Il computo degli interessi per l’inadempimento delle obbligazioni pecuniarie

In caso di inadempimento dell’obbligazione pecuniaria scaturente da un contratto, alla condanna all’adempimento si aggiunge, su istanza di parte, il computo degli interessi, che sono dovuti indipendentemente dal fatto che la trattenuta indebita sia sorretta da buona o mala fede [ ].

[ ] Il momento iniziale per il decorso dei detti interessi e il relativo computo non è quello della proposizione della domanda giudiziale, ma piuttosto quello della scadenza dell’obbligazione o in mancanza dalla messa in mora. Il creditore, inoltre, ha sempre la possibilità di fornire adeguata prova del danno da svalutazione monetaria, quale diretta conseguenza del ritardo o omissione nel pagamento. Con la pronuncia esaminata, la Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha affrontato il tema dell'esatta individuazione del momento a partire dal quale effettuare il calcolo degli interessi, in caso di inadempimento contrattuale. Il fatto. La vicenda processuale inizia il proprio corso a seguito di impugnazione, in via principale ed incidentale, innanzi alla Corte d'Appello territoriale, del lodo arbitrale , che condannava una società committente a pagare un'ingente somma, in favore dell'appaltatrice, quale importo indebitamente detratto, dalla prima società, in danno della seconda, a titolo di penale, per il ritardo nell'esecuzione dei lavori di costruzione di un centro commerciale . La pronuncia della Corte territoriale, rigettando le impugnazioni principali ed incidentali, aveva sostanzialmente confermato il lodo arbitrale, soprattutto per quanto riguarda il tema del decorso degli interessi sulla somma indebitamente trattenuta dalla committente, non dal giorno della scadenza dell'obbligazione di pagamento, ma da quella della proposizione della domanda giudiziale. Avverso tale decisione, entrambe le società proponevano ricorsi e controricorsi innanzi alla Corte di Cassazione, sia in via principale, che incidentale. Il termine iniziale del decorso degli interessi. I giudici della Prima Sezione, pronunciandosi sulla questione del decorso degli interessi sulla somma indebitamente trattenuta da una delle parti contrattuali, hanno precisato il principio di diritto, secondo cui, in caso di inadempimento dell'obbligazione pecuniaria scaturente da un contratto , alla condanna all'adempimento si aggiunge , su istanza di parte, il computo degli interessi , che sono dovuti indipendentemente dal fatto che la trattenuta indebita sia sorretta da buona o mala fede. Il momento iniziale per il decorso dei detti interessi e il relativo computo non è quello della proposizione della domanda giudiziale, ma piuttosto quello della scadenza dell'obbligazione o in mancanza dalla messa in mora. Il creditore, inoltre, ha sempre la possibilità di fornire adeguata prova del danno da svalutazione monetaria, quale diretta conseguenza del ritardo o omissione nel pagamento. Il limite del sindacato della Suprema Corte in materia di lodo arbitrale. L'ulteriore aspetto evidenziato dalla Prima Sezione, attiene all'inammissibilità di numerosi dei motivi di ricorso, formulati dalle due ricorrenti, in quanto contrari al consolidato principio secondo cui, in tal sede, la Suprema Corte non può apprezzare direttamente il lodo arbitrale, nemmeno sotto il profilo dell'adeguatezza e congruità dell'iter argomentativo seguito dagli arbitri. Allo stesso modo essa non si può sostituire alla corte di merito, per ciò che attiene il giudizio sulla correttezza della ricostruzione dei fatti e sulla valutazione degli elementi istruttori, operata dagli arbitri, potendo il suo sindacato di legittimità attenere esclusivamente al riscontro della conformità alla legge, della sentenza impugnata e della congruità della sua motivazione fra le tante, Cass. n. 10809/2015 e n. 27321/2020 . In definitiva, sostiene la Suprema Corte, agli arbitri spetta il compito di fare corretta applicazione dei canoni ermeneutici, per accertare il significato del contratto e la volontà negoziale delle parti, mentre al giudice dell'impugnazione del lodo arbitrale compete l'indagine sull'adeguatezza e la correttezza delle valutazioni in esso contenute e alla Corte di Cassazione , infine, spetta di verificare se la sentenza di secondo grado sia affetta da vizi di legittimità e se essa sia correttamente motivata, con riferimento ai motivi di impugnazione attinenti alle violazioni di canoni ermeneutici Cass. n. 7554/2020 .

