Incarichi professionali “turbati”. Il Legislatore verso la riforma (della riforma) dell’abuso d’ufficio

In tema di abuso d’ufficio, anche a seguito della riformulazione dell'art. 323 c.p. ad opera dell'art. 23 d.l. n. 76/2020, convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120, la violazione di norme contenute nel regolamento approvato dal Consiglio di amministrazione di Adisu Puglia non può rilevare ai fini della integrazione del reato in quanto atto interno all'Adisu, privo di efficacia regolamentare e che lascia residuare margini di discrezionalità.

In applicazione di tale principio la Corte di cassazione, con la sentenza numero 28228 del 28 giugno 2023, ha rigettato un ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari avverso un'ordinanza emessa dal Tribunale di Bari. Il caso I fatti traggono origine da un'ordinanza impugnata con cui il Tribunale di Bari, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta da un imputato avverso il decreto di convalida di perquisizione e di sequestro emesso dal P.M. della Procura della Repubblica di Bari, ha annullato tale provvedimento, disponendo l'immediata restituzione delle cose sequestrate all'avente diritto, ove non sottoposte ad altro vincolo reale. L'imputato, in qualità di direttore generale dell'Adisu Puglia Agenzia per il diritto allo studio universitario della Regione Puglia nonché direttore amministrativo e docente di una Università Telematica, era stato sottoposto ad indagine per il delitto di cui agli artt. 81,110 e 323 c.p. e, in concorso con un avvocato, per i delitti di cui agli artt. 81, 110, 323, 640 numero 2, 483 c. p. per aver posto in essere, mediante condotte fraudolente e collusive , turbative di gara a mezzo della costituzione di commissioni esaminatrici per l'assegnazione di posti presso l'Adisu, con membri provenienti dall'Università, e di assegnazione di incarichi professionali in favore di soggetti appartenenti ad un partito e alla predetta università. Il Tribunale, nell'annullare il titolo cautelare per carenza del fumus commissi delicti, aveva rilevato che la formulazione vigente della fattispecie di abuso di ufficio postula la violazione di una specifica disposizione di legge o di atto avente forza di legge , nonché la carenza di margini di discrezionalità in capo al pubblico agente al momento dell'adozione dell'atto e che, nel caso di specie, questi estremi non sarebbero ravvisabili alla stregua delle risultanze probatorie acquisite. Le soluzioni giuridiche La sentenza della S.C. è di particolare interesse non solo perché rappresenta un po' la sintesi di un depotenziamento del reato di abuso d'ufficio, avvelenato dal Legislatore dell'emergenza pandemica da Covid -19 così rendendolo più disfunzionale, ma lo è pure perché ad interviene sul tema del reato ex art. 323 c.p. è una delle più autorevoli Sezioni Sesta della Corte di cassazione e ciò mentre si è in presenza di un d.d.l. Nordio che destando ogni sorta di preoccupazione su problemi ancora attuali e mai sopiti che avvolgono la fattispecie incriminatrice dell'abuso d'ufficio, come quello che attiene l'opportunità o meno di cancellare lo stesso reato, sta per arrivare in Parlamento con la procedura d'urgenza, come a sottolineato il Ministro della Giustizia. Il ricorso finalizzato all'annullamento dell'ordinanza s'incentrava su cinque motivi. Col terzo in particolare il P.M. censurava la violazione dell' art. 323 c. p. , in relazione all'art. 4 d.lgs. numero 50/2016, in quanto il Tribunale di Bari avrebbe erroneamente ritenuto che gli articoli del Regolamento approvato dal Consiglio di amministrazione di Adisu Puglia violati nel sottoscrivere la Convenzione per incarico professionale e di rappresentanza in giudizio in favore di un avvocato non fossero norme di rango primario. La Corte non condivide tale impostazione, tant'è che la soluzione cui è pervenuta, oltre a trovare un solido fondamento nel dato testuale depotenziato , rappresenta una sintesi delle interpretazioni giurisprudenziali . La S.C. ha ribadito, nell'occasione