Sull’opposizione di terzo degli eredi della parte deceduta nelle more del giudizio di primo grado

Con l'ordinanza in esame, la Suprema Corte di Cassazione ha espresso due importanti principi di diritto in tema di successioni.

Con la presente pronuncia la Corte di Cassazione sottolinea che in tema di opposizione di terzo degli eredi avverso la sentenza emessa a conclusione del giudizio introdotto da o contro il de cuius , la legittimazione all'opposizione ordinaria va riconosciuta all'erede pretermesso in seguito all'emersione nel processo del fatto del decesso della parte originaria e della riassunzione o della volontaria costituzione in prosecuzione di uno o taluno dei coeredi, atteso che egli si trova con questi ultimi in una situazione di necessaria colegittimazione, avente fondamento in una fattispecie di litisconsorzio processuale, la quale, da un lato, impone al giudice, nel caso che essa emerga eventualmente su impulso della controparte, gravata, al riguardo, da un dovere di attivazione fondato sul canone di diligenza processuale di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario non presente in giudizio, mentre, dall'altro lato, legittima quest'ultimo il quale, peraltro quando sia consapevole della celebrazione del processo inter pauciores , non perde la facoltà di intervenire nello stesso, anche in grado di appello ad impugnare la relativa sentenza, emessa a contradditorio non integro, ai sensi dell' art. 404, primo comma, c.p.c. diversamente, nell'ipotesi in cui il decesso della parte originaria non sia emerso come fatto processuale e la sentenza sia stata emessa nei suoi confronti, gli eredi , quali successori in universum ius subentrati nella medesima situazione giuridica del defunto, non possono considerarsi terzi agli effetti del primo comma dell' art. 404 c.p.c. e conservano unicamente la legittimazione all'esperimento dei normali mezzi di gravame in primo luogo, l'appello , cui può aggiungersi l'eccezionale legittimazione a proporre il mezzo straordinario di cui al secondo comma dell' art. 404 c.p.c. , cioè l' opposizione di terzo c.d. revocatoria , la quale, esperibile nel caso in cui il decisum della sentenza sia stata effetto di dolo o collusione a loro danno, trova peraltro fondamento, non in un diritto autonomo, ma in un diritto derivativo da quello del defunto . Inoltre, qualora in un giudizio si sia verificata la morte di una parte e la decisione sia stata pronunciata a seguito di riassunzione nei confronti o con la costituzione degli eredi ad eccezione di uno di essi , che sia rimasto pretermesso, e questi abbia successivamente proposto opposizione ordinaria ai sensi dell' art. 404, primo comma, c.p.c. , adducendo la sua legittimazione all'opposizione come litisconsorte necessario pretermesso dalla riassunzione, ove nel corso del giudizio di opposizione l'erede opponente deceda e gli altri eredi accettino la sua eredità senza beneficio di inventario, subentrando nella sua posizione processuale nel giudizio di opposizione di terzo in cui siano stati già coinvolti come parti della sentenza opposta , la confusione delle loro rispettive posizioni sostanziali , siccome oggetto della decisione opposta, con quella del de cuius , determina la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all'opposizione a suo tempo introdotta dal medesimo de cuius .

Presidente Frasca Relatore Spaziani Fatti di causa 1. P.D. oppose, dinanzi al Tribunale di Locri, il decreto con cui il medesimo Tribunale gli aveva ingiunto di pagare la somma di Lire 89.214.230 alla Fasmico s.r.l Durante il giudizio di opposizione morì e si costituì in giudizio, per la prosecuzione del processo, Pa.Do., il quale agì in rappresentanza delle tre figlie ed eredi del P., M.P., G. e S., sulla base di una procura institoria da queste rilasciatagli per la gestione della Società di fatto Eredi di P.D. , formatasi dopo la morte di quest'ultimo. Il giudizio fu definito con la sentenza 7 novembre 2003, n. 757, recante la condanna al pagamento della somma di Euro 46.075,30. Nel 2005, la Fasmico s.r.l. notificò alle quattro eredi di P.D. dunque, non solo alle figlie M.P., G. e P.S., ma anche alla moglie, M.F. la suddetta sentenza, unitamente ad un atto di precetto contenente l'intimazione di pagamento della somma in essa indicata. 2. Le precettate proposero opposizione di terzo avverso la sentenza loro notificata come titolo esecutivo, deducendone la nullità o, persino, l'inesistenza. Sotto un primo profilo, sulla premessa di avere appreso dell'esistenza del procedimento e della sentenza solo in seguito alla notifica della stessa unitamente al precetto, dedussero che essa era stata emessa con la pretermissione di litisconsorti necessari, atteso, per un verso, che la procura institoria, conferita a Pa.Do. al solo fine di gestire gli affari della Società di fatto Eredi di P. Domenico , non gli aveva attribuito anche il potere di rappresentanza processuale delle figlie del de cuius, M.P., G. e S., nelle cause personali che le riguardavano iure hereditario e considerato, per altro verso, che, in ogni caso, a seguito del decesso del P., era stata omessa la riassunzione del giudizio nei confronti del coniuge ed erede, M.F., la quale non aveva neppure sottoscritto la predetta procura, con conseguente violazione degli artt. 101 e 102 c.p.c. , nonché degli artt. 3 e 24 Cost. . Sotto un secondo profilo, osservarono che la sentenza medesima era mancante degli elementi essenziali di cui all' art. 