La disponibilità del certificato di agibilità è una delle informazioni che il mediatore è tenuto a dare

L’obbligo di informazione è espletato anche segnalando la necessità di verificare l’effettiva disponibilità del certificato di agibilità.

Il generale dovere di correttezza, cui fa riscontro l'affidamento della parte nella veridicità delle affermazioni del mediatore sullo stato e sulle caratteristiche essenziali dell'immobile , gli impone d'informare chi sia interessato all'acquisto circa la propria inconsapevolezza in ordine alla verità di quanto egli affermi, chiarendo che le notizie fornite sono incontrollate. Qualora il mediatore infranga tali regole di condotta, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l'effetto, dal cliente. In relazione alle operazioni di acquisto immobiliare, sono così certamente comprese, fra le informazioni oggetto dell'obbligo di informazione a carico del mediatore, quelle riguardanti il rilascio del certificato di abitabilità . Tale certificato, infatti, attestando la rispondenza dell'immobile ai requisiti igienici, sanitari e urbanistici, e la conformità al progetto approvato ovvero alla concessione in sanatoria, costituisce requisito giuridico essenziale per il legittimo godimento e la commerciabilità del bene, sì che la sua mancanza, pur non impedendo in sé la conclusione del contratto di vendita, può indurre una parte a non ritenere di suo interesse obbligarsi alla stipula dell'atto, quanto meno alle condizioni predisposte, anche in considerazione del rischio che l'abitabilità non sia ottenuta Cass. Civ. n. 24534/2022 . Il caso. Successivamente alla vendita di un immobile , perfezionatasi grazie all'intervento di un mediatore, il venditore conveniva in giudizio il mediatore chiedendo la condanna alla restituzione della provvigione, oltre risarcimento danni subiti e risarcimento del danno d'immagine. Parte attrice attribuiva al mediatore l'inadempimento di non aver reperito per tempo il certificato di agibilità , circostanza che aveva imposto la riduzione del prezzo di vendita. Il tribunale respingeva la domanda e rilevava che nel contratto tra mediatore e venditore non vi era, a carico del secondo, alcun obbligo di identificare e/o reperire tutti i documenti necessari alla vendita, al contrario, l'agenzia era stata espressamente dispensata dall'obbligo di verificare la conformità urbanistico-edilizia dell'immobile. La Corte d'Appello confermava la sentenza di primo grado. Attività professionale di mediazione. La legge n. 39/1989 subordina l'esercizio dell'attività di mediazione al possesso di specifici requisiti di capacità professionale, configurandola come attività professionale. Il mediatore ha obbligo di informazione, previsto dall' art. 1759 c.c. e commisurato alla diligenza del mediatore di media capacità”. L'obbligo informativo del mediatore . Il generale dovere di correttezza, corrisponde all'affidamento riconosciuto dalla parte acquirente al mediatore che è tenuto ad informare le parti di quanto a sua conoscenza e di sottolineare la eventuale natura non riscontrata delle caratteristiche essenziali del bene. Qualora il mediatore infranga tali regole di condotta , è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti dal cliente. In relazione alle operazioni di acquisto immobiliare, sono certamente comprese, fra le informazioni oggetto dell'obbligo di informazione a carico del mediatore, quelle riguardanti il rilascio del certificato di abitabilità . Tale certificato, infatti, attestando la rispondenza dell'immobile ai requisiti igienici, sanitari e urbanistici, e la conformità al progetto approvato ovvero alla concessione in sanatoria, costituisce requisito giuridico essenziale per il legittimo godimento e la commerciabilità del bene, sì che la sua mancanza, pur non impedendo in sé la conclusione del contratto di vendita, può indurre una parte a non ritenere di suo interesse obbligarsi alla stipula dell'atto, quanto meno alle condizioni predisposte, anche in considerazione del rischio che l'abitabilità non sia ottenuta Cass. Civ. n. 24534/2023 . Nel caso di specie , la corte territoriale ha accertato che 1 il mediatore, al momento della stipula del mandato, aveva consegnato ai venditori un