Maltrattamenti e abitualità: vale il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole

L'abitualità del reato non può condurre alla violazione del divieto di irretroattività sfavorevole. Nelle ipotesi in cui dopo l'entrata in vigore di una nuova legge peggiorativa si realizzi un segmento insignificante di abitualità”, i.e. un singolo episodio meramente illecito e penalmente neutro, è necessario rispettare il divieto di retroattività sfavorevole e, pertanto, è opportuno verificare se e in che limiti la condotta in concreto tenuta dal soggetto agente debba essere sottoposta alla più grave e sfavorevole disciplina introdotta dalla legge sopravvenuta.

Lo ha affermato la sesta Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28218, depositata in cancelleria il 28 giugno 2023. Il caso di specie Nel caso di specie, la Corte d'Appello di Perugia ha confermato la sentenza con cui l'imputato era stato dichiarato colpevole del reato di maltrattamenti in famiglia in danno della moglie. In precedenza, il Tribunale aveva assolto il medesimo imputato dal reato di lesioni personali volontarie, ritenendo l'episodio criminoso ricompreso nel fatto di maltrattamenti. I motivi di ricorso L'imputato ha articolato il ricorso in sei motivi, tra i quali, si ritiene opportuno evidenziare il sesto inerente alla individuazione del tempus commissi delicti e alla successione di leggi penali nel tempo. La Difesa ha infatti segnalato che una parte della condotta maltrattante sarebbe stata commessa dopo la modifica peggiorativa dell' art. 572 c.p. intervenuta con la legge 17 ottobre 2012, n. 172 . In particolare, la Corte non avrebbe affrontato la questione circa l' applicabilità della norma sfavorevole sopravvenuta alle condotte realizzate dopo la sua entrata in vigore. Parimenti non sarebbe stato chiarito se il reato in tali casi debba essere considerato unitario oppure scisso in due segmenti fattuali autonomi, ognuno sottoposto alla norma vigente in quel momento. La decisione della Corte di Cassazione l'inquadramento della questione La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato un unico motivo di ricorso, i.e. il sesto di cui sopra. Il tema individuato dalla Corte è quello dell'ipotesi in cui una condotta si protragga anche dopo l'entrata in vigore di una legge che modifichi in senso peggiorativo una fattispecie incriminatrice. Più precisamente, con riferimento al caso di specie, la questione è legata all'individuazione del tempus commissi delicti nei reati abituali , come quello di maltrattamenti in famiglia, al fine di determinare la legge applicabile in caso di successione di leggi modificative. La Corte ha precisato, e tale aspetto non è oggetto di contestazione, che il reato necessariamente abituale proprio può dirsi perfezionato quando si assiste al compimento di quell'atto che, unendosi ai precedenti è in grado di superare una determinata soglia di intensità di disvalore di azione e di evento , integrando quel minimum essenziale ai fini della realizzazione dell'offesa all'interesse giuridicamente protetto. In altri termini, nel reato abituale il tempo di commissione del delitto è individuato nel momento in cui si pone in essere l'ultimo atto che attribuisce, insieme agli episodi precedenti, la soglia di rilevanza penale. Il punto, come ha rilevato la Corte, è ricostruire la disciplina in relazione al caso in cui la consumazione del reato si protragga nel tempo. Può infatti accadere che, nel tempo in cui l'agente pone in essere la condotta, intervenga una legge introduttiva di un nuovo reato o una legge abrogatrice o ancora una legge meramente modificativa . Nel primo caso le condotte compiute prima della introduzione della nuova fattispecie non possono essere considerate cumulativamente con quelle poste in essere nella vigenza della nuova norma incriminatrice queste ultime, nel rispetto del principio di irretroattività, saranno punibili soltanto nel caso in cui siano da sole sufficienti a costituire la serie minima richiesta dal nuovo reato. Nella seconda ipotesi, ha osservato il Collegio, la nuova legge abrogatrice di un reato abituale avrà efficacia retroattiva in relazione ai comportamenti commessi prima della sua pubblicazione e disciplinerà invece quelli posti in essere successivamente alla sua entrata in vigore. L'ultima ipotesi prospettata si configura come obiettivamente intricata, secondo la Corte, proprio perché è necessario individuare la frazione di condotta rilevante ai fini del tempus commissi delicti. Il riferimento è in primis ai reati permanenti, come il sequestro di persona, per la cui sussistenza è richiesto il protrarsi costante nel tempo della condotta e dell'offesa al bene giuridico tutelato, ma anche, come nel caso di cui trattasi, ai reati abituali, per la cui sussistenza è necessaria la reiterazione nel tempo di condotte della stessa specie. L'orientamento maggioritario Secondo la ricostruzione della Corte, l'orientamento del tutto maggioritario in dottrina e in giurisprudenza ha affermato che, ai fini della soluzione della questione, occorre fare riferimento al momento in cui la condotta si esaurisce, cioè all' ultimo atto che protrae la situazione antigiuridica . La conclusione si basa i sull'assunto secondo cui il reato abituale è un reato unitario e dunque inscindibile, strutturalmente non frazionabile e ii sul