Il colpevole inadempimento dell’avvocato paralizza la sua pretesa ad ottenere il compenso residuo?

Un avvocato ricorreva presso il Tribunale di Torino per ottenere la condanna della propria cliente al pagamento del saldo, pari a euro 2.749,83, di quanto dovuto per la difesa prestata in un processo. I giudici di prime e di seconde cure, però, rigettavano l’istanza.

La Corte d'Appello evidenziava, infatti, come l' inadempimento dell'avvocato fosse riconducibile alla mancata, o comunque irregolare, produzione di prova documentale delle spese mediche sostenute dalla cliente, nonché al mancato riconoscimento del lucro cessante per difetto di istruttoria sul punto, non essendo il difensore comparso all'udienza di ammissione dei mezzi istruttori , con conseguente difetto di espletamento di ogni istruttoria sul punto . Con sentenza n. 25894/2016 la Cassazione accoglieva il ricorso del professionista, imponendo al giudice di rinvio di riesaminare il punto della reale incidenza sugli interessi della cliente attribuibile all'assenza dell'avvocato all'udienza del 20 aprile 2004. Con la pronuncia n. 1715/2018 la Corte d'appello di Torino, quale giudice del rinvio, riteneva che fosse ravvisabile il colpevole inadempimento del professionista , suscettibile di paralizzare la sua pretesa di ottenere il compenso professionale residuo , così che la relativa domanda doveva essere respinta. Il protagonista della vicenda in esame ricorre nuovamente in Cassazione avverso quest'ultima sentenza, ma in questo caso, il Collegio rigetta il suo ricorso, avendo già precisato che il professionista, nella prestazione della propria attività, è obbligato a utilizzare la diligenza del buon padre di famiglia e che la violazione di tale dovere comporta inadempimento contrattuale e la perdita del diritto al compenso e l'eccezione di inadempimento può essere opposta dal cliente all'avvocato che abbia violato l'obbligo di diligenza professionale, purché la negligenza sia stata tale da incidere sui suoi interessi, in modo da pregiudicare la sua chance di vittoria in giudizio . Per tutti questi motivi la Corte di Cassazione rigetta il ricorso in oggetto e condanna il ricorrente ad un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Presidente Orilia – Relatore Marcheis Premesso che 1. Nel 2005 l'avvocato B.F. ha proposto ricorso al Tribunale di Torino per ottenere la condanna della propria cliente C.C. al pagamento del saldo, pari a Euro 2.749,83, di quanto dovuto per la difesa prestata in un processo. C. si ècostituita eccependo l'inadempimento dell'attrice e chiedendo di rigettare la domanda. Il Tribunale di Torino rigettava la domanda. Il rigetto della domanda è stato confermato dalla Corte d'appello di Torino, che ha evidenziato come l'inadempimento dell'avvocato fosse riconducibile alla mancata, o comunque irregolare, produzione di prova documentale delle spese mediche sostenute da C. , nonché al mancato riconoscimento del lucro cessante per difetto di istruttoria sul punto, non essendo il difensore comparso all'udienza di ammissione dei mezzi istruttori, con conseguente difetto di espletamento di ogni istruttoria sul punto. 2. L'avvocato B. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 25894/2016 , ha accolto il primo motivo di ricorso, che lamentava il vizio della motivazione per avere il giudice d'appello basato l'accertamento della responsabilità professionale solo sull'assenza dell'avvocato all'udienza di ammissione delle prove, imponendo al giudice di rinvio di riesaminare il punto della reale incidenza sugli interessi della cliente C. attribuibile all'assenza dell'avvocato B. all'udienza del 20 aprile 2004 . Con la sentenza n. 1715/2018 la Corte d'appello di Torino, quale giudice di rinvio, ha ritenuto che fosse ravvisabile il colpevole inadempimento dell'avvocato B. , suscettibile di paralizzare la sua pretesa di ottenere il compenso professionale residuo, così che la relativa domanda doveva essere respinta. 3. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino ricorre per cassazione l'avvocato B.F. . L'intimata C.C. non ha proposto difese. Considerato che I. Il ricorso è articolato in sei motivi. 