Il vincolo di affinità permane a seguito di divorzio? La parola alla Corte Costituzionale

Deve essere rimessa alla Consulta la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3 e 51 Cost., dell’art. 78, comma 3, c.c., implicitamente richiamato dall’art. 64, comma 4, T.U.E.L., nella parte in cui stabilisce che l’affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all’art. 87, n. 4 , così prevedendo che il vincolo di affinità permanga per il parente del coniuge divorziato, malgrado il rapporto di coniugio da cui tale vincolo è stato determinato sia oramai sciolto, e impedendo la partecipazione di quest’ultimo alla giunta municipale a seguito di designazione ad opera dell’ex coniuge di un parente.

La Prima Sezione Civile ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell' art. 78, comma 3, c.c. , in riferimento agli artt. 2, 3 e 51 Cost. Il caso La Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza impugnata, aveva ritenuto sussistente l'incompatibilità ex art. 64 T.U.E.L., conseguente al vincolo di affinità presente tra il vicesindaco nominato e il sindaco di un Comune campano, perché il primo, benché divorziato dalla sorella del secondo, era comunque suo affine in quanto il disposto letterale dell' art. 78 c.c. , ricostruisce il legame di affinità come un rapporto che si instaura a seguito di un matrimonio valido e non cessa con la fine del vincolo coniugale, ma solo nel caso in cui sia accertata l' invalidità dell'atto . Infondata, poi, perché mal posta, era stata ritenuta dalla Corte di merito la questione di costituzionalità dell' art. 78 c.c. , avanzata in rapporto agli artt. 2, 3 e 51 Cost. , in quanto l'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive non era direttamente inciso dalla norma tacciata di incostituzionalità, contenente la mera definizione del rapporto di affinità, quanto piuttosto dall' art. 64 T.U.E.L ., che la richiama senza porre alcuna eccezione. Da qui, quindi, il ricorso per Cassazione promosso dal vicesindaco nominato. Le norme coinvolte L' art. 64, comma 4, T.U.E.L . prevede che il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini entro il terzo grado, del sindaco o del presidente della giunta provinciale, non possono far parte della rispettiva giunta né essere nominati rappresentanti del comune e della provincia . La norma, nel precludere la nomina ai soggetti ivi indicati, non aggiunge alcuna ulteriore e specifica indicazione e dunque richiama, implicitamente, la disciplina generale prevista a questo proposito dall'Ordinamento. Di conseguenza, l'inclusione tra i soggetti non suscettibili di nomina degli affini funge da richiamo alle regole previste dall' art. 78 c.c. , il cui comma 3 stabilisce che l'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4 . Quest'ultima norma, quindi, volta a regolare la cessazione dei rapporti di affinità in conseguenza di eventi che incidono sul rapporto matrimoniale, non tiene in alcun conto la disciplina introdotta dalla l. n. 898/1970 , ma regola due diverse evenienze, la morte del coniuge da cui deriva l'affinità, prevedendo che il vincolo non cessi, e l' annullamento del matrimonio , stabilendo, invece, che in questo caso il vincolo cessi. I dubbi di costituzionalità Secondo il Collegio, il disposto dell' art. 64, comma 4, T.U.E.L ., così come integrato dall' art. 78, comma 3, c.c. , non sarebbe coerente con una serie di precetti costituzionali. Divorzio e annullamento costituiscono, infatti, allo stesso modo, un atto contrastante con la fonte del rapporto di affinità , per quanto uno il divorzio incida direttamente sul matrimonio rapporto, mentre l'altro l'annullamento colpisca il matrimonio negozio direttamente e il rapporto in via di ripercussione. Tuttavia, in caso di annullamento del matrimonio il venir meno del vincolo coniugale comporta la cessazione del rapporto di affinità e abilita l'oramai ex affine a ricoprire la carica pubblica risultando, invece, tale accesso precluso all'affine del divorziato, il cui vincolo permane, benché il rapporto coniugale da cui deriva sia parimenti venuto meno. Di conseguenza, situazioni analoghe rimarrebbero regolate in maniera ingiustificatamente dissimile, in violazione del principio di eguaglianza formale, nonché degli artt. 2 e 51 Cost.

