Video di Youtube incastra l'autista che abbandona l’autobus con passeggeri a bordo per inseguire il suo aggressore: licenziato

E’ legittimo il licenziamento disciplinare ex art. 18, comma 5, l. n. 300/1970 intimato all’autista che, lasciando l’autobus incustodito e abbandonando i passeggeri a bordo, va all’inseguimento del proprio aggressore ormai in fuga, tentando di scagliargli contro una spranga.

Il caso trae origine da un licenziamento disciplinare intimato da una nota azienda di trasporti al proprio dipendente responsabile, secondo la ricostruzione dei fatti, di una condotta grave e violenta , sfociata in un'aggressione ai danni di un terzo soggetto, che avrebbe seriamente minato il rapporto di fiducia tra le parti contrattuali, e compromesso il generale dovere di correttezza nello svolgimento delle mansioni . Lo svolgersi degli eventi posti alla base del licenziamento veniva ripreso da un video, poi condiviso sulla piattaforma Youtube , il cui contenuto veniva riportato nella lettera di addebito che la società inviava al lavoratore, previo licenziamento . Il video mostra un individuo che, dopo essersi fermato nell'area di una stazione di servizio, corre velocemente verso il margine della carreggiata e, al transito della vettura aziendale, la colpisce con un oggetto sul parabrezza provocandone la rottura. Successivamente, l'autobus cambia repentinamente direzione spostandosi verso il soggetto sopra menzionato questi cade in terra lungo la fiancata destra del mezzo e solo per un caso fortuito non viene schiacciato dalle ruote dell'autobus. L'individuo si rialza, recupera l'oggetto con cui aveva colpito il mezzo e lo scaglia verso il bus prima di dileguarsi. L'operatore di esercizio scende dal mezzo, rincorre l'individuo che si sta allontanando a bordo della vettura parcheggiata nell'area di servizio e gli lancia contro probabilmente lo stesso oggetto contundente scagliato contro il bus. L'autista impugnava il licenziamento , chiedendo al Giudice che lo stesso venisse dichiarato nullo con conseguente reintegra nel posto di lavoro. Le domande venivano accolte, con ulteriore condanna, per la società, al pagamento di un'indennità risarcitoria a favore del lavoratore commisurata all'ultima retribuzione, in misura comunque non superiore a 12 mensilità. Avverso tale pronuncia la convenuta proponeva appello. Assumeva la gravità della condotta dell'autista attestata dalla produzione del video incriminatorio postato su Youtube e mai contestato dal lavoratore e che il licenziamento disciplinare di cui all' art. 18 comma 5, l. n. 300/1970 fosse l'extrema ratio proporzionata all' illiceità della condotta del dipendente. Parimenti grave e contrario alle regole di buona condotta alla quale deve improntarsi l'attività del lavoratore è la circostanza – incontestata di aver abbandonato l'autobus con i passeggeri a bordo per raggiungere il suo antagonista . Le doglianze venivano interamente accolte dalla Corte territoriale e successivamente dal Giudice di Legittimità. Secondo il Collegio, la condotta del G. sia stata dettata da uno spirito di rivalsa per i torti subiti nel trascorso diverbio, o quantomeno da un eccesso di difesa in occasione della successiva aggressione, confermato anche dal comportamento tenuto dal ricorrente dopo la caduta a terra dell'antagonista, poiché il G. ferma il mezzo pubblico e, disinteressandosi dei passeggeri a bordo, cerca di raggiungere e fermare il suo aggressore, oltretutto ormai in via di fuga . Inoltre, il fatto di lasciare incustodito il mezzo aziendale per dedicarsi all'inseguimento, abbandonando i passeggeri a bordo di una vettura senza conducente, mostra una condotta violativa dei doveri di correttezza, cui deve essere improntata la prestazione del lavoratore In conclusione, la Corte rigetta il ricorso in quanto La sanzione del licenziamento è senza dubbio proporzionata alla condotta, considerata l'oggettiva matrice violenta del comportamento tenuto e l'alto grado di affidamento che l'azienda ripone nel corretto svolgimento delle mansioni da parte del dipendente incaricato di pubblico servizio .