che in tema di abuso di ufficio, la modifica introdotta con l' art. 23 d.l. 16 luglio 2020, numero 76 , convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, numero 120 , ha ristretto l'ambito applicativo dell' art. 323 c. p. , determinando l' abolitio criminis delle condotte, antecedenti all'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme generali e astratte dalle quali non siano ricavabili regole di comportamento specifiche ed espresse , o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità, sicché deve escludersi che integri il reato la sola violazione dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all' art. 97, comma 3, Cost. . Osserva, inoltre la S.C. che nella specie il Tribunale del riesame ha, correttamente rilevato, come il regolamento dell'Adisu prevedesse un margine di discrezionalità nella scelta del conferimento dell'incarico al difensore e, dunque, come anche sotto tale profilo, si riveli inidoneo ad integrare il precetto penale di cui all' art. 323 c.p. De jure condendo Il reato di abuso d'ufficio continua pure nella XIX Legislatura ad essere percorso da quella eterna tensione tra istanze legalitarie , che spingono verso un controllo, atto a fungere da freno alla mala gestio della cosa pubblica, e l' esigenza di evitare un'ingerenza pervasiva del giudice penale sull'operato dei pubblici amministratori, lesiva della sfera di autonomia ad essi spettante sul reato di abuso ufficio v. A. M. Stile, Cupelli, Abuso d'ufficio, in Cassese a cura di , Dizionario di diritto pubblico, I, Giuffrè, 2006, 36 ss Gambardella, sub art. 323 c.p. in Codice Penale Rassegna di Giurisprudenza e Dottrina a cura di Lattanzi-Lupo, Giuffrè Francis Lefevre 2022, p.420 ss Gatta, Riforma dell'abuso d'ufficio note metodologiche per l'accertamento della parziale abolitio criminis, in Sistema penale web 2 dicembre 2020 Padovani, Vita, morte e miracoli dell'abuso d'ufficio , in Giur. pen . web 2020, numero 7-8 A.M. Stile – V. Mongillo a cura di , Politica criminale e riprogettazione del codice penale, Esi, Napoli, 2021 . In una prospettiva de jure condendo , non appare, forte l'esigenza di un tempestivo intervento del legislatore oramai divenuto schizofrenico” e contradditorio” di cancellare la fattispecie del reato di abuso d'ufficio ex art. 323 c.p , già parzialmente abrogato dal Legislatore dell'emergenza pandemica da COVID-19. E tuttavia, le critiche ripetutamente avanzate da più parti paiono dimostrare che la riforma del reato di abuso d'ufficio debba essere sempre in itinere , ed occuparsi di questo reato in senso vigorosamente modificatore. Tra le denunce più vivaci ed accorate che si sono sentite in questi ultimi tempi vi è quella della paura della firma ” l' art. 323 c.p. non riguarda solo i Sindaci e della abrogazione del reato di abuso d'ufficio motivata dal nuovo Legislatore sulla base di uno squilibrio tra le iscrizioni nel registro degli indagati e le effettive condanne Ma, il fatto che si pensi a riforme della fattispecie di abuso d'ufficio non dispensa in alcun modo una riforma, forse più urgente, dell'azione disciplinare e contabile-interna nella p.a. Il tema forse andrebbe visto in un più ampio quadro. Il vero problema si è correttamente sostenuto è la pubblica amministrazione, che dovrebbe essere in grado essa stessa di reagire al suo interno a quelle forme di abuso di potere, di preferenze indebite e di mal costume. Fidelbo, Abuso d'ufficio? Per come è adesso tanto valeva abolirlo , in Il Dubbio on line 26 febbraio 2021 . Quale che siano le ragioni di questa scarsa funzionalità della p.a. è difficile stabilirlo, ma che le sanzioni extrapenali non funzionano, pare sia un fatto. La sentenza ci offre al riguardo un esempio quanto mai significativo anche se non certo il solo, sulla opportunità o meno di cancellare il reato di abuso d'ufficio. Il reato ex art. 323 c.p. è un puntuale presidio penale sui comportamenti lesivi dei princìpi costituzionali di buon andamento e imparzialità della p.a. E' auspicabile che il reato di abuso