Lesioni aggravate intrafamiliari e accertamento dell’inquinamento probatorio

La Corte d’Appello di Roma confermava la decisione del Tribunale di primo grado emessa nei confronti di un imputato, ritenuto responsabile del reato di lesioni aggravate dall’aver agito per futili motivi in danno alla moglie.

Secondo la difesa, una volta ricostruita la dinamica dell'accaduto, sarebbe stato l'accusato a difendersi da un' aggressione della moglie armata di coltello , e non viceversa. Inoltre, la persona offesa sarebbe inattendibile per aver tentato di scagionare il suo compagno per ragioni economiche-familiari, dovendo continuare a pagare il mutuo di abitazione dei due coniugi, garantito proprio dal lavoro del ricorrente. Il Collegio ricorda a riguardo che in tema di lesioni aggravate intrafamiliari , il riavvicinamento o la riappacificazione tra vittima e autore del reato, rilevati attraverso dati di contesto precisi, significativi ed obiettivi, possono costituire un elemento concreto” idoneo, ai sensi dell' art. 500, comma 4, c.p.p. , ad incidere sulla genuinità della deposizione testimoniale della persona offesa, la quale, ove non possa rimettere la querela, perché irrevocabile, potrebbe essere indotta a circoscrivere, limitare o revocare le dichiarazioni accusatorie in precedenza rese . Ne consegue che ai fini dell'accertamento dell'inquinamento probatorio – che legittima l'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni rese in precedenza dalla persona offesa-teste – la previsione di cui all' art. 500, comma 4, c.p.p. , richiede la sussistenza di elementi concreti per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a pressioni , tra i quali può ricomprendersi anche l'atteggiamento assunto dal teste prima della deposizione dibattimentale, qualora la prudente valutazione del giudice gli consenta di cogliervi i segni della subita pressione esterna sia a matrice utilitaristica che intimidatoria .

Presidente Catena – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Viene in esame la sentenza della Corte d'Appello di Roma, che ha confermato la decisione del Tribunale di Roma, emessa il 9.11.2020, con cui M.A.J.E. è stato ritenuto responsabile del reato di lesioni aggravate dall'aver agito per futili motivi ed in danno della moglie, così riqualificata l'iniziale contestazione di tentato omicidio, commesso nei confronti di C.C.N.S. , e lo ha condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle suddette aggravanti. La vittima - secondo la ricostruzione ritenuta credibile dai giudici di merito - è stata aggredita dall'imputato con un coltello, durante un litigio per motivi di gelosia, il omissis , con un fendente che, bloccato dalla donna con la mano sinistra, le ha provocato una lesione tendinea ed una profonda ferita, giudicate guaribili in venti giorni. 2. Avverso il provvedimento in esame ha proposto ricorso l'imputato, tramite il difensore, deducendo due motivi di censura. 2.1. Il primo argomento eccepito attiene alla configurabilità del delitto di lesioni aggravate nei confronti dell'imputato, in mancanza di gravi, precisi e concordanti indizi di colpevolezza. I vizi dedotti sono quelli di violazione di legge, in relazione, in particolare all' art. 192 ed all'art. 500, comma 4, c.p.p. , ma anche vizi di motivazione mancante e manifestamente illogica. La tesi difensiva valorizza il portato delle dichiarazioni dibattimentali rese dalla vittima, che ritiene sincere e non coartate dal condizionamento dell'imputato, come invece stabilito dal Tribunale, che ha acquisito ex art. 500, comma 4, c.p.p. le sommarie informazioni rese nel corso delle indagini preliminari, sul presupposto del condizionamento subito dalla testimone per ritrattare la versione dei fatti in dibattimento ed accusarsi di aver lei per prima preso un coltello, per difendersi nel corso del litigio dovuto alla sua gelosia nei confronti dell'imputato. La difesa sostiene che, nel corso del litigio familiare, provocato - quindi - dalla gelosia della vittima e degenerato perché costei si era armata di un coltello dopo che entrambi erano venuti alle mani, il ricorrente abbia solo tentato di sottrarre l'arma alla moglie, tanto che egli stesso ha riportato lesioni due ferite