Presidente Amendola – Relatore Nazzicone Fatti di causa Con sentenza del 3 dicembre 2019, la Corte d'appello di Milano ha respinto le impugnazioni, principale e incidentale, proposte rispettivamente dall'appaltatrice Omissis s.r.l. in liquidazione e dalla committente Omissis s.p.a. avverso il lodo arbitrale pronunciato in data 7 febbraio 2017, con il quale, accolta parzialmente l'eccezione di prescrizione, la seconda è stata condannata al pagamento, in favore dell'appaltatrice, della somma di Euro 619.748,29, con gli interessi legali dal 27 luglio 1999, quale importo indebitamente detratto dalla committente dal prezzo dell'appalto, a titolo di penale per il ritardo nell'esecuzione dei lavori di costruzione del centro commerciale Omissis in Omissis venendo altresì respinte le domande di nullità del contratto concluso tra le parti il 7 maggio 1992 o della clausola penale in questione, contenuta nell'art. 8 di detto contratto. Ha ritenuto la Corte territoriale, decidendo l'impugnazione principale di Omissis s.r.l. a con riguardo all'eccezione di prescrizione sollevata dalla committente Omissis s.p.a., che il lodo non era viziato da contraddittorietà o mancanza di motivazione infatti, il lodo aveva motivato nel senso che l'eccezione di prescrizione era fondata con riguardo a tutte le pretese non basate sul contratto del 7 maggio 1992, in quanto questo, a parere del collegio arbitrale, era l'unico, fra i vari conclusi inter partes, ad essere stato dedotto nel giudizio svoltosi innanzi al Tribunale di Velletri poi pervenuto in sede arbitrale in virtù della declaratoria d'incompetenza , e tale motivazione era satisfattiva dell'obbligo del collegio arbitrale di provvedere motivando quanto al motivo di impugnazione, che censurava il convincimento degli arbitri secondo cui non tutte le penali trovavano fondamento nell'art. 8 del predetto contratto del 7 maggio 1992, e deduceva che essi non avrebbero considerato come due fatture del 22 dicembre 1992 riportassero la medesima causale riferentesi al predetto art. 8, si trattava di motivi di merito b con riguardo al motivo, volto a censurare la mancata declaratoria di nullità dell'art. 8 del contratto, che prevedeva le penali, in quanto fraudolentemente mirante a spogliare la Omissis s.r.l. del suo patrimonio riducendo artificiosamente il corrispettivo dovutole, ha ritenuto il motivo inammissibile, per non essere integrata la fattispecie della motivazione assente o contraddittoria da parte degli arbitri c quanto al motivo vertente sull'errore di diritto, per avere gli arbitri stabilito la decorrenza degli interessi sulla somma dovuta alla Omissis s.r.l. non dal di del debito 1993 , ma dal momento in cui la domanda fu proposta innanzi al giudice 1999 , esso era infondato, avendo gli arbitri correttamente qualificato la domanda come di ripetizione d'indebito ex art. 2033 c.c. , onde gli interessi, nel caso di buona fede dell'accipiens, erano dovuti solo dalla domanda giudiziale d quanto al motivo vertente sull'errore di diritto, per avere gli arbitri negato il danno da svalutazione monetaria, lo ha ritenuto infondato, dal momento che l'obbligo ex art. 2033 c.c. integrava un debito di valuta. Circa l'impugnazione incidentale di Omissis s.p.a., la sentenza impugnata ha ritenuto che e era infondato il motivo concernente la pretesa invalidità dell'arbitrato, dall'impugnante fondato sul fatto che la clausola compromissoria ex art. 14 del contratto del 7 maggio 1992 sarebbe divenuta inefficace, in ragione della natura novativa dei successivi negozi conclusi tra le parti dal momento che questi non avevano affatto avuto effetti novativi, ma meramente modificativi ed integrativi di quello, come la Corte territoriale ha desunto da una serie di indici e documenti f era infondato il motivo concernente la pretesa inefficacia della clausola compromissoria ex art. 14 del contratto del 7 maggio 1992, per l'asserita risoluzione del contratto, avendo le parti espressamente convenuto la perdurante efficacia di tale previsione g era infondato il motivo concernente la pretesa applicazione di contratti diversi da quelli che formavano oggetto dell'arbitrato e vizio di ultrapetizione infatti, il lodo aveva esaminato gli altri contratti unicamente nell'àmbito del ragionamento sulla debenza della somma, non pagata quale corrispettivo da Omissis s.p.a. a Omissis s.r.l. a titolo di penale e scomputata dalla committente dal prezzo dell'appalto, per evitare che si realizzasse, in tal modo, una sostanziale duplicazione delle poste, atteso l'accordo di tramutamento della penale in lavori aggiuntivi senza corrispettivo, pacificamente eseguiti dall'appaltatrice Omissis s.r.l. nessuna estensione dei poteri del collegio arbitrale ad altri contratti, quindi, ma soltanto determinazione del corretto ammontare della penale, che era proprio l'oggetto del giudizio arbitrale h erano infondati i motivi concernenti l'omessa pronuncia sull'eccezione d'inesistenza della clausola compromissoria per essere stato novato e poi risolto il contratto del 7 maggio 1992, avendo gli arbitri escluso un tale fenomeno insussistente anche l'omessa pronuncia sulle eccezioni di tardività della avversa domanda di nullità dell'art. 8 del contratto di appalto, in violazione altresì del contraddittorio, in quanto quest'ultimo era stato pienamente rispettato, come risultava dall'esame dello svolgimento dell'intero giudizio arbitrale i era infondato il motivo che lamentava la violazione