Condanna più severa per il danneggiamento del mezzo privato funzionale allo svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti

Respinta la tesi difensiva, mirata a sostenere che il mezzo con cui il concessionario privato adempie agli obblighi del rapporto concessorio non rientra nell’accezione di cosa destinata a interesse pubblico, in quanto utilizzato anche per attività diverse, cioè quelle private che la società concessionaria può svolgere in ragione del suo scopo di profitto.

Condanna più severa per la persona che danneggia un mezzo privato ma funzionale allo svolgimento del pubblico servizio costituito dalla raccolta dei rifiuti. Irrilevante il fatto che il mezzo, di proprietà di una società privata a cui è affidato in concessione dal Comune il servizio di raccolta dei rifiuti, possa essere impiegato anche per altri scopi. Scenario della vicenda è la provincia di Trieste. A finire sotto processo è un uomo, beccato a danneggiare un mezzo utilizzato per la raccolta dei rifiuti . Per i giudici di merito il quadro probatorio è chiarissimo. Consequenziale la condanna, sia in Tribunale che in Appello, per il reato di danneggiamento , aggravato dalla destinazione del bene danneggiato ad un servizio pubblico. Su quest'ultimo punto è centrato il ricorso in Cassazione proposto dal difensore dell'uomo sotto processo. Nello specifico, il legale sottolinea che i mezzi con cui il concessionario privato adempie agli obblighi del rapporto concessorio non rientrano nell'accezione di cosa destinata a interesse pubblico, in quanto vengono utilizzati anche per attività diverse, cioè quelle private che la società concessionaria può svolgere in ragione del suo scopo di profitto . Anche per i magistrati di Cassazione, però, come già per i giudici d'Appello, è impossibile mettere in discussione l' uso cui era destinato il mezzo danneggiato . In prima battuta viene ribadito che non è la struttura formale dell'ente titolare di una determinata attività a condizionare la qualifica soggettiva delle persone fisiche che la esercitano e l'attività da essa svolta, dovendosi aver riguardo piuttosto alla natura delle mansioni concretamente esercitate . Di conseguenza, ciò che rileva è la destinazione del bene all' esercizio di un pubblico servizio , cioè la connotazione prettamente pubblicistica dell'attività cui è destinato il bene, essendo ininfluente la circostanza per cui l'ente proprietario del mezzo sia , come nella vicenda oggetto del processo, un soggetto di diritto privato, che opera in regime di appalto o concessione . E, sempre in questa ottica, non si richiede che l'attività svolta sia direttamente imputabile a un soggetto pubblico, essendo sufficiente che il servizio, anche se concretamente attuato attraverso organismi privati, realizzi finalità pubbliche . Per maggiore chiarezza, poi, i magistrati aggiungono che la concezione oggettiva della qualifica di pubblico servizio vale anche in relazione all' attività svolta dall'ente , di talché – se essa, per le caratteristiche che la connotano, può definirsi come pubblico servizio – è del tutto irrilevante che sia svolta da un ente di diritto privato . Ciò comporta che occorre aver riguardo alla natura delle mansioni concretamente svolte, accertando di volta in volta se gli atti sono stati posti in essere nell'ambito della gestione privatistica dell'attività imprenditoriale ovvero se sono espressione di funzioni pubbliche svolte in sostituzione dell'ente pubblico . Tornando alla vicenda in esame, quindi, può affermarsi che l'attività destinata a raccolta , stoccaggio e smaltimento dei rifiuti sia pacificamente attività che integra la nozione di servizio pubblico , in quanto all'evidenza svolto nell'interesse della collettività da parte di impresa a ciò espressamente incaricata dall'ente pubblico , chiariscono i magistrati. Irrilevante la sottolineatura, da parte della difesa, del fatto che il veicolo danneggiato, essendo di proprietà della società concessionaria che non è ente pubblico, ben può essere destinato anche ad attività diverse , poiché, ribattono i giudici, proprio l'adozione di un provvedimento concessorio diviene parametro alla stregua del quale riconoscere la natura oggettivamente pubblica svolta dal concessionario, in forza del carattere pubblicistico delle norme che governano la corrispondente attività oggetto della concessione . Tirando le somme, quel che rileva è la destinazione del mezzo , che nel caso specifico era funzionale allo svolgimento del pubblico servizio costituito dalla raccolta dei rifiuti , non potendo revocarsi in dubbio che tale servizio realizzi finalità pubbliche , concludono i magistrati di Cassazione.