da arma da taglio sul palmo della mano sinistra e sul pollice destro, nonché graffi al collo e al petto in tale contesto la moglie si sarebbe ferita alla mano, e non per un'azione lesiva volontaria nei suoi confronti da parte del ricorrente. Il ricorso eccepisce che le ragioni di condizionamento ambientale familiare ed economico , con la necessità di un mutuo da pagare sulla casa comune, poste alla base dell'acquisizione ex art. 500, comma 4, del codice di rito dalla sentenza di primo grado e condivise da quella d'appello, non possono configurare i presupposti richiesti dalla richiamata disposizione processuale elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di danaro o altra utilità . Del resto, la giurisprudenza di legittimità nega che la mera sudditanza psicologica della teste nei confronti dell'imputato ovvero il suo timore, sorto spontaneamente, integrino gli estremi dell'inquinamento probatorio si cita la sentenza n. 36478 del 2011 . E la difesa rammenta come già nella dichiarazione redatta il 4.12 , e cioè due giorni dopo i fatti, la parte offesa abbia voluto chiarire il contenuto della sua denuncia precedente, per alcune inesattezze, manifestando la sua disponibilità a lasciare la casa coniugale per consentire al ricorrente di essere ivi sottoposto agli arresti domiciliari. A dar forza alla ricostruzione difensiva, vi sarebbe anche la testimonianza della figlia della coppia, all'epoca dei fatti assente dall'Italia e rientrata proprio per far fronte alla situazione dei genitori, testimonianza inspiegabilmente ed illogicamente non considerata dai giudici di merito ella ha dichiarato in dibattimento di aver saputo direttamente dalla madre della reale dinamica dell'accaduto e che il suo ferimento sarebbe avvenuto nel corso del tentativo di disarmarla, posto in essere dal padre durante il litigio per motivi di gelosia. La testimone ha anche riferito dello stato di shock in cui ha appreso si trovasse la madre quando è andata a denunciare i fatti dai Carabinieri, che hanno poi redatto le sommarie informazioni acquisite ex art. 500, comma 4, c.p.p. . Infine, sarebbe operazione congetturale desumere, come fa la Corte, dalla vicinanza della vittima con la famiglia dell'imputato che l'avrebbe solo saltuariamente ospitata quel condizionamento ambientale, familiare ed economico , utile a configurare uno degli elementi concreti richiesti dalla citata disposizione per acquisire le dichiarazioni della vittima rese nel corso delle indagini ed idoneo ad alterare la genuinità del contraddittorio. La difesa conclude, quindi, per la mancanza di dati dai quali desumere la colpevolezza ogni oltre ragionevole dubbio . 2.2. Il secondo motivo, sempre nell'alveo della ricostruzione alternativa dell'accaduto proposta dall'imputato con il primo argomento di ricorso, denuncia omessa motivazione, quanto alla richiesta difensiva di valutare la configurabilità di una scriminante, tra quelle della legittima difesa o dello stato di necessità. L'eccezione difensiva prosegue lamentando anche l'eccessività del trattamento sanzionatorio inflitto al ricorrente, non adeguatamente motivato, pur se attestato su elevati livelli dosimetrici di molto superiori alla media edittale delle lesioni semplici, applicabile tenuto conto del giudizio di equivalenza tra le aggravanti configurate e le circostanze attenuanti generiche concesse. Considerato in diritto 1. Il ricorso è complessivamente infondato, per le ragioni che si esporranno di seguito. Deve premettersi una breve ricostruzione della vicenda al centro del processo. La persona offesa, moglie-convivente dell'imputato all'epoca dei fatti, risulta dalle sue dichiarazioni acquisite ex art. 500, comma 4, c.p.p. , sulle quali si fondano le due sentenze di merito, oltre che su una serie di ulteriori elementi di prova, dei quali si dirà di qui a poco che sia stata da questi aggredita, il giorno del delitto, con schiaffi, calci, pugni e, quindi, con un coltello da cucina, da cui la donna si è difesa riportando una profonda ferita da taglio alla mano sinistra. La vittima, subito dopo l'aggressione, ha chiamato il 112 e, dalla registrazione della telefonata, acquisita ed utilizzata nel processo, risulta che ella ha affermato di essere