d'ufficio non venga profondamente modificato o peggio abolito, si che meglio non si possano creare vuoti di tutela, o la riespansione di altre fattispecie incriminatrici o di più, possibili contrasti costituzionali ai sensi dell' art. 117 Cost. con la Convenzione di Merida sul contrasto alla corruzione, ratificata dall'Italia con la l. 116 del 2009 . L' abrogazione integrale della fattispecie rischia di trasformarsi in una scelta autoritaria, che privilegia e protegge la p.a. che con atti arbitrari prevarica i privati mediante un abuso di pubblici poteri Donini, Gli aspetti autoritari della mera cancellazione dell'abuso d'ufficio , in Sistema penale web, 23 giugno 202 3 . La responsabilità disciplinare dei pubblici amministratori e i controlli interni, contabili, amministrativi devono invece, diventare qualcosa di effettivo , di diverso, e non rimanere, come oggi il più delle volte, qualcosa di secondario rispetto al processo penale. Ed allora, è da condividere la posizione di un autorevole dottrina Fidelbo, Abuso , cit. che ha evidenziato come potrebbe essere utile ragionare su una proposta del prof. Antonio Pagliaro Pagliaro. Abuso d'ufficio e procedimento disciplinare, in Il Diritto penale tra norma e società in Scritti 1956- 2008, vol. IV, Giuffrè,2009, 283 ss ancora attuale e che mirava a rivitalizzare l'azione disciplinare, prevedere sanzioni disciplinari proporzionate alla gravità del fatto, o si aggiunga conferire all'ANAC più ampi poteri sanzionatori con riguardo a specifici ambiti, riformare il sistema dei controlli interni nella p.a. costruire un diverso rapporto con il procedimento penale al fine di evitare, ove possibile, l'applicazione della condanna penale. In questo modo, si potrebbe sperare in una riduzione dei procedimenti penali per abuso d'ufficio , ma anche si otterrebbe il risultato di infliggere sanzioni più proporzionate al fatto commesso Pagliaro Abuso , cit, Ma si può essere certi che non mancheranno, come è corretto che sia, tra gli annotatori del reato di abuso d'ufficio se non verrà cancellato coloro che sottoporranno ancora ad un accurato vaglio le sue varie proposizioni.

Presidente Aprile – Relatore D'Arcangelo Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Bari, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta da N.G., avverso il decreto di convalida di perquisizione e di sequestro emesso dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Bari, ha annullato tale provvedimento, disponendo l'immediata restituzione delle cose sequestrate all'avente diritto, ove non sottoposte ad altro vincolo reale. Il N., in qualità di direttore generale dell' omissis Agenzia per il diritto allo studio universitario della Regione omissis nonché direttore amministrativo e docente dell'Università Telematica omissis , è sottoposto ad indagine per il delitto di cui agli artt. 81,1.10 323 c.p. e, in concorso con l'avvocato F. F., per i delitti di cui agli artt. 81,110,323, art. 640 n. 2, art. 483 c.p. per aver posto in essere, mediante condotte fraudolente e collusive, turbative di gara a mezzo della costituzione di commissioni esaminatrici per l'assegnazione di posti presso l' omissis , con membri provenienti dall'Università omissis , e di assegnazione di incarichi professionali in favore di soggetti appartenenti al partito Sud Centro e alla predetta università. Il Tribunale, in particolare, nell'annullare il titolo cautelare per carenza del fumus commissi delicti, ha rilevato che la formulazione vigente della fattispecie di abuso di ufficio postula la violazione di una specifica disposizione di legge o di atto avente forza di legge , nonché la carenza di margini di discrezionalità in capo al pubblico agente al momento dell'adozione dell'atto e che, nel caso di specie, questi estremi non sarebbero ravvisabili alla stregua delle risultanze probatorie acquisite. 2. Il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l'annullamento, proponendo cinque motivi. 