Continuano ad occupare l'alloggio popolare assegnato al nonno anche dopo la sua morte: scatta il reato di invasione

Irrilevante la circostanza che i due imputati avessero continuato a pagare regolarmente i canoni di locazione. Il rapporto di parentela con il legittimo assegnatario, infatti, non determina l'instaurazione di una relazione giuridica di detenzione qualificata ovvero di possesso con l'immobile.

La vicenda giunta sino ai banchi della Corte di Cassazione riguarda la condanna di due imputati per i reati di cui agli artt. 633 e 639- bis c.p. nello specifico, i ricorrenti avevano continuato ad abitare in un alloggio popolare insieme all'assegnatario dello stesso il nonno anche dopo la sua morte, pagando regolarmente i canoni di locazione. Il ricorso offre l'occasione alla Corte per analizzare il reato di invasione di edifici . Sul punto, i Giudici ricordano che integra il reato di cui all'art. 633 c.p. la condotta di chi, inizialmente ospitato a titolo di cortesia dall'assegnatario di un immobile di edilizia residenziale pubblica, vi permanga anche dopo l'allontanamento dell'avente diritto , comportandosi come dominus o possessore, atteso che la mera ospitalità non costituisce un legittimo titolo per l'occupazione dell'immobile Cass. n. 49527/2019 e che il versamento all'ente pubblico proprietario dell'immobile dell'indennità di occupazione ovvero il rilascio all'imputato di un certificato di residenza indicante quale luogo d'abitazione l'immobile occupato e l'allaccio delle utenze domestiche non escludono la sussistenza del reato, già perfezionato con l'abusiva introduzione nell'immobile e la destinazione dello stesso a propria stabile dimora Cass. n. 3436/2019 . Dunque, il termine invasione non è assunto nel significato comune di questa parola, che richiama una azione irruenta e impetuosa, ma in quello di introduzione arbitraria non momentanea nel terreno o nell'edificio altrui allo scopo di occuparlo o comunque di trarne profitto di conseguenza, i mezzi e il modo con cui avviene l'invasione sono indifferenti, né è necessario che ricorra il requisito della clandestinità, con la conseguenza che l'invasione può commettersi anche palesemente e senza violenza neppure sulle cose o senza inganno. Il reato di invasione deve, dunque, ritenersi configurabile ogniqualvolta si occupa un immobile sine titulo , e come occupazione di un immobile sine titulo devono considerarsi le condotte di chi subentra nell'appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore ovvero di chi occupa l'immobile a titolo di mera cortesia o ancora, come nel caso in esame, in virtù di un rapporto di parentela con l'originario e legittimo assegnatario infatti, l'autorizzazione del precedente legittimo detentore o la mera ospitalità ovvero il rapporto di parentela con il legittimo assegnatario non determina l'instaurazione di una relazione giuridica di detenzione qualificata ovvero di possesso con l'immobile e, pertanto, la permanenza dell'ospite o del congiunto, nonostante l'allontanamento o, come nel caso di specie, il decesso dell'occupante legittimo, non può saldarsi con la precedente relazione dell'avente diritto . I Giudici, pertanto, rigettano il ricorso degli imputati condannandoli al pagamento delle spese processuali.

