La nozione di insolvenza dell’accollante per una corretta tutela del creditore

La nozione d'insolvenza utilizzata all'articolo 1274, comma 2, c.c., che esclude la liberazione del debitore originario se il delegato o l'accollante era insolvente al momento dell'assunzione del debito, non è desumibile analogicamente da quella dettata dagli articoli 5 e 67 l.fall., norme improntate al principio della tutela della par condicio creditorum , e non della tutela dell'affidamento del singolo creditore, ma è quella dell'insolvenza civile [ ].

[ ] Pertanto, va intesa come riferimento ad ogni situazione, anche temporanea e non irreversibile, che non consenta al delegato al pagamento, o all'accollante, di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni compresa quella oggetto di delegazione od accollo , essendo sufficiente che si colleghi ad una situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali offerte dal debitore, che va valutata al momento dell'assunzione del debito originario da parte di un nuovo soggetto delegato od accollante senza tener conto di fatti successivi a tale assunzione, a meno che essi non siano indicativi, in un'interpretazione secondo buona fede, della valenza effettiva di circostanze verificatesi anteriormente a tale assunzione. Il caso Con atto di citazione il Fallimento di una società, in relazione ad una operazione di accollo esterno liberatorio, agiva nei confronti della società originaria debitrice chiedendo di accertare ai sensi del combinato disposto dei commi 2° e 3° dell’articolo 1274 c.c. la sua mancata liberazione. Il Tribunale accoglieva la domanda, motivando la decisione sul fatto che il nuovo debitore al momento dell’accollo non avesse i mezzi patrimoniali sufficienti per far fronte all’impegno assunto in particolare, a fronte di un debito di circa 18.000.000, la nuova società debitrice aveva un capitale sociale versato di coli 10.000 e l’aumento di capitale per euro 17.000.000 a suo tempo deliberato dall’assemblea dei soci non era poi però stato effettivamente versato . Successivamente però la Corte d’Appello accoglieva il gravame proposto dalla società originaria debitrice, ritenendo che la nozione di insolvenza dell’articolo 1274 c.c., in difetto di indicazioni normative e di precedenti giurisprudenziali specifici, dovesse essere intesa adottando analogicamente i criteri seguiti dalla giurisprudenza in tema di revocatoria fallimentare che suggerivano il riferimento ad una società che alla data dell'accollo fosse soggetta a procedure prefallimentari , magari connesse a procedure esecutive di rilevante importo, a protesti cambiari, o che presentasse altre forme sintomatiche atte a dimostrare la sussistenza di un prossimo ed imminente stato di decozione, precisando anche e che si dovesse distinguere tra società con patrimonializzazione minima e società insolvente e che fosse ininfluenza la circostanza sopravvenuta del mancato versamento effettivo dell’aumento del capitale. Il Fallimento proponeva quindi impugnazione alla Suprema Corte. La decisione della Corte di Cassazione La Suprema Corte, in primis , richiama il contenuto dell’articolo 1274 c.c. il quale stabilisce che il creditore che abbia liberato il debitore originario nel caso dell'accollo esterno liberatorio mediante adesione all'accollo che prevedesse come condizione espressa la liberazione del debitore originario non abbia più azione nei confronti dello stesso che risulti insolvente a meno che non si sia espressamente riservato tale azione, o a meno che in difetto di tale riserva non risulti che il nuovo debitore era insolvente al tempo dell'assunzione del debito nei confronti del creditore. Secondo la Suprema Corte la nozione d'insolvenza utilizzata in questa disposizione è quella d' insolvenza civile che si ritrova negli articoli 1186, 1274, 1299, 1313, 1626, 1868, 1943 e 1953 c.c. Lo stato d'insolvenza al quale fa riferimento l'articolo 1274 comma 2° c.c., così come l'articolo 1186 c.c., è costituito da ogni situazione, anche temporanea, che non consenta al debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, senza che esso debba rivestire carattere d'irreversibilità, essendo sufficiente che si colleghi ad una situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali offerte dal debitore. Prosegue la Corte, poi, precisando che la norma fa riferimento al tempo in cui è stata assunta l'obbligazione