Il rapporto fra avvocato e cliente rientra nell’ambito degli “affari non terminati”

Con l'ordinanza in esame, il Supremo Consesso si è trovato a doversi esprimere in merito all’estensione alla prescrizione estintiva decennale del credito dell’avvocato al compenso dei dies a quo previsti dall’art. 2957, comma 2, c.c. in tema di prescrizione presuntiva triennale.

Il Collegio ricorda a riguardo che nell'applicare le norme sulla prescrizione ordinaria ad un credito per prestazioni professionali di avvocato come nel caso di specie, al fine di determinare il dies a quo di decorrenza, ex art. 2935 c.c., può comunque farsi correttamente riferimento ai criteri stabiliti dall' art. 2957 c.c. , ispirandosi tale ultima norma al generale principio secondo cui la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere Cass. n. 2275/1974 . In particolare, ai sensi del secondo comma dell' art. 2957 c.c. , il termine di prescrizione decorre dalla decisione della lite la quale coincide con la data di pubblicazione della sentenza non impugnabile che chiude definitivamente la causa , ovvero dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato al contrario, per gli affari non terminati la prescrizione decorre dall'ultima prestazione , da individuarsi come attività svolta dal professionista in esecuzione del contratto di patrocinio . Per dirimere il conflitto in oggetto, la Suprema Corte esprime, quindi, il seguente principio di diritto ai fini della decorrenza del termine della prescrizione estintiva ordinaria delle competenze dovute agli avvocati, può farsi ricorso ai criteri stabiliti dall' art. 2957, comma 2, c.c. per la prescrizione presuntiva , individuandosi, peraltro, il dies a quo con riferimento non solo ai casi da esso espressamente previsti, ma anche in tutte le ipotesi in cui una causa obiettiva o subbiettiva faccia venir meno il rapporto tra cliente ed avvocato, ed altrimenti, per gli affari non terminati, avendo riguardo al momento dell'ultima prestazione svolta dal professionista . Ne consegue che, ove sia disposta la sospensione del processo per pregiudizialità , il rapporto fra avvocato e cliente deve considerarsi rientrante , agli effetti dell' art. 2957, comma 2, c.c . , nell'ambito degli affari non terminati” , iniziando perciò a decorrere la prescrizione del credito per le competenze dall'ultima prestazione, senza che possa aver rilievo a tal fine il verificarsi di alcuna delle indicate cause di definizione del giudizio o di cessazione del rapporto di patrocinio dopo che sia maturato il termine di dieci anni dall'ultima attività svolta dal professionista .

Presidente Orilia – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione 1. T.C. , +Altri hanno proposto ricorso in unico motivo avverso la sentenza n. 1054/2019 della Corte d'appello di Venezia, pubblicata il 15 marzo 2019. Resistono con controricorso C.C.M. e M.C. . 2. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4-quater, e 380 bis. 1, c.p.c. , nel testo applicabile ratione temporis ex art. 35 del D.Lgs. n. 149 del 2022 . Le parti hanno depositato memorie. 3. Il giudizio concerne l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso il 31 maggio 2013 dal Tribunale di Verona sulla domanda monitoria depositata il 17 maggio 2013 dagli avvocati C.C.M. e M.C. nei confronti di T.C. , +Altri , eredi di T.A. morto il omissis . L'ingiunzione di pagamento, per l'importo di Euro 11.124,87 oltre accessori, attiene al compenso dell'attività difensiva svolta dai due legali in un procedimento civile iniziato nel 1997 e sospeso nel novembre 1999 per pregiudizialità di un giudizio penale definitosi poi nell'anno 2010. Proposta opposizione al decreto ingiuntivo da T.C. , +Altri , eccependo la prescrizione decennale del credito per essersi le prestazioni degli avvocati C. e M. svolte dal 1996 al novembre 1999 , la stessa venne accolta dal Tribunale di Verona con sentenza del 19 marzo 2015. La Corte d'appello di Venezia ha invece accolto il gravame avanzato dagli avvocati C.C.M. e M.C. e confermato il decreto ingiuntivo opposto. La Corte di Venezia ha premesso che il contratto d'opera professionale concluso con un avvocato deve considerarsi unico in relazione a tutta l'attività svolta in adempimento dell'obbligazione assunta con la conseguenza che, ai fini del calcolo della prescrizione, deve aversi riguardo al giorno in cui è stato espletato l'incarico commesso, e non già dal compimento di ogni singola prestazione professionale in cui si articola l'obbligazione . Ad avviso dei giudici di appello, la decisione di primo grado, facendo risalire al 1999 l'ultimo atto compiuto dall'avvocato C. , avrebbe omesso di considerare l'intervenuta sospensione del processo, riassunto nell'anno 2011 da parte degli eredi del defunto T.A. , dopo il decesso di quest'ultimo. È, dunque, a tale data decesso del cliente T.A. che deve essere fatto risalire l'esaurimento dell'incarico, per avere gli eredi, conferito mandato ad altro difensore per la riassunzione del processo . Di tal che, secondo la sentenza impugnata, nessuna prescrizione è maturata poiché ogni rapporto con T.A. è cessato nell'anno 2011 con la sua morte. Ed anche volendo ammettere che il rapporto si sia interrotto a seguito dell'intervenuta tutela a favore di T.A. , gli appellati non hanno non solo provato, ma nemmeno allegato quale sia la data di intervento della tutela . 