Presidente Genovese – Relatore Pazzi Rilevato che 1. Il Consiglio comunale di Caposele, con deliberazione del 16 luglio 2019, rigettava la richiesta presentata da C.L. ed E.D. perché fosse revocata la nomina di S.A. alla carica di vicesindaco, giudicando la stessa come legittima e coerente con il disposto del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 64 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di seguito, per brevità, T.U.E.L . , benché lo S. fosse già stato sposato con M.A., sorella del sindaco, dalla quale aveva divorziato il Omissis . 2. Il Tribunale di Avellino, con ordinanza del 16 giugno 2020, respingeva il ricorso presentato C.L. ed Eliseo Damiano affinché fosse dichiarata l'incompatibilità di S.A. a far parte della giunta municipale del Comune di Caposele e, di conseguenza, a rivestire la carica di vicesindaco ed assessore del medesimo Comune, in ragione dell'esistenza di un vincolo di affinità con il sindaco. 3. La Corte d'appello di Napoli, a seguito dell'impugnazione presentata dai menzionati C. e D., riteneva, invece, che la chiara dizione letterale dell' art. 78 c.c. ricostruisse il legame di affinità come un rapporto che si instaura a seguito di un matrimonio valido e non cessa con la fine del vincolo coniugale, ma solo nel caso in cui sia accertata l'invalidità dell'atto. Osservava che il disposto della norma non era stato modificato né all'atto di introduzione della legge sul divorzio, né in seguito, a dimostrazione del fatto che il vincolo di affinità non viene meno a seguito della cessazione del matrimonio da cui è scaturito, tanto in caso di morte di uno dei coniugi, quanto nelle ipotesi di pronuncia di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, casi in cui lo scioglimento del rapporto di coniugio interviene ex nunc. Ravvisava, di conseguenza, l'incompatibilità denunciata ex art. 64 T.U.E.L ., conseguente al vincolo di affinità esistente tra il vicesindaco nominato, S.A., e M.L., sindaco del Comune, perché il primo, benché divorziato dalla sorella di M., era comunque suo affine alla luce del disposto letterale dell' art. 78 c.c. . Reputava, inoltre, che la questione di costituzionalità dell' art. 78 c.c. , proposta in rapporto agli artt. 2,3 e 51 Cost. , fosse manifestamente infondata perché mal posta, in quanto l'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive non era direttamente inciso dalla norma tacciata di incostituzionalità, contenente la mera definizione del rapporto di affinità, quanto piuttosto dall' art. 64 T.U.E.L ., che la richiama senza porre alcuna eccezione. Evidenziava, peraltro, che il diritto di elettorato attivo e passivo, valevole senza disuguaglianze fra i cittadini, ammette restrizioni in presenza di situazioni peculiari e per motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale, in un tendenziale bilanciamento fra tale diritto e le cause che possono motivatamente compromettere l'imparzialità dell'organo. 4. S.A. ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 1 febbraio 2022, prospettando due motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso C.L. ed E.D Gli intimati M.L. e Camune di Caposele non hanno svolto difese. La trattazione del ricorso, inizialmente fissata in adunanza camerale, è stata poi rinviata alla pubblica udienza, in ragione del rilievo nomofilattico delle questioni da esaminare. Il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto Dott. Anna Maria Soldi, ha depositato conclusioni scritte, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8-bis, sollecitando il rigetto del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. considerato che 5.1 Il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica violazione dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. in relazione all' art. 78 c.c. e al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 64 - violazione e falsa applicazione degli artt. 78 c.c. , 64 T.U.E.L. e art. 12 preleggi - Cessazione dell'affinità con la pronuncia di divorzio , sostiene che l' art. 78 c.c. non esclude affatto che il vincolo di affinità cessi con la pronuncia di divorzio, limitandosi semplicemente a chiarire che esso non cessa con la morte. La pronuncia impugnata - in tesi - ha preferito interpretare la norma in maniera strettamente letterale, come se fosse slegata dall'impianto in cui è inserita, piuttosto che in forma logico-sistematica, attraverso la ricerca di un suo adeguamento agli istituti introdotti nell'ordinamento con la L. n. 898 del 1970 , ove è prevista una nuova ipotesi di cessazione del vincolo matrimoniale. In questa prospettiva il divorzio e la nullità, pur differenziandosi rispetto alla decorrenza dei loro effetti, hanno - sottolinea il ricorrente - un importante elemento in comune, costituito