Presidente Beltrani – Relatore D'Auria Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 5/4/2022 riformava in punto di pena la sentenza del Tribunale di Castrovillari del 14/2/2020, che aveva condannato B.R. e B.D. rispettivamente alla pena di mesi quattro di reclusione e di mesi tre di reclusione, per il reato di cui agli artt. 633 e 639-bis c.p. . 2. Gli imputati, a mezzo del difensore, hanno interposto ricorso per cassazione, eccependo con il primo motivo la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. B e E , c.p.p., con riferimento alla sussistenza dei requisiti previsti dagli artt. 633 e 639-bis c.p. In particolare, evidenzia la difesa che i due imputati abitavano nell'alloggio popolare di cui al capo di imputazione insieme all'assegnatario dello stesso, che era il nonno del B. che, dopo la morte di quest'ultimo, hanno continuato ad abitarvi, pagando regolarmente i canoni di locazione all'Istituto proprietario dell'immobile, tanto che l'ATERP di Cosenza non ha intrapreso azioni di rilascio nei confronti dell'imputato, così come non ha sporto querela per denunciare l'occupazione dell'alloggio in discorso che, dunque, non ricorrono i presupposti per poter applicare l' art. 639-bis c.p. , tenuto conto del mancato interesse dell'ente proprietario al rilascio dell'immobile. Afferma che la mancanza delle condizioni per l'assegnazione dell'alloggio non rileva ai fini penali, nè sussiste l'elemento materiale dell'arbitraria invasione, in quanto - essendo posta la norma di cui all' art. 633 c.p. non a tutela di un diritto, ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa - tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato. Cita un precedente di questa Corte, secondo il quale non sussiste il reato di invasione di edifici ogni qual volta il soggetto subentra nell'appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del legittimo detentore, a lui legato da vincoli di affinità, escludendo l'eventuale rilevanza del possesso o meno delle condizioni richieste per l'assegnazione, circostanza questa che può valere a fini amministrativi o civilistici, ma che non rileva sotto il profilo penalistico. 2.1 Con il secondo motivo la difesa eccepisce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. B , c.p.p., in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all' art. 131-bis c.p. , tenuto conto che i limiti di pena lo consentivano. Dunque, i giudici di secondo grado avrebbero dovuto verificare l'esistenza degli altri presupposti richiesti dall' art. 131-bis c.p. , che all'evidenza ricorrono nel caso di specie, essendo l'offesa di particolare tenuità e il comportamento non abituale. È stata, invece, omessa qualsiasi indagine tesa a verificare la sussistenza di tutte le condizioni richieste dalla norma in discorso. 2.2 In data 10/3/2023 sono pervenute conclusioni scritte del difensore. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento e deve, pertanto, essere rigettato. 1.1 Infondato è il primo motivo. Va premesso che in tema di occupazione abusiva di immobili, qualora il soggetto subentri nell'immobile di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del legittimo detentore, esistono due orientamenti contrastanti. Un primo indirizzo ermeneutico parte dalla considerazione per cui nel reato di invasione di terreni o edifici la nozione di invasione non si riferisce all'aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce arbitrariamente , ossia contra ius in quanto privo del diritto d'accesso, per cui la conseguente occupazione costituisce l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva invasione Sez. 2, n. 26957 del 27/3/2019, Cerullo, Rv. 277019 - 01 . Nella scia di tale impostazione è stato, altresì, sostenuto che integra il reato di cui all' art. 633 c.p. la condotta di chi, inizialmente ospitato a titolo di cortesia dall'assegnatario di un immobile di edilizia residenziale pubblica, vi permanga anche dopo l'allontanamento dell'avente diritto, comportandosi come dominus o possessore, atteso che la mera ospitalità non costituisce un legittimo titolo per l'occupazione dell'immobile Sez. 2, n. 49527 del 8/10/2019, Bevilacqua, Rv. 278828 - 01 e che il versamento all'ente pubblico proprietario dell'immobile dell'indennità di occupazione ovvero il rilascio all'imputato di un certificato di residenza indicante quale luogo d'abitazione l'immobile occupato e l'allaccio delle utenze domestiche non escludono la sussistenza del reato, già perfezionato con l'abusiva introduzione nell'immobile e la destinazione dello stesso a propria stabile dimora Sez. 2, n. 3436 del 27/11/2019, Mancini, Rv. 277820 - 01 . Secondo altro orientamento, invece, non integra il reato di invasione di terreni o