stata appena picchiata e colpita in una maniera tremenda dal marito, che stava anche cercando di buttarla fuori di casa. Dalle deposizioni degli operanti di polizia giudiziaria, intervenuti a seguito della richiesta della persona offesa, è emerso che questi hanno trovato la persona offesa seduta all'ingresso dell'abitazione, nell'atto di tamponare una copiosa perdita di sangue dalla mano portata al Pronto Soccorso dai carabinieri, risulta documentalmente che la donna ha dichiarato di essere stata aggredita da una persona nota con un coltello dalla lama di 19 cm., che le aveva causato la ferita da taglio la mano sinistra e che è stato trovato dai militari sulla scena del crimine. Sin dal primo grado, l'iniziale contestazione di tentato omicidio è stata riqualificata nel delitto di lesioni aggravate dall'aver causato una malattia superiore ai 40 giorni dall'uso di un'arma dai futili motivi e dall'aver commesso il fatto nei confronti del coniuge . 2. Il primo motivo è inammissibile, poiché svolto secondo direttrici di censura in fatto e rivalutativo delle prove già adeguatamente esaminate dalla sentenza impugnata, ma soprattutto diffusamente generico, perché non si confronta con tutti i molteplici argomenti offerti dalla sentenza impugnata e da quella di primo grado per sostenere la non credibilità delle dichiarazioni rese in dibattimento dalla persona offesa e la sussistenza dei presupposti per acquisire le dichiarazioni cartolari rese in fase di indagine. Le ragioni difensive, apparentemente inscritte nel prisma della violazione dell' art. 500, comma 4, c.p.p. , in realtà si risolvono, anzitutto, e necessariamente, in una richiesta di rivalutazione in fatto di quanto i giudici di merito hanno, secondo una doppia pronuncia conforme, attentamente vagliato, all'esito dell'analisi di tutta la piattaforma di prova. Ed invece, come noto, nel giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità a meno che non si rivelino fattori di manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito cfr., tra le più recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482 . Ancora in via generale, con riferimento ai principi ermeneutici che sovrintendono all'applicazione pratica della regola di cui all' art. 500, comma 4, c.p.p. , si rammenta che il procedimento incidentale diretto ad accertare gli elementi concreti per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità al fine di non deporre o di deporre il falso, deve fondarsi su parametri di ragionevolezza e di persuasività, nel cui ambito può assumere rilievo qualunque elemento sintomatico dell'intimidazione subita dal teste, purché sia connotato da precisione, obiettività e significatività, secondo uno standard probatorio che non può essere rappresentato dal semplice sospetto, ma neppure da una prova al di là di ogni ragionevole dubbio , richiesta soltanto per il giudizio di condanna Sez. 6, n. 25254 del 24/1/2012, Alcaro, Rv. 252896 Sez. 6, n. 21699 del 19/2/2013, Bruzzese, Rv. 255661 quanto alle intimidazioni, cfr., anche, nello stesso senso, Sez. 2, n. 29393 del 22/4/2021, Antoniello, Rv. 281808 . In questa stessa linea interpretativa, si è dato valore anche a particolari, pregnanti dati di contesto intimidatorio o di pressione psicologica, idonei a determinare la volontà di ritrattare nel teste, già dichiarante-accusatore Sez. 3, n. 19155 del 15/4/2021, 0., Rv. 281879 ha dato rilievo, ad esempio, ai riti wodoo , veicolo di sottomissione psicologica, in un ambito di provato sfruttamento della prostituzione delle vittime facendo sempre attenzione a che il dato di contesto non assorba, nella motivazione, la derivazione esterna della pressione subita, dando rilievo anche a mere adesioni del foro interno a modelli omertosi e devianti cfr. Sez. 1, n. 9646 del 19/10/2016, dep. 2017, Marzano, Rv. 269272 . Ed anche l'atteggiamento del teste durante la deposizione ha assunto rilievo, a determinate condizioni cfr. Sez. 5, n. 16055 del 2/12/2011, dep. 2012, Piscopo, Rv. 252468 . 