1 Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1176, 1460 c.c. , 121 c.p.c., 24 Cost. la Corte d'appello è entrata nel merito della attività e della modalità di redigere gli atti da parte della ricorrente, profili che non sono demandati al controllo giudiziario nelle cause di responsabilità professionale l'indagine della Corte d'appello si è infatti sostanziata nell'analisi soggettiva e arbitraria del requisito di ammissibilità di un capo di prova, capo di prova tempestivamente dedotto dalla ricorrente e ritenuto ammissibile e rilevante da parte del giudice del processo presupposto la Corte d'appello ha altresì contestato la genericità della dichiarazione scritta di un terzo. 2 Il secondo motivo contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 1176 e 1460 c.c. la Corte d'appello ha stabilito il totale inadempimento della ricorrente, ma soltanto per il saldo, così che risulta contraddittoria l'eccezione di inadempimento la Corte d'appello non ha nemmeno rilevato che in punto lucro cessante la domanda della C. era stata accolta, avendo la sentenza del processo presupposto riconosciuto l'importo di Euro 2.385,75. 3 Il terzo motivo contesta violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 244 c.p.c. e 2697 c.c. l'articolazione della prova per testimoni di cui al capo 7 dedotto in atto di citazione non conteneva valutazioni, ma allegazioni fattuali e la dichiarazione scritta era stata tempestivamente prodotta e conteneva tutti i dettagli necessari alla dimostrazione del danno emergente. 4 Il quarto motivo contesta nullità della sentenza o del procedimento per avere pronunciato su cosa giudicata interna la sentenza impugnata è nulla in quanto è stato emesso un nuovo giudizio su capi o punti della pronuncia di primo grado passati in giudicato controparte non aveva impugnato in via incidentale l'affermazione della sentenza di primo grado secondo cui il citato capo di prova testimoniale non era generico, in quanto integrato dal richiamo ad esso operato presente nell'atto di citazione la questione sull'ammissibilità del detto capo era quindi stata risolta accogliendo le istanze della ricorrente e controparte non si è neppure costituita nel primo giudizio davanti alla Corte di cassazione, così che sulla ammissibilità del capo di prova si era formato il giudicato. 5 Il quinto motivo denuncia violazione dell' art. 360 c.p.c. , n. 4 per inosservanza del principio di vincolatività del decisum la decisione impugnata ha violato la struttura chiusa del processo di rinvio, avendo non solo nuovamente sindacato profili passati in giudicato, ma anche omesso di valutare se la prestazione professionale sia stata del tutto inutile l'avvocato non poteva garantire la vittoria integrale sia sotto il profilo del lucro cessante che del danno emergente. 6 Il sesto motivo fa valere violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. la sentenza impugnata ha addossato alla ricorrente le spese di tutti i gradi del processo, quando invece la ricorrente è risultata vittoriosa nel primo giudizio di cassazione. I primi cinque motivi sono tra loro strettamente connessi. In via prioritaria è necessario esaminare il quinto motivo, che contesta alla Corte d'appello la violazione dei limiti posti dalla pronuncia della Corte di cassazione. Il motivo è infondato. La Corte di cassazione - con la sentenza n. 25894/2016 - ha accolto il primo motivo di ricorso, con il quale si denunciava il vizio di motivazione della sentenza d'appello, avendo i giudici fondato l'inadempimento di B. sulla sola assenza all'udienza del 20 aprile 2004. La Corte di cassazione ha precisato che il professionista, nella prestazione della propria attività, è obbligato a utilizzare la diligenza del buon padre di famiglia e che la violazione di tale dovere comporta inadempimento contrattuale e la perdita del diritto al compenso l'eccezione di inadempimento, ha ancora precisato questa Corte, può essere opposta dal cliente all'avvocato che abbia violato l'obbligo di diligenza professionale, purché la negligenza sia stata tale da incidere sui suoi interessi, in modo da pregiudicare la sua chance di vittoria in giudizio. Nel caso in esame - ha affermato questa Corte - difettava nel ragionamento seguito dai giudici del merito la verifica che la condotta inadempiente dell'avvocato avesse costituito con elevata probabilità la causa della perdita della chance di accoglimento della pretesa risarcitoria della cliente la Corte ha quindi imposto al giudice di rinvio di riesaminare il punto della reale incidenza sugli interessi della cliente C. attribuibile