di legge, Data pubblicazione 20/06/2023 per non avere gli arbitri ritenuto interamente prescritta la domanda, motivo fondato sulla circostanza che la domanda di pagamento dell'intero corrispettivo dell'appalto senza nessuna decurtazione a titolo di penale, proposta innanzi al Tribunale di Velletri, non avrebbe da essi potuto essere reputata comprensiva anche della domanda di restituzione delle penali ingiustamente addebitate era vero il contrario, onde esattamente gli arbitri avevano ritenuto interrotta da quell'atto di citazione la prescrizione del diritto vantato l era, infine, di merito il motivo che lamentava l'avere gli arbitri ritenuto provata la effettiva e corretta esecuzione da parte di Omissis s.r.l. dei lavori aggiuntivi, in cui le penali dovevano essere convertite. Avverso tale pronuncia viene proposto ricorso per cassazione dalla Omissis s.p.a., sulla base di nove motivi, cui resiste l'intimata con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato a tre motivi, al quale la controparte risponde con proprio controricorso. Le parti hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1. - Giova esaminare in primo luogo il ricorso principale e di esso i motivi che, al di là dell'ordine logico con il quale sono presentati in ricorso, meritano una trattazione unitaria, per le caratteristiche che li connotano. 1.1. - Con il primo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1230,1362 ss. e 1965 c.c. , 9, 99, 806, 808, 817, 828 e 829 c.p.c., avendo la Corte territoriale ritenuto valida ed efficace la clausola compromissoria quando, invece, essa era venuta meno in ragione dei successivi contratti conclusi tra le parti, come emergeva in modo evidente dal contenuto dei medesimi del resto, la previsione negoziale, secondo cui i patti non derogati restavano in ogni caso validi, valeva soltanto sino all'ultimazione del centro commerciale. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. , 9, 99, 806, 808, 808-quater, 817, 828 e 829 c.p.c., non avendo la Corte territoriale ritenuto che gli arbitri avessero deciso al di fuori dalla convenzione di arbitrato, pur risultando evidente che il collegio aveva applicato un contratto non dedotto in giudizio. Con il quarto motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. , 112, 828 e 829 c.p.c., per non avere ritenuto la Corte territoriale fondata la censura di omessa pronuncia degli arbitri circa la inesistenza, nullità o inefficacia della clausola arbitrale, avendo questi invece deciso sul punto escludendo ogni novazione contrattuale. Con l'ottavo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1230,1362 ss., 1965 c.c. , 828 e 829 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto provata la pattuita conversione della penale in lavori aggiuntivi senza corrispettivo, come previsto in un successivo contratto fra le parti il c.d. quarto contratto , senza considerare a quel punto anche gli ulteriori negozi c.d. quinto e sesto contratto , da cui sarebbe risultata la novazione e transazione proprio di quella clausola penale, che invece la Corte d'appello aveva escluso, in violazione delle citate disposizioni in tema di transazione e di novazione. Con il nono motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. , 101, 816-bis, 828 e 829 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto concernente una questione di merito il motivo, innanzi ad essa proposto, relativo all'onere della prova gravante su Omissis s.r.l. circa l'effettiva esecuzione di lavori in sostituzione della penale e circa la loro consistenza, non avendo invece la ricorrente ivi riproposto una rivalutazione dei documenti in atti. 1.2. - Tali motivi possono ricevere una trattazione unitaria, in quanto sono affetti dai medesimi plurimi vizi di inammissibilità. 1.2.1. - Va, in premessa, ricordato il consolidato principio per il quale, in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia deciso sull'impugnazione per nullità del lodo arbitrale, la Corte non può apprezzare direttamente il lodo arbitrale, ma solo la decisione impugnata, nei limiti dei motivi di ricorso relativi alla violazione di legge e, ove ancora ammessi, alla congruità della motivazione della sentenza resa sul gravame, non potendo, peraltro, sostituire il suo giudizio a quello espresso dalla corte di merito sulla correttezza della ricostruzione dei fatti e della valutazione degli elementi istruttori operata dagli arbitri fra le tante, Cass. 7 febbraio 2018, n. 2985 , dovendo quindi il sindacato di legittimità essere condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge e della congruità dei motivi della sentenza resa sul gravame e multis, Cass. 30 novembre 2020, n. 27321 Cass. 26 maggio 2015, n. 10809 . 