132 c.p.c. , in ragione della circostanza che essa era priva dell'indicazione della parte passiva sostanziale e del suo difensore, recando, nell'intestazione, quella della parte originaria, P.D., nonché del difensore di quest'ultimo, sebbene lo stesso fosse deceduto già nel Omissis . L'opposizione di terzo fu accolta dal Tribunale di Locri con sentenza 9 luglio 2007, n. 540. Con questa pronuncia, il Tribunale, rigettata l'eccezione pregiudiziale di rito sollevata dalla Fasmico s.r.l. la quale aveva dedotto che le opponenti, in quanto eredi della parte originaria, non erano terzi rispetto alla sentenza gravata e non erano dunque legittimate ad impugnarla con opposizione di terzo , in applicazione della ragione più liquida, senza entrare nel merito della questione della validità ed efficacia della procura institoria sottoscritta dalle figlie di P.D. ai fini del conferimento della loro rappresentanza processuale a Pa.Do., dichiarò la nullità della sentenza del 2003 per essere stata emessa con la pretermissione di M.F., litisconsorte necessario, e rimise le parti dinanzi al primo giudice. 3. Avverso questa sentenza fu interposto appello principale dalla Fasmico s.r.l. la quale ribadì l'eccezione, già sollevata, di difetto di legittimazione delle eredi di P.D. all'esperimento del rimedio di cui all' art. 404 c.p.c. e appello incidentale da M.P., G. e P.S., nonché da M.F., le quali riformularono le doglianze rimaste assorbite nella decisione di primo grado. Le appellanti incidentali, inoltre, eccepirono l'inammissibilità dell'appello principale, per essere stata la relativa procura conferita da soggetto privo del potere di amministrazione e rappresentanza della Fasmico s.r.l., senza che tale difetto potesse reputarsi retroattivamente sanato dalla successiva costituzione in giudizio del nuovo amministratore, intervenuta tardivamente. Con sentenza 30 novembre 2018, n. 845, la Corte di appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza appellata, ha dichiarato la piena efficacia e validità della sentenza n. 757/2003 emessa dal Tribunale di Locri . La Corte territoriale ha deciso sulla base dei seguenti rilievi I - l'eccezione di inammissibilità dell'appello principale, per essere stata data la procura da soggetto non abilitato a rappresentare la società, non era fondata, in quanto l'attività del falsus procurator era stata ratificata dal nuovo amministratore della società, che si era costituito successivamente in giudizio, sanando retroattivamente il difetto di rappresentanza II - non era fondata, in termini generali ed astratti, l'eccezione sollevata dall'appellante principale, secondo cui le appellate-appellanti incidentali non sarebbero state legittimate a proporre opposizione di terzo in quanto eredi dell'originario convenuto in senso sostanziale, atteso che, al contrario, anche gli eredi, successori a titolo universale della parte originaria, qualora assumano di essere litisconsorti necessari pretermessi, possono esperire il rimedio di cui all' art. 404 c.p.c. , comma 1, contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva che pregiudichi i loro diritti IIInella concreta fattispecie, tuttavia, da un lato, con riguardo alle figlie del defunto P.D., non si era verificata la dedotta pretermissione, in quanto esse si erano validamente costituite nel giudizio culminato nella sentenza opposta per il tramite di Pa.Do., quale institore della società di fatto Eredi di P.D. , nella cui procura era stato espressamente contemplato il potere di stare in giudizio attivamente e passivamente per conto delle parti rappresentate dall'altro lato, con riguardo a M.F., moglie del medesimo P.D., essa, pur pretermessa, non aveva provato il pregiudizio effettivo derivatole da questa pretermissione, la quale, ex se, non era sufficiente a legittimarla all'esperimento del proposto mezzo di impugnazione, essendo tale legittimazione subordinata alla condizione che la sentenza opponenda passata in giudicato o comunque esecutiva pregiudichi concretamente i diritti del terzo, cui spetterebbe di dimostrare sia l'effettiva incidenza della dedotta pretermissione sulla definizione del merito della controversia, sia i motivi della sua mancata, decisiva partecipazione al giudizio d'altra parte, la ragione della circostanza che la M. fosse rimasta fuori dalla società di fatto, instauratasi tra le altre eredi del marito, andava verosimilmente ricercata proprio nell'esigenza di precostituirsi la legittimazione alla proposizione dell'opposizione di terzo avverso la sentenza emessa in confronto delle coeredi, costituite in giudizio attraverso la predetta società IVesclusa la legittimazione ad esperire il rimedio dell'opposizione di terzo nel caso concreto, la sentenza indebitamente impugnata con tale mezzo di gravame doveva reputarsi pienamente efficace e valida, con assorbimento delle ulteriori doglianze formulate dalle appellanti incidentali. 