promemoria, contenente l'elenco dei documenti che la parte venditrice doveva procurare licenze, concessioni, autorizzazioni, permessi di costruire e pratiche di condono attinenti alla regolarità urbanistico-edilizia dell'immobile oggetto di compravendita, incluso il certificato di agibilità, 2 a mezzo di prove testimoniali era stato accertato, il venditore sapeva di non disporre di certificato di agibilità, infine, 3 nel preliminare di vendita era scritto che il certificato di agibilità del garage sarebbe stato prodotto in sede di stipula del definitivo. Tanto spiegava la corretta condotta del mediatore che restava esente da responsabilità. Con queste argomentazioni il ricorso veniva respinto e parte attrice-ricorrente condannata al pagamento delle spese.

Presidente/Relatore Giusti Fatti di causa 1. - Con atto di citazione del 26 ottobre 2010, G.M., + Altri Omessi convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Verona l'agenzia immobiliare omissis s.r.l., affinché ne fosse disposta la condanna, da un lato, alla restituzione della somma di Euro 21.600,00, già corrisposta a titolo di provvigione, e, dall'altro lato, al risarcimento dei danni. In particolare, gli attori lamentavano la violazione, da parte della convenuta, dell'obbligo contrattuale di assistenza professionale in esecuzione dell'incarico di mediazione, e quantificavano il danno in Euro 100.000, corrispondente allo sconto sul prezzo da essi venditori accordato all'acquirente in ragione della mancanza del certificato di agibilità dell'immobile oggetto di alienazione, oltre all'importo di Euro 10.000, per il pregiudizio di immagine patito. Si costituiva la omissis s.r.l., resistendo. Essa, nello specifico, contestava le rappresentazioni degli attori, secondo cui l'agenzia immobiliare, in forza del contratto stipulato in data 6 giugno 2009, aveva altresì assunto l'obbligo di verificare, reperire e custodire la documentazione, segnatamente di carattere urbanistico-edilizio, necessaria all'alienazione dell'immobile. Inoltre, riferiva di avere informato i venditori circa i necessari documenti da ottenere per addivenire alla vendita senza irregolarità fra cui, in particolare, il certificato di agibilità dell'autorimessa . Il Tribunale di Verona, con sentenza dell'11 marzo 2014, rigettava le domande spiegate dagli attori, osservando che - a fronte della decisione dei fratelli G. di vendere l'immobile, nonostante l'assenza del certificato di agibilità, al ridotto prezzo di Euro 800.000 in luogo dell'originario importo di Euro 900.000 - non era ravvisabile alcuna responsabilità in capo alla omissis s.r.l. Il giudice, infatti, evidenziava che nell'incarico di mediazione del 6 giugno 2009, non solo non era ricompreso l'obbligo di identificare tutti i documenti necessari alla vendita, ma che l'agenzia era stata espressamente dispensata dall'obbligo di verificare la conformità urbanistico-edilizia dell'immobile. Precisava, inoltre, che i testi escussi avevano dichiarato di aver consegnato ai signori G. un promemoria con i documenti da presentare per il preliminare, incluso nell'elenco il certificato di agibilità. 2. - Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 7 settembre 2018, la Corte d'appello di Venezia, nel rigettare il gravame interposto dai fratelli G., ha confermato integralmente la pronuncia di primo grado. Nello specifico, la Corte territoriale ha osservato che omissis s.r.l., con la sottoscrizione del contratto di mediazione del 6 giugno 2009, non ha assunto espressamente alcun obbligo di reperimento dei documenti necessari alla compravendita ha sottolineato l'inidoneità del sito internet di Gr. - cui la convenuta era, all'epoca dei fatti, affiliata - a produrre tale obbligo, stante la natura dello stesso, modificabile unilateralmente e neppure richiamato all'interno dell'incarico di mediazione ha affermato che la rilevazione della mancanza materiale del certificato di agibilità spettava ai venditori infine, ha valorizzato le testimonianze assunte in primo grado, dalle quali emergeva la consapevolezza dei fratelli G. circa la mancanza del certificato di agibilità alla stipula del preliminare e dell'obbligo di produrlo alla stipula del definitivo, nonché la consegna, da parte dell'agenzia convenuta, anteriormente al conferimento dell'incarico, di un promemoria che includeva la lista dei documenti da procurarsi a cura del venditore. 3. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Venezia, i signori G. hanno interposto ricorso, con atto notificato il 12 novembre 2018, sulla base di due motivi. Ha resistito, con controricorso, la omissis s.r.l. 4. - Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c In prossimità della camera di consiglio i ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memorie illustrative. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso, viene censurato il vizio di violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1364,1365,1366,1367,1368,1369,1370 e 1371 c.c. , nonché dell' art. 35 del codice del consumo . I ricorrenti si dolgono che la Corte territoriale abbia erroneamente interpretato la clausola n. 6 dell'incarico di mediazione del 6 giugno 2009. Tale previsione contrattuale, infatti, cristallizzando l'impegno dell'agenzia immobiliare ad assistere i venditori sino alla stipula dell'atto notarile, avrebbe dovuto essere valorizzata sia nel suo tenore letterale sia vagliando la comune intenzione delle parti. Pure a voler trascurare la rilevanza semantica del concetto di assistenza , che indicherebbe la necessità di prendersi cura delle esigenze appunto dell'assistito e, nello specifico, quantomeno la verifica della presenza della documentazione necessaria, la comune intenzione delle parti, coincidendo con la volontà di addivenire al trasferimento dell'immobile oggetto del contratto, illuminerebbe circa la necessità di reperire, quale precondizione, il certificato di agibilità dell'autorimessa. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe altresì errato nel ritenere irrilevante, ai fini dell'individuazione degli obblighi assunti dalla controricorrente, il contenuto del sito web di Gr. Immobiliare a cui omissis s.r.l., all'epoca dei fatti, risultava affiliata , che includeva espressamente, fra i servizi ai clienti, quello di individuazione della documentazione necessaria e di assistenza per le formalità richieste dalla normativa vigente. In secondo luogo, si censura che la Corte lagunare abbia violato i canoni ermeneutici per non aver interpretato le clausole contrattuali le une per mezzo delle altre e secondo il senso che risulta dal complesso dell'atto , come imposto dalla normativa codicistica. Infatti, se l'obbligo dei venditori di consegnare l'immobile in regola con le disposizioni urbanistico-edilizie fosse stato messo in correlazione con l'obbligo di assistenza assunto dall'agenzia, secondo un'esegesi sistematica, il giudice d'appello sarebbe giunto a conclusioni opposte, rilevando l'inadempimento di omissis s.r.l. sul punto. Il contratto di mediazione fra le parti, peraltro, sarebbe stato, ad avviso dei ricorrenti, interpretato in spregio al canone di buona fede imposto dall' art. 1366 c.c. Ciò in quanto la Corte territoriale non avrebbe considerato la lesione dell'affidamento riposto dai venditori sul rapporto di affiliazione tra Gr. e omissis s.r.l., che li avrebbe indotti a ritenere un controllo del primo sulla seconda, e sul sito internet dell'affiliante, asseritamente rassicurante in ordine alle attività di assistenza garantite ai clienti. Inoltre, la Corte d'appello, nell'interpretare la clausola del contratto con cui omissis s.r.l. si impegnava ad assistere i fratelli G. sino al momento del rogito notarile, avrebbe omesso di riempire di contenuto tale obbligo di assistenza e, dunque, di specificare quali attività esso ricomprendesse in tal modo, avrebbe violato gli artt. 1367 e 1369 c.c. , che affermano, rispettivamente, la necessità di interpretare le clausole contrattuali nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno, e di intenderle nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto nella specie, di mediazione . Ciò anche al fine di realizzare un equo contemperamento degli interessi delle parti, che, nel caso di specie, sarebbe stato possibile raggiungere considerando la clausola contestata come foriera dell'obbligo elementare di verificare quantomeno la completezza della documentazione edilizio-urbanistica. Infine, in ragione della predisposizione in via unilaterale del modulo da parte di omissis s.r.l., in veste di professionista, e della riconducibilità dei ricorrenti alla categoria dei consumatori, la sentenza d'appello avrebbe dovuto applicare il principio dell'interpretazione contra stipulatorem, contemplato dall' art. 1370 c.c. e dall'art. 35 del codice del consumo . 2. - Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione o falsa applicazione dell' art. 1175 c.c. , art. 1176 c.c. , comma 2, art. 1375 c.c. e art. 1759 c.c. , comma 1, nonché della L. 3 febbraio 1989, n. 39, artt. 2,3,4,6,7 e 8 . In particolare, i ricorrenti sottolineano la natura professionale dell'attività svolta dal mediatore, il quale, anche alla luce dei canoni di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, sarebbe gravato da un obbligo di corretta informazione nei confronti del cliente, nel caso di specie asseritamente violato in ragione dell'assenza di una pronta comunicazione ai venditori circa la documentazione mancante. 3. - I motivi possono essere esaminati congiuntamente, data la stretta connessione logica e argomentativa che li sostiene. Essi sono, entrambi, infondati e, in parte, inammissibili. 4. - Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il mediatore - tanto nell'ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell'ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti c.d. mediazione atipica - ha, ai sensi dell' art. 1759 c.c. , comma 1, l'obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, nel cui ambito è incluso l'obbligo specifico di riferire alle parti le circostanze dell'affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l'uso della diligenza qualificata propria della sua categoria, idonee ad incidere sul buon esito dell'affare. Dalla lettura combinata dell' art. 1759 c.c. , comma 1, con gli artt. 1175 e 1176 c.c. , nonché con la disciplina dettata dalla L. n. 39 del 1989 , si desume, invero, la natura professionale dell'attività del mediatore, il quale pur non essendo tenuto, se non in forza di uno specifico impegno contrattuale, a svolgere apposite indagini di natura tecnico-giuridica riveste comunque un ruolo che gli permette di svolgere ogni attività complementare o necessaria per la conclusione dell'affare . L'obbligo ex art. 1759 c.c. , comma 1, consente di configurare la responsabilità del mediatore anche ove questi dia informazioni obiettivamente non vere su fatti di indubbio rilievo, dei quali egli non abbia consapevolezza e che non abbia controllato. In questi limiti possono rilevare, in caso di mediazione immobiliare, le informazioni afferenti alla contitolarità del diritto di proprietà, all'insolvenza di una delle parti, all'esistenza di elementi atti a indurre le parti a modificare il contenuto del contratto, ad eventuali prelazioni ed opzioni, al rilascio di autorizzazioni amministrative, alla provenienza di beni da donazioni suscettibili di riduzione, alla solidità delle condizioni economiche dei contraenti, alle iscrizioni o trascrizioni sull'immobile e alla titolarità del bene in capo al venditore. Hanno peso, in particolare, ai fini dell'obbligo di informazione di cui all' art. 1759 c.c. , comma 1, le circostanze relative alla valutazione ed alla sicurezza dell'affare, che possano influire sia sulla prestazione del consenso al contratto, sia comunque nel senso di determinare le parti a concludere il contratto a diverse condizioni Cass., Sez. II, 16 gennaio 2019, n. 965 Cass., Sez. II, 28 ottobre 2019, n. 27842 Cass., Sez. II, 2 maggio 2023, n. 11371 . Nel delineare l'ambito della responsabilità del mediatore professionale, la giurisprudenza esclude che questa possa estendersi ad indagini di carattere tecnico, quale quella nella specie consistente nella verifica delle condizioni per il rilascio del certificato di agibilità che esulano obiettivamente dal novero delle cognizioni specialistiche esigibili in relazione alla categoria professionale di appartenenza Cass., Sez. II, 21 febbraio 2017, n. 4415 . Una responsabilità del mediatore può porsi, in ordine alla mancata informazione circa la conseguibilità del certificato di agibilità, nei soli casi in cui il mediatore abbia taciuto informazioni e circostanze delle quali era a