Salvo l’imputato ai domiciliari che inveisce ed esce da casa per inseguire i Carabinieri

Protagonista della vicenda in esame è un imputato, sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, che non avrebbe aperto subito la porta ai Carabinieri in procinto di eseguire un controllo. Una volta palesatosi alla porta in pigiama e ciabatte dicendo di non aver udito il campanello, inveiva contro gli stessi inseguendoli anche per strada poiché gli preannunciavano di fare rapporto al magistrato di Sorveglianza.

L'accusato ricorre in Cassazione deducendo l'erronea applicazione dell' art. 385 c.p. in relazione all' elemento psicologico del reato di evasione , dopo esser uscito dalla propria abitazione per inseguire i Carabinieri, al fine di evitare una segnalazione al Tribunale di sorveglianza, che egli percepiva come ingiusta, non essendo, a suo parere, incorso in alcuna violazione. La doglianza è fondata. Il Collegio ha già avuto modo di evidenziare che non integra il delitto di evasione la condotta di chi , trovandosi in stato di detenzioni domiciliari, si allontani dalla propria abitazione per farsi trovare al di fuori di essa in attesa dei carabinieri , prontamente informati della sua intenzione di volere andare in carcere Cass. n. 44595/2015 . Inoltre, il dolo dell'art. cit. è generico e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato la condotta dell'agente Cass. n. 10425/2012 . Nel caso di specie appare del tutto insussistente un simile atteggiamento da parte dell'imputato dato che l'allontanamento dal suo appartamento non sottende alcuna intenzione di sottrarsi all'esecuzione della misura, e si è anche svolto sotto il controllo dei soggetti preposti alla vigilanza. Pertanto, per questi motivi, la S.C. annulla senza rinvio la pronuncia in oggetto perché i fatti non sussistono.