dal fatto che in entrambi i casi, prima della dichiarazione di nullità del matrimonio o della pronuncia di divorzio, tra i coniugi si sono creati rapporti di affinità con le rispettive famiglie, cosicché è del tutto logico che tali rapporti cessino, sia de facto che de iure, in entrambi i casi. Una conferma in questo senso verrebbe sia dall' art. 87 c.c. , comma 1, n. 4, che stabilisce, al pari di quanto avviene in caso di nullità del matrimonio, una deroga al principio generale secondo cui la caducazione del vincolo di affinità tra un coniuge e i parenti dell'altro viene meno in caso di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio , che, con ragionamento a contrario, dall' art. 87 c.c. , comma 1, n. 5 il quale, a differenza dell'altra menzionata disposizione, non prevede la permanenza dell'impedimento dopo la pronuncia di divorzio . La caducazione del vincolo di affinità a seguito del divorzio trova la sua ragione - aggiunge il ricorrente - nella sua origine, che derivando da un atto volontario, quale il matrimonio, non può che venire meno quando con il divorzio, di natura altrettanto volontaria, si rompe il vincolo matrimoniale e i rapporti di affinità che da questi derivano. Non sarebbe, invece, possibile porre in correlazione la morte di uno dei coniugi con il divorzio al fine di escludere la cessazione dell'affinità in relazione al divorzio, in quanto, benché in ambedue i casi lo scioglimento avvenga ex nunc, la morte costituisce un evento naturale, mentre il divorzio è una situazione determinata dalla volontà di almeno un coniuge di far cessare il vincolo matrimoniale con l'altro. 5.2 Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. in relazione all' art. 78 c.c. e agli artt. 2,3 e 51 Cost. la Corte di merito ha compiuto un errore di valutazione nel ritenere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dall'appellato, che intendeva contestare non la legittimità dell' art. 64 T.U.E.L ., volta a tutelare l'imparzialità della P.A., ma dell' art. 78 c.c. , nel caso in cui la norma fosse interpretata nel senso di escludere che il divorzio costituisca causa di cessazione del rapporto di affinità. Una simile interpretazione comporta - in tesi - un'evidente disparità di trattamento tra chi abbia visto cessare gli effetti civili del matrimonio in conseguenza di una sentenza di annullamento e chi, invece, abbia ottenuto gli stessi effetti in virtù di una sentenza di divorzio, perché discrimina in base alla condizione personale del soggetto interessato e risulta, di conseguenza, ostativa alla partecipazione di costui all'organizzazione politica del paese e all'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza. 6. L' art. 64, comma 4 T.U.E.L . prevede che il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini entro il terzo grado, del sindaco o del presidente della giunta provinciale, non possono far parte della rispettiva giunta né essere nominati rappresentanti del comune e della provincia . La norma, nel precludere la nomina - quali componenti della giunta di Comuni e Province o come loro rappresentanti - del coniuge, degli ascendenti, dei discendenti e degli affini entro il terzo grado del sindaco o dei presidenti della giunta provinciale, intende far concreta applicazione del principio di imparzialità della Pubblica Amministrazione, previsto dall' art. 97 Cost. , e mira ad evitare il rischio, anche potenziale, di commistione tra gli interessi pubblici dell'ente territoriale, che il sindaco ha l'obbligo di garantire, e gli interessi privati dei suoi prossimi congiunti, al fine di assicurare, soprattutto nei confronti di tutti gli amministrati, l'obiettività e l'equanimità della scelta amministrativa discrezionale. Il contenuto della disposizione, laddove evoca il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini entro il terzo grado , non aggiunge alcuna ulteriore e specifica indicazione e dunque richiama, implicitamente, la disciplina generale prevista a questo proposito dall'ordinamento. Pertanto, l'inclusione tra i soggetti non suscettibili di nomina degli affini funge da richiamo alle regole in tema di affinità previste dall' art. 78 c.c. , il cui comma 3 stabilisce che l'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4 . Quest'ultima norma, volta a regolare la cessazione dei rapporti di affinità in conseguenza di eventi che incidono sul rapporto matrimoniale, non tiene in alcun conto la disciplina introdotta dalla L. n. 898 del 1970 né, d'altronde, poteva farlo, essendo rimasta inalterata dall'epoca in cui entrò in vigore il codice civile , ma regola due diverse evenienze, la morte del coniuge da cui deriva l'affinità, prevedendo che il vincolo non cessi, e l'annullamento del matrimonio, stabilendo, invece, che in questo