Presidente Raimondi - Relatore Caso Fatti di causa 1. Con sentenza n. 5956/2019, il Tribunale di Roma, nell'accogliere l'opposizione dell'attore G.F. contro l'ordinanza del Tribunale della medesima sede, con la quale nella fase sommaria erano state respinte le sue richieste circa il licenziamento disciplinare irrogatogli dalla convenuta Omissis s.p.a., aveva dichiarato illegittimo tale licenziamento, condannando l' Omissis alla reintegra del G. nel posto di lavoro e al pagamento, in suo favore, di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal licenziamento alla reintegra, in misura comunque non superiore a 12 mensilità. 2. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d'appello di Roma, in accoglimento del reclamo proposto dall' Omissis s.p.a. avverso la sentenza di primo grado ed in riforma della stessa, rigettava la domanda proposta dal G. con il ricorso di primo grado e condannava lo stesso a rifondere all' Omissis le spese del doppio grado del giudizio, come distintamente liquidate per ogni grado. 3. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva che l'azienda datrice di lavoro aveva contestato al G., conducente dell'autobus della Omissis , di essersi reso responsabile, il giorno Omissis , di fatti disciplinarmente rilevanti, come risultava dalla visione di un video apparso sulla piattaforma Omissis e il cui contenuto veniva così descritto nella lettera di addebito il video mostra un individuo il quale, dopo essersi fermato nell'area di una stazione di servizio, corre velocemente verso il margine della carreggiata e, al transito della vettura aziendale, la colpisce con un oggetto sul parabrezza provocandone la rottura. Successivamente, l'autobus cambia repentinamente direzione spostandosi verso il soggetto sopra menzionato questi cade in terra lungo la fiancata destra del mezzo e solo per un caso fortuito non viene schiacciato dalle ruote dell'autobus L'individuo si rialza, recupera l'oggetto con cui aveva colpito il mezzo e lo scaglia verso il bus prima di dileguarsi. L'operatore di esercizio scende dal mezzo, rincorre l'individuo che si sta allontanando a bordo della vettura parcheggiata nell'area di servizio e gli lancia contro probabilmente lo stesso oggetto contundente scagliato contro il bus. 4. Quindi, dopo aver dato conto di come si erano espressi, rispettivamente, il giudice della fase sommaria e quello dell'opposizione, nonché dei motivi di reclamo formulati dall' Omissis rispetto alla decisione adottata da quest'ultimo in sentenza, la Corte distrettuale riteneva fondate le doglianze mosse nell'atto di reclamo circa la configurabilità della condotta contestata, procedendo anzitutto ad una completa rilettura in fatto dell'episodio oggetto di addebito e quindi alla sua valutazione. Concludeva, perciò, che la sanzione del licenziamento è senza dubbio proporzionata alla condotta, considerata l'oggettiva matrice violenta del comportamento tenuto e l'alto grado di affidamento che l'azienda ripone nel corretto svolgimento delle mansioni da parte del dipendente incaricato di pubblico servizio. 5. Avverso tale decisione G.F. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 6. Ha resistito l'intimata con controricorso. 7. Il P.G., con nota scritta, ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso. 8. Le parti private hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2119 e 2106 c.comma anche in relazione al Regio Decreto 148 dell'8.01.1931, art. 45, punto 6, anche in relazione agli artt. 112,115 e 116 c.p.comma art. 360, comma 1, n. 3, c.p.comma per avere il Giudice del gravame, nell'esaminare i fatti sia pure nell'autonomia di giudizio allo stesso spettante , pur dati per non contestati, attesi i limiti propri del giudizio di legittimità, fatto non corretta applicazione delle norme poste a base del recesso primariamente nella valutazione del comportamento del G. tale da non consentire la continuazione, neanche provvisoria, del rapporto art. 2119 c.comma e, quindi, della nozione di giusta causa attestata, illegittimamente, sulla volontarietà violenta della condotta per opporsi all'aggressione subita per rendere proporzionata la massima sanzione inflitta . 