Trattamento degradante del carcerato: il letto fa la differenza

Dalla superficie lorda della cella carceraria vanno sottratti i letti, sia fissi che mobili, per verificare se residuano i tre metri quadri a detenuto ritenuti vitali per la CEDU. Non vanno sottratti sgabelli e piccoli suppellettili. Se lo spazio di calpestio è inferiore ai tre metri quadri, solo un regime carcerario particolarmente evoluto può escludere il mezzo riparatorio ex art. 35- ter l. n. 354/1975 riduzione della pena o risarcimento al detenuto .

Il caso Un Tribunale di sorveglianza aveva accolto l'istanza di un detenuto ex art. 35- ter l. n. 354/1975 cd. legge sull' ordinamento penitenziario ” , e computato una riduzione di pena per una carcerazione patita difforme all'art. 3 della CEDU , in quanto la cella di detenzione, detratti gli arredi fissi e parzialmente mobili, compreso un letto singolo, sarebbe stata inferiore ai tre metri quadri e avrebbe impedito il normale movimento del carcerato. Per Cassazione ricorre anche il Ministero di Giustizia, per il quale sarebbe stato erroneo, per eccesso, il criterio utilizzato dai giudici di computo dello spazio geometrico utile al movimento del detenuto, almeno a far leva delle Sezioni Unite n. 6551/2020 cd. Commisso meno generose nei suoi confronti. La Cassazione allinea i riferimenti nomofilattici nazionali a quelli europei, optando per una soluzione più favorevole al carcerato. Il libero” movimento è solo quello agevole” Nel sistemico quadro nazionale di sovraffollamento carcerario, la pronuncia detta criteri di computo generali soggetti a forti discrezionalità valutative. In primis , e si tratta del nerbo della pronuncia, se è noto e incontestato che i letti fissati al pavimento letti a castello, in genere vadano sottratti alla misura lorda della superficie della cella in quanto certamente impediscono il movimento – o il libero calpestio -, pari soluzione andrebbe rinvenuta per i letti parzialmente mobili ecco il novum dei Giudici , di cui è comunque difficile lo spostamento, nonostante sia possibile dei medesimi un utilizzo ibrido non necessariamente volto al sonno ad esempio, un letto può essere utilizzato come tavolo per giochi . Invece, dalla misura dei tre metri quadri non vanno detratti oggetti di piccola entità, quali sgabelli o piccoli tavolini. La soluzione pro-detenuto della Cassazione I Giudici puntualizzano che anche il letto singolo, fisso o mobile, va detratto dai tre metri quadri quindi, lo spazio complessivo a disposizione del detenuto deve essere ben maggiore. Vige una sorta di presunzione di inumanità del trattamento detentivo se lo spazio di libero calpestio è inferiore a siffatta misura cfr. sentenza della grande Camera della Corte Edu del 20/10/2016 Mursic c. Croazia se inferiore ai tre metri quadri, il giudizio di inumanità del trattamento può essere superato solo dalla verifica di condizioni compensative allevianti l'ingiustizia sofferta, quali, ad esempio, il breve tempo della detenzione, la dignità delle condizioni carcerarie, lo svolgimento sufficiente di attività extracarcerarie. Solo le più ottimali circostanze carcerarie possono escludere l'inumanità del trattamento detentivo e il mezzo riparatorio previsto dagli ordinamenti nazionali, nel caso italiano dall'art. 35- ter della legge sull' ordinamento penitenziario . Si tratta di valutazioni empiriche e di merito del Tribunale di sorveglianza, nei confronti delle quali non sarebbe nemmeno possibile ricorrere per Cassazione per violazione di legge. Agli istituti penitenziari residuerebbero poche scelte alternative alla costruzione di nuove e più ampie carceri ridurre il numero degli occupanti delle celle oppure incrementare la qualità di vita del detenuto all'interno delle aree carcerarie.

Presidente Mogini – Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe, resa il 22 settembre 2022, il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha accolto parzialmente il reclamo proposto da S.S., soggetto detenuto nella Casa di Reclusione di Spoleto, avverso il provvedimento emesso il 14 luglio 2021 dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto con cui era stata accolta parzialmente l'istanza proposta L. 26 luglio 1975, n. 354 e succ. modd., ex art. 35-ter Ord. pen. , per l'ottenimento della riparazione dovuta per la carcerazione patita in condizioni difformi da quanto imposto dall'art. 3 CEDU e, per l'effetto, era stata riconosciuta a S. la riduzione della pena detentiva di giorni 28, oltre il ristoro pecuniario di Euro 32,00, relativamente alla detenzione inumana ritenuta per il periodo di 233 giorni dal 22.11.1995 all'11.07.1996 nella Casa di reclusione di Palermo Ucciardone e per l'ulteriore lasso di 51 giorni, per il periodo dal 24.12.2015 al 20.05.2016 nella Casa circondariale di Frosinone , per complessivi giorni 284. L'accoglimento parziale sancito dal Tribunale di sorveglianza ha determinato l'ulteriore riduzione di pena detentiva di ulteriori giorni 138, con disposizione della corrispondente liberazione anticipata. Questa aggiuntiva riduzione di pena è stata dai giudici di secondo grado individuata per avere accertato complessivamente la detenzione inumana in ordine ai seguenti intervalli giorni 1009 trascorsi nella Casa circondariale di Palermo Pagliarelli giorni 375 trascorsi nella Casa circondariale di Roma Rebibbia da aggiungersi ai già accertati giorni 51 trascorsi nella Casa circondariale di Frosinone e giorni 233 trascorsi nella Casa di reclusione di Palermo Ucciardone. Di conseguenza, alla violazione corrispondente ai due ultimi periodi or ora ribaditi il Tribunale ha affiancato la violazione afferente ai primi due periodi, per complessivi ulteriori 1384 giorni, in relazione ai quali ha computato l'ulteriore riduzione di pena di giorni 138 secondo il criterio di ragguaglio fissato dall'art. 35-ter cit. . In motivazione è stato precisato, in aggiunta, che, sempre con riferimento alla violazione ulteriormente acclarata in secondo grado, i restanti 4 giorni di detenzione inumana rispetto ai 1380 giorni a cui ha corrisposto la detrazione della pena detentiva vanno riparati con il ristoro pecuniario di Euro 32,00. 