La sospensione feriale nei giudizi di equa riparazione

La sola facoltà di far ricorso alla mediazione, che è semplicemente un’opzione alternativa al giudizio per l’equa riparazione del danno per l’eccessiva durata del processo, nonché una mera possibilità di ottenere l’indennizzo, nel solo caso in cui le parti raggiungono un accordo, non pone in discussione l’applicabilità della sospensione feriale dei termini anche a questa tipologia di procedimenti […].

[…] Né tantomeno la sospensione feriale è incompatibile con la natura semplificata dei detti procedimenti, atteso che essa trova applicazione anche nei procedimenti monitori, nonché in altri giudizi per i quali risultano preponderanti le esigenze di celerità e snellezza del procedimento. Con sentenza n. 18569, depositata il 30 giugno 2023, la Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha affrontato due diverse questioni di carattere processuale, ma entrambe attinenti alla proposizione del giudizio di equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo. Il fatto La vicenda processuale scaturisce all'esito di un lungo procedimento, durato oltre nove anni, al termine del quale due soggetti erano stati dichiarati decaduti dalla potestà genitoriale sulle loro due figlie minorenni. I soggetti decaduti avevano proposto ricorso per ottenere l'indennizzo previsto dalla legge 89/2001 , per l'irragionevole durata del processo. La loro domanda era stata accolta dal giudice di primo grado, che aveva liquidato loro le somme scaturenti dal computo della durata complessiva, non solo del procedimento conclusosi con la pronuncia di decadenza dalla potestà genitoriale, ma anche dei due precedenti procedimenti promossi dal Pubblico ministero, che si erano conclusi con decreti provvisori che stabilivano la sottoposizione del nucleo familiare alla vigilanza del servizio sociale, giungendo così ad una durata complessiva superiore a diciassette anni . La decisione veniva impugnata dal Ministero della Giustizia e in secondo grado la sentenza, pur essendo parzialmente confermata, veniva rimodulata per quanto riguarda il calcolo dell'indennizzo, limitandolo al solo procedimento per la decadenza dalla potestà genitoriale, durato nove anni. Avverso tale decisione, gli appellati proponevano ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, mentre il Ministero resisteva e proponeva ricorso incidentale. La sospensione feriale dei termini vige anche in caso di mediazione facoltativa La prima questione trattata dalla Seconda Sezione riguarda l'applicabilità della sospensione feriale dei termini al termine decadenziale di sei mesi , che la legge n. 89/2001 prevede per la proposizione del ricorso per l'indennizzo del danno da irragionevole durata del processo. Il Ministero della Giustizia ha riproposto la propria tesi secondo la quale, dal momento che questa tipologia di azione rientra fra quelle per cui è prevista la possibilità di esperire il tentativo facoltativo, verrebbe meno il requisito previsto dalla legge n. 742/1969 , in materia di sospensione feriale, che prevede che quest'ultima opera solo quando l'azione in giudizio rappresenta, per il titolare del diritto, l'unico rimedio per farlo valere. La Suprema Corte, disattendendo la tesi ministeriale, chiarisce che la sola facoltà di far ricorso alla mediazione, che rappresenta semplicemente un'opzione alternativa al giudizio, nonché una mera possibilità di ottenere l'indennizzo, nel solo caso in cui le parti raggiungono un accordo, non pone in discussione l'applicabilità della sospensione feriale dei termini anche a questa tipologia di procedimenti . Né tantomeno, continua la Corte, la detta sospensione è incompatibile con la natura semplificata di tali procedimenti, atteso che essa trova applicazione anche nei procedimenti monitori, nonché in altri giudizi per i quali risultano preponderanti le esigenze di celerità e snellezza del procedimento. La natura dei provvedimenti de potestate Il secondo aspetto preso in considerazione dalla Corte, invece, attiene al computo della durata complessiva dei procedimenti e prende spunto dalla riflessione proposta dai giudici di secondo grado, che avevano escluso dal computo della durata complessiva del procedimento i due conclusi con decreti provvisori per la sottoposizione alla vigilanza dei servizi sociali, sul presupposto che questo tipo di provvedimento non è suscettibile di passaggio in giudicato e pertanto, ad esso non sarebbe applicabile la legge n. 89/2001 sull'equa riparazione del danno per eccessiva durata del processo. La Suprema Corte, pur condividendo, nel caso di specie, l'esclusione dei detti procedimenti dal computo ai fini dell'indennizzo, corregge l'interpretazione dei giudici del merito, precisando che i provvedimenti de potestate , che attengono alla compressione della titolarità della responsabilità genitoriale o alla sua decadenza, hanno tutti l'attitudine al giudicato rebus sic stantibus , poiché non revocabili, né modificabili, se non per sopravvenienza di fatti nuovi fra le tante, sentenze Cass. n. 19780/2018 e Cass. n. 1668/2020 .