2. Con il secondo motivo il lavoratore denuncia Violazione e/o falsa applicazione della L. 300-70, art. 18, comma 4 e 5, nel testo risultante a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 92 del 2012 e smi con riferimento al concetto di insussistenza del fatto contestato e delle altre ipotesi di insussistenza della giusta causa e/o del giustificato motivo soggettivo anche in relazione agli artt. 112,115 e 116 c.p.comma art. 360, comma 1, n. 3, c.p.comma . 3. I due motivi di ricorso, essendo all'evidenza connessi, possono essere congiuntamente esaminati. 3.1. Entrambi i motivi presentano evidenti profili d'inammissibilità nella parte in cui fanno riferimento in rubrica anche agli artt. 112,115 e 116 c.p.comma . 3.2. Più nello specifico, nell'esposizione di entrambe le censure non è mai chiarito in quale chiave sarebbe stato violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all' art. 112 c.p.comma . Analogamente, rispetto alla pur dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.comma , nello svolgimento dei motivi mai viene illustrata l'offesa alle relative previsioni. 4. Per il resto, ambedue le censure sono infondate. 4.1. In particolare, nello sviluppo del primo motivo il ricorrente mostra di non porre in discussione la ricostruzione fattuale dell'episodio oggetto di contestazione disciplinare, come operata dalla Corte territoriale cfr. pag. 15, nel punto in cui si danno per non contestati dal ricorrente i fatti come accertati dalla stessa Corte . In realtà, il ricorrente, pur richiamando in tema di giusta causa principi corrispondenti ai precedenti di questa Corte cfr. pagg. 21-22 del ricorso , nel sostenere che la Corte d'appello avrebbe erroneamente applicato appunto il concetto di giusta causa al caso concreto, muove in un primo momento da una propria esposizione della condotta a lui contestata cfr. pagg. 16-18 del ricorso . Di seguito, passa a considerare quella che indica come L'analisi in motivazione della Corte d'appello cfr. pagg. 18-21 del ricorso . 4.2. Osserva, però, il Collegio che l'impugnante considera molto parzialmente la puntuale e meticolosa analisi dell'occorso effettivamente compiuta dalla Corte di merito, e senza tener conto proprio dei passi salienti della stessa analisi. Invero, la Corte d'appello, dopo aver dato conto del c.d. antefatto del diverbio intervenuto tra il ricorrente ed il suo antagonista, che era inizialmente alla guida di una Omissis , non si è limitata ad indicare, per così dire, il comportamento alternativo lecito ed anzi doveroso che il lavoratore avrebbe potuto e dovuto tenere a fronte del pericolo di agguato che proveniva dal conducente dell'auto. Essa ha, infatti, considerato che il filmato in atti mostra chiaramente che l'autobus, quando l'uomo era in piedi a bordo carreggiata, vira repentinamente verso di lui e che tale manovra non è conseguente all'aggressione, ma la precede di qualche istante, sovrapponendosi poi alla rottura del parabrezza da parte dell'aggressore, che a sua volta, venuto a contatto con la vettura, carambola su se stesso e finisce a terra, in una rapidissima successione di eventi . Indi, la stessa Corte ha diffusamente spiegato perché quello che ha definito brusco cambiamento di traiettoria dell'autobus condotto dal G. non potesse essere dipeso da buche sull'asfalto oppure dal turbamento conseguente al primo episodio, come sostenuto dal ricorrente cfr. facciate 6-7 della sua sentenza . Esclusa, ancora, la fondatezza della versione di fatti sostenuta dal ricorrente in sede di giustificazioni nella procedura disciplinare, i giudici di secondo grado hanno osservato Che la condotta del G. sia stata dettata da uno spirito di rivalsa per i torti subiti nel trascorso diverbio, o quantomeno da un eccesso di difesa in occasione della successiva aggressione, è confermato anche dal comportamento tenuto dal ricorrente dopo la caduta a terra dell'antagonista, poiché il G. ferma il mezzo pubblico e, disinteressandosi dei passeggeri a bordo, cerca di raggiungere e fermare il suo aggressore, oltretutto ormai in via di fuga . E nota questo Collegio che la Corte territoriale, nel concedere in via alternativa che il G., in questa seconda parte dell'episodio, potesse versare in un eccesso di difesa , non solo non ha ipotizzato una vera e propria legittima difesa, magari putativa, ma nemmeno ha prospettato quello che sul terreno penalistico è denominato eccesso colposo di legittima difesa . Non ha, quindi, ammesso alcuna nota di legittimità in tale azione del