2. Avverso questo provvedimento il difensore di S. ha proposto ricorso per cassazione chiedendone l'annullamento e affidando l'impugnazione a un unico motivo con cui lamenta la violazione dell' art. 35-ter Ord. pen. per carenza di motivazione. Riepilogati i dati inerenti alla detenzione pregressa del ricorrente, la difesa evidenzia essenzialmente che S., come emerge dall'esame dell'acquisita relazione rimessa dalla Direzione della Casa circondariale di Palermo Pagliarelli dove il medesimo è stato recluso dall'11.07.1996 al 20.05.2002 , è stato ristretto ivi in cella con un altro detenuto, non per 1009 giorni, come ha affermato il Tribunale, ma per il più ampio e gravoso intervallo di 1603 giorni. Di conseguenza, la fruizione da parte sua di uno spazio vitale effettivo avrebbe dovuto ritenersi essere stata compressa all'entità di mq 2,89 per il più ampio periodo ora indicato, mentre la carente motivazione fornita dai giudici di sorveglianza non ha fornito alcuna spiegazione alla rilevata, ingiustificabile decurtazione del periodo da lui vissuto nelle descritte condizioni decurtazione senza la quale l'ulteriore riduzione di pena detentiva stabilita dal Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto essere quantificata in ulteriori 197 giorni, anziché 138 giorni. 3. Avverso il medesimo provvedimento ha proposto ricorso anche il Ministero della Giustizia che ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza sulla base di un unico, articolato motivo, con cui denuncia, in senso contrapposto, la violazione dell' art. 35-ter Ord. pen. , con la conseguente erronea applicazione dell'art. 3 CEDU , oltre che il vizio della motivazione, quanto all'individuazione dello spazio disponibile e della corrispondente enucleazione del carattere inumano della detenzione. L'Amministrazione ricorrente censura particolarmente la valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza tesa a escludere dallo spazio fruibile da parte del detenuto la superficie occupata dai letti singoli, evidenziando che per tale via i giudici di secondo grado sono pervenuti a una più ampia quantificazione del periodo in relazione al quale hanno reputato verificata la violazione del parametro convenzionale. Invece, secondo il Ministero, la corretta interpretazione della pronuncia emessa dalle Sezioni Unite Commisso, che aveva stabilito la detrazione della superficie degli arredi tendenzialmente infissi al suolo, ricomprendendovi i letti a castello, avrebbe dovuto orientare nel senso che i letti singoli non vanno considerati tali da occupare una superficie in modo ostativo al libero movimento e alla piena fruibilità del relativo spazio. L'arresto regolatore - prospetta l'Avvocatura erariale - accredita una nozione funzionale dello spazio vitale minimo soltanto i letti a castello e gli arredi fissi determinano quella inaccessibilità strutturale del relativo spazio fisico, laddove i letti singoli, per loro natura, possono essere facilmente spostati così da consentire al detenuto di utilizzare la relativa superficie anche per l'esercizio fisico. Il Ministero, in tal senso, segnala che svariate sono le recenti decisioni di legittimità che hanno ragionato aderendo all'esposta linea esegetica, così detraendo la superficie dei letti a castello, non quella dei letti singoli, sicché il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto rigettare il reclamo del detenuto, che si era basato su un più ampio concetto di spazio fruibile da ritenersi privo di fondamento. In secondo luogo e in ogni caso - prosegue il Ministero ricorrente - il reclamo di S. avrebbe dovuto essere respinto, in quanto, pur se si fosse concordato sulla fruizione da parte sua di uno spazio inferiore a mq 3, si sarebbe pervenuti a una forte presunzione di condizioni contrarie a quelle stabilite dall'art. 3 CEDU , ma non a una presunzione assoluta, così che avrebbero dovuto venire in rilievo i criteri compensativi, quali la permanenza al di fuori della camera detentiva, lo svolgimento di adeguate attività all'esterno di essa, la sottoposizione del ristretto a un regime semiaperto, rispetto ai quali gravava sul detenuto l'onere di allegare natura, tipologia e durata del trattamento inumano e degradante, per arrivare alla dimostrazione che il trattamento ricevuto dal medesimo si era concretizzato in uno stato connotato da un livello di gravità tale da poterlo classificare alla stregua di un'afflittività assolutamente ingiustificata e intollerabile secondo il comune sentire. In questa seconda prospettiva, si fa, quindi, carico al Tribunale di sorveglianza di non aver valutato le complessive condizioni detentive a cui era stato assoggettato S., le caratteristiche delle strutture carcerarie in cui era stato recluso e le possibilità da lui godute di fruire di spazi comuni. 4. Il Procuratore generale, con una prima requisitoria, ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza impugnata, in accoglimento del ricorso proposto nell'interesse di S., dal momento che il Tribunale di sorveglianza non ha considerato appieno, travisandone il contenuto, le informazioni esposte nella relazione proveniente dalla Casa circondariale di Palermo Pagliarelli in ordine alla quantificazione del periodo durante il quale il detenuto ha fruito di uno spazio vitale insufficiente. 5. Il Procuratore generale, poi, con ulteriore requisitoria, ha confermato le conclusioni di cui al primo atto, esprimendo parere contrario all'accoglimento del ricorso del Ministero della Giustizia. 6. La difesa di S. ha rassegnato una successiva memoria con cui ha sostenuto l'inammissibilità o, comunque, l'infondatezza del ricorso proposto dal Ministero della Giustizia. Si e', in particolare, rimarcato che il Tribunale è giunto alla conclusione avversata dall'Amministrazione dopo una laboriosa istruttoria, che aveva contemplato anche l'acquisizione delle planimetrie, complete degli ingombri rappresentati dagli arredi, delle camere detentive. A fronte della relativa analisi il ricorso del Ministero ha lamentato il vizio della motivazione in una materia, però, che contemplava il ricorso in sede di legittimità soltanto per violazione di legge. In ogni caso, anche a voler ritenere ammissibile la contrapposta impugnazione, la giurisprudenza, anche nella citata pronuncia delle Sezioni Unite, si era espressa nel senso della detrazione di tutti gli arredi tendenzialmente infissi al suolo, ivi inclusi i letti singoli, poiché anche questi precludevano al detenuto la possibilità di muoversi liberamente nella cella, non avendo - la decisione indicata a conforto dal Ministero - operato un'elencazione completa degli arredi fissi, ma avendo fornito un criterio valido anche per i letti, da escludersi se facilmente spostabili e il Tribunale aveva stabilito che i letti non risultavano spostabili senza costituire ostacolo o intralcio all'interno della camera detentiva. Peraltro, ove si fosse voluto opinare diversamente, come aveva ritenuto uno degli arresti citati dal Ministero, sarebbe stato necessario - osserva a difesa di S. - rimettere al vaglio delle Sezioni Unite la seguente questione Se nella valutazione dello spazio minimo di tre metri quadrati vanno detratti i letti singoli e più in generale gli arredi che non risultano spostabili all'interno del locale, senza costituire ostacolo o intralcio . Il ricorso della parte pubblica - aggiunge S. - è da ritenersi manifestamente infondato anche nella parte in cui fa carico al Tribunale di non aver valutato i fattori compensativi, che, invece, sono stati considerati e ritenuti inadeguati a escludere la violazione dell'art. 3 CEDU per i periodi di interesse. 