dall'accollante e che, anche se il fine è quello di evitare che siano prese in considerazione per valutare l'insolvenza circostanze che siano sopravvenute rispetto all'accollo , questo non significa che si debba escludere l'obbligazione che è stata assunta mediante l'accollo dalla valutazione dell'esistenza o meno di una situazione economica e patrimoniale anche temporanea, che non consenta all'accollante di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, perché se così fosse sarebbe totalmente frustrata la ratio di tutela dell'affidamento del creditore che è propria della norma in esame. Viene quindi enunciato il seguente principio di diritto «La nozione d'insolvenza utilizzata all'articolo 1274 comma 2° c.c., che esclude la liberazione del debitore originario se il delegato, o l'accollante era insolvente al momento dell'assunzione del debito, non è desumibile analogicamente da quella dettata dagli articoli 5 e 67 l.fall., norme improntate al principio della tutela della par condicio creditorum , e non della tutela dell'affidamento del singolo creditore, ma è quella dell'insolvenza civile che si ritrova anche negli articoli 1186, 1299, 1313, 1626, 1868, 1943 e 1953 c.c., e va intesa come riferimento ad ogni situazione, anche temporanea e non irreversibile, che non consenta al delegato al pagamento, o all'accollante, di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni compresa quella oggetto di delegazione od accollo , essendo sufficiente che si colleghi ad una situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali offerte dal debitore, che va valutata al momento dell'assunzione del debito originario da parte di un nuovo soggetto delegato od accollante senza tener conto di fatti successivi a tale assunzione, a meno che essi non siano indicativi, in un'interpretazione secondo buona fede, della valenza effettiva di circostanze verificatesi anteriormente a tale assunzione», con accoglimento del ricorso del Fallimento cassazione della impugnata sentenza e rinvio alla Corte d’Appello.

Presidente  Di Virgilio – Relatore Picaro Fatti di causa Con atto di citazione dell'8.2.2010 il Fallimento della Omissis S.P.A. società controllata dalla Maxfin S.P.A. dichiarata fallita dal Tribunale di Napoli il 28.6.2006 oltre ad avanzare altre domande, assumendo che all'epoca 15.3.2004 dell'accollo esterno liberatorio da parte della Omissis S.R.L. poi dichiarata fallita dal Tribunale di Ivrea il 16.12.2005 dei debiti della Maxfin S.R.L. verso la Omissis S.P.A. derivanti dal contratto di vendita del 98% del pacchetto azionario della Omissis effettuata dalla Omissis S.P.A. a favore della Maxfin S.R.L. il 12.12.2003, e trasferiti poi parzialmente dalla Maxfin S.R.L. alla Omissis S.R.L., che se li era accollati a seguito del trasferimento dell'intero capitale sociale della Omissis S.P.A. da parte della Maxfin S.R.L. alla Omissis S.R.L. con scrittura privata del 15.3.2004 , ed al quale la stessa Omissis S.P.A. aveva aderito col verbale del consiglio di amministrazione del 24.3.2004, la accollante Omissis S.R.L. si trovasse in stato d'insolvenza, chiedeva di accertare che ai sensi del combinato disposto dell' articolo 1274 c.c. , commi 2 e 3 la debitrice originaria, Maxfin S.R.L., non fosse stata liberata dai suddetti debiti, oggetto di accollo esterno liberatorio, e che la stessa fosse condannata al pagamento in favore del Fallimento della Omissis S.P.A. dell'importo di tali debiti, pari ad Euro 18.453.693,00 oltre interessi e maggior danno, parametrato per la sua natura imprenditoriale alla rivalutazione monetaria. Si costituiva nel giudizio di primo grado la Maxfin S.R.L., che oltre ad eccepire la litispendenza rispetto ad un procedimento pendente davanti al Tribunale di Ivrea, chiedeva il rigetto delle domande avversarie. Con sentenza numero 10648/2011 il Tribunale di Napoli, disattesa l'eccezione di litispendenza, e respinte le altre domande, dopo avere evidenziato che la ratio dell' articolo 1274 c.c. era quella di tutelare il creditore che aveva liberato l'originario debitore aderendo all'accordo liberatorio facendo affidamento sul fatto che il nuovo debitore l'accollante Omissis S.R.L. al momento dell'accollo avesse i mezzi patrimoniali per fare fronte all'impegno, riteneva che la Omissis S.R.L. al momento dell'assunzione del debito della Maxfin S.R.L. verso la Omissis S.P.A. 15.3.2004 si trovasse in stato d'insolvenza in quanto aveva un capitale sociale versato di soli Euro 10.000,00 e l'aumento del capitale sociale ad Euro 17.000.000,00 deliberato dall'assemblea dei soci il 23.12.2003 comunque insufficiente a coprire il debito accollato di Euro 18.453.693,00 oggetto di accollo liberatorio non era stato affatto versato, e condannava conseguentemente la Maxfin S.R.L. al pagamento in favore del Fallimento della Omissis S.P.A. della somma di Euro 18.453.693,00 oltre interessi moratori al tasso legale dalla domanda giudiziale e spese processuali. Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la Maxfin S.R.L. chiedendo l'annullamento con rinvio al giudice di primo grado ex articolo 354 c.p.c. per l'integrazione del contraddittorio nei confronti della Omissis S.R.L., sostenendo che la controparte non aveva fornito adeguata prova dell'insolvenza di tale società al momento dell'assunzione del debito della Maxfin S.R.L. verso la Omissis S.P.A. e che nel caso in cui invece fosse riconosciuta tale insolvenza, della stessa era certamente a conoscenza anche la controllata Omissis S.P.A. nel momento in cui aveva aderito all'accollo esterno liberando la Maxfin S.R.L., per cui la liberazione di quest'ultima era certamente valida ed efficace ed il Fallimento della Omissis S.P.A. resisteva all'impugnazione. Con la sentenza numero 249/2018 del 13.12.2017/18.1.2018, non notificata, la Corte d'Appello di Napoli, respinta l'istanza di annullamento con rinvio al giudice di primo grado per inconfigurabilità di un litisconsorzio necessario dell'accollante Omissis S.R.L., e ritenuto che la nozione d'insolvenza dell' articolo 1274 c.c. , commi 2 e 3, in difetto di indicazioni normative e di precedenti giurisprudenziali specifici, dovesse essere intesa adottando analogicamente i criteri seguiti dalla giurisprudenza in tema di revocatoria fallimentare che suggerivano il riferimento ad una società che alla data dell'accollo fosse soggetta a procedure prefallimentari, magari connesse a procedure esecutive di rilevante importo, a protesti cambiari, o che presentasse altre forme sintomatiche atte a dimostrare la sussistenza di un prossimo ed imminente stato di decozione, e che si dovesse distinguere tra società con patrimonializzazione minima e società insolvente, in riforma dell'impugnata sentenza riteneva che il Fallimento della Omissis S.P.A., sul quale incombeva l'onere relativo, non avesse provato che alla data dell'assunzione del debito da parte della Omissis S.R.L. 15.3.2004 quest'ultima si trovasse in stato d'insolvenza, avendo un capitale versato di Euro 10.000,00 ed una deliberazione dei soci di aumento del capitale sociale per Euro 17.000.000,00, non potendosi considerare in base al dettato normativo dell' articolo 1274 c.c. che riferiva la valutazione dell'insolvenza al tempo dell'assunzione del debito da parte dell'accollante la circostanza sopravvenuta del mancato versamento effettivo dell'aumento di capitale, ed aggiungeva che all'atto della liberazione della Maxfin S.R.L., avvenuta con la Delib. consiglio di amministrazione 24 marzo 2004 della Omissis S.P.A., quest'ultima, dato il rilevante importo del debito accollato, aveva presumibilmente realizzato ogni opportuna e preventiva valutazione patrimoniale sulla consistenza e solidità della Omissis S.R.L., giudicandola pienamente in grado di assolvere alle obbligazioni facenti parte del debito accollato, salvo voler immaginare una poco probabile superficialità, o volontà autodistruttiva della stessa Omissis S.P.A., e pertanto rigettava la domanda del Fallimento della Omissis S.P.A. di condanna della Maxfin S.R.L. al pagamento della somma di Euro 18.453.693,00 oltre interessi moratori al tasso legale dalla domanda giudiziale e condannava il Fallimento della Omissis S.P.A. al pagamento delle spese processuali del doppio grado. Con ricorso notificato il 28.2.2018 il Fallimento della Omissis S.P.A. ha proposto impugnazione alla Suprema Corte avverso la sentenza della Corte d'Appello di Napoli summenzionata affidandosi a due motivi e la Maxfin S.R.L. in liquidazione resiste con controricorso notificato il 17.4.2018. La Procura Generale ha concluso per la reiezione del ricorso. Il Fallimento Omissis S.P.A. ha depositato memoria illustrativa ex articolo 378 c.p.c. . La causa, udita la relazione del consigliere Vincenzo Picaro, è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 