conoscenza, ovvero abbia riferito circostanze in contrasto con quanto a sua conoscenza, ovvero ancora laddove, sebbene espressamente incaricato di procedere ad una verifica in tal senso da uno dei committenti, abbia omesso di procedere ovvero abbia erroneamente adempiuto allo specifico incarico. Poiché la L. n. 39 del 1989 subordina l'esercizio dell'attività di mediazione al possesso di specifici requisiti di capacità professionale, configurandola come attività professionale, l'obbligo di informazione gravante sul mediatore a norma dell' art. 1759 c.c. va commisurato alla normale diligenza alla quale è tenuto a conformarsi nell'adempimento della sua prestazione il mediatore di media capacità e, pertanto, deve ritenersi che il suddetto obbligo deve riguardare non solo le circostanze note, ma tutte le circostanze la cui conoscenza, in relazione all'ambito territoriale in cui opera il mediatore, al settore in cui svolge la sua attività ed ad ogni ulteriore utile parametro, sia acquisibile da parte di un mediatore dotato di media capacità professionale con l'uso della normale diligenza. Non rientra tuttavia nella comune ordinaria diligenza, alla quale il mediatore deve conformarsi nell'adempimento della prestazione ai sensi dell' art. 1176 c.c. , lo svolgimento, in difetto di particolare incarico, di specifiche indagini di tipo tecnico-giuridico. Seppure il mediatore non sia tenuto, in difetto di un incarico particolare in proposito, a svolgere, nell'adempimento della sua prestazione che si svolge in un ambito contrattuale , specifiche indagini di natura tecnica al fine di individuare circostanze rilevanti per la conclusione dell'affare a lui non note, egli è gravato, tuttavia, di un obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della media diligenza professionale, il quale comprende, in senso positivo, l'obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che si richiede al mediatore, nonché, in senso negativo, il divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su circostanze delle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle. Egli deve tacere delle circostanze delle quali non abbia sicura contezza. Il generale dovere di correttezza, cui fa riscontro l'affidamento della parte nella veridicità delle affermazioni del mediatore sullo stato e sulle caratteristiche essenziali dell'immobile, gli impone, per contro, d'informare chi sia interessato all'acquisto circa la propria inconsapevolezza in ordine alla verità di quanto egli affermi, chiarendo che le notizie fornite sono incontrollate. Qualora il mediatore infranga tali regole di condotta, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l'effetto, dal cliente. In relazione alle operazioni di acquisto immobiliare, sono così certamente comprese, fra le informazioni oggetto dell'obbligo di informazione a carico del mediatore, quelle riguardanti il rilascio del certificato di abitabilità. Tale certificato, infatti, attestando la rispondenza dell'immobile ai requisiti igienici, sanitari e urbanistici, e la conformità al progetto approvato ovvero alla concessione in sanatoria, costituisce requisito giuridico essenziale per il legittimo godimento e la commerciabilità del bene, sì che la sua mancanza, pur non impedendo in sé la conclusione del contratto di vendita, può indurre una parte a non ritenere di suo interesse obbligarsi alla stipula dell'atto, quanto meno alle condizioni predisposte, anche in considerazione del rischio che l'abitabilità non sia ottenuta Cass., Sez. II, 9 agosto 2022, n. 24534 . 5. - Dunque, il mediatore è tenuto a comunicare le circostanze a lui note relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, come pure a informare le parti, sulla documentazione necessaria, da un punto di vista urbanistico-edilizio, per il regolare passaggio di proprietà e per la commerciabilità del bene, ma ciò non implica, a meno che egli sia stato in tal senso specificamente incaricato, un dovere per lo stesso di assumere particolari informazioni o di effettuare indagini e controlli presso la pubblica amministrazione sulla regolarità urbanistico-edilizia dell'immobile. Di tale orientamento la Corte d'appello ha fatto corretta applicazione nel caso di specie. 