4. Per la cassazione della sentenza della Corte reggina ricorrono P.M.P., P.G. e P.S., in proprio e quali eredi di M.F., nel frattempo deceduta, sulla base di cinque motivi. Risponde con controricorso la Fasmico s.r.l., proponendo altresì ricorso incidentale condizionato, fondato su un unico motivo. La trattazione dei ricorsi è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte. Sia le ricorrenti principali che la controricorrente-ricorrente incidentale hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Il ricorso principale proposto da P.M.P., P.G. e P.S., in proprio e quali eredi di M.F., oltre a denunciare la nullità o inesistenza della sentenza impugnata per vizio di costituzione del giudice, la censura per avere rigettato l'eccezione di inammissibilità dell'appello principale, per avere ritenuto assorbita la doglianza con cui era stata dedotta la nullità o l'inesistenza della sentenza opposta per omessa indicazione della parte passiva sostanziale e del suo difensore, nonché, principalmente, per avere escluso, nel caso concreto, la loro legittimazione all'esperimento del rimedio dell'opposizione di terzo, pur riconoscendo, in via generale ed astratta, che tale legittimazione spetterebbe agli eredi della parte originaria, qualora assumano di essere litisconsorti necessari indebitamente pretermessi nel giudizio in cui si è formato il giudicato o in cui comunque è stata emessa la sentenza esecutiva che pregiudichi i loro diritti. I motivi sono i seguenti. 1.1. Con il primo motivo viene denunciata, come si è accennato, nullità o inesistenza della sentenza impugnata per vizio di costituzione del giudice. Le ricorrenti osservano che tra i membri del Collegio della Corte reggina che ha emesso la sentenza di appello figurava un giudice ausiliario che aveva assunto anche la qualità di relatore, in violazione del divieto costituzionale di inserire i magistrati onorari negli organi giudicanti collegiali. Evidenziano, dunque, l'incostituzionalità - in riferimento agli artt. 102 e 106 Cost. - delle norme di legge istitutive delle figure dei giudici ausiliari presso le Corti di appello, tra l'altro già sottoposte al sindacato del giudice delle leggi. 1.2. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 112,125 e 182 c.p.c. . Le ricorrenti censurano la statuizione di rigetto dell'eccezione di inammissibilità dell'appello principale, da loro sollevata dinanzi alla Corte territoriale. Si dolgono che la procura per l'introduzione del giudizio di secondo grado fosse stata rilasciata dall'ex amministratore della società Fasmico s.r.l. cessato dalla carica, non più abilitato a rappresentarla, senza che tale difetto di rappresentanza potesse essere retroattivamente sanato dalla successiva costituzione in giudizio del nuovo amministratore, non ostante l'espressa ratifica, da parte sua, dell'operato del precedente. 1.3. Con il terzo motivo viene denunciata la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 112,304 c.p.c., nonché dell' art. 345 c.p.c. , comma 2, dell'art. 2909 c.c., dei principi regolatori del giusto processo e dell' art. 24 Cost. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 4. Le ricorrenti deducono che la Fasmico s.r.l., con l'atto di appello, aveva sollevato un'eccezione circoscritta al rilievo della mancanza, in capo alle opponenti, vittoriose in primo grado, della qualità di terzi rispetto alla sentenza opposta, sull'assunto che esse, in quanto eredi di P.D., erano succedute nella sua stessa posizione giuridica, sostanziale e processuale, cosicché non potevano reputarsi legittimate ad esperire il rimedio di cui all' art. 404 c.p.c. . La Corte territoriale, anziché limitarsi a pronunciare su tale eccezione nel rispetto dei limiti di essa, aveva indebitamente ampliato l'oggetto della sua statuizione in primo luogo, introducendo il tema della mancata osservanza, da parte di M.F., dell'onere di allegazione e di prova dell'effettiva incidenza della dedotta pretermissione sulla definizione del merito della controversia, nonché delle ragioni della sua mancata partecipazione al giudizio in secondo luogo, rimettendo in discussione la circostanza ormai del tutto pacifica e incontroversa in quanto, dopo essere stata da loro dedotta con l'opposizione di terzo, non era stata contestata dalla Fasmico s.r.l. né nel corso del giudizio di primo grado né con l'atto di appello che la procura conferita da M.P., G. e P.S. a Pa.Do. non aveva la finalità di attribuire all'institore il potere di rappresentarle in giudizio in relazione alle cause personali che le riguardavano iure hereditario, bensì la diversa finalità di riconoscergli il potere di gestire gli affari della società di fatto instauratasi tra le coeredi in terzo luogo, presumendo, in capo a tutte le opponenti, la sussistenza dello specifico proposito doloso di escludere M.F. dalla predetta società, in funzione di consentirle la precostituzione della legittimazione all'esperimento del rimedio oppositivo. Secondo le ricorrenti principali, tale indebito ampliamento dell'oggetto del giudizio, concretando una pronuncia oltre i limiti dell'eccezione sollevata dalla Fasmico s.r.l. e oltre i limiti del giudicato interno già maturato tra le parti, nonché, comunque, su questioni non rilevabili d'ufficio, si sarebbe tradotto in una evidente violazione degli artt. 112,304 c.p.c. e art. 345 c.p.c. , comma 2, nonché dell' art. 2909 c.c. e, infine, dell' art. 24 Cost. e dei principi regolatori del giusto processo. 