24.5.2023. Ragioni della decisione Col primo motivo il Fallimento della Omissis S.P.A. lamenta in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 la violazione o falsa applicazione dell' articolo 1274 c.c. , comma 2 nella parte della sentenza impugnata in cui utilizzando la nozione d'insolvenza genericamente desunta dalla legge fallimentare ha ritenuto che per escludere l'effetto liberatorio dell'accollo l'insolvenza dell'accollante nella specie la Omissis S.R.L. debba essere valutata nella situazione di fatto esistente all'atto dell'assunzione dell'obbligo dell'accollante e non in base a quella risultante da accadimenti verificatisi dopo l'assunzione di tale obbligo. I ricorrenti si richiamano in proposito all'unica sentenza della Suprema Corte intervenuta in argomento, la numero 19431 del 15.7.2008, sottolineando come la stessa abbia riconosciuto che l' articolo 1274 c.c. , comma 2 sia finalizzato alla tutela dell'affidamento del creditore nella fattispecie concreta, ed abbia avallato, nel caso lì esaminato, la retrodatazione dell'insolvenza dalla dichiarazione di fallimento dell'accollante avvenuta dopo l'assunzione del debito, ad una data anteriore a tale assunzione, e quindi il riconoscimento dell'insolvenza dell'accollante in quanto già sottoposto prima dell'assunzione del debito ad amministrazione controllata, con un ragionamento di tutela del creditore analogo a quello seguito in ipotesi di revocatoria ex articolo 67 L.F. quando il fallimento segua all'ammissione dell'impresa ad una procedura concorsuale minore, ritenendo non censurabile la valutazione in tal senso compiuta dalla Corte d'Appello nella fattispecie lì esaminata. In relazione a questi principi i ricorrenti osservano che la Corte d'Appello di Napoli non solo avrebbe erroneamente utilizzato la nozione di insolvenza tratta dalla normativa fallimentare, dettata in funzione dell'apertura della procedura concorsuale e non della tutela del creditore che può anche non essere un imprenditore commerciale, ma una volta decisa l'applicazione di quella nozione, se ne sarebbe incoerentemente discostata disapplicando il principio della retrodatazione dell'insolvenza desumibile dall' articolo 67 L.F. , considerando irrilevante il mancato versamento effettivo dell'aumento di capitale di Euro17.000.000,00 deliberato dai soci della Omissis S.R.L. solo perché sopravvenuto all'assunzione da parte di essa del debito verso la Omissis S.P.A. e non tenendo conto che un aumento di capitale deliberato, ma non versato, costituiva una semplice proposta in tal senso Cass. 19.10.2007 numero 22016 e che non era neppure certa la data del contratto concluso dalla Maxfin S.P.A. con la Omissis S.R.L. col quale quest'ultima si era accollata il debito della prima verso la Omissis S.P.A., e quindi l'anteriorità o meno della stessa rispetto all'aumento di capitale deliberato dalla Omissis S.R.L. ed alla sua dichiarazione di fallimento. Col secondo motivo il Fallimento della Omissis S.P.A. lamenta in relazione all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 la violazione e falsa applicazione dell' articolo 1247 c.c. rectius articolo 1274 comma 2 nella parte della sentenza impugnata in cui non ricostruisce - ai sensi dell' articolo 366 c.c. rectius c.p.c. - oggettivamente, cioè sulla base delle evidenze processualmente acquisite, il concetto d'insolvenza anche in relazione all'inadempimento dei doveri di correttezza e buona fede di cui agli articolo 1175,1337 e 1375 c.c. , nonché all' articolo 2 Cost. . Deduce in particolare la ricorrente che l'impugnata sentenza non avrebbe tenuto conto delle dichiarazioni rese in altro procedimento dal curatore del Fallimento della Omissis S.R.L. secondo le quali la Delib. di aumento del capitale sociale di tale società sarebbe stata adottata da soci privi di qualsiasi consistenza patrimoniale e l'aumento stesso non era stato poi sottoscritto da nessuno dei soci, né del fatto che l'accollo non aveva data certa per cui non era dato sapere se la Delib. di aumento del capitale sociale, funzionale all'accollo, fosse intervenuta prima, o dopo l'accollo stesso, imponendosi allora secondo una logica di buona fede di valutare anche il comportamento della Omissis S.R.L. successivo all'assunzione del debito della Maxfin S.R.L. verso la Omissis S.P.A., ossia la totale mancata sottoscrizione effettiva dell'aumento di capitale sociale