1.2.2. - Orbene, in primo luogo, i motivi difettano di specificità, in violazione dell' art. 366 c.p.c. così, in particolare, il primo, il secondo ed il quarto motivo , dal momento che non risulta in modo adeguato indicato il contenuto degli specifici atti dei giudizi di merito, da cui desumere la fondatezza delle doglianze poste. Onde, al riguardo, deve farsi applicazione del consolidato principio ex plurimis, Cass. 13 marzo 2018, n. 6014 Cass. 29 settembre 2017, n. 22880 Cass. 20 luglio 2012, n. 12664 Cass. 20 settembre 2006, n. 20405 , secondo cui la deduzione con il ricorso per cassazione di error in procedendo, in relazione al quale la corte è anche giudice del fatto potendo accedere direttamente all'esame degli atti processuali del fascicolo di merito, esige che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l'ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando ne sia stata positivamente accertata l'ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo. Ciò in quanto l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un errore processuale, presuppone comunque l'ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall'onere di specificare - a pena, appunto, di inammissibilità - il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell'errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso, onde dar modo alla Corte di controllare de visu la veridicità di tale asserzioni. 1.2.3. - Il vizio che affetta i motivi in discorso è altresì quello di riproporre questioni di fatto, pur sotto l'egida apparente della deduzione di vizi di legittimità. Tuttavia, il controllo della Suprema Corte non può mai consistere nella rivalutazione dei fatti, neppure in via di verifica della adeguatezza e congruenza dell'iter argomentativo seguito dagli arbitri, come sopra esposto così, in particolare, i motivi primo, secondo, ottavo e nono . 1.2.4. - I motivi sono pure inammissibili, laddove essi pongono una questione di interpretazione del lodo arbitrale o dei documenti del giudizio, ma senza formulare ammissibile questione di violazione dei canoni di ermeneutica negoziale ex art. 1362 ss. c.c. Costituisce principio da tempo affermato che, devoluta alla sede arbitrale l'interpretazione di un contratto, il compito di fare corretta applicazione dei canoni ermeneutici per accertare il significato del contratto stesso e la volontà delle parti che l'hanno stipulato è demandato agli arbitri medesimi, mentre al giudice dell'impugnazione del lodo compete valutare, nella fase rescindente, se questo contenga al riguardo una motivazione denunciati vizi della sentenza di detto giudice e non vizi del lodo, spetta infine soltanto di verificare se tale sentenza sia a sua volta adeguatamente e correttamente motivata in relazione ai motivi di impugnazione del lodo concernenti la presunta violazione delle regole di interpretazione, e non già di sindacare l'eventuale soluzione di questioni di merito risolte dal giudice della impugnazione ai fini della predetta indagine Cass. 27 marzo 2020, n. 7554 Cass. 31 gennaio 2007, n. 2201 . Dunque, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare la violazione delle regole di cui agli artt. 1362 ss. c.c. , non può limitarsi alla mera contrapposizione tra la propria interpretazione e quella accolta nella sentenza impugnata Cass. 15 novembre 2013, n. 25728 per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili interpretazioni Cass. 20 novembre 2009, n. 24539 . Orbene, nella specie la Corte del merito ha esaurientemente argomentato, nel senso che non vi era nullità del lodo, né ai sensi dei nn. 1, 4, 9, 12 del comma 1 dell' art. 829 c.p.c. , né per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, ai sensi del comma 3 dell' art. 829 c.p.c. , reputando, invero che la convenzione di arbitrato fosse valida, dovendosi escludere ogni effetto in contrario delle successive pattuizioni, dalla Corte esaminate in concreto n. 1 che il lodo non aveva pronunciato fuori dei limiti della convenzione d'arbitrato, argomentando ampiamente tale suo convincimento, sempre dall'esame del lodo e degli accordi n. 4 che il lodo non era nullo, essendo stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio n. 9 . E dunque, nel formulare tali argomentazioni, la Corte d'appello non si espone ad alcuna violazione dei criteri ermeneutici invocati. 2. - Con il terzo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell' art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, non avendo la Corte territoriale deciso con riguardo al motivo, proposto da Omissis s.p.a. in quella sede, in cui si lamentava che gli arbitri avessero fondato la condanna su titolo extracontrattuale, ossia la ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. , quando, invece, la controparte aveva proposto domande di natura contrattuale - la domanda di riduzione della penale ai sensi dell' art. 1384 c.c. e la domanda di nullità di clausola negoziale o dell'intero contratto - sulla base della clausola compromissoria, né le parti avevano invocato il disposto dell' art. 2033 c.c. durante l'arbitrato, posto che essa esorbitava dal compromesso. Secondo l'esponente, dunque, sul punto la Corte del merito avrebbe omesso ogni pronuncia. Il motivo va disatteso, per le ragioni che saranno diffusamente esposte in sede di trattazione del terzo motivo del ricorso incidentale, concernendo uno stesso profilo della decisione impugnata. 