2.1. Con il primo motivo la parte ricorrente deduce la violazione dell' art. 323 c.p. , in relazione alla L. 19 giugno 2019, n. 56, art. 11, comma 3, in ordine al concorso d'esame vinto dalla candidata N. B. Z., in quanto sarebbe stato nominato presidente della commissione esaminatrice il Dott. D.L., ancorché non possedesse l'inquadramento nella qualifica dirigenziale richiesta essendo già pensionato dal 2006 . Il Tribunale sul punto aveva ritenuto che la violazione di legge, pur sussistente, non rilevasse, in quanto non era stata posta a fondamento del titolo cautelare reale, ma era solo stata dedotta nell'udienza del procedimento di riesame. Deduce, tuttavia, la parte ricorrente che tale violazione di legge era pur sempre indicata nell'informativa della Guardia di Finanza n. 155/11, pervenuta in data omissis , e, dunque, non poteva essere esclusa dalla valutazione degli elementi posti a fondamento della sussistenza del fumus commissi delicti. Il Tribunale del riesame avrebbe, infatti, potuto legittimamente confermare il provvedimento sulla base di elementi diversi e ulteriori rispetto a quelli indicati nella motivazione del provvedimento cautelare originario. 2.2. Con il secondo motivo la parte ricorrente deduce la violazione dell' art. 323 c.p. con riferimento al concorso n. 1 posto categoria D contabile , in quanto la candidata Z.N.B., avrebbe eseguito la prova preselettiva online in violazione del D.L. n. 18 del 2020, art. 87 comma 5, c.d. decreto Cura Italia , avente rango di norma primaria. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale, ritenendo insussistente tale violazione di legge, avrebbe esorbitato l'ambito della propria cognizione, accertando il merito della regiudicanda e non già solo il fumus relativo alla sussistenza del delitto contestato in sede cautelare reale. 2.3. Con il terzo motivo la parte ricorrente deduce la violazione dell' art. 323 c.p. , in relazione al D.Lgs. n. 18 aprile 2016, n. 50, art. 4, in quanto il Tribunale di Bari avrebbe erroneamente ritenuto che gli articoli del Regolamento approvato dal Consiglio di amministrazione di omissis violati nel sottoscrivere la Convenzione per incarico professionale e di rappresentanza in giudizio con l'avvocato F. non fossero norme di rango primario. Rileva il Pubblico Ministero ricorrente che il Tribunale aveva illegittimamente escluso che la violazione di tale disposizione potesse integrare il fumus del delitto di abuso d'ufficio, in quanto, nell'adozione della determina di affidamento dell'incarico professionale il N. avrebbe pur sempre dovuta rispettare i principi sanciti del D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 4 . Il Pubblico Ministero precisa, inoltre che la condotta di abuso di ufficio può essere integrato anche da una violazione di una norma regolamentare o, comunque, di fonte sublegislativa richiamata da una norma di legge e che, nella specie, la stessa sarebbe ravvisabile nel Regolamento per l'affidamento di incarichi legali a professionisti esterni all' omissis . 2.4. Con il quarto motivo la parte ricorrente deduce la violazione degli artt. 323 e 483 c.p. , dell'art. 76 D.P.R. n. 28 dicembre 2000, n. 445 e delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 16 aprile 2013, n. 62 , in relazione all'autodichiarazione resa in data 16 aprile 2020 dal N., in ordine all'insussistenza di conflitti di interesse nel conferimento dell'incarico professionale al F. 2.5. Con il quinto motivo la parte ricorrente deduce la violazione dell' art. 324 c.p.p. . Rileva il ricorrente che il Tribunale illegittimamente avrebbe escluso nella specie la rilevanza della violazione della L. n. 56 del 2019 , art. 11, comma 3, in quanto indicata dal Pubblico Ministero in udienza e non già all'atto dell'adozione del sequestro con questa argomentazione, tuttavia, il Tribunale si sarebbe sostituito al giudice di merito nell'apprezzamento del merito della regiudicanda, esorbitando dai poteri e dal sindacato proprio della materia cautelare reale. 