2.1. Ebbene, a guardare il primo dei due profili di verifica sin qui sintetizzati, la sentenza impugnata ha evidenziato i diversi, significativi elementi di prova attraverso i quali ha ricostruito la dinamica dell'accaduto, mostrando l'inverosimiglianza della tesi difensiva secondo cui, in estrema sintesi, sarebbe stato l'imputato a difendersi da un aggressione della moglie armata di coltello e non viceversa - ed anche la inattendibilità del racconto della vittima in dibattimento, che ha tentato di scagionare il suo compagno, per ragioni di complessivo interesse economico-familiare, essendovi necessità di continuare a pagare il mutuo della casa di abitazione dei due coniugi, garantito proprio dal lavoro del ricorrente. In particolare, allo scopo di dar forza a tale conclusione, si sono evidenziati alcuni dati fondamentali e certamente obiettivi a la chiamata effettuata dalla vittima al 112 per ottenere i soccorsi subito dopo l'aggressione la registrazione della denuncia e della richiesta di intervento è dal contenuto autoevidente nel senso di dar forza alla ricostruzione dei giudici di merito la vittima, infatti, riferisce di essere stata aggredita dal marito in una maniera tremenda b le dichiarazioni al triage ospedaliero refertate come un'aggressione subita da parte di persona nota , che il carabiniere che l'aveva accompagnata, sentito come testimone, ricorda verosimilmente pronunciate dalla stessa vittima e certamente anche la circostanza, sintomatica delle pressioni subite, relativa al fatto che, in dibattimento, costei ha tentato di ritrattare tali dichiarazioni, sostenendo di non aver riferito lei direttamente al triage le cause delle sue ferite c i risultati della perizia medica, che ha dato atto, da un lato, della dinamica reciproca delle azioni di aggressore e vittima, dedotta dalla tipologia e dalla sede fisica delle ferite riscontrate dall'altro, e molto significativamente, di come la vittima non abbia voluto sottoporsi alla visita medica di routine, funzionale alla miglior elaborazione peritale tale circostanza si muove del tutto logicamente, secondo i giudici d'appello, nell'ottica di voler nascondere la verità di quanto accaduto e inizialmente denunciato. Importantissima l'annotazione motivazionale riferita al fatto che, se fosse stata vera la versione dell'imputato, le ferite riportate dalla moglie avrebbero dovuto toccare la mano destra con cui avrebbe dovuto impugnare il coltello, non essendo mancina e non la mano sinistra, come invece verificatosi secondo la perizia disposta dal Tribunale a firma del Dott. O. . Il perito, pur affermando che le lesioni potrebbero essere compatibili con entrambe le dinamiche riferite dalla vittima del reato - sia nelle prime dichiarazioni cartolari acquisite ex art. 500, comma 4, c.p.p. che accusavano il marito , sia nelle diverse, successive dichiarazioni dibattimentali scagionanti - ha tuttavia chiarito, nel corso dell'esame, dando atto della complessa ricostruzione e della impossibilità di visitare nuovamente la vittima, che si è rifiutata di sottoporsi all'accertamento peritale , che la versione certamente più plausibile dell'accaduto era senza dubbio la prima, fornita dalla persona offesa in sede di denuncia-querela. Per questo, si sottolinea nella sentenza, seguendo il ragionamento peritale, la narrazione dibattimentale favorevole all'imputato, secondo cui sarebbe stata la vittima ad aggredire l'imputato con un coltello, lascerebbe molte più zone d'ombra e di dubbio sulla dinamica dell'aggressione tra tutte, quella relativa al fatto che la persona offesa non è mancina mentre, invece, le ferite e lesioni erano proprio sulla sua mano sinistra che si dovrebbe inspiegabilmente ritenere sia stata usata per impugnare il coltello . La Corte d'Appello ha superato anche le obiezioni riferite alla valenza favorevole alla difesa del ricorrente della testimonianza della figlia, spiegando le ragioni in base alle quali e ha ritenute ininfluenti, principalmente perché la donna, non presente ai fatti, riferiva al più di un racconto della madre già edulcorato. Si sono poi passate in rassegna l'inverosimiglianza delle dinamiche alternative possibili, fornite per giustificare le lesioni alla vittima, sulla base della versione edulcorata della dinamica dei fatti, da lei stessa fornita in dibattimento, oltre che dall'imputato vedi pag. 19 sentenza di primo grado . In conclusione, il Tribunale ha smontato la falsa dichiarazione della vittima in dibattimento, volta a scagionare il marito con una motivazione puntuale, sicuramente corrispondente alle sollecitazioni difensive, ed anzitutto evidenziandone le incoerenze gravi. 