1.4. Con il quarto motivo del ricorso principale viene denunciata la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 77,100,101,102,112 c.p.c. e art. 404 c.p.c. , comma 1, nonché degli artt. 1362 c.c. e ss. e art. 2203 c.c. . Il motivo, oltre ad evidenziare la compiuta osservanza, da parte delle opponenti, degli oneri di allegazione sottesi all'esperimento del mezzo di gravame di cui all' art. 404 c.p.c. , si articola in due specifiche doglianze. Con la prima, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso, nel caso concreto, la legittimazione di M.F. a proporre l'opposizione di terzo avverso la sentenza data nel giudizio in cui era stata pretermessa, sul rilievo che la mera pretermissione non sarebbe stata sufficiente a fondare la predetta legittimazione, occorrendo altresì la prova del pregiudizio effettivo arrecato dalla sentenza opponenda passata in giudicato o comunque esecutiva ai diritti del terzo. Deducono, in proposito, che, al contrario, la radicale nullità della sentenza, per violazione dell' art. 102 c.p.c. , sarebbe determinata già dall'obiettiva pretermissione di un litisconsorte necessario, senza che questi abbia l'onere di provare alcunché. Con la seconda doglianza, le ricorrenti criticano la sentenza di appello per avere escluso altresì la concreta legittimazione di M.P., G. e P.S. all'esperimento del mezzo di gravame di cui all' art. 404 c.p.c. , sul rilievo che la procura da loro rilasciata a Pa.Do. prevedeva espressamente la facoltà dell'institore di stare in giudizio in rappresentanza delle conferenti, sicché in relazione ad esse non si sarebbe verificata alcuna pretermissione. Deducono, in proposito, che la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato il negozio attributivo del potere di rappresentanza a Pa.Do., omettendo di considerare che esso non rivestiva i caratteri di una procura generale, ma quelli di una procura institoria del resto, formalmente qualificata come tale , rilasciata al solo fine di gestire la Società di fatto Eredi di P.D. e con l'espressa previsione che la legittimazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione restava circoscritta a quelli contenuti nello specifico elenco di cui alle pagine 2, 3 e 4 del documento in cui tale negozio era stato formalizzato, con esclusione, ad es., della possibilità di disporre dei beni aziendali. Tale illogico ed immotivato scostamento dal dato letterale rinvenibile nella procura institoria, avrebbe determinato, secondo le ricorrenti principali, oltre alla palese violazione dei canoni legali di interpretazione dei negozi giuridici artt. 1362 c.c. e ss. , anche quella del disposto dell'art. 2203 cit. codice, per avere la Corte di appello indebitamente considerato l'istituito Pa.Do. quale procuratore generale delle eredi di P.D., anziché quale mero institore, preposto ad affari specifici e determinati, la cui rappresentanza processuale avrebbe dovuto quindi ritenersi limitata ai giudizi riguardanti la società di fatto per la cui gestione era stato officiato, tra i quali non poteva ricomprendersi il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, introdotto da P.D. quando ancora tale società non si era formata. 1.5. Con il quinto motivo del ricorso principale è denunciata la violazione e/o la falsa applicazione dell' art. 132 c.p.c. , nonché omesso esame di fatto decisivo e discusso. Le ricorrenti censurano la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto assorbita nella statuizione di sostanziale accoglimento dell'appello principale la specifica doglianza diretta a riproporre l'eccezione di nullità o, addirittura, di inesistenza della sentenza opposta per omessa indicazione della parte passiva sostanziale e del suo difensore, formulata dalle appellanti principali sul presupposto che nell'intestazione della sentenza medesima era invece erroneamente indicata la parte originaria, P.D., nonché il nominativo del suo difensore, sebbene lo stesso fosse deceduto già nel Omissis . 2. Il ricorso incidentale condizionato proposto dalla Fasmico s.r.l. censura la sentenza di appello nella parte in cui, rigettando la specifica eccezione sollevata dall'appellante principale, ha affermato, in termini generali, la sussistenza della legittimazione degli eredi, quali successori a titolo universale della parte originaria, ad impugnare con opposizione di terzo la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva che pregiudichi i loro diritti, ove assumano di essere litisconsorti necessari pretermessi nel giudizio in cui essa è stata emessa. 2.1. Con l'unico motivo di tale ricorso viene infatti denunciata la violazione o la falsa applicazione degli art. 404 c.p.c. , commi 1 e 2 e art. 110 c.p.c. la ricorrente incidentale deduce, al riguardo, che tanto le germane P. quanto la loro madre, M.F., in quanto eredi - e quindi successori a titolo universale - dell'originario titolare della situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, erano subentrate nella medesima posizione di esso, cosicché non potevano considerarsi terzi legittimati a reagire avverso la sentenza con il mezzo di gravame di cui all' art. 404 c.p.c. , tanto nella forma ordinaria art. 404, comma 1 quanto nella forma revocatoria art. 404, comma 2 , l'esperimento della quale ultima, tra l'altro, avrebbe postulato la prova del dolo o della collusione a danno delle opponenti, nella specie insussistente. 3. La circostanza che la questione pregiudiziale sulla legittimazione generale degli eredi a proporre opposizione di terzo rispetto alla sentenza pronunciata nei confronti del de cuius abbia formato oggetto di decisione esplicita da parte del giudice del merito esclude il carattere prioritario dell'esame del ricorso incidentale, il quale postula invece l'attualità dell'interesse, sussistente unicamente nell'ipotesi di fondatezza del ricorso principale Cass., Sez. Un., 06/03/2009, n. 5456 Cass., Sez. Un., 04/11/2009, n. 23318 Cass., Sez. Un., 25/03/2013, n. 7381 . 