caso il vincolo cessi. Il legislatore non solo non è mai intervenuto a modificare la norma codicistica, ma ha anche introdotto nel T.U.E.L . una disposizione nella sua attuale versione attraverso il D.L. 29 marzo 2004, n. 80, art. 7, comma 1, lett. b-ter, convertito con modificazioni dalla L. 28 maggio 2004, n. 140 che, seppur adottata in epoca largamente posteriore all'approvazione della legge sul divorzio, non si cura di considerare le conseguenze della dissoluzione del vincolo matrimoniale da cui pure l'affinità trae origine e che, in qualche misura, ne dovrebbe subire le conseguenze. L'implicito rinvio compiuto dall' art. 64, comma 4 T.U.E.L . alle regole generali, rimaste inalterate nel loro originario assetto, fa sì che la disciplina in tema di incompatibilità a rivestire la carica di assessore sia priva di una norma che regolamenti gli effetti dello scioglimento del matrimonio sul vincolo di affinità che dal coniugio è derivato. In mancanza di alcuna espressa regola che stabilisca la cessazione del vincolo in una simile evenienza, esso sembrerebbe dover persistere, inalterato, anche in caso di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. 7. Questo collegio dubita che il disposto dell' art. 64, comma 4 T.U.E.L ., così come integrato dall' art. 78 c.c. , comma 3, - la cui rilevanza deriva dalla diretta conseguenza sull'esito del giudizio che avrebbe il riconoscimento della persistenza del rapporto di affinità -, sia coerente con una serie di precetti costituzionali, perché in contrasto con essi. 7.1 L'annullamento del matrimonio e il suo scioglimento sono situazioni accomunate da un'evidente vicinanza sotto il profilo effettuale, dato che in entrambi i casi interviene un'iniziativa giudiziale funzionale alla demolizione del vincolo matrimoniale. Divorzio e annullamento costituiscono, allo stesso modo, un atto contrastante con la fonte del rapporto di affinità, per quanto uno il divorzio incida direttamente sul matrimonio rapporto mentre l'altro l'annullamento colpisca il matrimonio negozio direttamente e il rapporto in via di ripercussione. Sussiste, anche, un'evidente coincidenza di interessi, poiché annullamento e divorzio si fondano su un interesse contrario al protrarsi della vita coniugale. Ciò nonostante, in caso di annullamento del matrimonio il venir meno del vincolo coniugale comporta la cessazione del rapporto di affinità e abilita l' oramai ex affine a ricoprire la carica pubblica. Accesso alla carica che, invece, è precluso all'affine del divorziato, il cui vincolo permane, benché il rapporto coniugale da cui deriva sia parimenti venuto meno. In questo modo situazioni analoghe rimangono regolate in maniera ingiustificatamente dissimile, in violazione del principio di eguaglianza formale previsto dall' art. 3 Cost. . Infatti, l'incisione diretta o indiretta sul rapporto matrimoniale giunge, allo stesso modo, a recidere le reciproche ramificazioni e i complessi di diritti e doveri tra le parti del rapporto coniugale, senza alcuna apprezzabile differenza cosicché eventuali labili differenze fra le cause di demolizione del medesimo rapporto matrimoniale perdono del tutto di significato in rapporto al persistere delle relazioni di affinità specie quando, come ormai accade non di rado, i rapporti coniugali si succedano nel tempo e le relazioni di affinità si sovrappongano in una rete di status assai ampia ma proprio perciò sbiadita . 7.2 Questa ingiustificata diversità di trattamento pare costituire anche una violazione degli artt. 2 e 51 Cost. . Infatti, il combinato disposto delle norme in discorso impedisce all'affine, il cui rapporto sia determinato da un vincolo matrimoniale oramai sciolto o cessato, di esercitare il proprio diritto di accedere a un ufficio pubblico in condizioni di eguaglianza nonostante che il diritto di elettorato passivo rientri fra quelli inviolabili riconosciuti dall' art. 2 Cost. e possa subire restrizioni soltanto nei limiti strettamente necessari alla tutela di altro interesse costituzionalmente protetto e secondo la regola della necessità e della ragionevole proporzionalità cfr. Corte Cost. 141/1996 . Peraltro, se è ben vero che l' art. 51 Cost. può subire delle compressioni al fine di assicurare l'imparzialità della Pubblica Amministrazione, queste ragioni di limitazione devono individuarsi in termini coincidenti per categorie analoghe non pare quindi possibile dubitare, in un caso ma non nell'altro, dell'imparzialità di soggetti che si trovino in situazioni sostanzialmente identiche. 