2.2. Più specificamente, poi, ai fini dell' art. 500, comma 4, c.p.p. , si è individuata l'utilità a prezzo della quale vi è stata ritrattazione la necessità che il nucleo familiare aveva pressante di pagare il mutuo sull'abitazione in cui viveva l'esigenza, quindi, che l'imputato potesse lavorare e contribuire a tal fine, desunta - dalla pacifica ammissione della vittima, nel senso che la libertà del ricorrente fosse propedeutica a reperire fonti di reddito funzionali a pagare il consistente mutuo - dai buoni rapporti con i familiari del marito, che l'hanno ospitata sin dai primi momenti seguiti ai fatti per i quali vi è processo - dalla mancata attivazione di richieste di separazione personale, anzi dall'attivismo mostrato dalla persona offesa per ottenere la remissione in libertà dell'imputato, al fine di consentirgli di riprendere a lavorare. In tal senso, la sentenza impugnata ha anche messo in luce, sullo sfondo, la circostanza che sia stato proprio l'imputato, nonostante l'accaduto, a continuare ad abitare nella casa coniugale, insieme alla figlia, rientrata dall'estero dopo la drammatica vicenda in cui sono stati coinvolti i genitori - dal deliberato mancato consenso della persona offesa a sottoporsi alla visita medica peritale una opposizione sintomatica del fatto che ella voleva impedire che si sedimentassero ulteriori elementi nel senso della reale dinamica di quanto accaduto utili a consolidare il quadro di prova a carico del marito-imputato la sentenza di primo grado lo sottolinea, peraltro - dall'evidente, macroscopica inverosimiglianza del suo narrato dibattimentale, necessariamente incentrato - per la combinazione con gli imprescindibili accertamenti medici - sull'implausibile versione di aver impugnato, per difendersi, il coltello con la mano sinistra l'unica mano ferita nella descritta colluttazione , piuttosto che con la mano destra, nonostante ella non sia mancina. Su queste basi, si è costruita la messa a punto finale, logica e coerente, degli indizi raccolti soprattutto il comportamento successivo all'aggressione, tenuto dalla vittima comportamento incompatibile con i contenuti della ritrattazione, favorevoli invece all'imputato anzitutto, il tenore ed i contenuti della telefonata al 112, registrata ed acquisita in atti quindi, le dichiarazioni al triage, documentalmente contenute nella certificazione medica del pronto soccorso ancora, il tempo decorso dall'aggressione alla vera e propria ritrattazione, pari a circa 6 mesi, senza che, in quel lungo periodo, la vittima abbia mai voluto effettivamente rimodellare le proprie precedenti dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari. 2.3. Gli approdi argomentativi e decisori della sentenza impugnata sono coerenti con i principi generali già richiamati in tema di applicabilità della regola acquisitiva e valutativa prevista dall' art. 500, comma 4, c.p.p. ma sono anche in linea con la più recente declinazione interpretativa che tale strumento processuale ha mostrato, nell'ambito specifico dei reati che si possono definire, in senso ampio, intrafamiliari o con movente o contesto sentimentale, nei quali possono essere ricomprese anche le lesioni, qualora intervengano in uno scenario come quello, nella specie, sottoposto all'esame del Collegio. Invero, in tema di lesioni aggravate intrafamiliari, il riavvicinamento o la riappacificazione tra vittima e autore del reato, rilevati attraverso dati di contesto precisi, significativi ed obiettivi, possono costituire un elemento concreto idoneo, ai sensi dell' art. 500, comma 4, c.p.p. , ad incidere sulla genuinità della deposizione testimoniale della persona offesa, la quale, ove non possa rimettere la querela, perché irrevocabile, potrebbe essere indotta a circoscrivere, limitare o revocare le dichiarazioni accusatorie in precedenza rese. In senso analogo, si sono espresse Sez. 5, n. 8895 del 18/5/2021, D., Rv. 280641 in una fattispecie di reato di atti persecutori in cui la Corte ha ritenuto legittima l'acquisizione e l'utilizzazione