presupposto che non vi sarebbe né una questione di successione di leggi penali né il rischio di violazione del principio di irretroattività a fronte dell'unitarietà del reato abituale, la legge sopravvenuta più severa sarebbe semplicemente la disposizione vigente alla data della consumazione. Critica all'orientamento maggioritario Nell'ottica della Suprema Corte, l'indirizzo ora esposto presenterebbe delle criticità. Infatti, la legge sopravvenuta sfavorevole troverebbe applicazione anche nel caso in cui, dopo la sua entrata in vigore, fosse compiuto un solo atto della serie abituale, anche non penalmente illecito di per sé. Il soggetto agente sarebbe quindi sottoposto alla nuova legge penale senza aver commesso, sotto la vigenza di quest'ultima, nessun atto di per sé penalmente rilevante. L'indirizzo dottrinale La Corte ha quindi richiamato un indirizzo dottrinale secondo cui al fine dell'individuazione del tempus commissi delicti , nei reati abituali, occorre fare riferimento al momento in cui la condotta assume carattere di tipicità, ossia appena inizia I'abitualità del reato in buona sostanza il tempus commissi delicti coinciderebbe con il primo atto ripetitivo che segni il perfezionamento del reato e l'inizio della consumazione . In tal senso, secondo l'impostazione in esame, la legge più sfavorevole sopravvenuta troverebbe applicazione soltanto in relazione al nuovo segmento di condotta”, cioè a quella nuova parte di reato commessa successivamente alla entrata in vigore della modifica normativa. Le Sezioni Unite del 2018 In tale articolato panorama, la Corte ha riportato il ragionamento delle Sezioni Unite che, con la sentenza n. 40986 del 19/07/2018, hanno affermato che in tema di successione di leggi penali, nel caso in cui l'evento del reato intervenga nella vigenza di una legge penale più sfavorevole rispetto a quella in vigore al momento in cui è stata posta in essere la condotta, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta . Nell'occasione le Sezioni Unite hanno anche chiarito come il tema della individuazione del tempus commissi delicti e quello della successione delle legge penale sono ancorati al criterio della condotta” e agli artt. 25, comma 2, e 27, commi 1 e 3, della Costituzione , e all'art. 7 CEDU l'obiettivo è quello di assicurare effettività ai principi di legalità, colpevolezza e finalità rieducativa della pena che si compendiano nella formula della calcolabilità delle conseguenze di carattere giuridico - penale delle proprie condotte. Come ha ricordato la Suprema Corte, nell'ultima parte della motivazione le Sezioni unite per esigenze di completezza hanno affrontato proprio il tema dell'avvicendamento di leggi penali con riferimento a reati caratterizzati dal protrarsi della condotta nel tempo. Ebbene, secondo le Sezioni Unite è proprio il perdurare della condotta sotto la vigenza della nuova legge penale ad assicurare la calcolabilità delle conseguenze della condotta stessa . Nel caso dei reati permanenti sarà la legge più sfavorevole vigente al momento della cessazione della permanenza a dover trovare applicazione, ferma restando la necessità che sotto la vigenza della legge più severa si siano realizzati tutti gli elementi del fatto-reato. Similmente, per i reati abituali occorrerà che l'ultima condotta tipica integrante il fatto di reato momento coincidente con la consumazione sia stata preceduta da altri comportamenti tipici ugualmente compiuti sotto la vigenza della nuova norma incriminatrice. Il segmento della condotta penalmente irrilevante Nell'ultima parte del suo ragionamento la Cassazione ha circoscritto il punto al caso in cui la condotta sia già pienamente sussumibile nella fattispecie incriminatrice prima dell'introduzione nell'ordinamento della legge più sfavorevole, ma che, tuttavia, rischi di essere sanzionata dalla norma penale sfavorevole sopravvenuta, in ragione del fatto che un solo atto maltrattante, anche se penalmente irrilevante, sia commesso sotto la vigenza della nuova legge, che, in tal modo, finirebbe di fatto per operare retroattivamente. Seguendo le coordinate ermeneutiche della sentenza delle Sezioni Unite sopra citate, infatti, la Corte ha ritenuto di dover esaminare la questione focalizzandosi in primis sulla ratio di garanzia del principio di irretroattività sfavorevole, che si esprime in un'istanza di preventiva valutabilità da parte dell'individuo delle conseguenze penali della propria condotta, e in secondo luogo sulle funzioni general-preventiva e rieducativa della pena . In tale ottica è opportuno scongiurare il rischio che l'agente sia sottoposto alla norma penale più sfavorevole per un reato sostanzialmente commesso prima dell'entrata in vigore della legge più severa. In conclusione, il Collegio ha osservato che la Corte d'Appello non ha preso considerazione i principi finora enucleati e, pertanto, dovrà verificare se e in che limiti la condotta in concreto tenuta dall'imputato, commessa in parte anche prima della entrata in vigore della legge n. 172/2012 , debba essere sottoposta alla più grave e sfavorevole disciplina da questa introdotta. La Suprema Corte ha dunque annullato la sentenza impugnata e ha rinviato per nuovo giudizio alla Corte d'Appello di Firenze.

Presidente Di Stefano – Relatore Silvestri Il testo integrale della sentenza sarà disponibile a breve.