7. Il Collegio, nel corso della camera di consiglio del 22 marzo 2023, ha disposto il differimento della deliberazione all'udienza del 7 aprile 2023, udienza all'esito della quale ha deciso come da dispositivo riportato in calce. Considerato in diritto 1. L'impugnazione del Ministero, nel suo complesso, non è fondata e va, quindi, rigettata, mentre va accolta, nei sensi che seguono, quella proposta dal difensore di S 2. Va brevemente premesso che il Tribunale di sorveglianza - esaminate le ragioni poste dal primo Giudice alla base dell'accoglimento, pur parziale, dell'istanza e valutate le doglianze svolte da S. con riferimento al mancato accoglimento della più ampia istanza - ha ritenuto che la corretta metodologia di calcolo dello spazio vitale in cella collettiva, all'esito degli approfondimenti istruttori effettuati, consentisse di pervenire alla conclusione che non era stata assicurata al medesimo la superficie minima pro-capite di mq 3,00 per occupante della camera detentiva con riferimento ai periodi da lui trascorsi anche nella Casa circondariale di Palermo Pagliarelli per giorni 1009 e nella Casa circondariale di Roma Rebibbia per giorni 375. Tale approdo è stato raggiunto dai giudici di secondo grado ponendo a base della verifica il criterio di misurazione che comporta la necessità di detrarre, non soltanto lo spazio destinato ai servizi igienici e quello occupato dagli arredi fissi, ma anche lo spazio occupato dal letto. Con specifico riferimento a tale ultimo elemento dell'arredo, oltre a computare lo spazio del letto definito a castello, il Tribunale ha considerato che andasse computato come non utile per il detenuto pure lo spazio occupato dal letto singolo, quanto meno nel caso in cui tale letto non risultasse amovibile, perché infisso a terra con bulloni. A conforto di tale criterio di misurazione i giudici di sorveglianza hanno richiamato alcuni insegnamenti di legittimità, segnalando la necessità, al fine di stabilire lo spazio effettivamente fruibile dal recluso, di scomputare lo spazio del letto proprio e degli altri detenuti. Seguendo tali criteri, il Tribunale ha affermato che lo spazio a disposizione di S. nei due, non brevi, periodi considerati è risultato inferiore a 3 mq e la presunzione della conseguente violazione dell'art. 3 CEDU non è stata reputata vinta dalla fruizione di utilità compensative adeguate. 3. Appare, dunque, chiaro il punto su cui le tesi sviluppate, da un lato, dal Ministero ricorrente - che ha censurato l'inquadramento sotteso alla pronuncia del Tribunale di sorveglianza sull'argomento - e, dall'altro, dal detenuto - il quale ha condiviso l'impostazione fatta propria dai giudici di secondo grado, ma, interponendo a sua volta impugnazione, ha rilevato la totale carenza di motivazione su un punto decisivo della regiudicanda, inerente all'effettiva individuazione del periodo di detenzione patita in violazione del parametro convenzionale richiamato dall' art. 35-ter Ord. pen. - divergono, sino a contrapporsi, sui criteri di misurazione dello spazio vitale, con specifico riferimento al tema relativo alla superficie occupata dal letto singolo riservato al detenuto nella camera detentiva ossia, se essa debba essere, nel caso concreto, detratta al fine del calcolo dello spazio minimo vitale, oppure se essa debba essere computata, siccome da considerarsi, in una certa, apprezzabile misura, area utilizzabile dalla persona reclusa. 4. Il Collegio ritiene che, sull'argomento così enucleato, vada condiviso l'orientamento espresso, fra le altre, da alcune recenti decisioni di legittimità il riferimento e', in particolare, a Sez. 1, n. 21495 del 20/12/2022, dep. 2023, Min. Giustizia in proc. Monaco, non mass. e a Sez. 1, n. 18760 del 20/12/2022, dep. 2023, Min. Giustizia in proc. Garofalo, Rv. 284510 - 01 le quali hanno raggiunto la conclusione secondo cui non deve essere computato lo spazio occupato dal letto singolo del soggetto ristretto, in quanto si tratta di arredo tendenzialmente fisso al suolo e comunque non suscettibile, per il suo ingombro o peso, di facile spostamento da un punto all'altro della cella e, pertanto, tale da compromettere il movimento agevole del predetto al suo interno. 4.1. Al fine di dare continuità a questo indirizzo pare opportuno ripercorrere e sostenere il corrispondente tessuto argomentativo. Si muove necessariamente dall'arresto regolatore emesso dalle Sezioni Unite in merito a questa problematica Sez. U, n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Ministero della Giustizia in proc. Commisso, Rv. 280433 - 01 . Con tale pronuncia è stato affermato il principio di diritto secondo cui nella valutazione dello spazio individuale minimo di tre metri quadrati, da assicurare ad ogni detenuto affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, stabilito dall' art. 3 della Convenzione EDU , così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento nella cella e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello . Nell'argomentare questa conclusione, la suddetta decisione ha rimarcato, con specifico riferimento al profilo di lesione integrato dalla ristrettezza dello spazio all'interno della camera di pernottamento, che, in caso di spazio a disposizione pro-capite inferiore ai 3 mq, esiste per vincolo convenzionale una forte presunzione di non umanità del trattamento, vincolo superabile soltanto dalla convergenza di svariati fattori compensativi fra cui la breve durata della detenzione, le condizioni carcerarie dignitose, il godimento di un tempo sufficiente al di fuori della cella anche con lo svolgimento di adeguate attività, le valide opportunità trattamentali ed altri ancora nell'ipotesi in cui la disponibilità dello spazio individuale faccia emergere una superficie compresa fra 3 e 4 mq, i predetti fattori compensativi concorrono, unitamente a quelli di segno negativo, alla valutazione unitaria delle condizioni complessive di detenzione. Le Sezioni Unite hanno così preso posizione, dirimendola in modo espresso e univoco in senso negativo, sulla questione concernente la possibilità di computare nello spazio individuale minimo disponibile per il detenuto all'interno della cella la superficie occupata, appunto, dal letto a castello. 