3. - Con il quinto motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell' art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, non avendo la Corte territoriale deciso con riguardo al motivo, con cui ivi si denunciava l'omessa pronuncia arbitrale circa l'eccezione di tardività dell'avversa domanda di nullità del contratto. Il motivo è inammissibile, non essendo stato neppure dedotto quale conseguenza, con riguardo al diritto di difesa, sarebbe derivata alla ricorrente dalla menzionata omissione, dal momento che gli arbitri non hanno affatto accolto tale domanda di controparte, laddove esaurientemente, invece, la Corte territoriale ha complessivamente ritenuto la questione ampiamente discussa tra le parti medesime. 4. - Con il sesto motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 816-bis, 828 e 829 c.p.c. , per non avere la Corte territoriale ritenuto fondata la censura di violazione del contraddittorio sulla questione di nullità sopra indicata, introdotta tardivamente dalla controparte, senza che la Omissis s.p.a. avesse avuto modo di difendersi in modo adeguato. Il motivo è inammissibile, avendo la Corte territoriale chiaramente spiegato, con ampia e diffusa motivazione, le tutele processuali con le quali il diritto di difesa e il diritto al contraddittorio erano stati assicurati, pur a fronte dell'introduzione dell'avversa domanda di nullità negoziale. 5. - Con il settimo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss., 2943 c.c. , 99, 828 e 829 c.p.c., avendo la Corte territoriale, ai fini della decisione sull'interruzione della prescrizione, ritenuto ricompresa nella domanda di adempimento contrattuale, proposta innanzi al Tribunale di Velletri, quella di riduzione della penale ex art. 1384 c.c. , proposta innanzi agli arbitri da Omissis s.r.l. Il motivo non ha pregio, per le ragioni che saranno esposte nell'unitaria trattazione con il motivo terzo del ricorso incidentale. 6. - Il primo motivo del ricorso incidentale denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 ss. c.c. , 99, 112, 115, 116, 823, n. 5, 829, n. 5 e n. 11, c.p.c., con nullità della sentenza per difetto di motivazione, ai sensi dell' art. 132 c.p.c. e omesso esame di fatto decisivo, perché gli arbitri non avrebbero potuto ritenere che la domanda innanzi al Tribunale di Velletri, ai fini della interruzione della prescrizione, concernesse soltanto il contratto del 7 maggio 1992, quando invece palesemente ivi si erano dedotti anche i contratti successivi, per i quali valeva sempre la medesima clausola penale contenuta nell'art. 8 del detto c.d. terzo contratto ma la Corte territoriale ha disatteso tale motivo di impugnazione, reputando insussistenti i vizi di contraddittorietà o assenza di motivazione del lodo, che invece esistevano, avendo gli arbitri, da un lato, riconosciuto la natura interruttiva del ricorso ivi proposto, che richiedeva il pagamento di tutte le somme illegittimamente trattenute a titolo di penale, e, dall'altro lato, reputato l'atto interruttivo efficace solo per una parte di quelle penali, relative al contratto del 7 maggio 1992. Il motivo è inammissibile, per difetto di autosufficienza, dal momento che, come sopra già ricordato, anche la denuncia di error in procedendo non esime dall'osservanza di tale requisito di formulazione del ricorso mentre non esiste affatto una motivazione inferiore al minimo costituzionale nel capo in questione della sentenza impugnata, né fatto storico il cui esame sia stato omesso. 7. - Il secondo motivo del ricorso incidentale denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, n. 2, 1343 e 1345 c.c. , 99, 112, 115, 116, 823, n. 5, 829, n. 5 e n. 11, c.p.c., con nullità della sentenza per difetto di motivazione, ai sensi dell' art. 132 c.p.c. ed omesso esame di fatto decisivo, con riguardo alla statuizione resa dalla Corte territoriale sul motivo concernente il rigetto della domanda di nullità della clausola penale o dell'intero contratto, per avere controparte operato un progetto spoliativo della Omissis s.r.l., prospettazione che gli arbitri avevano erroneamente disatteso. Il motivo è inammissibile, perché, pur prospettato come volto a censurare una motivazione mancante e inferiore al minimo costituzionale, sottende in verità la riproposizione di un giudizio di fatto, oltre a pretendere di censurare impropriamente in questa sede quanto dagli arbitri stessi statuito sul merito della controversia. 