4. Deve, dunque, procedersi anzitutto allo scrutinio del ricorso principale, per poi passare a quello del ricorso incidentale solo ove uno o più dei motivi che sorreggono il primo siano risultati fondati. 4.1. Delle doglianze che sorreggono il ricorso principale sono senz'altro inammissibili quelle articolate nel quinto motivo e nella seconda censura del quarto. Il quinto motivo, come si è detto, ripropone l'eccezione di nullità o, addirittura, di inesistenza della sentenza n. 757/2003 del Tribunale di Locri, impugnata con opposizione di terzo, per erronea indicazione delle parti in senso sostanziale, sull'assunto che nell'intestazione di tale pronuncia erano indicate la parte originaria, successivamente venuta meno, e il suo difensore, anche egli deceduto. Invece, la seconda censura in cui si articola il quarto motivo, deduce l'erronea applicazione dei criteri di interpretazione del negozio giuridico, per avere la Corte di merito indebitamente ritenuto che la procura sottoscritta dalle figlie di P.D. attribuisse all'istituito Pa.Do. costituitosi per la prosecuzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo introdotto dal de cuius la qualità di procuratore generale , come tale dotato anche della rappresentanza processuale per le cause personali che interessavano le rappresentate iure hereditario, anziché la qualità di mero institore , preposto specificamente ed esclusivamente alla gestione degli affari della società di fatto formatasi tra gli eredi del P. medesimo. Però, le illustrate censure, mentre da un lato evocano, rispettivamente, la sentenza n. 753 del 2003 del Tribunale di Locri e la procura institoria conferita a Pa.Do., dall'altro lato omettono di riprodurne, direttamente o indirettamente, il contenuto nel ricorso, ponendo questa Corte nell'impossibilità di percepire i termini delle doglianze sulla base soltanto del ricorso medesimo, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso ciò che concreterebbe, per un verso, un'indebita integrazione dell'attività deduttiva di esclusiva spettanza delle parti ricorrenti in sede di articolazione dei motivi di ricorso per cassazione per altro verso, l'impropria assunzione di una funzione vicaria delle parti medesime, le quali, tra l'altro, con riferimento al contenuto della sentenza del 2003, hanno bensì ribadito più volte che essa, nell'intestazione, indicava ancora la parte originaria nonché il suo difensore , ma hanno omesso di chiarire se nel corpo della motivazione e, precipuamente, nel dispositivo, la pronuncia medesima avesse riferito la condanna a quella specifica parte in via esclusiva o, eventualmente, concorrente con le parti sopravvenute oppure esclusivamente ai suoi eredi o, ancora, alla società formatasi tra questi ultimi analogamente, con riguardo all'ambito della procura institoria, è stato evocato l'elenco degli atti di straordinaria amministrazione ai quali sarebbe stata circoscritta la legittimazione dell'institore, ma non si è proceduto alla trascrizione del documento in cui la procura medesima, nonché il predetto elenco asseritamente contenuto nelle pagine 2, 3 e 4 della stessa procura p.34-35 del ricorso , sarebbero stati formalizzati. In proposito va ricordato che, in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di atti o documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonché alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire al giudice di legittimità di individuare i termini della censura sulla sola base del ricorso, il quale deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permetterne l'esame in termini, tra le altre Cass. 10/12/2020, n. 28184 Cass. 07/03/2018, n. 5478 Cass. 27/07/2017, n. 18679 . Nel caso di specie, non solo difetta la trascrizione in ricorso delle dette parti rilevanti degli atti e dei documenti evocati, ma difetta anche la specifica localizzazione della sedes processuale in cui essi sarebbero stati eventualmente prodotti nel corso dei gradi di merito, atteso che l'unica generica indicazione in tal senso è quella rinvenibile in calce al ricorso, ove si fa riferimento all' intero fascicolo di parte relativo al giudizio di appello con relativo interno fascicolo di parte relativo al giudizio di primo grado, senza peraltro specificarne la presenza nel fascicolo d'ufficio del giudizio di appello, in conformità alle indicazioni date dalle Sezioni Unite di questa Corte cfr. Cass., Sez. Un., 03/11/2011, n. 22726 . La mancata riproduzione diretta o indiretta del contenuto dei documenti e degli atti evocati costituisce, pertanto, un'evidente violazione dell' art. 366 c.p.c. , n. 6, cui consegue la sanzione dell'inammissibilità delle inerenti doglianze contenute nel ricorso in esame. Il quinto motivo e la seconda censura in cui si articola il quarto motivo del ricorso principale vanno, dunque, dichiarati inammissibili. 