4.2. Più articolata è risultata la valutazione del contenuto della stessa pronuncia in merito alla questione della computabilità, o meno, nello spazio detentivo minimo pro-capite, ai fini dell'applicazione dell'art. 3 CEDU , della superficie occupata dal letto singolo. 4.2.1. Una parte delle successive decisioni di legittimità, intervenute sul punto fra cui Sez. 1, n. 18681 del 26/04/2022, Min. Giustizia in proc. Campisi, non mass. , dopo aver sottolineato l'importanza cruciale attribuita a detti fini dalle Sezioni Unite e dalla giurisprudenza della Corte EDU alla libertà di movimento del detenuto all'interno della cella, e aver osservato che la considerazione secondo cui il letto singolo può essere utilizzato per finalità ulteriori rispetto al riposo leggere, giocare a carte, parlare ecc. , a differenza del letto a castello, non rileva per la decisione in punto di sovraffollamento , ha aggiunto che il principio affermato dalle Sezioni Unite faceva espresso riferimento allo spazio occupato dal letto a castello , ma non escludeva affatto che la superficie occupata dai letti singoli non dovesse essere scomputata. Si e', in questa direzione, ritenuto doversi valutare, per la corrispondente detrazione ai fini del rispetto del parametro convenzionale, anche la superficie occupata dal letto singolo, per l'inamovibilità che connota anche questo arredo, anche quando esso sia occupato, nella camera detentiva collettiva, da un diverso soggetto, in relazione alla corrispondente verifica della complessiva superficie minima disponibile per i detenuti in essa ubicati. 4.2.2. Un diverso orientamento di legittimità, valorizzando la lettera della risposta data al quesito di diritto, collegata a un passaggio della motivazione della decisione delle Sezioni Unite, ha ritenuto che la superficie del letto singolo vada sempre computata nello spazio minimo detentivo pro-capite, trattandosi di arredo suscettibile di spostamento che, come tale, non ostacola il libero movimento nella cella in definitiva, si ribadisce, in questa prospettiva, che il letto singolo, a chiunque in uso, è un arredo suscettibile di spostamento anche temporaneo per garantire il movimento all'interno della camera detentiva, mentre il solo letto a castello costituisce un ingombro tale da determinare la sottrazione dello spazio occupato dal computo della superficie utile fra le altre, Sez. 6, n. 38565 del 11/10/2022, Neagrau, non mass. Sez. 1, n. 12774 del 15/03/2022, Talia, Rv. 282850-01 Sez. 6, n. 39197 del 28/10/2021, Burlui, non mass. Sez. 1, n. 2597 del 12/01/2021, Masalmeh, non mass. . 5. Il Collegio non condivide quest'ultima conclusione e ritiene, invece, che la progressiva messa a punto della questione, proprio in virtù del complessivo costrutto logico-giuridico posto a base della decisione delle Sezioni Unite, debba condurre all'esito opposto, che risulta conforme come si specificherà nel prosieguo all'approdo a cui sono pervenute da tempo le Sezioni civili della Corte di legittimità nei procedimenti che, nel rispetto della competenza ripartita configurata dall' art. 35-ter Ord. pen. , si sono svolti in sede civile. In effetti, come è stato evidenziato nelle decisioni di legittimità richiamate in principio e qui condivise, l'analisi della motivazione posta dalle Sezioni Unite, Commisso, alla base della decisione contiene due proposizioni una principale e l'altra che della prima rappresenta il corollario, arricchito quest'ultimo da un'esemplificazione. Tali distinte proposizioni costituiscono l'esito di un percorso argomentativo complesso, nel quale le Sezioni Unite pervengono alla determinazione delle modalità di calcolo della superficie detentiva minima pro-capite attraverso la preliminare definizione del concetto di spazio detentivo individuale minimo. 5.1. La prima proposizione afferma N ella valutazione dello spazio individuale minimo di tre metri quadrati . si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento nella cella . Si tratta di un principio direttivo chiaro, che le Sezioni Unite enucleano dal complesso della giurisprudenza della Corte EDU, opportunamente selezionata, secondo i criteri di rilevanza indicati dalla Corte costituzionale sentenze n. 348 e 349 del 2007, n. 311 del 2009, n. 236 e 303 del 2011, n. 49 del 2015 tema su cui v. anche Sez U, n. 8544 del 24/10/2019, dep. 2020, Genco, Rv. 278054-01 . Va evidenziato che per pervenire a tale principio le Sezioni Unite approfondiscono due passaggi della sentenza della Grande Camera della Corte EDU, 20 ottobre 2016, Muri c. Croazia, vale a dire quelli che affermano che il calcolo della superficie disponibile nella cella deve includere lo spazio occupato dai mobili e che e' importante determinare se i detenuti hanno la possibilità di muoversi normalmente nella cella , e poi ritengono conseguente che le due affermazioni vadano lette in modo congiunto, sì da attribuire loro un significato effettivo e conforme alle finalità perseguite . in relazione al divieto di pene inumane e degradanti . Si specifica, nella medesima prospettiva, che l'interpretazione separata dei due passaggi renderebbe il secondo parametro - quello di muoversi normalmente nella cella - assai generico e di difficile applicazione da parte del magistrato di sorveglianza, se non in casi eclatanti di manifesta impossibilità di spostamento . Viene, così, tratta l'ulteriore conseguenza che, ritenendo separate e autonome le due frasi della sentenza Murgie, la verifica della possibilità del normale movimento dei detenuti nella cella diventerebbe un accertamento di fatto, di natura empirica, spettante al magistrato di sorveglianza, rispetto al quale non vi sarebbe spazio per dedurre con il ricorso per cassazione violazioni di legge . La riflessione svolta su queste coordinate argomentative comporta la constatazione che le Sezioni Unite hanno fatto propria un'interpretazione della giurisprudenza della Corte EDU anche di quella concettualmente più distante dal meccanismo di calcolo geometrico e