8. - Il terzo motivo del ricorso incidentale denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1224 e 1282 c.c. , non avendo la Corte territoriale ravvisato l'errore di diritto degli arbitri nell'escludere la decorrenza degli interessi sulla somma costituente corrispettivo dell'appalto, ma trattenuta illecitamente dalla committente e oggetto di condanna - dal di del dovuto, ossia dal 22 marzo 1993, ed avere invece reputato dovuti gli interessi legali solo dalla domanda giudiziale, proposta nel 1999. La Corte territoriale ha ritenuto accolta dagli arbitri una domanda di indebito oggettivo, mentre così non era, trattandosi di una domanda contrattuale di pagamento del corrispettivo dell'appalto, che controparte aveva evitato di versare applicando penali non dovute dunque, la disciplina dell'indebito oggettivo, quanto alla decorrenza degli interessi per l'accipiens in buona fede solo dalla domanda giudiziale, vi era del tutto estranea. Errata, secondo la ricorrente, è anche la statuizione arbitrale, e con essa la sentenza impugnata che non ha ravvisato la violazione di legge, nell'avere escluso già in astratto la liquidabilità di un danno da svalutazione monetaria, a norma dell' art. 1224 c.c. dovuto anche per i debiti di valuta ed essendo la ricorrente un imprenditore commerciale. Il motivo è fondato, per entrambi i profili che propone, alla stregua delle considerazioni seguenti. 8.1. - In punto di fatto, la sentenza impugnata riferisce che la particolare pattuizione inter partes prevedeva, ai sensi dell' art. 1382 c.c. , una penale per il ritardo nell'esecuzione dei lavori che avessero superato le scadenze stabilite, con l'ulteriore accordo che, in luogo del pagamento della penale, l'appaltatrice avrebbe eseguito lavori aggiuntivi, per i quali nulla sarebbe stato tuttavia corrisposto, valendo il prezzo trattenuto quale penale per l'inadempimento da ritardo. E gli arbitri hanno, appunto, ritenuto che, realizzatasi tale situazione, parte del corrispettivo fosse stato indebitamente dalla committente trattenuto a titolo di penale in tal modo si operava invero una duplicazione degli esborsi, di modo che dovesse essere pagata all'appaltatrice ancora la somma trattenuta, che doveva dunque esserle corrisposta quale prezzo dell'appalto. E, però, gli arbitri, sulla somma in tal modo pur reputata come dovuta a titolo di corrispettivo, hanno poi applicato gli interessi legali, a decorrere non dalla scadenza dell'obbligazione di pagamento, ma dalla domanda giudiziale, facendo applicazione dell' art. 2033 c.c. e della regola giuridica ivi contenuta, secondo cui gli interessi sono dovuti dal giorno del pagamento, se chi ha ricevuto un importo non dovuto era in mala fede, e dal giorno della domanda, se questi era in buona fede. In una con tale motivo, il Collegio intende dunque delibare anche i motivi terzo e settimo del ricorso principale. 8.2. - L'applicazione, al descritto caso di specie, della disciplina degli interessi dettata per l'indebito pagamento non può essere condivisa. 8.2.1. - Occorre qui ricordare che le Sezioni unite hanno affermato come, in tema di ripetizione dell'indebito oggettivo, ai fini del decorso degli interessi sulla somma oggetto di restituzione, l'espressione dal giorno della domanda contenuta nell' art. 2033 c.c. non vada intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale, ma invece è atta a ricomprendere anche gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora, ai sensi dell' art. 1219 c.c. Cass., sez. un., 13 giugno 2019, n. 15895 . Dunque, le S.U. hanno statuito che la domanda, ai fini dell' art. 2033 c.c. , va intesa anche come pretesa stragiudiziale, al riguardo operando una interpretazione estensiva della disposizione. Tale approdo è stato indotto, verosimilmente, dall'esigenza di circoscrivere l'applicazione di un disposto normativo - quello che regola il debito degli interessi ancorandolo alla verifica dello stato di buona o mala fede dell'accipiens - invero insoddisfacente, quando si tratti di applicare l' art. 2033 c.c. in sede di adempimento contrattuale, oppure di nullità, annullabilità, risoluzione e, in una parola, caducazione del contratto, da cui derivi l'obbligo delle reciproche restituzioni. 8.2.2. - La dottrina civilistica che ha riflettuto sull'istituto della ripetizione dell'indebito, applicato alle ipotesi in cui si sia verificato un evento caducatorio del contratto, aveva già posto la questione - rilevante in via generale - dell'irragionevolezza di un'attribuzione di rilevanza alla buona o mala fede, a norma delle disposizioni sull'indebito oggettivo di cui agli artt. 2033 ss. c.c. , rispetto a parti contraenti che, in forza del contratto, avevano, invero, entrambe pieno diritto alla prestazione ricevuta. E dove, pur se si voglia e si possa riferire tale requisito difficoltà già in tal senso si incontrano all'imputabilità ad un contraente della caducazione negoziale, si giungerebbe a risultati non razionali, quando, in ipotesi, non sia imputabile all'accipiens il fatto caducatorio e, dunque, egli debba ritenersi in buona fede cosicché questi - appunto perché in buona fede - risponderebbe solo nei limiti dell'arricchimento, con vanificazione della funzione recuperatoria delle azioni di restituzione. Infatti, come ricordato, per tali evenienze, l' art. 2033 c.c. prevede, a