Presidente Manna – Relatore Guida Fatti di causa 1. Con ricorso depositato in data 9/10/2019, Nabil M. e C.D. hanno chiesto alla Corte d'appello di Bologna la liquidazione dell'indennizzo ex art. 2, della L. 24 marzo 2001, n. 89 , per l'irragionevole durata del giudizio all'esito del quale sono stati dichiarati decaduti dalla potestà genitoriale sulle figlie minori. 2. Con decreto del 10/12/2019 emesso dal Consigliere designato, il quale ha stimato in diciassette anni e due mesi la durata del procedimento presupposto, è stato ingiunto al Ministero della giustizia il pagamento, a ciascun ricorrente, della somma di Euro 2.933,34, oltre accessori e spese processuali. 3. La Corte d'appello di Bologna, con decreto n. 1383 del 2020, in accoglimento dell'opposizione della parte pubblica, ha revocato il provvedimento del primo giudice e ha rideterminato la somma spettante a ciascun ricorrente, a titolo di equa riparazione, nella misura di Euro 800,00, oltre accessori, ha compensato, tra le parti, un terzo delle spese, ed ha condannato il Ministero della giustizia al pagamento dei restanti due terzi, quantificando il compenso in Euro 255,00. 4. Per il giudice distrettuale, il procedimento presupposto ha avuto inizio il 07/12/2009, data del deposito del ricorso del Pubblico ministero in seguito al quale il Tribunale per i minorenni, con decreto definitivo, confermato in sede di appello e di legittimità, ha dichiarato i ricorrenti decaduti dalla potestà genitoriale. Sicché lo stesso procedimento si è protratto per nove anni e due mesi, e dunque per nove anni ai fini della liquidazione dell'indennizzo, mentre non si deve considerare il periodo dal 07/08/2001 al 07/12/2009, nel corso del quale si sono svolti i procedimenti promossi dal Pubblico ministero ai sensi degli artt. 330 e seguenti, c.c. , all'esito dei quali il Tribunale per i minorenni ha disposto, con decreti provvisori del 13/01/2002 e del 25/02/2003, la vigilanza a cura del servizio sociale del nucleo familiare delle minori. E questo perché, ad avviso della Corte di Bologna, in adesione alla tesi ministeriale e alla giurisprudenza di legittimità, i procedimenti ex art. 330 e seguenti, c.c. , non si concludono con una pronuncia suscettibile di passare in giudicato, e non vanno quindi annoverati tra quelli contemplati dalla L. n. 89 del 2001 . 5. M.N., ammesso al patrocinio a spese dello Stato, e C.D. ricorrono, con due motivi, illustrati da memoria, per la cassazione del decreto della Corte d'appello di Bologna il Ministero della giustizia resiste con controricorso nel quale svolge ricorso incidentale, affidato a cinque motivi. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso principale, riguardante violazione e falsa applicazione dell' art. 2, della L. n. 89 del 2001 , si deduce che il processo della cui durata di discute è quello instaurato dal Pubblico ministero innanzi al Tribunale per i minorenni di Bologna in data 07/08/2001, deciso in primo grado con decreto del 25/06/2014, provvedimento divenuto definitivo in seguito al rigetto del reclamo da parte della Corte d'appello e alla pubblicazione dell'ordinanza di questa Corte n. 9100 del 2/04/2019 che ha respinto il ricorso delle parti private. Il procedimento è durato in tutto diciassette anni, sette mesi, e ventisei giorni. E infatti, al contrario di quanto afferma la Corte territoriale, non vi sono procedimenti instaurati ex art. 333, c.c. , e altri instaurati ex art. 330, c.c. , ma un unico procedimento ex art. 330, c.c. , iscritto al n. 830/01 del ruolo della volontaria giurisdizione. 2. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell' art. 91, c.p.c. , e dell'art. 2233, c.c., nonché della L. n. 247 del 2012 e del D.M. n. 55 del 2014, come modificato dal D.M. n. 37 del 2018, i ricorrenti censurano la statuizione della Corte d'appello in punto di spese del giudizio sia perché non è stato liquidato il compenso per la fase decisionale, sia per l'erronea individuazione dello scaglione di riferimento, che, in rapporto alla somma liquidata nella misura di Euro 1.600,00, non è quello - indicato nel provvedimento impugnato - fino a Euro 1.100,00, ma è quello da Euro 1.101,00 a Euro 5.200,00. 