della accollante, che era stato deliberato proprio allo scopo di mascherarne l'insolvenza al momento dell'assunzione del debito. Ritiene la Corte che i due motivi, attinenti alla nozione d'insolvenza utilizzata all' articolo 1274 c.c. , comma 2 ed alla conformità ad essa della nozione utilizzata dalla Corte d'Appello di Napoli, ed alla necessità d'interpretare tale nozione secondo buona fede, debbano essere esaminati congiuntamente. La sentenza impugnata nel valutare l'insolvenza dell'accollante Omissis S.R.L. al tempo dell'assunzione del debito ai sensi dell' articolo 1274 c.c. , comma 2 in difetto di una specifica disposizione esplicativa del concetto d'insolvenza, ha ritenuto di poter utilizzare analogicamente la nozione di insolvenza ricavabile dalla giurisprudenza della Suprema Corte in tema di revocatoria fallimentare articolo 67 L.F. , connessa alla nozione dettata dall'articolo 5 L.F. ai fini dell'assoggettamento alla procedura concorsuale, secondo il quale si considera insolvente ai fini dell'assoggettamento alle procedure concorsuali l'imprenditore che con inadempimenti od altri fatti esteriori dimostri di non essere più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. La giurisprudenza della Suprema Corte ha affermato che l'insolvenza richiesta ai fini dell'assoggettamento alle procedure concorsuali è uno stato di impotenza economico-patrimoniale idoneo a privare l'imprenditore della possibilità di far fronte con mezzi normali ai propri debiti vedi Cass. sez. unumero 11.2.2003 numero 1997 . Coerentemente con tale nozione d'insolvenza l'impugnata sentenza ha affermato che può certamente definirsi insolvente una società che sia soggetta a procedure prefallimentari, magari connesse a procedure esecutive di rilevante importo, a protesti cambiari, ovvero melius o per la quale sussistano altre forme sintomatiche atte a dimostrare la sussistenza di un prossimo ed imminente stato di decozione ed ha quindi escluso che la Omissis S.R.L. fosse insolvente al momento dell'assunzione del debito 15.3.2004 di Euro 18.453.693,00 che la Maxfin S.R.L. aveva nei confronti del creditore originario, la Omissis S.P.A., in quanto ha ritenuto che non fosse stata fornita prova dei suddetti elementi sintomatici di decozione da parte del Fallimento della Omissis S.P.A., considerando solo l'esistenza di un capitale versato della Omissis S.R.L. di Euro 10.000,00 e di un aumento di capitale deliberato il 23.12.2003 di Euro 17.000.000,00 ma che poi dopo l'accollo non è stato neanche in parte sottoscritto, ed escludendo dalla sua valutazione sia l'assunzione dell'obbligazione accollata di Euro 18.453.693,00, sia la circostanza sopravvenuta della mancata sottoscrizione dell'aumento di capitale sociale deliberato, sulla base di un'interpretazione letterale dell' articolo 1274 c.c. , comma 2, che riferisce l'insolvenza al tempo in cui il delegante al quale il comma successivo equipara l'accollante assunse il debito in confronto del creditore . L' articolo 1274 c.c. , comma 2, valevole in materia di delegazione di pagamento e di accollo, in cui l'iniziativa della sostituzione del debitore originario con un nuovo debitore è assunta dal debitore originario e non nell'espromissione, che presuppone l'assenza di un rapporto contrattuale tra il nuovo assuntore del debito e l'originario debitore, stabilisce che il creditore che abbia liberato il debitore originario nel caso dell'accollo esterno liberatorio mediante adesione all'accollo che prevedesse come condizione espressa la liberazione del debitore originario non abbia più azione nei confronti dello stesso che risulti insolvente a meno che non si sia espressamente riservato tale azione, o a meno che in difetto di tale riserva non risulti che il nuovo debitore era insolvente al tempo dell'assunzione del debito nei confronti del creditore. La norma in esame, inserita nel libro quarto del codice civile, relativo alla disciplina generale delle obbligazioni, e riferibile anche a soggetti che siano sprovvisti della qualifica di imprenditore, non ha alcuna attinenza diretta con la materia concorsuale che giustifichi in via analogica l'applicazione della nozione d'insolvenza tratta dagli articolo 67 e 5 L.F. , che pongono l'accento sull'irreversibilità dell'impotenza economico-patrimoniale idonea a privare l'imprenditore della possibilità di far fronte con mezzi normali ai propri debiti