Presidente Di Paola – Relatore D'Auria Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Trieste con sentenza del 6/6/2022 confermava la sentenza pronunciata dal Tribunale di Trieste in data 26/10/2020, che aveva condannato B.D. alla pena di mesi quattro di reclusione per il reato di cui all' art. 635, comma 2, n. 1, c.p. . 2. L'imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. B e E , c.p.p., con riferimento agli artt. 635, comma 2, n. 1 c.p. , 124 e 336 c.p.p. e per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Ritiene che nel caso di specie non sia configurabile la circostanza aggravante contestata, atteso che i mezzi con cui il concessionario adempie agli obblighi del rapporto concessorio non rientrano nell'accezione di cosa destinata a interesse pubblico, in quanto vengono utilizzati anche per attività diverse quelle private che la società concessionaria può svolgere in ragione del suo scopo di profitto . 2.1 Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. C e E , c.p.p., in relazione all' art. 131-bis c.p. e per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Evidenzia che sussistono tutti i presupposti per ritenere il fatto di particolare tenuità, tenuto conto della ritenuta continuazione, che è sintomatica di una unitaria e circoscritta determinazione, nonché della esiguità del danno e della mancata costituzione in giudizio della società danneggiata per il ristoro dei danni, la cui quantificazione non è mai stata investigata. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto all'evidenza destituito di fondamento. 1.1 n primo motivo è aspecifico, in quanto non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, che sul punto della configurabilità della circostanza aggravante, all'esito di un articolato percorso logico argomentativo, ha evidenziato anche con puntuali richiami alla giurisprudenza di legittimità che non è la struttura formale dell'ente titolare di una determinata attività a condizionare la qualifica soggettiva delle persone fisiche che la esercitano e l'attività da essa svolta, dovendosi aver riguardo piuttosto alla natura delle mansioni concretamente esercitate Sezione 6, n. 10780 del 17/11/2020, Spano, Rv. 281083 - 01 Sezione 6, n. 14171 del 29/1/2020, Raviele, Rv. 278759 - 01 . Osserva il Collegio che, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all' art. 635, comma 2, n. 1, c.p. , ciò che rileva è la destinazione del bene all'esercizio di un pubblico servizio, cioè la connotazione prettamente pubblicistica dell'attività cui è destinato il bene, essendo ininfluente la circostanza per cui l'ente proprietario del mezzo sia un soggetto di diritto privato, che opera in regime di appalto o concessione. Ed invero, a seguito della riforma legislativa operata dalla L. 26 aprile 1990, n. 86 , che ha riformulato gli artt. 357 e 358 c. p. , il legislatore ha abbandonato la concezione soggettiva delle nozioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio che privilegiava il rapporto di dipendenza dallo Stato o da altro ente pubblico , per accogliere quella funzionale-oggettiva, secondo il criterio della disciplina pubblicistica dell'attività svolta e del suo contenuto. Di conseguenza, l'agente assume la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio non per effetto dell'esistenza di un rapporto di dipendenza, di servizio o di relazione organica con un ente pubblico, ma in forza del concreto svolgimento, rispettivamente, di una pubblica funzione ovvero di un pubblico servizio. Con particolare riferimento al pubblico servizio, l'utilizzo del criterio oggettivo-funzionale si desume agevolmente dalla circostanza per cui il legislatore ha utilizzato la locuzione a qualunque titolo , eliminando ogni riferimento, contenuto invece nel testo del vecchio art. 358 c.p. , al rapporto d'impiego con lo Stato o altro ente pubblico. In altri termini, come si è già evidenziato, non si richiede che l'attività svolta sia direttamente imputabile a un soggetto pubblico, essendo sufficiente che il servizio, anche se concretamente attuato attraverso organismi privati, realizzi finalità pubbliche. Tutto ciò posto, va altresì evidenziato che la concezione oggettiva delle qualifiche di pubblico ufficio e di pubblico servizio vale non solo ai fini della attribuzione delle qualifiche soggettive, ma anche in relazione all'attività svolta dall'ente, di