3. Con il primo motivo di ricorso incidentale, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell' art. 4, della L. n. 89 del 2001 , il Ministero della giustizia lamenta che sia stata erroneamente ritenuta applicabile la sospensione del termine per il periodo feriale, di cui alla L. n. 742 del 1969 , al termine decadenziale ex art. 4, della L. n. 89 del 2001 , senza considerare che detto termine non ha natura processuale, ma sostanziale. Dovendosi, pertanto, individuare il dies a quo per la proposizione del ricorso in data 02/04/2019 quando si è concluso il procedimento presupposto , il termine ultimo scadeva il 02/10/2019, sicché il ricorso in esame, proposto il 09/10/2019, sarebbe tardivo. 4. Con il secondo motivo, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4, della n. 89/2001, si assume che, venuto meno il carattere necessitato della domanda di equa riparazione in quanto si deve ammettere la possibilità del ricorso al procedimento di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010 , non è applicabile la sospensione nel periodo feriale del termine decadenziale per proporre la domanda di equo indennizzo, in ragione del fatto che, ad avviso della giurisprudenza di legittimità, essa opera soltanto quando l'azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l'unico rimedio per fare valere il diritto stesso. 5. Con il terzo motivo, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4, della n. 89 del 2001, si assume che il mutato quadro normativo risultante dalla L. n. 69 del 2009 , che ha dimezzato i termini processuali, a cominciare dalla riduzione da un anno a sei mesi del termine lungo per l'impugnazione art. 327, c.p.c. , novellato , si riflette sull'àmbito applicativo della L. n. 742 del 1969 , dal cui campo di operatività dovrebbe ora essere escluso il termine decadenziale di sei mesi previsto per la domanda di equo indennizzo. 6. Con il quarto motivo, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4, della n. 89/2001, si prospetta che la nuova configurazione della domanda di equa riparazione come procedimento monitorio, caratterizzato da speditezza e urgenza, mal si concilia con la proroga dei termini che scaturisce dalla sospensione dei termini per il periodo feriale, a norma della L. n. 742 del 1969 . 7. Con il quinto motivo, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4, della n. 89 del 2001, si assume che, nella fattispecie, è possibile esperire la mediazione facoltativa , proponibile direttamente ad istanza della parte e senza assistenza legale, e si sollevano dubbi sull'applicabilità della sospensione dei termini per il periodo feriale, che sembra operare esclusivamente cfr. pag. 19 del controricorso con riguardo ai termini processuali per i quali si renda necessaria l'assistenza di un avvocato . 8. I motivi di ricorso incidentale - il cui esame congiunto è prioritario a quello del ricorso principale - non sono fondati. 9. È utile ricordare l'insegnamento nomofilattico Cass. n. 6999/2023 , in controversia analoga a questa, secondo cui il provvedimento impugnato ha deciso la questione in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, e l'esame dei motivi non offre elementi per intervenire su tale orientamento Cass., Sez. Un., 21 marzo 2017 n. 7155 , secondo il quale la sospensione feriale dei termini prevista dall' art. 1 L. n. 742 del 1969 si applica anche al termine di sei mesi previsto dall' art. 4 L. n. 89 del 2001 per la proposizione della domanda di equa riparazione, atteso che fra i termini di cui al citato art. 1 vanno ricompresi non solo quelli inerenti alle fasi successive all'introduzione del processo termini cosiddetti endoprocessuali , ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorché l'azione rappresenti, per il titolare del diritto, l'unico rimedio per fare valere il diritto stesso per tutte, Cass. 11 marzo 2009 n. 5895 , che richiama la giurisprudenza costituzionale sul tema . In tal senso si sono espresse anche le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 22.07.2013 n. 17781, che ha affermato che il termine di sei mesi di cui all' art. 4 L. n. 89 del 2001 , decorrente dal provvedimento che chiude la causa che ha violato la durata ragionevole del processo, oltre il quale l'azione di equa riparazione non è più proponibile, è termine stabilito a pena di decadenza artt. 2964 e ss. c.c. , e la natura processuale della decadenza comporta che il periodo di sei mesi deve computarsi tenendo conto della sospensione feriale, come accade per ogni altro termine analogo . 