Presidente Costanzo – Relatore Riccio Ritenuto in fatto 1. T.P. ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Ancona, in data 5 luglio 2022, ne ha confermato la condanna alla pena di mesi otto di reclusione pronunciata, in esito a rito abbreviato, dal Tribunale di Macerata il 25 novembre 2019 per i reati di evasione nonché di resistenza - in motivazione riqualificato in quello di minaccia a pubblico ufficiale - riuniti nel vincolo della continuazione. Secondo la ricostruzione operata nelle conformi sentenze di merito, l'imputato, sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, non apriva subito la porta ai Carabinieri portatisi presso la sua abitazione per eseguire un controllo, salvo palesarsi poco dopo in pigiama e pantofole, assumendo di non avere udito il suono del campanello alla contestazione degli operanti, che preannunciavano di fare rapporto al Magistrato di sorveglianza, inveiva profferendo le espressioni vado dal Giudice e vi faccio vedere io voi non avete capito chi sono io, non sapete con chi avete a che fare , seguendoli in strada. 2. Il ricorso proposto dal difensore di fiducia, avv. Alessandro Verdicchio, deduce tre motivi, di seguito sintetizzati nei limiti in c ui è strettamente necessario ai fini della motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p. . 2.1 Con il primo, la difesa lamenta erronea applicazione dell' art. 385 c.p. ed illogicità motivazionale in relazione all'elemento psicologico del reato di evasione. È pacifico che T.P. si trovasse nella propria abitazione all'atto del controllo e che ne sia uscito solo per perorare le proprie ragioni, seguendo in strada i militari che gli contestavano di avere aperto la porta di casa con ritardo, al fine di evitare una segnalazione al Tribunale di sorveglianza che egli percepiva come ingiusta, non essendo, a suo avviso, incorso in alcuna violazione. Tale allontanamento dal luogo di restrizione, di pochi minuti e di pochi metri per lo più percorsi rimanendo all'interno degli spazi condominiali ed avvenuto alla costante presenza dei Carabinieri, non concretizza - si sostiene – li alcuna elusione del regime prescrittivo degli arresti domiciliari e non è sorretto dalla volontà di violare il titolo custodiale. Su tali doglianze benché ripetutamente formulate, le sentenze di primo e secondo grado sono silenti. 2.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce inosservanza di norma processuale, in relazione alla mancata applicazione, ex officio, della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. . La giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che, anche in assenza di richiesta di parte, sul giudice di merito grava l'obbligo di rilevare la particolare tenuità del fatto ove ne ricorrano i presupposti e, nella specie, i Giudici di merito disponevano di elementi sufficienti a tal fine, stante la minima consistenza, per durata e distanza, dell'allontanamento dal luogo di restrizione Sez. 6, n. 13219 del 26/03/2019 . 2.3. Con il terzo motivo, la difesa si duole della inosservanza o erronea applicazione dell' art. 337 c.p. e di illogicità della motivazione. Non ha contenuto di minaccia l'affermazione del T. di rivolgersi al giudice per chiedere tutela verso quello che aveva percepito come un abuso di potere da parte dei militari operanti, non avendo lo stesso prospettato loro alcun danno ingiusto tale non può essere considerato il promuovimento di un'azione giudiziaria, in quanto espressivo di un diritto anche costituzionalmente presidiato. Con le espressioni ora vi faccio vedere io, non sapete con chi avete a che fare egli si è infine limitato a prospettare eventuali conseguenze di natura giudiziaria che non possono avere avuto alcuna valenza costrittiva o i.ntimidatrice per gli interlocutori, tanto più che, in ragione delle loro specifiche competenze, questi potevano rendersi conto della infondatezza della pretesa che si intendeva far valere nei loro confronti. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per i motivi di seguito indicati. 2. Difetta, anzitutto, la tipicità oggettiva del reato di evasione. Come evidenziato dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, questa Corte ha già avuto modo di evidenziare che ‘non integra il delitto di evasione la condotta di chi, trovandosi in stato di detenzione domiciliare, si allontani dalla propria abitazione per farsi trovare al di fuori di essa in attesa dei carabinieri, prontamente informati della sua intenzione di volere andare in carcere Sez. 6, n. 44595 del 06/10/2015, Rv. 265451, che, in motivazione, ha escluso ogni offensività concreta, ex art. 49, comma 2, c.p. , nella condotta dell'imputato, mai sottrattosi alla possibilità di controllo da parte dell'autorità tenuta alla vigilanza . 3. Parimenti insussistente è l'elemento psicologico del reato di evasione ipotizzato dall'accusa. Il dolo del reato di cui all' art. 385 c.p.p. è difatti generico e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato la condotta dell'agente Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012, Ghouila, Rv. 252288 . Ciò posto, appare del tutto insussistente da parte di T. un simile atteggiamento della volontà, dal momento che l'allontanamento, di infima consistenza, dall'appartamento non sottende alcuna intenzione di sottrarsi alla esecuzione della misura e si è svolto nell'ambito della sfera di controllo dei soggetti preposti alla vigilanza. 4. Il motivo inerente al reato di minaccia - nel quale è stato riqualificato, solo in parte motiva, quello di resistenza - è parimenti fondato. Ritiene il Collegio che non possa assumere valenza intimidatrice e, dunque, idoneità a coartare la libertà del pubblico agente nello svolgimento del suo servizio - che va valutata esclusivamente su base oggettiva, in ragione, cioè, delle modalità e circostanze dell'azione - la preannunciata determinazione di adire il giudice. Si tratta di una prospettazione che non ha alcuna capacità costrittiva della libertà di determinazione e di azione dell'agente pubblico a cui venga rivolta pur quando la stessa sia palesemente infondata, e, anzi, tanto più allorquando sia tale e di ciò il destinatario sia consapevole perdendo essa, in tal caso, ogni connotazione ritorsiva, e dunque minacciosa, anche soltanto implicita od obliqua in questo senso, con riguardo alla prospettazione di adire il giudice civile, Sez. 6, n. 13156 del 4 marzo 2020 Sez. 6, n. 5300 del 12/01/2011, Moschella, Rv. 249475 In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso il reato di cui all' art. 336 c.p. nella presentazione di un atto di citazione in cui si ipotizzava una responsabilità professionale a carico di un consulente tecnico del P.M., in modo da determinare una situazione di apparente incompatibilità e condizionarne la testimonianza in dibattimento . Con riguardo alle ulteriori espressioni pronunciate all'indirizzo dei militari vi faccio vedere io voi non avete capito chi sono io, non sapete con chi avete a che fare , la giurisprudenza di legittimità ha condivisibilmente affermato che non integra il delitto di cui all' art. 336 c.p. la reazione genericamente minatoria del privato, mera espressione di sentimenti ostili non accompagnati dalla specifica prospettazione di un danno ingiusto, che sia sufficientemente concreta da risultare idonea a turbare il pubblico ufficiale nell'assolvimento dei suoi compiti istituzionali Sez. 6, n. 6164 del 10/01/2011, Rv. 249376 in cui la Corte ha ritenuto non integrare l'elemento materiale del reato l'utilizzo di espressioni del tipo ti sistemo io e se no te ne accorgi cosa succede . 5. Da quanto precede, discende l'annullamento della sentenza perché l'imputato va assolto per insussistenza dei fatti in addebito. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti non sussistono.