6. - Il caso di specie si contraddistingue per i seguenti elementi - il lamentato deficit di informazione e di assistenza riguarda il venditore e non il compratore - concerne la condizione oggettiva di una porzione del bene posto in vendita, una autorimessa accessoria al fabbricato principale, realizzata in modo difforme dal progetto presentato alla competente autorità, e perciò priva del certificato di agibilità - si riferisce a una condizione nota al venditore e riconducibile alla sua sfera giuridica - riguarda una vicenda nella quale l'agenzia immobiliare ha provveduto a indicare al futuro venditore, prima ancora di ricevere per iscritto l'incarico di mediazione, i documenti sulla conformità urbanistico-edilizia che egli avrebbe dovuto presentare in vista della stipula del preliminare e della regolarità del passaggio di proprietà. 7. - La Corte di Venezia ha escluso, con logica ed esaustiva motivazione, che omissis s.r.l. sia venuta meno all'obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della media diligenza professionale. La sentenza ha dato conto, infatti, che i testi C.A. e V.A. hanno riferito di aver consegnato ai consorti G. in agenzia, ancor prima che l'incarico di mediazione fosse firmato, un promemoria, contenente l'elenco dei documenti che la parte venditrice doveva procurare in tale elenco erano compresi tutte le licenze, concessioni, autorizzazioni, permessi di costruire e pratiche di condono attinenti alla regolarità urbanistico-edilizia dell'immobile oggetto di compravendita, incluso il certificato di agibilità. La Corte lagunare, dunque, indica chiaramente che è stata effettuata la preventiva informazione, da parte dell'agenzia immobiliare, dei documenti che parte venditrice avrebbe dovuto presentare per il preliminare. La Corte d'appello non ha neppure trascurato di descrivere il contesto fattuale di riferimento. In base alla testimonianza del notaio S.M., alla firma del preliminare i promittenti venditori sapevano che l'autorimessa non poteva essere venduta perché abusiva . La mancanza del documento certificativo dell'agibilità, dunque, riflette la condizione di abusività dell'autorimessa promessa in vendita dai G. insieme al fabbricato principale, non essendo l'agibilità neppure richiedibile e rilasciabile senza il preventivo espletamento di un articolato procedimento di sanatoria . Un altro testimone B.G. ha, a sua volta, riferito che i G. sapevano benissimo di non avere il certificato di agibilità dell'autorimessa , nonostante tale adempimento fosse stato specificamente previsto nel contratto preliminare da loro sottoscritto. Questo è il contesto che emerge dalla sentenza, dalla quale non risulta che l'agenzia immobiliare abbia mai riferito alla parte venditrice - alla quale era ben nota la mancanza del certificato di agibilità - circostanze in contrasto con quanto a sua conoscenza. 8. - Tali essendo la ricostruzione della vicenda operata dalla Corte e il quadro fattuale che ad essa fa da sfondo, la prospettazione, articolata con il secondo motivo, che i parametri dettati dagli artt. 1175,1176,1375 e 1759 c.c. e dalla L. n. 39 del 1989 gravassero il mediatore di un obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della media diligenza professionale, si risolve in una censura disallineata rispetto alla ratio decidendi. La Corte d'appello di Venezia, invero, non ha preso le mosse da un principio di diritto diverso da quello, in questa sede auspicato dai ricorrenti, secondo cui il mediatore professionale non può esimersi dall'informare il cliente delle circostanze da lui conoscibili che possano influenzare il buon fine dell'affare. La decisione dei giudici del gravame è basata, piuttosto, sull'accertamento che omissis s.r.l. ha provveduto ad informare i fratelli G. circa i documenti, attinenti alla regolarità urbanistico-edilizia dell'immobile oggetto di compravendita, che la parte venditrice doveva procurare per il buon fine dell'affare, incluso il certificato di agibilità. L'accertamento della Corte veneziana si fonda su una valutazione sinergica e non frammentaria del compendio probatorio, che non trascura di valorizzare né la circostanza che l'agibilità, oltre a non esistere, non era neppure richiedibile , né la dichiarazione, al momento della stipula del preliminare, dei G., ai quali era ben nota la situazione, che il certificato di agibilità del garage, mancante a quella data, sarebbe stato prodotto in sede di stipula del definitivo . Tale essendo la ratio che assiste la pronuncia impugnata, il rilievo dei ricorrenti, secondo cui omissis s.r.l., venendo meno all'obbligo di informazione discendente dalla legge e dalle norme del codice, avrebbe finito con l' abbandonare a se stessi i venditori, si compendia in una doglianza astratta, priva di riscontri nelle risultanze di causa come, non implausibilmente, accertate e ricostruite dai giudici del merito. 