10. In passato si era delineato un orientamento sezionale ex aliis Cass. 20/10/2022, n. 31059 che, per un verso, aveva richiamato il principio secondo cui la sospensione dei termini nel periodo feriale, ai sensi dell' art. 1, della L. n. 742 del 1969 , si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla l. n. 89 del 2001, art. 4, per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo Cass. n. 5423/2016 Cass. n. 10595/2016 Cass. n. 26423/2016 per altro verso, aveva disatteso le obiezioni del Ministero sulla base di considerazioni che valgono anche nel presente giudizio. In particolare, a giudizio della Corte l e contrarie argomentazioni sviluppate in ricorso non possono essere in alcun modo condivise. La semplificazione del procedimento non osta all'operatività della l. 742/1969 , che trova pacifica applicazione anche ai procedimenti monitori e alla successiva fase di opposizione, oltre che ai giudizi nei quali appaiono particolarmente accentuate le esigenze di celerità e snellezza delle regole processuali, quale ad es. il procedimento sommario di cognizione. Nessun rilievo ha poi la possibilità di ottenere l'indennizzo in sede di mediazione, essendo tale opzione alternativa al giudizio, nell'ottica di una attenuazione del carico degli uffici giudiziari, in cui l'attribuzione dell'indennizzo costituisce esito non obbligato pur in presenza dei relativi presupposti, essendo rimesso all'incontro delle volontà delle parti secondo valutazioni di convenienza. La circostanza, poi, che l'esercizio dell'azione indennitaria nel termine di legge abbia assunto ancor di più carattere decadenziale, avendo il legislatore previsto che anche il rigetto per motivi di rito ne precluda la riproposizione, non costituisce argomento che depone a favore della natura sostanziale del termine, trattandosi di scelte discrezionali del legislatore, che non hanno alcuna attinenza con il profilo in discussione. Neppure la riduzione del termine lungo di impugnazione ex art. 327 c.p.c. o l'impossibilità di riproporre la domanda, se respinta anche per ragioni di rito, adducono argomenti in favore della tesi del Ministero detta sospensione opera anche per i termini delle impugnazioni ordinarie, che sono ugualmente improponibili se già dichiarate improcedibili o inammissibili artt. 358 e 387 c.p.c. . 11. Il primo motivo di ricorso principale non è fondato. 12. Il comma 1 dell'art. 4, della L. n. 89 del 2001, dispone che l a domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva . 13. La Corte di Bologna ha escluso che sussistano i presupposti per il riconoscimento dell'indennizzo in relazione ai procedimenti, promossi dal Pubblico ministero, ai sensi degli artt. 330 e seguenti, c.c. , all'esito dei quali il Tribunale per i minorenni, con decreti provvisori del 13/01/2002 e del 25/02/2003, ha disposto la vigilanza dei servizi sociali sul nucleo familiare dei ricorrenti del quale facevano parte due figlie minori. La preclusione starebbe in ciò, che, come ha eccepito il dicastero della giustizia, i menzionati decreti sono provvisori e urgenti, possono essere revocati in qualsiasi momento e non passano in giudicato. In altri termini, ad avviso della Corte d'appello, ai procedimenti ex artt. 330 e seguenti, c.c. , non si applica la normativa in tema di equa riparazione. 14. Il computo dei termini di durata del giudizio operato dalla Corte di Bologna è condivisibile, anche se per una ragiona diversa da quella indicata dal giudice di merito, il che rende necessaria la correzione della motivazione del decreto in esame. Questa Corte ha infatti affermato che i provvedimenti cosiddetti de potestate, che attengono alla compressione della titolarità della responsabilità genitoriale, ovvero i provvedimenti di decadenza limitativi di cui agli artt. 330 e 333 c.c. , hanno l'attitudine al giudicato rebus sic stantibus, in quanto non revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi, sicché il decreto della corte di appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica il predetto provvedimento, è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. , comma 7 Cass., 6 marzo 2018, n. 5256 Cass., 21 novembre 2016, n. 23633 Cass. 29 gennaio 2016, n. 1743 Cass. 6/02/2023, n. 3548 conf., Cass. 25/07/2018, n. 19780 Cass. 24/01/2020, n. 1668 . 