cogente espresso dalla sentenza-pilota Torreggiani c. Italia, che pure riguarda direttamente il nostro Paese e ha riconosciuto l'incidenza degli arredi sullo spazio detentivo disponibile espressamente volta ad attribuire rilievo preminente alla superficie destinata ad assicurare il normale movimento dei detenuti all'interno della cella. Per le Sezioni unite, tra le possibili interpretazioni va, pertanto, preferita quella favorevole al benessere dei detenuti , ai quali va garantito uno spazio più ampio concretamente utile per il movimento . Tale chiave di lettura è stata considerata anche da parte della dottrina quella che fa dello spazio minimo detentivo una sorta di riserva di libero movimento , per modo che quelle proposizioni vanno lette congiuntamente per un verso, occorre includere nel calcolo dello spazio disponibile l'area occupata dagli arredi che, potendo essere agevolmente rimossi, non ostacolano il calpestio per altro e speculare verso, devono essere detratti dal computo gli arredi tendenzialmente fissi . 5.2. Primo corollario scaturente da questo approdo è che - proprio nella prospettiva dello spazio detentivo minimo come riserva di movimento - si può ora affermare con certezza che la considerazione secondo cui il letto singolo può essere utilizzato per finalità ulteriori rispetto al riposo leggere, giocare a carte, parlare ecc. , a differenza del letto a castello, non rileva per la decisione in punto di sovraffollamento Sez. 1, n. 18681 del 2022, cit. in questa prospettiva si erano poste prima della pronuncia delle Sezioni Unite, Commisso, Sez. 1, n. 13124 del 17/11/2016, dep. 2017, Morello, Rv. 269514-01 Sez. F, n. 39207 del 17/8/2017, Gongola, non mass. Sez. 1, n. 52219 del 9/9/2016, Sciuto, Rv. 268231-01, nel senso che le diverse possibilità di utilizzo del letto, trattandosi di funzioni che non soddisfano la primaria esigenza di movimento, non rilevano per escludere l'illecito convenzionale da sovraffollamento l'acquisizione, rispetto alla pregressa elaborazione, è di evidente importanza. In secondo e corrispondente luogo, come dato parimenti fondamentale, il collegamento essenziale riconosciuto dalle Sezioni Unite tra lo spazio individuale disponibile e la necessità di garantire il normale movimento dei detenuti all'interno della camera detentiva determina in modo ineludibile che l'oggetto della verifica sia individuato nella superficie minima che, nel suddetto ambiente, deve essere libera e direttamente fruibile per la deambulazione e gli spostamenti degli occupanti. Va prestata adesione, quindi, alla persuasiva conclusione secondo cui il concetto espresso dalle Sezioni Unite coincide con quello di superficie libera, perché non altrimenti occupata e agevolmente calpestabile concetto ripetutamente utilizzato nella giurisprudenza convenzionale la nozione di floor space è richiamata nella stessa sentenza Commisso lo spazio disponibile è quello che consente il movimento agevole e, pertanto, la superficie utile per evitare il rischio di trattamenti violativi dell'art. 3 CEDU è solo quella direttamente o agevolmente funzionale alla libertà di movimento del recluso all'interno della cella. 5.3. Quale implicazione di questa proposizione, nella sentenza delle Sezioni Unite, deriva la seconda, come emerge dall'uso della congiunzione che apre la frase pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello si tratta, in effetti, di un corollario della prima proposizione. Se la superficie che rileva per l'art. 3 CEDU è quella che assicura il normale movimento nella cella , dovranno essere detratti da tale superficie gli arredi tendenzialmente fissi al suolo . Questa è la portata precettiva del principio il metodo di calcolo della superficie minima è definito, infatti, a partire dal concetto di spazio personale ritenuto rilevante. Le Sezioni Unite attribuiscono a tale interpretazione una precisa finalità positiva quella di garantire ai detenuti uno spazio più ampio concretamente utile per il movimento rispetto a quello ricavabile dalla soluzione opposta , nel quadro valoriale informato al principio di umanità della pena - presidiato dall'art. 3 CEDU e dall'art. 27 Cost., comma 3, - del quale le Sezioni Unite offrono una rilettura alla luce dell'obiettivo di quantificare lo spazio minimo vitale per ogni detenuto, al fine di assicurare il pieno rispetto della dignità della persona nell'espiazione della pena ciò per riconoscere al principio stesso un carattere di assolutezza che appartiene alla sensibilità di società e ordinamenti giuridici che hanno a cuore il pieno rispetto della persona, anche di chi è recluso . Così poste in correlazioni le proposizioni richiamate, il fatto che nel novero degli arredi tendenzialmente fissi al suolo, non computabili nella superficie utile, rientri il letto a castello costituisce una specifica esemplificazione del principio succitato, a sua volta emerso come corollario della complessiva analisi svolta nella decisione delle Sezioni Unite. Pertanto dall'affermazione non sembra potersi evincere la regola, di segno reciproco, della computabilità dei letti singoli. 6. E' vero che nella motivazione della sentenza Commisso esiste un riferimento ai letti singoli, ove si afferma pagine 22 e seg. che questi sono mobili , perché possono essere spostati da un punto all'altro della camera e da tale riferimento il primo - e qui non condiviso - degli orientamenti richiamati fa leva per considerare i letti singoli inquadrati fra gli arredi suscettibili di spostamento, tali da non ostacolare il libero movimento nella cella, con la conseguenza che la superficie da essi occupata dovrebbe essere considerata per determinare lo spazio detentivo minimo disponibile pro-capite. E', però, del pari vero che la frase successiva della medesima sentenza delle Sezioni Unite puntualizza il senso del precedente passaggio chiarendone e delimitandone la portata, allorché considera espressamente che, i n definitiva, la duplice regola dettata dalla Corte EDU può essere legittimamente interpretata nel senso che, quando la Corte afferma che il calcolo della superficie disponibile nella cella deve includere lo spazio occupato dai mobili, con tale ultimo sostantivo intende riferirsi soltanto agli arredi che possono essere facilmente spostati da un punto all'altro della cella . Ad avviso del Collegio, quindi, le Sezioni Unite non conferiscono assorbente rilievo alla semplice dicotomia fra arredo mobile e arredo fisso, bensì ritengono determinante, al fine della computabilità o meno dell'arredo nello spazio minimo vitale, anche la verifica dell'ordinaria facilità di spostamento del mobile che, proprio per questa ragione e soltanto a questa condizione, sia tale da non ostacolare il normale movimento all'interno dell'ambiente costituito dalla camera detentiva. Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite si riferisce agli arredi tendenzialmente fissi al suolo individuando in tal modo una categoria intermedia tra fisso e mobile categoria che riguarda chiaramente - anzi, necessariamente ad arredi per loro natura mobili, in quanto nessuna specificazione sarebbe stata necessaria per quelli fissi al suolo, come tali assolutamente inamovibili . Tra gli arredi mobili, la sentenza seleziona quindi quelli che, pur essendo trasportabili da un punto all'altro della cella, non possono tuttavia essere trasportati facilmente. E la decisione equipara funzionalmente questi arredi - mobili, ma non agevolmente trasportabili da un punto all'altro della cella - agli arredi fissi, in quanto, al pari di questi ultimi, essi limitano in modo determinante il libero movimento dei detenuti all'interno della cella. Così recepiti, la motivazione e il principio di diritto espressi dalla sentenza Commisso si saldano perfettamente, illuminando l'una la portata dell'altro. Entrambi rispondono, del resto, alla medesima logica e ai medesimi obiettivi, chiaramente espressi quelli di garantire ai detenuti uno spazio minimo di normale movimento e di quantificarlo in modo più ampio rispetto a quello ricavabile dalla soluzione opposta , al fine di assicurare il pieno rispetto dei principi di dignità della persona e umanità della pena. L'esito coerente di tale ragionamento - che il Collegio considera pienamente rispettoso della prospettiva indicata dall'autorevole e condiviso arresto - è che il letto singolo deve essere inteso come un arredo tendenzialmente fisso e, come tale, occupante un'area da escludersi dalla superficie utile a soddisfare la primaria esigenza di movimento dei soggetti ristretti. Non appare discutibile, del resto, che sia contrario alla quotidiana, comune esperienza, che un letto, ancorché non infisso al suolo, possa essere considerato un arredo suscettibile di facile amozione e trasporto all'interno di una stanza - per di più, costituita dalla camera detentiva - da parte di colui che abbia bisogno di muoversi nel medesimo locale per attendere alle sue normali attività. Alla luce del principio direttivo sopra illustrato, che guarda alla superficie utile al nomale movimento , pare in vero agevolmente contestabile che arredi di notevole peso e ingombro, quale un letto completo di materasso, possano essere - secondo l'espressione adottata nella sentenza Commisso - facilmente spostati da un punto all'altro della cella , specialmente se le dimensioni di quest'ultima consentono, come nei casi soggetti a scrutinio ai sensi dell' art. 35-ter Ord. pen. , spazi personali agibili complessivi assai ridotti, siccome limitati a 3 o 4 mq. in tal senso, oltre che con il principio di umanità della pena, stella polare del superiore Consesso, sostenere il contrario costituisce approdo che rischia di porsi in insanabile conflitto col comune sentire. 7. Pur se il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite si riferisce testualmente, e in modo meramente esemplificativo, alla necessità di detrarre la superficie occupata dai letti a castello da quella destinata al normale movimento all'interno della cella, deve dunque ritenersi che il costrutto argomentativo utilizzato per quell'affermazione abbia fornito un'univoca chiave interpretativa, che ineluttabilmente conduce all'estensione del medesimo principio di diritto ai letti singoli. Per converso, si desume dall'esame del richiamato, complessivo tessuto argomentativo che il frammento di motivazione sul quale si fonda, in modo che però appare meccanicistico, il diverso orientamento interpretativo non sembra essersi tradotto in un principio vincolante ai sensi e per gli effetti di cui all' art. 618 c.p.p. , comma 1-bis. 8. Come si è anticipato, la soluzione qui affermata si rivela idonea a ricondurre a unità la giurisprudenza di legittimità, esaltandone la funzione di nomofilachia, intesa come garanzia dell'uniforme interpretazione della legge e dell'unità del diritto oggettivo nazionale, se si considera che l'orientamento espresso dalle Sezioni civili della Corte di cassazione proprio in materia di risarcimento da inumana detenzione, da tempo e senza eccezioni, prima e dopo la suindicata pronuncia delle Sezioni Unite penali. Per vero, nella sede civilistica, si è costantemente affermato il principio di diritto secondo cui, ai fini del calcolo rilevante ai sensi dell' art. 35-ter Ord. pen. , va scomputata l'area destinata ai servizi igienici e agli armadi appoggiati, o infissi, stabilmente alle pareti o al suolo ed anche lo spazio occupato dai letti sia a castello che singoli , che riducono lo spazio libero necessario per il movimento, senza che, invece, abbiano rilievo gli altri arredi facilmente amovibili, come sgabelli o tavolini ciò, perché, tanto nel caso del letto singolo quanto nel caso del letto a castello è compromesso il movimento del detenuto nella cella ciò, perché, se è vero che lo spazio occupato dal primo è usufruibile per il riposo e l'attività sedentaria, è anche vero che tali funzioni organiche vitali sono fisiologicamente diverse dal movimento , il quale postula, pe'r il suo naturale esplicarsi, uno spazio ordinariamente libero Cass. civ., Sez. 6, n. 5441 del 18/02/2022 , non mass. Sez. 1, n. 5064 del 24/02/2021, non mass. Sez. 3, n. 1170 del 21/01/2020, Rv. 656636-01 Sez. 1, n. 25408 del 10/10/2019 Sez. 3, n. 16896 del 25/06/2019, non mass. Sez. 3, n. 4561 del 15/02/2019, non mass. Sez. 1, n. 4096 del 20/02/2018, Rv. 647236 - 01 . 