4. L'unico motivo del ricorso di T.C. , +Altri denuncia la falsa applicazione e/o violazione dell' art. 2957, comma 2, c.c. e/o dell' art. 2935 c.c. per aver la Corte d'appello - in forza dell'estensione alla prescrizione estintiva decennale del credito dell'avvocato al compenso dei dies a quo previsti dall' art. 2957, comma 2, c.c. in tema di prescrizione presuntiva triennale - applicato alla fattispecie concreta, relativa a un affare non terminato nel 1999 per sospensione del processo, un dies a quo morte del cliente nel 2011 riconducibile all' art. 2957, comma 2, prima parte, c.c. che concerne gli affari terminati , invece che applicare il dies a quo ultima prestazione svolta dall'avvocato nel 1999 espressamente previsto dall'art. 2957, comma 2, seconda parte, c.c. che concerne gli affari non terminati , con conseguente mancata dichiarazione della prescrizione del credito al compenso dell'avvocato nel 2009 decorsi dieci anni dall'ultima prestazione compiuta dal professionista nel 1999 . 5. Non ricorrono le ragioni di inammissibilità del ricorso principale opposte dai controricorrenti non quella ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c. , la quale suppone che lo stesso motivo contrasti immotivatamente un persistente orientamento di legittimità nè quella di cui all' art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c. , in quanto la censura deduce una violazione di norma di diritto e non postula l'esame di atti o di documenti che non siano specificamente indicati nello sviluppo del motivo. 6. Va premesso che è non vi è questione devoluta all'esame di questa Corte in ordine alla mancata osservanza del rito di cui all' art. 14 del D.Lgs. n. 150 del 2011 ratione temporis operante , applicabile alle controversie di cui all' art. 28 della l. n. 794 del 1942 , introdotte sia ai sensi dell' art. 702 bis c.p.c. , sia, come nella specie, in via monitoria. 7. È oggetto di lite una eccezione di prescrizione estintiva e non di prescrizione presuntiva in relazione ad un credito vantato da avvocati. I due istituti sono notoriamente differenti, in quanto la prescrizione presuntiva triennale ex artt. 2956 e 2957 c.c. suppone una difesa fondata su una mera presunzione legale di avvenuta estinzione del diritto azionato dalla controparte, mentre la prescrizione ordinaria ex art. 2946 c.c. suppone una difesa volta a determinare l'estinzione dell'avverso diritto cfr. Cass. n. 1203 del 2017 . 8. Deve comunque riaffermarsi il principio secondo cui nell'applicare le norme sulla prescrizione ordinaria ad un credito per prestazioni professionali di avvocato, come nel caso in esame, al fine di determinare il dies a quo di decorrenza, ex art. 2935 c.c. , può comunque farsi correttamente riferimento ai criteri stabiliti dall' art. 2957 c.c. Cass. n. 2275 del 1974 , ispirandosi tale ultima norma al generale principio secondo cui la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. In particolare, ai sensi del comma 2 dell' art. 2957 c.c. , il termine di prescrizione decorre dalla decisione della lite la quale coincide con la data di pubblicazione della sentenza non impugnabile che chiude definitivamente la causa , ovvero dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato al contrario, per gli affari non terminati la prescrizione decorre dall'ultima prestazione , da individuarsi come attività svolta dal professionista in esecuzione del contratto di patrocinio. In giurisprudenza ed in dottrina si considera, inoltre, che, sempre ai fini della decorrenza del termine della prescrizione delle competenze dovute agli avvocati, l'affare si considera terminato non solo nei casi espressamente previsti nell' art. 2957, comma 2, parte prima, c.c. , ma anche in tutte le ipotesi in cui una causa obiettiva o subbiettiva faccia venir meno il rapporto tra cliente ed avvocato, quale la morte del cliente o del difensore, la cessazione da parte di quest'ultimo dell'esercizio della professione, l'estinzione del processo, la rinuncia al mandato Cass. n. 965 del 1964 n. 7281 del 2012 n. 40626 del 2021 . 