favore del solvens, il diritto agli interessi e ai frutti, fissando la decorrenza dell'obbligazione accessoria dal giorno del pagamento, se l'accipiens era in mala fede, e dal giorno della domanda, come visto intesa anche non giudiziale, se era in buona fede. Ove si estenda alla risoluzione o ad altra ipotesi di caducazione del contratto tale disciplina, non risulta allora razionale attribuire rilevanza allo stato psicologico dell'accipiens, ai fini della determinazione dell'obbligo restitutorio non dallo stato psicologico di questi deve dipendere l'obbligo restitutorio, che invece - secondo la ratio del rimedio negoziale nullità, annullabilità, risoluzione - dovrebbe decorrere più ragionevolmente proprio dall'avvenuta esecuzione della prestazione. Ne segue la proposta di ricostruire la regola, concretamente applicabile, alla luce della ratio dei vari rimedi la quale opera a favore delle restituzioni fin dal giorno del pagamento, indipendentemente dalla buona o dalla mala fede di chi riceve il bene tale ratio potrebbe quindi indurre a disapplicare la regola dettata dall' art. 2033 c.c. per il contratto caducato, onde l'accipiens, sebbene in buona fede, non sarà esonerato dal restituire frutti ed interessi. Se il contratto cade, la regola è quella delle reciproche restituzioni sulla base delle stesse nozioni di nullità, annullabilità, risoluzione, rescissione o condizione, le quali comportano l'inefficacia ex tunc a parte i profili di tutela dei terzi , nonché delle specifiche disposizioni positive artt. 1360,1422,1458,1463 c.c., ecc. . In questa prospettiva, occorre evitare un'applicazione letterale e asistematica della disciplina sul pagamento indebito. In sintesi, pertanto, nelle ipotesi di caducazione del negozio la disciplina del pagamento dell'indebito si applica dato che ad essa rinviano numerose disposizioni rilevanti , ma il rinvio può essere in via interpretativa inteso come in quanto compatibile , trattandosi di reciproche restituzioni, e non di mere prestazioni isolate donde l'esigenza di adattare la disciplina dipendente dagli stati soggettivi di buona o mala fede dell'accipiens, piuttosto, alla situazione di imputabilità dell'inattuazione funzionale del negozio, o, ove ciò risulti incompatibile con il principio della rimessione in pristino, con l'inapplicabilità di quei profili di disciplina. Resta il dato di metodo, secondo cui non si può prescindere da quella disciplina, attesi i numerosi rinvii del diritto positivo che non consentono di trascurarla es. artt. 1189,1422,1443,1463,1493,1933,2921,2940 c.c. tuttavia, in via interpretativa sarà possibile adattarla alle speciali esigenze di una caducazione negoziale, considerando il rinvio in quanto compatibile , trattandosi di reciproche restituzioni in virtù dell'effetto retroattivo, e non di mere prestazioni isolate. Tale approdo è legittimo, in quanto si muove nell'ambito del range consentito di interpretazioni possibili della norma, ricercando quella più corretta , senza sconfinare in una inammissibile interpretazione creativa , preclusa al giudice dall' art. 101, comma 2, Cost. 8.2.3. - Spunti interpretativi in tal senso non mancano presso questa Corte, come allorché si afferma che la sentenza di risoluzione per inadempimento produce, rispetto alle prestazioni già eseguite, un effetto recuperatorio ex tunc, e, pertanto, in caso di risoluzione di un contratto di vendita per inadempimento del venditore questi è tenuto a restituire le somme ricevute con gli interessi legali, a decorrere dal giorno in cui le stesse somme gli furono consegnate dall'acquirente cfr. Cass. 16 marzo 2017, n. 6844 , non mass. Cass. 5 novembre 2015, n. 22664 , non mass. Cass. 19 ottobre 2015, n. 21120 , non mass. Cass. 18 settembre 2014, n. 19659 Cass. 22 febbraio 2008, n. 4604 . Ancora, in tema di spese processuali, si è precisato che le regole della soccombenza e della causalità della lite prevalgono, come norme speciali attinenti al processo, sulla regola generale dell' art. 2033 c.c. in ordine agli interessi pertanto, in relazione al principio dell'integrale ripristino dell'equilibrio patrimoniale violato dalla decisione rivelatasi ingiusta, gli interessi sulle somme delle quali il giudice abbia disposto la restituzione, quali spese di soccombenza relative ai precedenti gradi del giudizio erogate alla parte allora vittoriosa, sono dovuti con decorrenza non dalla relativa domanda giudiziale, ma dal momento anteriore del loro esborso Cass. 21 dicembre 2017, n. 30658 Cass. 20 ottobre 2011, n. 21699 Cass. 17 dicembre 2010, n. 25589 . 