15. Se è vero che i provvedimenti de potestate hanno attitudine al giudicato e che, nell'ipotesi in cui i relativi procedimenti superino la ragionevole durata, l'interessato può proporre domanda di equa riparazione, è altrettanto vero - e tale aspetto è stato colto dalla Corte territoriale - che, con riferimento al caso di specie, non si è in presenza di un unico procedimento, protrattosi per diciassette anni, ma di più procedimenti, compresi quelli conclusi con l'adozione di decreti provvisori con i quali il Tribunale per i minorenni ha ordinato la sorveglianza dei servizi sociali sul nucleo familiare. L'arco temporale di quei procedimenti, per i quali è maturato il termine di decadenza ex art. 4, L. n. 89 del 2001 , non deve essere computata ai fini del calcolo della ragionevole durata, ai sensi della L. n. 89 del 2001 , dell'ultimo procedimento, quello avviato con ricorso del Pubblico ministero depositato il 7/12/2009, che ha portato alla pronuncia di decadenza dei ricorrenti dalla potestà genitoriale, questo sì rilevante dal punto di vista della ragionevole durata del processo ex lege n. 89 del 2001. 16. Neppure si può evincere l'unicità del giudizio o, specularmente, negare la pluralità di procedimenti ciascuno dei quali con attitudine al giudicato rebus sic stantibus e suscettibile di esecuzione sulla base dell'elemento cartolare dell'iscrizione di ogni procedimento, relativo alle stesse parti, con un unico numero di ruolo degli affari di volontaria giurisdizione. 17. Il secondo motivo è fondato nei termini che seguono. 17.1. La Corte d'appello, in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, ha correttamente individuato lo scaglione di riferimento, fino a Euro 1.100,00, dato che ha liquidato a ciascun ricorrente, a titolo di equa riparazione, Euro 800,00, ma ha erroneamente omesso di considerare il compenso per la fase decisionale , che invece è dovuto. Pertanto, in base ai conseguenti calcoli, deve essere rivalutata e rideterminata con esattezza la misura dei compensi spettanti in riferimento alle singole voci riconoscibili per le prestazioni professionali compiute, ovvero alla fase di studio della controversia Euro 71,00 , alla fase di introduzione del giudizio Euro 71,00 , alla fase istruttoria/trattazione Euro 90,00 , e alla fase decisionale Euro 105,00 , per un totale di Euro 337,00. 18. In conclusione, accolto il secondo motivo di ricorso principale e rigettato il primo motivo, rigettato il ricorso incidentale, il decreto è cassato in relazione al secondo motivo di ricorso principale non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, comma 2, ultima parte, c.p.c., con la liquidazione del compenso professionale, per l'intero, nella misura di Euro 337,00, anziché in Euro 255,00, ferme le altre statuizioni del provvedimento impugnato. 19. Per la soccombenza reciproca, le spese del giudizio di cassazione debbono essere compensate, tra le parti, per la metà, con condanna del Ministero della giustizia al pagamento delle spese residue, liquidate in dispositivo. 20. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l' art. 13 comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Cass. 29/01/2016, n. 1778 . P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso principale, respinto il primo motivo e respinto il ricorso incidentale, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida in Euro 337,00, oltre alle spese generali e agli accessori di legge, le spese del giudizio di merito. Liquida le spese del giudizio di cassazione in Euro 500,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge, che compensa per metà e che pone, per la frazione residua, a carico del Ministero della giustizia.