4.2. Il primo, il secondo e il terzo motivo del medesimo ricorso principale sono, invece, infondati e vanno rigettati nel merito. Con riguardo al primo motivo, va rilevato che la questione della legittimità costituzionale delle norme di legge istitutive delle figure dei giudici ausiliari presso le Corti di appello è già stata decisa dalla Corte costituzionale, la quale, nel dichiarare l'incostituzionalità di quelle disposizioni, contenute nel D.L. n. 69 del 2013 convertito, con modificazioni, nella L. n. 98 del 2013 , che conferiscono al giudice ausiliario di appello lo status di componente dei collegi nelle sezioni delle Corti di appello, nella parte in cui non prevedono che esse si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 32 ha peraltro statuito che le Corti di appello potranno legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari fino a quando, entro la data del 31 ottobre 2025, si perverrà, appunto, alla riforma complessiva della magistratura onoraria fino a quel momento, infatti, la temporanea tollerabilità costituzionale dell'attuale assetto è volta ad evitare l'annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le Corti di appello dei giudici onorari al fine di ridurre l'arretrato nelle cause civili Corte Cost. 17/03/2021, n. 41 . Di conseguenza, per un verso, non sussiste il dedotto vizio di costituzione del giudice per altro verso, una nuova questione di costituzionalità delle predette norme, la cui reductio ad legitimitatem è stata operata attraverso la richiamata sentenza additiva della Corte costituzionale, si palesa manifestamente infondata Cass. 28/05/2021, n. 15045 Cass. 05/11/2021, n. 32065 . 4.3. Con riguardo al secondo motivo, deve osservarsi che la Corte di appello, nel rigettare l'eccezione di inammissibilità dell'appello principale della Fasmico s.r.l., sollevata in corso di giudizio dalle appellate-appellanti incidentali, correttamente ha distinto l'ipotesi della mancanza della procura dall'ipotesi di difetto di legitimatio ad processum del soggetto conferente la procura medesima. Quest'ultima lacuna, infatti, a differenza della prima, non è insanabile, dal momento che trova applicazione il principio secondo cui il difetto di legittimazione processuale della persona fisica, che agisca in giudizio in rappresentanza di un ente, può essere sanato, in qualunque stato e grado del giudizio e, dunque, anche in appello , con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato dell'effettiva rappresentanza dell'ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator. In proposito, giova ulteriormente precisare - dando continuità ad un principio più volte affermato da questa Corte - che la ratifica e la conseguente sanatoria devono ritenersi ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la procura originariamente conferita al difensore da soggetto non abilitato a rappresentare la società in giudizio, trattandosi di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali, attinenti a violazioni degli artt. 83 e 125 c.p.c. Cass. 02/02/2006, n. 2270 Cass. 18/03/2015, n. 5343 Cass. 16/11/2021, n. 34775 . La Corte territoriale, nel dirimere l'eccezione sollevata dalle appellate-appellanti incidentali, ha fatto debita e corretta applicazione di tali principi, per modo che non è configurabile la violazione degli artt. 112,125 e 182 c.p.c. , dedotta con il secondo motivo del ricorso principale, che va pertanto rigettato. 4.4. Del pari infondato è il terzo motivo, con cui - come si è sopra illustrato - viene denunciata la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 112,304 c.p.c., nonché dell' art. 345 c.p.c. , comma 2, dei principi regolatori del giusto processo e dell' art. 24 Cost. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 4. Premesso che la mancanza di supporti argomentativi in ordine alla dedotta violazione dell' art. 304 c.p.c. rende persino incomprensibile tale specifica deduzione, con riguardo agli ulteriori errores in procedendo allegati con il motivo in esame è agevole rilevare che le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale per escludere, nel caso concreto, la pretermissione delle figlie di P.D. nel giudizio iniziato dal loro dante causa, nonché per rilevare l'omessa osservanza, da parte di M.F., degli oneri di allegazione e prova dell'effettivo esito pregiudizievole di quel giudizio in ragione della sua mancata partecipazione e dei motivi di questa, unitamente all'accertamento che integra l'oggetto di un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità delle ragioni che avevano determinato la sua esclusione dalla società di fatto formatasi tra le altre eredi, rientravano nel contenuto della statuizione richiesta al giudice di merito in ordine all'ammissibilità e alla fondatezza del mezzo di impugnazione esperito l'opposizione di terzo sì da concretare una quaestio iuris - o, se si vuole, un'eccezione di rito - certamente rilevabile d'ufficio nell'economia della regola dettata dall' art. 345 c.p.c. , con il solo limite della sussistenza di una preclusione derivante dall'eventuale giudicato interno formatosi a seguito della pronuncia di primo grado. Una simile preclusione, da ritenersi insussistente già in ragione del contenuto di tale pronuncia che aveva statuito positivamente sull'ammissibilità e fondatezza dell'opposizione di terzo in applicazione della ragione più liquida, con assorbimento delle altre questioni sollevate , deve, a fortiori, escludersi se si tenga conto della circostanza che la Fasmico s.r.l., sin dal predetto primo grado, aveva sollevato l'eccezione, poi riproposta con l'atto di appello principale e ulteriormente riformulata nel presente giudizio di cassazione quale unico motivo del ricorso incidentale condizionato v. infra di difetto di legittimazione attiva delle opponenti, in quanto mancanti del requisito fondamentale necessario ai fini dell'esercizio del mezzo di gravame esperito, ovverosia quello della qualità di terzi rispetto alla sentenza opposta. Deve pertanto escludersi che la Corte territoriale - introducendo il tema della mancata osservanza degli oneri di allegazione e di prova da parte di M.F. ricercando le ragioni della sua esclusione dalla società di fatto formatasi tra le altre eredi del defunto P.D. e interrogandosi sui limiti della procura da queste ultime conferita a Pa.Do. - abbia proceduto ad un indebito ampliamento dell'oggetto del giudizio con violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. , dell'art. 2909 c.c., dell'art. 24 Cost. e dei principi regolatori del giusto processo , rientrando pienamente le dette questioni nell'ambito del thema decidendum devolutole con il mezzo di impugnazione esperito, concernente l'ammissibilità e la fondatezza di quest'ultimo. Anche il terzo motivo del ricorso principale deve, quindi, essere rigettato. 