in definitiva interruzione del rapporto e legittimando la perdita ex tunc del diritto alle retribuzioni, a far data dal momento della sospensione medesima Cass., Sez. L, n. 11762 del 5 maggio 2021 . Occorre valutare, altresì, che la soluzione prospettata dalla P.A. ricorrente incidentale comporterebbe la conseguenza, non compatibile con l'attuale ordinamento, dell'applicazione al dipendente, come effetto del suo illecito disciplinare, di una sanzione non tipizzata ed ulteriore rispetto a quella, prevista, della perdita del posto di lavoro. Pertanto, deve affermarsi il principio che l'avvenuta sanzione del licenziamento disciplinare senza preavviso non comporta la perdita del diritto del lavoratore a percepire l'indennità sostitutiva delle ferie non godute per il periodo anteriore alla cessazione dell'impiego, ove il datore di lavoro non dimostri di avere invitato in precedenza il dipendente a godere del periodo di congedo, se necessario formalmente, e di averlo avvisato, in modo accurato ed in tempo utile a garantire che detto congedo sia ancora idoneo ad apportare all'interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire, del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato. 3 Con il secondo motivo parte ricorrente incidentale lamenta la nullità della sentenza per violazione dell' art. 101, comma 2, c.p.c. ed il mancato rispetto dell' art. 2697 c.c. in quanto la corte territoriale avrebbe emesso una sentenza a sorpresa, avendo fondato la sua decisione su due circostanze nè allegate nè dimostrate e che avrebbero dovuto essere provate dal ricorrente principale, ossia che R.A. avesse maturato alla data del 12 maggio 2007 il diritto al trattamento pensionistico e che egli avesse percepito, dal momento del suo licenziamento, il trattamento pensionistico maturato, detratto l'importo degli assegni. In particolare, l'ATS di contesta il fatto che non sia stata accolta la sua domanda di restituzione delle somme percepite da R.A. durante il periodo di sospensione in attesa dell'esito del procedimento penale a titolo alimentare. La doglianza è infondata. La Corte d'appello di Brescia ha fondato la sentenza impugnata anche sulla natura non retributiva degli assegni in esame e, pertanto, trattandosi di una questione di puro diritto, non è prospettabile una violazione dell' art. 101 c.p.c. Inoltre, si rileva che, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, qualora sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio a seguito di procedimento penale, successivamente definito con giudicato di condanna, l'assegno alimentare, concesso ai sensi dell' art. 82 del D.P.R. n. 3 del 1957 , non è ripetibile, poiché non ha natura retributiva, ma assistenziale, trovando fondamento nell'assicurazione delle esigenze di vita di colui che risulta medio tempore dipendente Cass., Sez. L, n. 15799 del 17 maggio 2022 . Al riguardo, è del tutto irrilevante che, come dedotto da parte ricorrente nella sua memoria, il diritto al citato assegno sia previsto dalla contrattazione collettiva e che detta contrattazione nulla dica espressamente in ordine alla sua natura, essendo incontestabile che, comunque, si tratti di un beneficio di carattere alimentare. 4 Con il terzo motivo parte ricorrente incidentale lamenta la violazione dell' art. 539, comma 1, c.p.p. , nella parte ove prevede il potere del giudice penale di pronunziare condanna generica ai danni e di rimettere le parti davanti al giudice civile per la liquidazione, e degli artt. 52 del R.D. n. 1214 del 1934 e 1 della L. n. 20 del 1994, recanti la previsione della giurisdizione contabile a carico del pubblico dipendente. La P.A. evidenzia che la sua domanda di risarcimento non era mai stata limitata al danno all'immagine, ma aveva riguardato, sin dal primo grado, tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, e non soltanto di immagine, cagionati dai fatti di reato commessi da R.A. , affermati dalla condanna generica ai danni pronunziata in sede penale . La doglianza è fondata. Non è contestato che R.A. sia stato licenziato perché condannato per avere commesso dei reati contro la P.A. e risulta dalla sentenza impugnata che, in sede penale, egli era stato condannato a risarcire i danni patiti dall'ente di appartenenza, con concessione di una provvisionale e rinvio, per la quantificazione, al giudice civile pagina 7 della pronuncia di appello . Nonostante ciò, la Corte d'appello di Brescia ha ritenuto che la statuizione del giudice penale non potesse avere l'effetto di incidere sulla giurisdizione della Corte dei Conti che è esclusiva . Questa statuizione si rivela, però, erronea, atteso che giurisdizione penale e giurisdizione civile per risarcimento dei danni derivanti da reato, da un lato, e giurisdizione contabile, dall'altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, e l'eventuale interferenza che può determinarsi tra tali giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell'azione di responsabilità davanti alla Corte dei conti, senza dar luogo a questione di giurisdizione Cass., SU, n. 31107 del 28 dicembre 2017 Cass., SU, n. 26582 del 28 novembre 2013 Cass., SU, n. 11 del 4 gennaio 2012 Cass., SU, n. 22277 del 26 novembre 2004 . Altresì in tema di responsabilità erariale la giurisdizione civile e quella penale, da un lato, e la giurisdizione contabile, dall'altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche ove investano un medesimo fatto materiale, e l'eventuale interferenza che può determinarsi tra i relativi giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell'azione di responsabilità da far valere davanti alla Corte dei conti, senza dar luogo ad una questione di giurisdizione Cass., SU, n. 11229 del 21 maggio 2014 . Pertanto, la Corte d'appello di Brescia non poteva affermare l'esistenza di una giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in tema di risarcimento dei danni derivanti dalla commissione di reati contro la P.A. da parte di un dipendente pubblico, neppure qualora fosse stato in questione il solo profilo del danno all'immagine, atteso che il giudice penale aveva comunque emesso una pronuncia, ormai definitiva, di condanna sull'an della responsabilità civile del lavoratore, rimettendo a quello civile la quantificazione del danno conseguente. 5 Il ricorso principale è accolto. Il ricorso incidentale è accolto limitatamente al terzo motivo, rigettati il primo ed il secondo. La sentenza impugnata è cassata, in relazione ai motivi accolti con rinvio, previa separazione delle cause alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, con riferimento alla domanda di R.A. concernente l'indennità sostitutiva di ferie, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di lite di legittimità al Tribunale di , con riferimento alla domanda riconvenzionale della P.A. concernente il risarcimento dei danni subiti in seguito alla commissione dei reati per cui R.A. è stato condannato, che deciderà anche in ordine alle spese di lite di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale, rigettati il primo ed il secondo cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e, previa separazione delle cause, rinvia alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, con riferimento alla domanda di R.A. concernente l'indennità sostitutiva di ferie, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di lite di legittimità al Tribunale di , con riferimento alla domanda riconvenzionale della P.A. concernente il risarcimento dei danni subiti in seguito alla commissione dei reati per cui R.A. è stato condannato, che deciderà anche in ordine alle spese di lite di legittimità.