talché - se essa, per le caratteristiche che la connotano, può definirsi come pubblico servizio - è del tutto irrilevante che sia svolta da un ente di diritto privato Sezione 6, n. 19484 del 23/10/2018, Bellinazzo, Rv. 273781 01 . Detto altrimenti, occorre aver riguardo alla natura delle mansioni concretamente svolte, accertando di volta in volta se gli atti sono stati posti in essere nell'ambito della gestione privatistica dell'attività imprenditoriale ovvero se sono espressione di funzioni pubbliche svolte in sostituzione dell'ente pubblico. Ebbene, può affermarsi che l'attività destinata alla raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti sia pacificamente attività che integra la nozione di servizio pubblico, in quanto all'evidenza svolto nell'interesse della collettività da parte di impresa a ciò espressamente incaricata dall'ente pubblico Sezione 6, n. 1826 del 27/11/2019, Innocenti, Rv. 278125 - 01 Sezione 6, n. 49286 del 7/7/2015, Di Franco, Rv. 265702 - 01 . Nè in senso contrario risulta decisiva l'osservazione difensiva, secondo cui il veicolo danneggiato, essendo di proprietà della società concessionaria, che non è ente pubblico, ben può essere destinato anche ad attività diverse. Ed invero, proprio l'adozione di un provvedimento concessorio diviene parametro alla stregua del quale riconoscere la natura oggettivamente pubblica svolta dal concessionario, in forza del carattere pubblicistico delle norme che governano la corrispondente attività oggetto della concessione. In conclusione, deve ribadirsi che quel che rileva ai fini che qui occupano è la destinazione del mezzo, che nel caso di specie era funzionale allo svolgimento del pubblico servizio costituito dalla raccolta dei rifiuti, non potendo revocarsi in dubbio, come si è sopra evidenziato, che tale servizio realizzi finalità pubbliche. Orbene, tenuto conto che il motivo si limita a reiterare la stessa doglianza posta con l'appello, senza tener conto dell'ampia e congrua motivazione resa dalla Corte territoriale pagine 3 e 4 , si rende opportuna una premessa la funzione tipica dell'impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del ricorso in cassazione è, pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione per tutte, Sezioni Unite, n. 8825 del 27/10/2016, Galtelli, Rv. 268822 - 01 . Il motivo di ricorso in cassazione è, infatti, caratterizzato da una duplice specificità, dovendo contenere l'indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell'impugnazione e contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, deducendo, in modo analitico, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591 comma1, lett.c cod.proc.pen,allainammissibilità della impugnazione in talsenso Sezione2,n. 42046 del 17/07/2019, Botartour Sami, Rv. 277710-01 Sezione 2, n. 45958 del 21/10/2022, Bocchino, non massimata . Risulta, pertanto, di chiara evidenza che se il ricorso si limita, come nel caso oggetto di scrutinio, a riprodurre il motivo di appello, per ciò solo si destina all'inammissibilità, venendo meno in radice l'unica funzione per la quale è previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall'essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato. 1.2 Anche il secondo motivo è generico - posto che non tiene conto delle ragioni che hanno indotto prima il Tribunale pagina 4 e poi la Corte territoriale pagina 6 ad escludere la particolare tenuità del fatto - oltre che manifestamente infondato, atteso che la motivazione - secondo cui l'entità dei danni, cagionati ad un mezzo nuovo, non consente di ritenere applicabile la causa di non punibilità di cui all' art. 131-bis c.p. - è congrua, esaustiva e scevra da vizi di illogicità, con la conseguenza che non è censurabile in questa sede. Del resto, anche di recente è stato ribadito che, ai fini del riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all' art. 131-bis c.p. , non è sufficiente che il fatto sia occasionale, ma è necessario che l'offesa, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell' art. 133, comma 1, c.p. , sia ritenuta di particolare tenuità Sezione 6, n. 37342 del 9/6/2022, Santurri, n. m. Sezione 3, n. 50782 del 26/9/2019, Bordoni, Rv. 277674 - 01 . 2. All'inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro tremila, così equitativamente fissata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.