9. Nel caso di specie, appare accertato in fatto che il giudizio civile nel quale gli avvocati C.C.M. e M.C. assistettero il cliente T.A. fu iniziato nel 1997 e rimase sospeso per pregiudizialità rispetto ad un giudizio penale dal novembre del 1999 fino al febbraio 2010. In data omissis subentrò poi la morte di T.A. . Per la Corte d'appello di Venezia, premesso il principio che la prescrizione del credito dell'avvocato decorre dall'esaurimento dell'unico incarico e non dal compimento delle singole prestazioni, tale momento doveva ravvisarsi nella morte di T.A. . 10. La soluzione raggiunta nella sentenza impugnata non risulta corretta in diritto. La sospensione di un giudizio per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. certamente non dà luogo alla immediata decorrenza della prescrizione del credito per le competenze dovute agli avvocati, a differenza delle ipotesi previste nell' art. 2957, comma 2, parte prima, c.c. Per effetto della sospensione, piuttosto, il giudizio pregiudicato entra in uno stato di quiescenza fino alla definizione di quello pregiudicante , restando pertanto il rapporto fra avvocato e cliente nell'ambito degli affari non terminati , per i quali la prescrizione del credito dell'avvocato verso il cliente legittimamente inizia a decorrere dall'ultima prestazione, come previsto dall'art. 2957, comma 2, seconda parte, c.c. Proprio ove il rapporto di patrocinio conosca un periodo di prolungata inerzia, come nel caso in esame, in cui, cioè, l'avvocato non svolga più prestazioni per una stasi del processo e non subentri alcuna causa che ponga termine al medesimo rapporto col cliente, si giustifica la distinta previsione di decorrenza della prescrizione per gli affari non terminati dall'ultima prestazione, non trovando altrimenti tale norma mai applicazione, nel senso che la prescrizione dovrebbe decorrere sempre dalla decisione della lite, dall'estinzione del processo, dalla conciliazione delle parti, dalla revoca o dalla rinuncia relative al mandato, dalla morte del cliente o dell'avvocato o dalla cessazione da parte dello stesso dell'esercizio della professione. Ne consegue che, ove sia maturato il termine di prescrizione decorrente dall'ultima prestazione, cui sia seguita una lunga inattività delle parti, il successivo verificarsi di alcuna delle indicate cause obiettive o subbiettive che facciano meno il rapporto tra cliente ed avvocato nella specie, la morte del cliente a distanza di oltre dieci anni dall'ultima prestazione resa dal professionista , non determina un nuovo decorso della prescrizione stessa. Al di là delle suggestive modulazioni casistiche collegate alla concorrente operatività del principio di affidamento secondo buona fede che - si sostiene - sarebbe invocabile comunque in presenza di ogni protratta inerzia del creditore nell'esercizio del diritto tale da legittimare l'insorgenza nel debitore del legittimo convincimento sull'abbandono della pretesa , alla prescrizione estintiva va riconosciuto il fondamento oggettivo rinvenibile nell'esigenza della certezza dei rapporti giuridici, che non possono restare troppo a lungo sospesi Cass. n. 634 del 1965 Sez. Un. 13676, n. 2014 Sez. Un. 19495 del 2008 . 11. Può enunciarsi il seguente principio di diritto. Ai fini della decorrenza del termine della prescrizione estintiva ordinaria delle competenze dovute agli avvocati, può farsi ricorso ai criteri stabiliti dall' art. 2957, comma 2, c.c. per la prescrizione presuntiva, individuandosi, peraltro, il dies a quo con riferimento non solo ai casi da esso espressamente previsti, ma anche in tutte le ipotesi in cui una causa obiettiva o subbiettiva faccia venir meno il rapporto tra cliente ed avvocato, ed altrimenti, per gli affari non terminati, avendo riguardo al momento dell'ultima prestazione svolta dal professionista. Ne consegue che, ove, come nella specie, sia disposta la sospensione del processo per pregiudizialità, il rapporto fra avvocato e cliente deve considerarsi rientrante, agli effetti dell' art. 2957, comma 2, c.c. , nell'ambito degli affari non terminati , iniziando perciò a decorrere la prescrizione del credito per le competenze dall'ultima prestazione, senza che possa aver rilievo a tal fine il verificarsi di alcuna delle indicate cause di definizione del giudizio o di cessazione del rapporto di patrocinio dopo che sia maturato il termine di dieci anni dall'ultima attività svolta dal professionista. 1.1. Alla stregua di tale principio i giudici di rinvio, nei limiti consentiti dall' art. 394 c.p.c. , riesamineranno anche le difese svolte dai controricorrenti, i quali deducono il compimento di ulteriori prestazioni difensive durante la sospensione del procedimento civile in particolare, pagina 9 del controricorso . 12. Il ricorso viene pertanto accolto e la sentenza impugnata viene cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione, che riesaminerà la causa uniformandosi ai principi di diritto enunciati e tenendo conto dei rilievi svolti, e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.