9. Al fondo, la ratio della pronuncia delle Sezioni Unite è la stessa della giurisprudenza di legittimità delle Sezioni civili tanto nel caso del letto singolo, che in quello del letto a castello, è compromesso il movimento del detenuto nella cella movimento che postula, per il suo naturale esplicarsi, uno spazio ordinariamente libero . Non è superfluo aggiungere che ritenere il contrario potrebbe produrre conseguenze pratiche inaccettabili. In primo luogo, perpetuerebbe una evidente divergenza tra la giurisprudenza delle Sezioni penali e quelle civili della Corte sulla stessa materia, negando in radice la primaria missione nomofilattica e di unitario indirizzo nell'applicazione del diritto attribuita alla Corte di cassazione. In secondo luogo, determinerebbe effetti chiaramente estranei agli scopi perseguiti dalla decisione di Sezioni Unite, Commisso, espressamente volta a garantire uno spazio di movimento più ampio a disposizione dei detenuti in attuazione dei principi costituzionali e convenzionali di umanità della pena e di suo necessario orientamento alla rieducazione del condannato. Inoltre, si cristallizzerebbero le conseguenze paradossali, segnalate in dottrina, rispetto alla pregressa dicotomia di valutazione fra letti singoli e letti a castello, i primi di regola da computare nel calcolo dello spazio disponibile nella cella, gli altri sempre da detrarre, nel senso che si renderebbe, per esempio, possibile e conveniente per l'Amministrazione sostituire i letti incastellati con quelli singoli, pur se questi ultimi, a parità di posti e ambienti, occupano una maggiore area calpestabile e ciò si tradurrebbe, di fatto, in una minore tutela dei detenuti e in una effettiva svalutazione del criterio del normale movimento , in aperto contrasto con la decisione della Grande Camera della Corte EDU, Mursic c. Croazia sulla scia, tra le altre, di Corte EDU, 10/01/2012, Ananyev e altri c. Russia . Si aggiunga che, come ha segnalato condivisibilmente parte della dottrina, che, mentre per la Corte EDU la dedotta violazione del criterio del normale movimento comporta l'inversione dell'onere della prova ai fini dell'accertamento dell'illecito convenzionale, le Sezioni Unite hanno stabilito che il giudice non potrà autonomamente tener conto del criterio qualitativo ai fini di cui all' art. 35-ter Ord. pen. , potendo egli verificare solo se la disposizione dei mobili all'interno della cella renda del tutto difficoltoso il normale movimento . Pertanto, ove la decisione delle Sezioni Unite fosse interpretata in conformità all'orientamento da cui il Collegio dissente, la valutazione del giudice ex art. 35-ter Ord. pen. , relativa allo spazio disponibile per il normale movimento dei detenuti all'interno della cella, verrebbe ricondotta a un calcolo meramente geometrico, nel quale nessuna considerazione verrebbe riservata, una volta detratta la superficie degli arredi fissi, alla considerazione da parte del giudice di merito degli arredi che, pur essendo per loro natura mobili, tuttavia, per il loro ingombro e/o il loro peso, siano suscettibili di limitare in modo rilevante la possibilità di normale movimento dei detenuti. Quindi, nei molto numerosi casi relativi al computo dei letti singoli - arredo rinvenibile con elevata frequenza nelle camere detentive - il dictum delle Sezioni Unite si rivelerebbe meno favorevole per il detenuto rispetto alla regula iuris enunciata dalla Corte EDU, che al contrario impone in ogni caso l'accertamento che i detenuti abbiano la possibilità di muoversi normalmente nella cella ciò, con le conseguenti, evidenti problematiche di tenuta convenzionale della soluzione adottata a livello nazionale. 10. E' significativo, altresì, considerare, con primario riferimento alla sfera del diritto dell'Unione Europea, le indicazioni contenute nella Raccomandazione UE 2023/681 della Commissione dell'8 dicembre 2022, sui diritti procedurali di indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione. Rileva, fra l'altro, osservare che, al considerando n. 5, si sottolinea che la Corte di giustizia dell'Unione Europea ha riconosciuto, nella sentenza Aranyosi/Càldàraru e in sentenze successive, l'importanza delle condizioni di detenzione, nel contesto del riconoscimento reciproco e dell'applicazione della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio relativa al mandato d'arresto Europeo, e che anche la Corte Europea dei diritti dell'uomo si è pronunciata in merito all'impatto di condizioni di detenzione inadeguate sul funzionamento del mandato di arresto Europeo, per poi enumerare le norme minime relative alle condizioni materiali nei locali di detenzione ciò, non senza aver ricordato, al considerando n. 25, che, al fine di garantire norme adeguate in materia di detenzione, gli Stati membri dovrebbero assicurare a ciascun detenuto un minimo di spazio vitale individuale, conformemente alle raccomandazioni del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, e, soprattutto, al considerando n. 27, che i regimi di detenzione non dovrebbero limitare indebitamente la libertà di movimento dei detenuti all'interno della struttura di detenzione e il loro accesso all'esercizio fisico, agli spazi all'aperto, ad attività utili e all'interazione sociale, al fine di preservarne la salute psicofisica e favorirne il reinserimento sociale. Ne' può dirsi privo di significato che la stessa Raccomandazione, nell'indicare le norme minime relative alle condizioni materiali di detenzione, afferma che gli Stati membri ‘dovrebbero assegnare a ciascun detenuto una superficie minima di almeno 6 mq nelle celle a occupazione singola e di 4 mq nelle celle collettive, nonché ribadisce che gli Stati membri dovrebbero garantire che lo spazio personale minimo assoluto a disposizione di ciascun detenuto, anche in una cella collettiva, sia pari ad almeno 3 mq di superficie per detenuto. Anche in tale più generale e distinta proiezione sovranazionale, dunque, è dato cogliere la primaria importanza che è da annettersi alla salvaguardia, nelle forme possibili, della libertà di movimento dei detenuti nella struttura detentiva. Non può non rilevarsi, in vero, la crescente attenzione che le istituzioni Europee riservano al rispetto di condizioni carcerarie minime sempre più esigenti, anche con riferimento agli standard relativi allo spazio di libero movimento. 