edifici la condotta del soggetto che subentra nell'appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore, atteso che, quand'anche il subentro fosse autorizzato in violazione di vincoli imposti all'assegnatario, ciò potrebbe avere rilevanza ai fini amministrativi o civilistici, ma non sarebbe sufficiente ad integrare il comportamento sanzionato dall' art. 633 c.p. , che presuppone l'introduzione arbitraria e dall'esterno Sez. 2, n. 15874 del 30/1/2019, Sannais, Rv. 276416 - 01 . In altri termini, poiché la condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell'introduzione dall'esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione, tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato. Di conseguenza, non è configurabile il reato di cui all' art. 633 c.p. laddove il ricorrente subentri nell'appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore, legato a lui da vincoli di affinità in tal caso deve escludersi la rilevanza del possesso o meno delle condizioni richieste per l'assegnazione, posto che detta circostanza può valere a fini amministrativi o civilistici, mentre non rileva sotto il profilo penalistico Sez. 2, n. 48050 del 26/9/2018, Acquaro, semplificata, che richiama tra le altre Sez. 2, n. 2337 del 1/12/2005, Monea, Rv. 233140 e Sez. 2, n. 23756 del 4/6/2009, Rollin, Rv. 244667 . Nello stesso senso è stato ritenuto che non integri il reato di invasione arbitraria di edifici il persistere nell'occupazione di un alloggio IACP, continuando a versare il canone locativo, da parte di soggetto legato da pregresso rapporto di convivenza con l'assegnatario, che abbia ivi la propria residenza, da intendersi quale luogo di volontaria e persistente dimora del soggetto, a prescindere da una corrispondenza di tale situazione di fatto con le relative annotazioni sui registri anagrafici Sez. 2, n. 49101 del 4/12/2015, Maniglia, Rv. 265514 - 01 . A fronte dei due indirizzi sopra sintetizzati, il Collegio ritiene di dover dare continuità al primo orientamento per i motivi che seguono. Deve essere opportunamente premesso che nel reato di cui all' art. 633 c.p. oggetto specifico della tutela penale è l'interesse pubblico alla inviolabilità del patrimonio immobiliare, in relazione alla protezione del diritto - spettante ai privati, allo Stato o ad altri enti pubblici - di conservare i terreni o edifici legittimamente posseduti liberi da invasioni di persone non autorizzate. Dunque, il termine invasione non è assunto nel significato comune di questa parola, che richiama una azione irruenta e impetuosa, ma in quello di introduzione arbitraria non momentanea nel terreno o nell'edificio altrui allo scopo di occuparlo o comunque di trarne profitto. Di conseguenza, i mezzi e il modo con cui avviene l'invasione sono indifferenti, nè è necessario che ricorra il requisito della clandestinità, che costituisce uno degli elementi dello spoglio civile art. 1168 c.c. , di talché l'invasione può commettersi anche palesemente e senza violenza neppure sulle cose o senza inganno. Unico requisito dell'occupazione è l'arbitrarietà, vale a dire che essa avvenga contra ius agisce arbitrariamente chi non ha il diritto o altra legittima facoltà di entrare nell'altrui terreno o edificio allo scopo di occuparlo o di trarne altrimenti profitto. Non può essere, dunque, condivisa l'affermazione contenuta nella sentenza n. 15874/2019 citata, secondo cui il concetto di invasione andrebbe ricondotto ad una qualunque introduzione dall'esterno con modalità violente, con la conseguenza che il semplice subentro nel godimento di un appartamento di un soggetto ad un altro, che aveva un legittimo titolo occupativo sul bene oggetto della nuova occupazione , previa autorizzazione di quest'ultimo, non rappresenterebbe comportamento tale da poter essere qualificato come invasione in senso penalistico, rientrando invece in una fattispecie assimilabile alla figura del comodato. E nemmeno può essere condivisa l'ulteriore affermazione costantemente riconducibile al secondo orientamento secondo cui sarebbe irrilevante il possesso o meno delle condizioni richieste per l'assegnazione, in quanto tale circostanza potrebbe valere solo a fini amministrativi o civilistici, mentre non rileverebbe sotto il profilo penalistico. Sul punto, giova evidenziare che, poiché l' art. 633 c.p. tutela la destinazione pubblicistica del bene, ciò che rileva è il mancato rispetto delle regole nell'individuazione del soggetto assegnatario che deve avvenire secondo forme, non arbitrarie e soggettive, ma pubbliche e regolate, tanto che nemmeno l'acquiescenza dell'ente proprietario elide la situazione di arbitrarietà, non potendo gli organi dell'ente sottrarsi al dovere di assegnazione