delle originarie dichiarazioni della persona offesa che, dopo aver denunciato le reiterate condotte di violenza e minaccia subite, per paura di future ulteriori ritorsioni aveva ritrattato e ridimensionato in dibattimento le accuse contro il suo persecutore , nonché Sez. 3, n. 27117 del 4/3/2015, N., Rv. 264032 e Sez. 3, n. 38109 del 3/10/2006 in tema di violenza sessuale . E il principio vale anche, ovviamente, là dove tale riavvicinamento emerga, come nel caso di specie, con connotazioni peculiari, riguardando non soltanto il rapporto autore del reato-vittima, ma anche l'intero contesto familiare di riferimento la figlia e i parenti dell'imputato, che - come si è già spiegato - hanno assunto il ruolo di garanti del ridimensionamento dell'accaduto . Inoltre, rivela la natura di elemento concreto , indicatore della pressione esterna subita dal testimone nel caso di specie, a matrice utilitaristica , anche l'atteggiamento stesso della persona offesa, assunto prima della testimonianza in dibattimento e nel corso delle indagini, con la ferma opposizione a sottoporsi alla visita peritale, a riprova della volontà di non voler collaborare a perseguire il marito, che pure aveva denunciato immediatamente dopo essere stata ferita nonché con l'adoperarsi affinché il marito-imputato potesse vedersi revocata la custodia cautelare al fine di poter riprendere a lavorare e contribuire al pagamento della rata del mutuo dell'abitazione familiare. E dunque può affermarsi che, ai fini dell'accertamento dell'inquinamento probatorio - che legittima l'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni rese in precedenza dalla persona offesa-teste - la previsione di cui all' art. 500, comma 4, c.p.p. richiede la sussistenza di elementi concreti per ritenere che il testimone sia stato sottoposto a pressioni, tra i quali può ricomprendersi anche l'atteggiamento assunto dal teste prima della deposizione dibattimentale, qualora la prudente valutazione del giudice gli consenta di cogliervi i segni della subita pressione esterna sia a matrice utilitaristica che intimidatoria . In conclusione, per rispondere nuovamente, come già fatto dalla Corte d'Appello, all'obiezione difensiva circa il fatto che la pressione sul teste derivante dall'utilità prospettata ma lo stesso discorso varrebbe per l'intimidazione - richiesta dall' art. 500, comma 4, c.p.p. per far scattare il meccanismo acquisitivo-sostitutivo delle sue dichiarazioni - non possa derivare da mere supposizioni sul contesto ambientale-familiare in cui sorge la ritrattazione, valga richiamare, accanto a quanto già poco sopra osservato, i molti elementi concreti , precisi, obiettivi e significativi, addotti dalla sentenza impugnata, riportati ai par. 2.1. e 2.2. Infine, come corollario della ricostruzione effettuata, è bene rammentare l'utilizzabilità della testimonianza non veritiera, resa in dibattimento dalla vittima che intenda salvare il suo aguzzino, per essersi a lui riavvicinata sentimentalmente o per interessi familiari in senso lato, anche ai fini delle valutazioni ex art. 500, comma 4, c.p.p. Sez. 6, n. 42224 del 16/9/2022, Pettinelli, Rv. 283967 conf. Sez. 6, n. 16661 del 29/05/1990, Penna, Rv. 186108-01 . 3. Il secondo motivo di censura è infondato. Per quanto la motivazione della sentenza d'appello sulla dosimetria sanzionatoria sia molto sintetica, tuttavia, essa si innesta sulla motivazione della decisione di primo grado, alimentandosi delle sue puntuali ragioni, che fanno leva sulla gravità della condotta, per modalità, conseguenze del danno inflitto alla vittima e movente futile, mancato soccorso alla persona offesa, costretta a chiamare ella stessa i soccorsi. Tali elementi hanno convinto i giudici a determinare la pena ragionevolmente in una fascia alta dell'editto sanzionatorio che stabilisce un delta da sei mesi a tre anni di reclusione . 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 4.1. Deve essere disposto, altresì, che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell' art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003 , in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell 'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 200 3 in quanto imposto dalla legge.