4.5. Al contrario, sarebbe fondata la prima censura in cui si articola il quarto motivo del ricorso principale, che dovrebbe dunque essere accolto per quanto di ragione. Con questa censura, la sentenza di appello viene criticata nella parte in cui, dopo avere accertato l'effettiva pretermissione di M.F. nel giudizio introdotto dal suo dante causa P.D. e culminato nella sentenza n. 757 del 2003 del Tribunale di Locri, ha tuttavia ritenuto che la mera pretermissione non fosse sufficiente a legittimarla all'esperimento del mezzo di gravame di cui all' art. 404 c.p.c. , comma 1, in difetto della prova del pregiudizio effettivo subito in seguito alla pretermissione medesima per effetto della sua concreta incidenza sull'esito della controversia. Questa ratio decidendi si collega al principio, più volte affermato da questa Corte, anche nel suo massimo consesso tra le molte Cass., Sez. Un., 09/08/2018, n. 20685 , punti 26 ss. delle ragioni della decisione Cass., Sez. Un., 08/05/2017, n. 11141 , p. 6 delle ragioni della decisione Cass. 22/02/2016, n. 3432 Cass. 13/05/2014, n. 10327 Cass. 12/09/2011, n. 18635 Cass., Sez. Un., 19/07/2011, n. 15763 Cass. 21/02/2008, n. 4435 , secondo il quale la violazione delle norme processuali non è invocabile in sé e per sé, essendo viceversa sempre necessario che la parte che deduce siffatta violazione adduca anche, a dimostrazione della fondatezza di tale deduzione, la sussistenza di una concreta lesione al proprio diritto di difesa o, comunque, la sussistenza di un pregiudizio effettivo, come conseguenza della violazione medesima. Orientamento che in diversi arresti cfr. Cass. 26/09/2017, n. 22341 e successive conformi è stato anche prospettato come possibile significato, in sede di ricorso per cassazione, del precetto di cui all' art. 360-bis c.p.c. , n. 2. E tuttavia la ratio decidendi in esame, pur trovando fondamento in un principio reiteratamente affermato da questa Corte come principio generale dell'ordinamento processuale, non appare, nella fattispecie, conforme a diritto, poiché, nell'evocare la necessità della dimostrazione del pregiudizio effettivo conseguente alla ritenuta pretermissione del litisconsorte necessario, il giudice di appello ha omesso di considerare che il predetto pregiudizio doveva ritenersi già insito nella violazione del suo diritto al contraddittorio cfr., sia pure con riguardo alla distinta fattispecie della violazione degli artt. 190 e 352 c.p.c. , Cass., Sez. Un., 25/11/2021, n. 36596 . Invece, una volta affermata, in termini generali, la legittimazione degli eredi ad impugnare con opposizione di terzo la sentenza pregiudizievole per i loro diritti emessa nel giudizio introdotto dal de cuius, dal quale assumano di essere stati indebitamente pretermessi a seguito del venir meno della parte originaria ma sui limiti della conformità a diritto di tale preliminare statuizione nella fattispecie, v., infra, in sede di esame del ricorso incidentale condizionato proposto dalla Fasmico s.r.l. , la Corte territoriale, coerentemente con tale affermazione, avrebbe dovuto ritenere ammissibile la proposizione del predetto mezzo di impugnazione da parte della coniuge ed erede di P.D., sebbene essa avesse dedotto esclusivamente la violazione dell'integrità del contraddittorio, in quanto il giudizio su tale impugnazione si sarebbe esaurito nella sola fase rescindente e in quanto il suo accoglimento avrebbe dato luogo ad un nuovo giudizio da svolgersi in primo grado Cass.18/01/2022, n. 1441 . 5. Il rilievo della fondatezza, per quanto di ragione, della prima censura del quarto motivo del ricorso principale impone di esaminare a questo punto quello che sorregge il ricorso incidentale condizionato proposto dalla Fasmico s.r.l., il cui eventuale accoglimento, comportando la cassazione della statuizione preliminare contenuta nella sentenza di merito gravata sulla ritenuta legittimazione degli eredi all'opposizione di terzo avverso la sentenza emessa nel giudizio iniziato dal de cuius in cui assumano di essere stati indebitamente pretermessi dopo il decesso del loro dante causa ne implicherebbe l'assorbimento. Al riguardo occorre distinguere la posizione di cui le attuali ricorrenti invocano la tutela in proprio da quella che esse fanno valere nella qualità di eredi della loro madre, a sua volta già coerede con loro del de cuius. 5.1. Rispetto alla prima posizione, che trova fondamento nella qualità delle ricorrenti di eredi del defunto loro padre, il ricorso incidentale condizionato è inammissibile, in quanto la sentenza di merito impugnata ne ha escluso la legittimazione all'opposizione ex art. 404 c.p.c. , sul rilievo che esse si erano costituite a mezzo di rappresentante in prosecuzione del processo iniziato dal loro dante causa, per modo che non potevano essere ritenute litisconsorti pretermesse nel giudizio in cui era stata emessa la pronuncia opposta. Questa statuizione si è consolidata per effetto dell'esito dello scrutinio della corrispondente censura contenuta nel quarto motivo del ricorso principale, con cui esse avevano contestato il decisum in parte qua della sentenza di appello, ma, indipendentemente da ciò, dal punto di vista della resistente questo decisum comunque aveva un valore tale da escludere una sua soccombenza, legittimante all'esercizio del diritto di impugnazione. 