sulla base dei criteri legali Sez. 2, n. 53005 del 11/11/2016, Crocilla, Rv. 268711 - 01 Sez. 5, n. 482 del 12/6/2014, Cristallo, Rv. 262204 - 01 . Il reato di invasione deve, dunque, ritenersi configurabile ogniqualvolta si occupa un immobile sine titulo e come occupazione di un immobile sine titulo devono considerarsi le condotte di chi subentra nell'appartamento di proprietà di un ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore ovvero di chi occupa l'immobile a titolo di mera cortesia o ancora, come nel caso oggetto di scrutinio, in virtù di un rapporto di parentela con l'originario e legittimo assegnatario. La conseguente occupazione deve ritenersi, pertanto, l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva invasione. Ed invero, deve rilevarsi come l'autorizzazione del precedente legittimo detentore o la mera ospitalità ovvero il rapporto di parentela con il legittimo assegnatario non determina l'instaurazione di una relazione giuridica di detenzione qualificata ovvero di possesso con l'immobile e, pertanto, la permanenza dell'ospite o del congiunto, nonostante l'allontanamento o, come nel caso di specie, il decesso dell'occupante legittimo, non può saldarsi con la precedente relazione dell'avente diritto. Contrariamente argomentando, anche il rapporto di amicizia potrebbe legittimare il passaggio della detenzione dell'immobile dal legittimo assegnatario a chi invece non ha i requisiti per l'assegnazione dell'alloggio. In conclusione, ritiene il Collegio che in tutti questi casi si sia in presenza di una occupazione dell'immobile senza un titolo legittimo l'assegnatario - si ribadisce - non è legittimato a trasferire la detenzione od il possesso dell'immobile, in quanto, come si è evidenziato, l'assegnazione avviene secondo procedure ed in presenza dei presupposti soggettivi stabiliti dalla legge, ragion per cui chi subentra con l'autorizzazione dell'originario assegnatario deve essere considerato occupante arbitrario dell'immobile, perché lo occupa contra ius. Una siffatta impostazione ermeneutica consente anche di evitare strumentalizzazioni e speculazioni, avuto riguardo alla delicatissima questione della distribuzione e ripartizione delle limitate risorse pubbliche in tema di alloggi popolari ed evita il paradosso che si legalizzino occupazioni arbitrarie in quanto poste in essere in violazione delle procedure di assegnazione. 1.2 Il secondo motivo di ricorso reitera medesime doglianze inerenti al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all' art. 131-bis c.p. già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale. Tenuto conto della peculiare modalità di redazione del ricorso, che ha sostanzialmente riprodotto il contenuto del motivo di appello, si rende opportuna una premessa la funzione tipica dell'impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del ricorso in cassazione è, pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione per tutte, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 . Il motivo di ricorso in cassazione è, infatti, caratterizzato da una duplice specificità, dovendo contenere l'indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell'impugnazione e contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, deducendo, in modo analitico, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591, comma 1, lett. c , c.p.p., alla inammissibilità della impugnazione Sez. 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 - 01 Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Botartour Sami, Rv. 277710 01 Sez. 2, n. 45958 del 21/10/2022, Bocchino, non massimata . Risulta, pertanto, di chiara evidenza che se il ricorso si limita, come nel caso oggetto di scrutinio, a riprodurre il motivo di appello, per ciò solo si destina all'inammissibilità, venendo meno in radice l'unica funzione per la quale è previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall'essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato. Del resto, nel caso di specie, la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza in concreto della causa di non punibilità prevista dall' art. 131-bis c.p. con una motivazione congrua ed esaustiva, che ha tenuto conto delle modalità e circostanze del fatto, oltre che della gravità del danno, in considerazione del rilevante arco temporale per cui si è protratta la occupazione la sentenza impugnata dà atto che il B. al 14/2/2020 occupava ancora l'alloggio, mentre la B. lo aveva occupato per un altro anno dopo la sentenza di condanna del 4/4/2016, in seguito alla separazione dall'odierno coimputato , così concludendo per la insussistenza della invocata causa di non punibilità. 2. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.