all'assenza dell'avvocata B. all'udienza del 20 aprile 2004 . A fronte del dictum della Suprema Corte, il giudice di rinvio ha correttamente osservato che la verifica demandata dalla Suprema Corte, avendo la medesima già chiarito che l'assenza di B. all'udienza non avrebbe di per sé avuto conseguenze perché il Tribunale avrebbe comunque dovuto esaminare le istanze istruttore già formulate, si incentrava sul valutare se l'avvocato B. avesse dedotto o prodotto idonei mezzi di prova, profilo assorbito e quindi non affrontato in primo grado. L'indagine svolta dal giudice di rinvio appare pertanto rispettosa del compito affidato dalla Corte di cassazione. Venendo al primo motivo, va rilevata l'infondatezza della censura per la quale nel giudizio avente ad oggetto l'inadempimento dell'avvocato non sarebbe possibile la verifica dell'attività difensiva svolta dal medesimo. Come ha precisato la Corte di cassazione nella pronuncia che ha dato origine al rinvio, la deduzione dell'inadempimento da parte del cliente, in forma di domanda o di eccezione, comporta la verifica dell'espletamento del mandato da parte dell'avvocato secondo la diligenza del buon padre si famiglia, così che va valutata l'attività difensiva da questi in concreto svolta. Quanto al secondo motivo, va sottolineato che il giudice di rinvio v. la pag. 5 della sentenza impugnata ha considerato l'avvenuto riconoscimento della somma di Euro 2.385,75, quale risarcimento dei danni per la perdita della capacità lavorativa, ma ha poi correttamente valutato, alla luce dell'eccezione di inadempimento, la condotta difensiva della ricorrente rispetto alla richiesta di risarcimento ridotta rispetto all'iniziale richiesta di Euro 104.000 di Euro 22.000 per il danno da lucro cessante e di Euro 40.000 per il danno emergente. Il terzo motivo contesta la valutazione operata dal giudice di rinvio dell'articolazione della prova per testimoni la censura è inammissibile, trattandosi di attività demandata al giudice di merito che non può essere censurata davanti a questa Corte di legittimità. Quanto alla produzione della dichiarazione scritta del terzo, va rilevato che il giudice di rinvio ha precisato come si trattasse di uno scritto proveniente da un estraneo alla lite, come tale avente valore indiziario ove la credibilità e attendibilità del terzo non fosse stata oggetto di contestazione, ovvero avesse trovato conferma in altri elementi acquisiti al giudizio. Nel caso in esame - ha chiarito il giudice di rinvio - la dichiarazione era stata oggetto di espressa articolata constatazione e non erano ravvisabili circostanze tali da renderla attendibile in modo da poter confidare sulla sua esaustiva efficacia probatoria, così che non si poteva ragionevolmente pensare che la domanda di condanna al risarcimento avrebbe potuto essere accolta. Il quarto motivo è anch'esso infondato, in quanto non si era formato alcun giudicato sulla ammissibilità del capo di prova testimoniale. Il Tribunale aveva infatti dichiarato la decadenza della parte dall'assunzione della prova e solo ad abundantiam v. i passi trascritti in ricorso alle pagg. 13 e 14 aveva osservato in via ipotetica che il capo di prova il giudice avrebbe potuto ritenere non generico , per poi subito sottolineare che ove il capo non fosse stato ammesso per la sua genericità doveva comunque essere ravvisata la responsabilità dell'avvocato B. , affermazione quest'ultima che la ricorrente ci dice di avere contestato in appello, così che sulla ammissibilità del capo di prova, sotto il profilo della sua genericità, non era certamente sceso alcun giudicato interno. Il sesto motivo, infine, è anch'esso infondato Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all'esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio e al loro risultato così che, in relazione all'esito finale della lite, può aversi la legittima condanna della parte vittoriosa nel giudizio di cassazione - e, tuttavia, complessivamente soccombente - al rimborso delle stesse in favore della controparte così Cass., sez. un., n. 32906/2022 . II. Il ricorso va pertanto rigettato. Non vi è pronuncia sulle spese, non avendo l'intimata svolto difese nel presente giudizio. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Sussistono, ex art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 200 2, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.