e sulla sintomaticità della decozione attribuita a procedure concorsuali, o esecutive pendenti, o all'esistenza di protesti, per cui l'utilizzo in via analogica della nozione d'insolvenza della materia concorsuale nell'applicazione dell' articolo 1274 c.c. , comma 2 non è praticabile, e del resto la sentenza della Corte di Cassazione numero 19431 del 15.7.2008 , l'unica intervenuta in materia, pur ritenendo utilizzabile a tutela del creditore la retrodatazione dell'insolvenza dell'accollante fallito dopo l'accollo alla data anteriore all'accollo della domanda di ammissione all'amministrazione controllata in ragione dell'esistenza già a quella data di un ingente passivo, come accade nei casi di esercizio di azione revocatoria fallimentare, non si è espressa sulla nozione d'insolvenza utilizzabile in sede di applicazione dell' articolo 1274 c.c. , comma 2. La collocazione dell' articolo 1274 c.c. , comma 2 nella disciplina generale delle obbligazioni e la sua applicabilità a prescindere dalla qualifica di imprenditore dell'accollante o del delegato e la considerazione della ratio di tale articolo, che è quella di tutelare l'affidamento del creditore singolo tenendo conto delle circostanze del caso concreto vedi in tal senso Cassazione numero 19431 del 15.7.2008 e non di tutelare la par condicio creditorum, inducono a ritenere che la nozione d'insolvenza utilizzata in questa disposizione sia quella d'insolvenza civile che era impiegata già prima dell'introduzione del R.D. 16 marzo 1942, numero 267 e che si ritrova negli articolo 1186,1274,1299,1313,1626,1868,1943 e 1953 c.c. vedi sull'uso di tale nozione di insolvenza civile nei suddetti articoli incidentalmente Cass. 20.12.2002 numero 18151 . Lo stato d'insolvenza al quale fa riferimento l' articolo 1274 c.c. , comma 2, così come l' articolo 1186 c.c. , è costituito da ogni situazione, anche temporanea, che non consenta al debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, senza che esso debba rivestire carattere d'irreversibilità, essendo sufficiente che si colleghi ad una situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali offerte dal debitore vedi in tal senso in relazione alla nozione d'insolvenza in sede di applicazione dell' articolo 1186 c.c. , altra norma rientrante nella disciplina generale delle obbligazioni Cass. numero 24330/2011 Cass. 28.5.2012 numero 8491 . Una nozione prossima a quella d'insolvenza civile è stata poi più recentemente introdotta dalla L. numero 3 del 2012, articolo 6 secondo il quale la situazione di sovraindebitamento è data dal perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente si tratta di una nozione che va associata a quella di insolvenza che interessa ai fini dell' articolo 1186 c.c. , sulla decadenza del debitore dal beneficio del termine, ed ai fini dell'applicazione dell' articolo 1274 c.c. , comma 2, che prescinde dalla qualifica di imprenditore e che consiste in una situazione di dissesto economico, sia pure temporaneo, in cui il debitore venga a trovarsi, la quale renda verosimile l'impossibilità da parte di quest'ultimo di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Va aggiunto che l'impugnata sentenza, non solo ha applicato alla fattispecie esaminata una nozione errata d'insolvenza dell'accollante, ma pur attenendosi alla scarsa giurisprudenza della Suprema Corte in materia di articolo 1274 c.c. , comma 2 che ha stabilito che l'insolvenza vada rapportata al momento dell'accordo accollante-accollato e non a quello in cui il creditore ha prestato adesione vedi Cass. numero 1053/1943 , ha fornito un'interpretazione letterale di tale norma non conforme a buona fede e palesemente contrastante con la ratio della norma stessa di tutela dell'affidamento del creditore vedi in tal senso Cass. numero 19431/2008 . Stabilisce dell' articolo 1274 c.c. , il comma 2 che Tuttavia, se il delegato al quale è equiparabile in base al successivo comma l'accollante era insolvente al tempo in cui assunse il debito in confronto del creditore, il debitore originario non è liberato , e la Corte d'Appello di Napoli ha inteso tale disposizione nel senso che nel giudizio relativo alla sussistenza, o meno dell'insolvenza dell'accollante Omissis S.R.L. al momento dell'assunzione del debito della Maxfin S.R.L. verso la Omissis S.P.A. non si debba tener conto dell'obbligazione assunta dalla Omissis S.R.L. mediante