9. - La Corte di Venezia ha anche escluso che omissis s.r.l. abbia assunto, con il contratto di mediazione, l'incarico di procurare l'inesistente certificato. Secondo i giudici di merito, l'agenzia immobiliare non ha assunto contrattualmente l'obbligo di ricercare tutti i documenti necessari per la conclusione della compravendita con il B A tale conclusione la Corte d'appello è pervenuta esaminando il testo del contratto di mediazione firmato dai G. il 6 giugno 2009, nel quale - afferma il giudice a quo - non vi è alcun cenno all'assunzione di un simile obbligo da parte della mediatrice . La sentenza impugnata esclude altresì che la fonte dell'obbligo potesse derivare dal sito internet di Gr. cui omissis s.r.l. era all'epoca affiliata sia perché il contratto scritto di mediazione è cosa diversa dal contenuto di un sito web che può essere modificato a piacimento in modo unilaterale e che nello specifico non risulta recepito neppure con un richiamo indiretto sia perché, in ogni caso, il sito internet delineava semplicemente l'attività dell'agenzia come rivolta alla individuazione della documentazione necessaria , attività, questa, irrilevante nella specie, a fronte della concreta vicenda, nella quale l'agibilità mancava del tutto . Denunciando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1371 c.c. e art. 35 del codice del consumo , i ricorrenti sostengono che la decisione impugnata avrebbe erroneamente escluso che la clausola n. 6 del contratto di conferimento dell'incarico di mediazione - che testualmente prevede l'impegno dell'agenzia immobiliare di assistere le parti sino alla stipula dell'atto notarile - configurasse l'obbligo di segnalare ai signori G. l'assenza, tra i documenti da costoro ad essa consegnati, del certificato di agibilità dell'autorimessa dell'immobile oggetto dell'incarico di mediazione, tanto più alla luce del contenuto del sito internet di Gr. Immobiliare cui, all'epoca, omissis s.r.l. era affiliata , dove era specificato che l'assistenza consisteva nella individuazione della documentazione necessaria . La sentenza impugnata si sottrae alle censure sviluppate dai ricorrenti. Il Collegio osserva che l'interpretazione degli atti negoziali è riservata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi. L'interpretazione del contratto va condotta sulla scorta di due fondamentali elementi che si integrano a vicenda, e cioè il senso letterale delle espressioni usate e la ratio del precetto contrattuale, nell'ambito non già della prevalenza o della priorità di uno dei due criteri, ma secondo un razionale gradualismo dei mezzi di interpretazione. Nell'interpretazione di una clausola negoziale, la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata sia indagando il senso letterale delle parole, alla luce dell'integrale contesto negoziale, ai sensi dell' art. 1362 c.c. , sia utilizzando i criteri di interpretazione volti a consentire l'accertamento del significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell'altrui interesse, interpretazioni in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare con la stipulazione negoziale, in una circolarità del percorso ermeneutico, da un punto di vista logico, che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione dei contraenti e di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell'accordo e con la condotta tenuta dai contraenti medesimi Cass., Sez. I, 2 luglio 2020, n. 13595 Cass., Sez. Lav., 14 settembre 2021, n. 24699 . Nella specie, la Corte d'appello, con motivazione congrua e scevra di contraddizioni e di vizi logici, ha ricercato e