7.3 D'altra parte, risulta fuori da ogni logica di sistema e di corrispondenza alla realtà sociale ipotizzare l'esistenza di affini del divorziato , come se si potesse predicare il perdurare, ad libitum e in termini indissolubili, di una relazione che scaturisce da un rapporto che, secondo l'ordinamento, ha natura dissolubile. Per dirla nei termini già evidenziati da attenta dottrina fin dagli anni Settanta del secolo scorso, se il vincolo di affinità costituisce la proiezione sociale del matrimonio, appare senza senso voler conservare, oltre la distruzione del rapporto di base, quell'affinità che trova il suo significato soltanto nella proiezione di tale rapporto originario. In questo modo si finirebbe per sostenere che il divorzio comporta il venir meno del rapporto coniugale fra i suoi protagonisti, ma lascia inalterato il suo riflesso sui rispettivi parenti o se si preferisce, che permane un vincolo quando è oramai definitivamente cessato il rapporto matrimoniale che vi ha dato causa , con la conseguenza che tutti gli effetti sia attributivi che preclusivi che gli affini condividono con gli sposi restano per i parenti del coniuge, pur venendo meno per quest'ultimo. Cosicché, nel caso di specie, al sindaco sarebbe stato possibile nominare in giunta la propria ex moglie, con la quale il rapporto di coniugio era definitivamente cessato, ma, paradossalmente, non il di lei fratello. Pensare che si possa parlare di ex moglie e non di ex cognato è un'interpretazione che mal si concilia, all'evidenza, con il principio di ragionevolezza presidiato dall' art. 3 Cost. . 8. Questo collegio ritiene che la questione non possa essere risolta attraverso un'operazione interpretativa costituzionalmente orientata della normativa da applicare e, nello specifico, dell' art. 78 c.c. , comma 3, a cui l' art. 64, comma 4 T.U.E.L . fa implicito richiamo. Le tesi seguite dal tribunale e dalla corte di merito nel caso di specie corrispondono alle opposte teorie che, in dottrina come in giurisprudenza, si sono confrontate al fine di stabilire a quale delle due ipotesi espressamente regolate dalla norma debba essere avvicinata, in termini analogici, la fattispecie del divorzio nell'ambito di questa disputa è stato ritenuto da alcuni v. Cass. 2848/1978 che il divorzio debba essere accostato alla morte, stante il loro comune effetto ex tunc sul vincolo matrimoniale, al fine di trarne la convinzione che l'affinità perdura anche dopo il divorzio del parente, da altri v. Tribunale di Grosseto 9 ottobre 2003, Tribunale di Milano 19 luglio 2019 che il divorzio sia accomunato all'annullamento del matrimonio in ragione della loro coincidente volontà disgregatrice, dovendosi da ciò arguire che l'affinità cessa con il venir meno del matrimonio. Entrambe le operazioni ermeneutiche rispetto alle quali questa Corte è chiamata ad esprimersi, esercitando la propria funzione nomofilattica, si fondano, tuttavia, su un ragionamento in termini di analogia, come si addice alle lacune normative, che ha come riferimento il testo di una norma scritta quando l'ipotesi non regolata non esisteva e lasciata inalterata a seguito dell'introduzione della legge sul divorzio. Si tratterebbe, così, di intervenire, attraverso un ragionamento analogico, per aggiornare una norma piuttosto che per stabilire, sulla base delle sue regole pensate rispetto a un quadro normativo del tutto diverso , quale sia la disciplina per la fattispecie non prevista. Un simile intervento avrebbe perciò natura non tanto interpretativa, ma integrativa della lacuna normativa o creativa ed essa non rientra nella funzione che il R.D. n. 12 del 1941, art. 65 attribuisce a questa Corte. 9. In conclusione questa Corte - ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2,3 e 51 Cost. , dell'art. 78 c.c., comma 3, implicitamente richiamato dall' art. 64, comma 4 T.U.E.L ., nella parte in cui stabilisce che l'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4 , così prevedendo che il vincolo di affinità permanga per il parente del coniuge divorziato, malgrado il rapporto di coniugio da cui tale vincolo è stato determinato sia oramai sciolto, e impedendo la partecipazione di quest'ultimo alla giunta municipale a seguito di designazione ad opera dell'ex coniuge di un parente - sospende il presente giudizio - ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di cassazione, al Pubblico Ministero presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei ministri - ordina, altresì, che la presente ordinanza venga comunicata dal Cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento - dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. P.Q.M. La Corte, ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell 'art. 78 c.c ., comma 3, in riferimento agli artt. 2, 3 e 51 Cost . e nei sensi di cui in motivazione, rimette gli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il presente giudizio e mandando alla Cancelleria per gli adempimenti di legge. Così deciso in Roma, il 31 maggio 2023.