lavoratore, distinta ed ulteriore rispetto al precedente brusco cambiamento di traiettoria dell'autobus da lui guidato in direzione dell'antagonista cui pure ha attribuito valenza di condotta da lui voluta . Ha, anzi, posto in luce che l'antagonista era ormai in via di fuga . Secondo la ricostruzione della Corte territoriale, perciò, non si era in presenza di fattispecie in cui si dovesse stabilire se il G., piuttosto che reagire, disponesse o meno di quello che suole chiamarsi, in ambito penalistico, commodus discessus, ma all'opposto egli era l'inseguitore di una persona già in fuga all'indirizzo della quale poi tentò di scagliare una spranga abbandonata sull'asfalto. Ha, infatti, ritenuto Le immagini smentiscono, in questa seconda sequenza video, che il G. abbia cercato l'aiuto di terze persone, pur presenti presso il distributore al contrario il G. si pone personalmente all'inseguimento dell'uomo e tenta di scagliargli contro la spranga abbandonata sull'asfalto, nonostante l'uomo si stia già allontanando a bordo dell'auto, peraltro parcheggiata a diversi metri di distanza . Ed è solo all'esito degli accertamenti e delle valutazioni sin qui solo riassunti che la Corte ha considerato Anche il fatto di lasciare incustodito il mezzo aziendale per dedicarsi all'inseguimento, abbandonando i passeggeri a bordo di una vettura senza conducente, mostra una condotta violativa dei doveri di correttezza, cui deve essere improntata la prestazione del lavoratore , ed ancora che il G. non ha posto in atto tutte le manovre prescritte dal manuale in caso di aggressione, cfr. in extenso facciate 8 e 9 dell'impugnata sentenza . 5. E' di tutta evidenza, allora, che la valutazione giuridica del caso, compiuta dai giudici di secondo grado dopo detto apprezzamento probatorio dell'episodio, contrariamente a quanto assume il ricorrente, non può ritenersi avulsa dal contesto in cui la complessiva condotta è stata posta in essere e fuori dagli standard valutativi della realtà sociale attuale. 6. In disparte i profili d'inammissibilità già illustrati, anche il secondo motivo è privo di fondamento. 6.1. Tale censura, da un primo punto di vista, prospetta un errore di sussunzione del caso, perché sarebbe evidente che il fatto sussista, ma non avendo i connotati dell'illiceità quanto piuttosto della legittima difesa, essendosi trattato di una reazione difensiva proporzionata alla gravità dell'offesa, il licenziamento è illegittimo per insussistenza del fatto contestato ai sensi della l. 300-70 , art. 18,4 comma . In base, però, a quanto già ritenuto nel disattendere il primo motivo di ricorso, i puntuali accertamenti di fatto operati dalla Corte territoriale con apprezzamento incensurabile in questa sede portano ad escludere senz'altro che il G., in entrambe le fasi dell'episodio - quella della repentina sterzata verso l'antagonista, e quella del successivo inseguimento a piedi di quest'ultimo con il lancio al suo indirizzo della spranga presa da terra -, abbia agito per legittima difesa. S'e' già notato che la stessa Corte, in termini condivisibili sul piano giuridico, per quanto accertato, ha prospettato solo un eccesso di difesa , del quale non ha ritenuto la legittimità, né ha affermato il carattere colposo. Pertanto, ha incensurabilmente concluso che La sanzione del licenziamento è senza dubbio proporzionata alla condotta, considerata l'oggettiva matrice violenta del comportamento tenuto e l'alto grado di affidamento che l'azienda ripone nel corretto svolgimento delle mansioni da parte del dipendente incaricato di pubblico servizio . 7. Ne', come invece, ed in subordine, sostiene il ricorrente nel secondo motivo, la fattispecie potrebbe essere sussunta nelle altre ipotesi in cui il giudice accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo o della giusta causa , giusta la L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5. La Corte di merito, infatti, ha appurato la piena sussistenza dei fatti contestati anche sul piano della loro illiceità, in particolare mettendo in luce i doveri di correttezza e di comportamento, in caso di emergenza, nei confronti della datrice di lavoro cui era venuto meno il lavoratore. 8. Il ricorrente, pertanto, soccombente in questa sede, dev'essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.A.P . come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.