ricostruito la comune intenzione dei contraenti attraverso il senso letterale delle parole e le espressioni utilizzate nel contratto, in applicazione dei criteri legali di interpretazione del contratto e in esito ad un esame complessivo delle diverse clausole secondo una prospettiva logico-sistematica. La Corte territoriale ha disatteso l'interpretazione della clausola contrattuale suggerita dalla difesa dei venditori, e - nell'escludere che il pattuito impegno di assistenza delle parti sino alla stipula dell'atto notarile comportasse l'obbligo dell'agenzia immobiliare di procurare l'inesistente certificato di agibilità - è pervenuta ad attribuire alla clausola contrattuale un significato logicamente ragionevole, sicuramente rientrante nelle potenzialità di senso della disposizione e non precluso da indici esterni univocamente rivelatori di una diversa volontà dei contraenti. La valutazione di merito compiuta dalla Corte d'appello non viola neppure la disciplina in tema di interpretazione dettata dall' art. 35 del codice del consumo là dove la sentenza esclude che la fonte dell'obbligo contrattuale per il mediatore di ricercare e procurare tutti i documenti necessari per la conclusione della compravendita possa farsi derivare dal contenuto del sito internet della società affiliante dell'agenzia immobiliare che, nel descrivere l'attività del mediatore, fa riferimento anche alla individuazione della documentazione necessaria . Soprattutto appare decisiva, e non idoneamente attinta, la ratio in base alla quale la sentenza impugnata ha considerato irrilevante nella fattispecie concreta la eventuale applicabilità alla società affiliata dell'obbligo pubblicato e pubblicizzato sul sito. Infatti, nella fattispecie concreta mancava del tutto l'agibilità, sicché, essendo l'autorimessa abusiva, il problema non era rappresentato dalla mancanza del certificato di agibilità, ma dalla necessità di un preventivo espletamento di un articolato procedimento di sanatoria. Inoltre, l'osservanza di un ipotetico obbligo di dichiarare l'inesistenza del certificato di agibilità non avrebbe modificato la consapevolezza dei venditori, essendo alla parte venditrice ben nota l'abusività della autorimessa già al momento della firma del preliminare. La Corte d'appello si è lasciata guidare, evidentemente, dal principio di autoresponsabilità del venditore, la cui condotta assume un rilievo al fine di escludere l'effettiva esistenza di un deficit informativo da parte dell'agenzia immobiliare. 10. - In conclusione, in tema di mediazione immobiliare, una volta che il mediatore abbia informato la parte alienante, prima della conclusione dell'affare, sulla necessità di presentare, in vista della stipulazione del preliminare di vendita, tutta la documentazione attestante la conformità urbanistico-edilizia dell'immobile, incluso il certificato di agibilità, egli soddisfa l'obbligo di informazione, dovendo escludersi che rientri tra gli obblighi del mediatore quello di assumere particolari informazioni o di effettuare indagini e controlli presso la pubblica amministrazione sulla regolarità urbanistico-edilizia dell'immobile. Ne deriva che il venditore, a conoscenza dell'abusività dell'autorimessa promessa in vendita insieme al fabbricato principale, non può - ostandovi il principio di autoresponsabilità, inteso come sopportazione delle conseguenze che i propri atti producono nella propria sfera - addebitare alla violazione dell'obbligo di informazione o di assistenza gli effetti pregiudizievoli derivanti dall'avere dovuto riconoscere all'acquirente, nel contratto definitivo, una riduzione del prezzo finale rispetto a quello pattuito nel preliminare, pari alla diminuzione di valore del bene, essendo la mancanza del certificato di agibilità il riflesso della necessità di sottoporre l'autorimessa ad un procedimento di sanatoria. 11. - Il ricorso è rigettato. Le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. 12. - Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, ricorrono i presupposti processuali per dare atto - ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 4.000 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 , comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.