l'accollo del 15.3.2004, ossia dell'obbligazione di pagamento di Euro 18.453.693,00, trattandosi di obbligazione non ancora esistente prima dell'accollo. In realtà la norma fa riferimento al tempo in cui è stata assunta l'obbligazione dall'accollante e punta ad evitare che siano prese in considerazione per valutare l'insolvenza circostanze che siano sopravvenute rispetto all'accollo, ma non esclude certo dalla valutazione dell'esistenza o meno di una situazione economica e patrimoniale anche temporanea, che non consenta all'accollante di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni l'obbligazione che è stata assunta mediante l'accollo, perché se così fosse sarebbe totalmente frustrata la ratio di tutela dell'affidamento del creditore che è propria della norma in esame. La verifica della sussistenza dell'insolvenza dell'accollante al momento dell'accollo va poi effettuata secondo una logica di buona fede, che non tenga conto solo della deliberazione di un aumento di capitale deliberato evidentemente in vista dell'accollo per Euro 17.000.000,00, valevole di per sé come mera proposta, ma non della totale mancata sottoscrizione di tale aumento da parte dei soci della Omissis . S.R.L., indicativa del difetto assoluto di serietà, o addirittura dell'intento ingannatorio di quell'aumento già presente al momento dell'accollo, giudicata alquanto irrilevante solo perché sopravvenuta temporalmente all'insolvenza da valutare, e tanto più una valutazione di questo tipo sarebbe stata necessaria ove si consideri che sia la Omissis S.R.L., che la Omissis S.P.A. sono state dichiarate fallite rispettivamente il 16.12.2005 dal Tribunale di Ivrea ed il 28.6.2006 dal Tribunale di Napoli, e che tali società, al pari dell'accollata Maxfin S.R.L., facevano parte di un unico gruppo societario, nell'ambito del quale la deliberazione del consenso del creditore originario Omissis S.P.A. alla liberazione del debitore originario accollato Maxfin S.R.L. potrebbe essere stata condizionata da logiche di gruppo ed eventualmente anche dalla scelta di convogliare con finalità fraudolente i debiti verso singole società del gruppo destinate al fallimento. Conclusivamente ai sensi dell' articolo 384 c.p.c. , comma 1, in relazione all'accoglimento del ricorso proposto a norma dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 , ed alla mancanza di precedenti specifici della Suprema Corte sulla questione di diritto di particolare importanza della nozione d'insolvenza utilizzata all' articolo 1274 c.c. , comma 2, si deve enunciare il seguente principio di diritto La nozione d'insolvenza utilizzata all' articolo 1274 c.c. , comma 2, che esclude la liberazione del debitore originario se il delegato, o l'accollante era insolvente al momento dell'assunzione del debito, non è desumibile analogicamente da quella dettata dagli articolo 5 e 67 L.F. , norme improntate al principio della tutela della par condicio creditorum, e non della tutela dell'affidamento del singolo creditore, ma è quella dell'insolvenza civile che si ritrova anche negli articolo 1186,1299,1313,1626,1868,1943 e 1953 c.c. , e va intesa come riferimento ad ogni situazione, anche temporanea e non irreversibile, che non consenta al delegato al pagamento, o all'accollante, di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni compresa quella oggetto di delegazione od accollo , essendo sufficiente che si colleghi ad una situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali offerte dal debitore, che va valutata al momento dell'assunzione del debito originario da parte di un nuovo soggetto delegato od accollante senza tener conto di fatti successivi a tale assunzione, a meno che essi non siano indicativi, in un'interpretazione secondo buona fede, della valenza effettiva di circostanze verificatesi anteriormente a tale assunzione . Il ricorso va quindi accolto e l'impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione, che dovrà attenersi ai principi di diritto enunciati in punto di nozione d'insolvenza e d'interpretazione secondo buona fede della medesima in sede di applicazione dell' articolo 1274 c.c. , comma 2 e che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte di Cassazione, sezione seconda civile, accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà in conformità ai principi di diritto enunciati ed anche per le spese del giudizio di legittimità.