3. Con memoria depositata in data 13 febbraio 2023 l'avvocato Siciliano Giuseppe, difensore di N.G., ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato. 2. Occorre premettere che le Sezioni unite della Corte di cassazione, nel precisare l'ambito del sindacato spettante al giudice in sede di riesame del sequestro probatorio, hanno sancito che il tribunale deve stabilire l'astratta configurabilità del reato ipotizzato. Tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente prendere atto della tesi accusatoria senza svolgere alcun'altra attività, ma determina soltanto l'impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete, perciò, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell'ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va, pertanto, compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro Sez. U. n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi, Rv. 206657 . La giurisprudenza di legittimità successiva ha chiarito che la verifica della sussistenza del fumus commissi delicti postula che il giudice eserciti un controllo effettivo, che, pur coerente con lo stato del procedimento e con lo stato delle indagini, non sia meramente formale o apparente, ma tenga conto di tutte le risultanze processuali e, quindi, sia gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, sia le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati ex plurimis Sez. 6, n. 33965 del 14/09/2021 , Pandolfo Sez. 3, n. 58008 del 11/10/2018 , Morabito, Rv. 274693 - 01 Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013 , Gabriele, Rv. 254893 - 01 Sez. 1, n. 21736 dell'11 maggio 2007 , Citarella, Rv. 236474-01 . 3. Con il primo motivo il Pubblico Ministero ricorrente deduce la violazione dell' art. 323 c.p. , in relazione alla L. n. 56 del 2019, art. 11, comma 3, in quanto il Dott. D.L. sarebbe stato nominato presidente della commissione esaminatrice del concorso d'esame sostenuto e vinto dalla candidata Z.N.B., ancorché non possedesse l'inquadramento nella qualifica dirigenziale richiesta. 4. Il motivo è inammissibile, in quanto aspecifico. Il Tribunale di Bari ha, infatti, rilevato non solo che tale elemento è emerso successivamente all'adozione del decreto di sequestro probatorio e, dunque, non è contemplato nella sua motivazione , ma anche che è fondato su alcune e-mail rinvenute nella casella di posta elettronica del N., delle quali, tuttavia, non sarebbe stato verificato il contenuto e l'attendibilità pag. 7 dell'ordinanza impugnata su questo secondo profilo, tuttavia, la parte ricorrente nulla deduce. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è, del resto, inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola delle rationes decidendi poste a fondamento della decisione, ove a fondamento della motivazione del provvedimento impugnato ne siano ravvisabili plurime, autonome ed autosufficienti Sez. 3, n. 30021 del 14/07/2011 , F., Rv. 250972, nella specie, l'ordinanza impugnata aveva motivato il permanere delle esigenze cautelari richiamando il pericolo di fuga ed il pericolo di reiterazione dei reati, quest'ultima non investita con il ricorso per cassazione Sez. 3, n. 30021 del 14/07/2011, F., Rv. 250972 Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017 , dep. 2018, Bimonte, Rv. 272448 - 01 . 5. Con il secondo motivo la parte ricorrente deduce la violazione dell' art. 323 c.p. , in quanto, con riferimento al concorso n. 1 posto categoria D contabile sarebbe stato violato dal D.L. n. 18 del 2020, art. 87, comma 5, c.d. decreto Cura Italia , avente rango di norma primaria. 6. Il motivo è, tuttavia, inammissibile, in quanto si risolve in una sollecitazione rivolta alla Corte di legittimità a pervenire ad una nuova valutazione di merito sul punto, anche in relazione alla ricostruzione, non consentita in questa sede, dell'esatta collocazione temporale delle prove di esame rispetto alla sospensione delle stesse, decretata in via di urgenza dal legislatore in ragione della diffusione della pandemia. 