11. Va infine rimarcato che il criterio di calcolo, che impone di detrarre la superficie occupata dai letti singoli dallo spazio disponibile nella cella, si pone in perfetta continuità tanto con la sentenza delle Sezioni Unite più volte citata, quanto con la parte degli orientamenti delle Sezioni penali Sez. 1, n. 12338 del 17/11/2016, dep. 2017, Agretti, non mass. Sez. F, n. 39207 del 2017, cit. Sez. 1, n. 52819 del 2016, cit. tutti puntualmente richiamati nella sentenza Commisso in contrasto con l'opposto indirizzo, pure emerso, che propendeva per la marcata differenziazione, ai fini che qui rilevano, del letto a castello dal letto singolo, perché considerava soltanto il primo come destinato alla sola funzione di riposo e, quindi, in nessuna misura funzionale alla libertà di movimento del recluso fra le altre, Sez. 1, n. 41211 del 26/05/2017, Gobbi, Rv. 271087 - 01 . E', quindi, da ribadire che l'arresto del superiore Consesso non ha carattere innovativo, sia perché è intervenuto a dirimere un esistente contrasto, sia perché, come in esso è espressamente affermato, dà applicazione nell'ordinamento interno alla giurisprudenza convenzionale consolidata rappresentata, tra le altre, dalla sentenza della Grande Camera, Muri c. Croazia, e dalla sentenza pilota della Corte EDU, Torreggiani c. Italia. In tal senso i principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite non introducono alcun elemento nuovo o imprevedibile nella indicazione dei presupposti per l'accertamento della violazione convenzionale, ma sono volti a confermare, chiarendone decisivamente la valenza, i principi già presenti in materia, in particolare di quello del discrimine rappresentato dalla facile amovibilità degli arredi. 12. La conclusione a cui occorre pervenire e', in definitiva, quella secondo cui, al fine di accertare lo spazio minimo disponibile per il detenuto nella camera detentiva, deve essere dal giudice del merito accertata e computata la superficie di quell'ambiente che assicuri il normale movimento della persona ivi ristretta, con conseguente necessità di detrazione, fra gli arredi che impediscono tale normale movimento, anche dell'area occupata dal letto singolo. 13. Alla stregua di questo punto di approdo, non può essere accolto il ricorso proposto dal Ministero della Giustizia. 13.1. La prima ragione di critica, infatti, è stata basata sulla tesi della computabilità nell'ambito dello spazio minimo vitale della superficie occupata dal letto singolo, qui disattesa ciò a fronte, peraltro, della motivata valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza che, nel provvedimento impugnato, ha spiegato come dalla superficie minima sia stata detratta anche quella occupata dal Ietto singolo, siccome tale arredo ha concretamente ingombrato lo spazio della camera detentiva destinato al libero movimento, corrispondentemente elidendone la fruizione, al di là dell'impiego del letto stesso per attività ulteriori rispetto al riposo. 13.2. Prima che infondata, si rivela aspecifica l'ulteriore censura, svolta dall'Amministrazione in via logicamente subordinata, circa la mancata verifica da parte dei giudici del merito dell'evenienza, nei periodi di detenzione considerata inumana e degradante, di fattori compensativi idonei a surrogare la rilevata carenza di superficie minima disponibile. In effetti, il Tribunale di sorveglianza, anche mediante il richiamo dell'analisi compiuta dal Magistrato di sorveglianza, ha valutato, con riferimento alle varie situazioni detentive determinatesi negli istituti di pena in cui S. è stato ristretto, se si fossero verificate le condizioni idonee a far emergere adeguati fattori compensativi della penosità determinata dalla carenza di spazio minimo vitale, ma ha concluso in modo costante in senso negativo in rapporto, fra l'altro, alle ore nelle quali il detenuto poteva trattenersi al di fuori della camera detentiva e all'offerta trattamentale di cui egli aveva potuto fruire . In definitiva, i giudici del merito hanno vagliato tali fattori ma li hanno ritenuti inadeguati a colmare il vulnus della carenza spaziale accertata. D'altro canto, anche sotto questo profilo, l'insegnamento desumibile dalla medesima pronuncia regolatrice in precedenza analizzata ha reso chiaro che in tema di rimedi risarcitori nei confronti di soggetti detenuti o internati, previsti dall' art. 35-ter Ord. pen. , i fattori compensativi, costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, se congiuntamente ricorrenti, possono permettere di superare la presunzione di violazione dell'art. 3 della CEDU derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati . Sez. U, n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Min. Giustizia c. Commisso, Rv. 280433 - 02 . Ebbene, il Ministero ricorrente non ha specificamente dedotto l'evenienza congiunta dei suddetti fattori compensativi, prospettati come non indagati e ciò conferma la genericità della censura. 13.3. Di conseguenza, per le ragioni man mano espresse, l'impugnazione dell'Amministrazione penitenziaria deve essere, nel suo complesso, rigettata, senza addebito di spese processuali a carico del Ministero Sez. U, n. 3775 del 21/12/2017, dep. 2018, Tuttolomondo, Rv. 271650 - 01 . 14. Il ricorso di S.S. va, invece, accolto per quanto di ragione. Con riferimento alla detenzione patita dal ricorrente nell'istituto penitenziario di Palermo Pagliarelli, la valutazione delle condizioni di detenzione della persona ristretta compiuta dal Tribunale di sorveglianza non corrisponde al periodo sostanzialmente dal 1996 al 2002 - in cui è perdurata la relativa restrizione. Il provvedimento impugnato ha affermato che la detenzione inumana è stata calcolata per un tempo circoscritto, pari a giorni 1009, senza alcuna altra spiegazione in relazione al diverso e più ampio periodo detentivo oggetto di domanda e di istruttoria. Pertanto, manca del tutto la motivazione sul cospicuo, restante periodo in cui S. è restato detenuto in quel carcere. La carenza assoluta di motivazione - avendo il giudice del merito omesso totalmente di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo della corrispondente regiudicanda, nel senso che esso, singolarmente considerato, se valutato, avrebbe potuto rivelarsi tale da poter determinare un esito opposto del giudizio - rifluisce nella violazione di legge. Il vizio - per tale ragione deducibile in questa sede in osservanza del limite stabilito dall'art. 35-bis, comma 4-bis, in relazione all' art. 35-ter, Ord. pen. - è stato, dunque, denunciato in modo fondato. Relativamente a tale profilo, l'ordinanza deve essere annullata con rinvio - in ordine alla valutazione del rispetto del parametro convenzionale di cui all'art. 3 CEDU richiamato dall' art. 35-ter Ord. pen. nel complessivo periodo detentivo trascorso da S. nella suddetta Casa circondariale - al competente Tribunale di sorveglianza che, sul tema specifico, dovrà fornire motivazione effettiva, sulla scorta degli elementi acquisiti nel corso della corrispondente istruttoria. P.Q.M. Rigetta il ricorso del Ministero della Giustizia. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla quantificazione della riduzione della pena detentiva in favore del ricorrente ai sensi dell'art. 35-ter O.P. e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di sorveglianza di Perugia.