8.2.4. - Ora, se questo ragionamento viene svolto dalla dottrina e dai menzionati precedenti in tema di caducazione del negozio e di obblighi restitutori - dove pure l'ordinamento positivo opera alcuni rinvii alla disciplina dell'indebito, a questo punto da ritenere richiamata in quanto applicabile - tanto più dovrà escludersi il rilievo di disposizioni non pertinenti, come quella degli interessi sulla somma pecuniaria indebitamente versata di cui all' art. 2033 c.c. , nel regolare gli effetti dell'inadempimento all'obbligo di pagamento del prezzo in base a contratto. Invece, la vicenda va risolta per intero nel diritto dei contratti e nella disciplina dell'adempimento ed inadempimento alle obbligazioni che ne scaturiscono. Nel caso di specie, invero, le affermazioni svolte dagli arbitri sono tutte maturate nell'ambito della domanda di inadempimento contrattuale il concetto di somme indebitamente trattenute , da essi menzionato, non aveva affatto il senso di qualificare l'azione come proposta ex art. 2033 c.c. , anzi essa era sempre un'azione contrattuale. Se il committente, come nella specie, venga accertato come inadempiente all'obbligo di pagare una parte del prezzo dell'appalto, egli dovrà provvedere al pagamento del corrispettivo in favore della controparte ma, a quel punto, non rileva se egli fosse in buona fede, oppure no, nel trattenere e non pagare alla scadenza una parte del prezzo, reputando di applicare rettamente la relativa clausola contrattuale per compensare il credito altrui con il proprio diritto alla penale, mediante il rifiuto di pagare una parte del corrispettivo tale corrispettivo dovrà, in conclusione, essere pagato, come da contratto, senza che all'obbligo de quo possa applicarsi la regola della debenza della somma in adempimento dell'obbligo stesso come decorrente solo dalla domanda. Venuta meno, a seguito dell'accertamento arbitrale in tal senso, la giusta causa dell'attribuzione, in un primo momento individuata dalla committente non importa se in buona o in mala fede nel proprio diritto di trattenere l'importo a titolo di penale, e richiesto al committente di provvedere all'adempimento, la causa negoziale della debenza della somma è esattamente quella che fonda il corrispettivo nell'appalto, la quale rende automaticamente sussistente il debito degli interessi dalla scadenza. Se, quindi, il committente non abbia pagato il prezzo, semplicemente sarà inadempiente alla sua obbligazione pecuniaria, cui afferisce la regola della produzione degli interessi di pieno diritto dalla scadenza stabilita, quali interessi corrispettivi ai sensi dell' art. 1282 c.c. o moratori ai sensi dell' art. 1224 c.c. , restando del tutto privo di rilievo lo stato di buona o mala fede della committente medesima. 8.3. - Relativamente al danno da svalutazione monetaria, il motivo è altresì fondato, in quanto è errato escludere tout court, come avvenuto nella specie ad opera del giudice d'impugnazione del lodo che ha ritenuto un divieto di cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria , l'applicazione dell' art. 1224, comma 2, c.c. , al contrario dovendo il giudicante permettere alla parte che richieda il danno da svalutazione monetaria di provare di averlo patito. Invero, questa Corte si è attestata sul principio secondo cui, in caso di ritardato adempimento di un'obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all' art. 1224, comma 2, c.c. , può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali ove il creditore rivesta la qualità di imprenditore, è sufficiente dimostrare di avere, durante la mora del debitore, fatto ricorso al credito bancario o ad altre forme di approvvigionamento di liquidità , sempre che il ricorso al credito, in relazione all'entità dello stesso e alle dimensioni dell'impresa, sia stato effettiva conseguenza dell'inadempimento cfr., e multis, Cass. 9 agosto 2021, n. 22512 Cass. 4 giugno 2018, n. 14289 Cass. 14 marzo 2017, n. 6575 , in motiv. Cass. 12 marzo 2014, n. 5639 Cass., sez. un., 16 luglio 2008, n. 19499 . 9. - In conclusione, disatteso il ricorso principale e tutti gli altri motivi del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata, in accoglimento del terzo motivo del ricorso incidentale, con rinvio innanzi alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, perché decida nuovamente sui motivi di impugnazione predetti, tenuto conto del seguente principio di diritto In caso di inadempimento contrattuale ad una obbligazione pecuniaria, pur quando derivante da somma indebitamente trattenuta dall'obbligato, alla condanna all'adempimento si aggiunge, su domanda di parte, il debito degli interessi, che sono dovuti - senza nessun rilievo dello stato di buona o mala fede del contraente che indebitamente non abbia corrisposto la somma dovuta alla controparte - con decorrenza dal momento della scadenza dell'obbligazione o, in mancanza, dalla messa in mora, e con facoltà per il creditore di provare il danno patito per la svalutazione monetaria a seguito del ritardo nel pagamento, ai sensi dell' art. 1224, comma 2, c.c. . Alla Corte del rinvio si demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale, disattesi gli altri motivi del medesimo e il ricorso principale cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dall 'art. 1, comma 17 della l.n. 228 del 201 2, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.