7. Con il terzo motivo la parte ricorrente deduce la violazione dell' art. 323 c.p. , in relazione al D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 4, in quanto il Tribunale di Bari avrebbe erroneamente ritenuto che gli articoli del Regolamento approvato dal Consiglio di amministrazione di omissis , violati nel sottoscrivere la Convenzione per incarico professionale e di rappresentanza in giudizio in favore dell'avvocato F. non fossero norme di rango primario. 8. Il motivo è infondato. Il D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 4, si limita ad affermare che L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica . La parte ricorrente deduce, dunque, la violazione di una norma di principio, caratterizzata da una chiara assenza di tassatività e, dunque, strutturalmente inidonea a costituire un precetto la cui violazione integra il reato di abuso di ufficio nella formulazione vigente. La giurisprudenza di legittimità ha, del resto, chiarito che, in tema di abuso di ufficio, la modifica introdotta con al D.L. 16 luglio 2020, n. 76, art. 23, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 , ha, infatti, ristretto l'ambito applicativo dell' art. 323 c.p. , determinando l'aboliti criminis delle condotte, antecedenti all'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme generali e astratte dalle quali non siano ricavabili regole di comportamento specifiche ed espresse, o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità, sicché deve escludersi che integri il reato la sola violazione dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all' art. 97 Cost. , comma 3, Sez. 6, n. 28402 del 10/06/2022 , Bobbio, Rv. 283359 - 01 . Il Regolamento approvato dal Consiglio di amministrazione di omissis non può, inoltre, integrare il precetto di cui all' art. 323 c.p. , in quanto atto interno all' omissis e, dunque, privo di efficacia regolamentare. Il Tribunale del riesame ha, peraltro, correttamente rilevato, a pag. 10 dell'ordinanza impugnata, come il regolamento dell'Adisu prevedesse un margine di discrezionalità nella scelta del conferimento dell'incarico al difensore e, dunque, come anche sotto tale profilo, si riveli inidoneo ad integrare il precetto penale di cui all' art. 323 c.p. . 9. Con il quarto motivo la parte ricorrente deduce la violazione degli artt. 323 e 483 c.p. , del D.P.R. n. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 76 e delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 62 del 2013 , in relazione all'autodichiarazione relativa all'insussistenza di conflitti di interesse resa in data 16 aprile 2020. 10. Il motivo è, tuttavia, aspecifico, in quanto non si confronta con il complesso della motivazione del provvedimento impugnato, nella quale il Tribunale di Bari ha rilevato come la frequentazione meramente professionale tra il N. e il F. non fosse idonea ad integrare la causa di incompatibilità relativa al conflitto di interessi previsto nel regolamento predetto. 11. Con il quinto motivo la parte ricorrente deduce la violazione dell' art. 324 c.p.p. , in quanto il Tribunale avrebbe illegittimamente escluso la rilevanza della violazione della L. n. 56 del 2019 , art. 11, comma 3, indicata in udienza e non già all'atto dell'adozione del sequestro. Ad avviso del Pubblico Ministero ricorrente, infatti, il Tribunale del riesame ha pur sempre il potere di confermare il decreto di sequestro probatorio adottato dal pubblico ministero sulla base di motivi differenti da quelli indicati ovvero per ragioni diverse da quelle enunciate nell'atto impugnato. 12. Il motivo è infondato. Non sussiste, infatti, alcuna violazione di legge sul punto, in quanto il sindacato del Tribunale del riesame sulla motivazione del decreto di sequestro probatorio non consente al Tribunale del riesame di integrare l'imputazione, che rimane pur sempre di esclusiva competenza del pubblico ministero. Nel caso di specie, la violazione di legge invocata dal Pubblico Ministero ricorrente attiene, infatti, al piano della descrizione dell'imputazione e non già a quello del sindacato sulla motivazione dell'atto impugnato. 13. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.