5.2. Invece, con riguardo alla posizione di cui le attuali ricorrenti invocano la tutela nella qualità di eredi della loro madre, a sua volta già coerede con loro del comune dante causa, il ricorso incidentale della Fasmico s.r.l., pur prendendo le mosse da una deduzione non corretta in iure, non può essere rigettato per infondatezza, avuto riguardo alla situazione giuridica determinatasi per effetto della circostanza sopravvenuta allegata nel ricorso principale, ovverosia il decesso di M.F. ed il subentro come eredi delle tre figlie. 5.2.a. Sotto il primo aspetto, occorre considerare che, a differenza delle figlie, le quali - come si è accertato con statuizione ormai consolidatasi - si erano costituite nel giudizio esitato nell'emissione della sentenza opposta il quale era dunque proseguito nei loro confronti e nel loro contraddittorio , M.F. non era entrata nel predetto processo né per il tramite di una volontaria costituzione, né per il tramite di una chiamata proveniente dalla controparte del de cuius, sebbene, a seguito del decesso di quest'ultimo, quale sua erede, si trovasse in situazione di necessaria colegittimazione per la prosecuzione, riconducibile ad una fattispecie di litisconsorzio. Al riguardo, giova ricordare il consolidato principio secondo cui, in caso di morte della parte nel corso del processo, la legittimazione attiva o passiva si trasmette ai suoi eredi, con la conseguenza che il rapporto processuale deve proseguire nei confronti di tutti costoro, ricorrendo un ipotesi di litisconsorzio necessario di natura processuale, indipendentemente dalla natura scindibile o inscindibile del rapporto dedotto in giudizio, senza che in contrario rilevi la mancata interruzione del processo per l'assenza della comunicazione del decesso ex art. 300 c.p.c. , quando uno o taluni degli altri eredi si siano costituiti volontariamente in giudizio, poiché in questa costituzione, preclusiva dell'effetto interruttivo, è insita la suindicata comunicazione, con conseguente necessità che il contraddittorio venga integrato nei confronti degli eredi non costituitisi cfr., ex multis, già Cass. 03/09/1997, n. 8437 e, più recentemente, Cass.15/12/2020, n. 28447 . In altre parole, nell'ipotesi di morte di una delle parti nel corso del giudizio, gli eredi, indipendentemente dalla natura del rapporto controverso, vengono a trovarsi, per tutta la durata del processo, in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, di talché, nell'ipotesi in cui - come nella fattispecie - intervenga volontariamente in causa uno degli eredi di detta parte, non vi è bisogno della dichiarazione del procuratore della stessa, perché la costituzione dell'erede è rivolta alla prosecuzione del giudizio, con un'implicita comunicazione dell'evento interruttivo e preclusiva del relativo effetto pertanto, il giudice, avendo conoscenza processuale di detto evento, deve ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti di altri eventuali eredi Cass. 05/11/2020, n. 24639 Cass. 10/12/2021, n. 39384 Cass. 03/02/2023, n. 3391 . Avuto riguardo alla situazione di necessaria colegittimazione in cui si trovava M.F., il giudice del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ove avesse avuto contezza della sua posizione di coerede - o per averla prospettata le figlie costituitesi in successione dell'opponente o per averla rappresentata la parte opposta sulla quale, in seguito alla conoscenza della morte della parte originaria, gravava, in base al canone di diligenza processuale, il dovere di accertare se vi fossero eredi diversi dalle figlie - avrebbe dovuto ordinare l'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti. Poiché invece il processo proseguì esclusivamente tra la parte opposta e le altre coeredi, certamente la sentenza opposta fu pronunciata a contraddittorio non integro per indebita pretermissione di M.F., sotto il profilo della legittimazione che era riferibile ad essa e alle figlie, per effetto della morte di P.D In tale situazione, la sig.ra M., quand'anche avesse avuto conoscenza del processo e si fosse astenuta dal costituirsi in esso, non avrebbe potuto subire conseguenze negative in ordine alla perdita della legittimazione ad opporre la relativa sentenza, ai sensi dell' art. 404 c.p.c. , comma 1, atteso che il coerede pretermesso non ha l'obbligo di dar corso alla costituzione in prosecuzione, potendo tale sua colegittimazione essere conosciuta dalla controparte del suo de cuius, la quale, come già detto, anche di fronte alla costituzione in prosecuzione di soggetti che si qualifichino eredi, deve attivarsi ed accertare se ve ne siano altri. Il litisconsorte pretermesso, infatti, come dimostra la possibilità di intervenire in appello, che è una mera facoltà, non perde la sua legittimazione non ostante sia consapevole che si sta svolgendo il processo inter pauciores, cioè senza la sua partecipazione necessaria, ciò che trova conferma, del resto, nella circostanza che, come è noto, l'opposizione di cui all' art. 404 c.p.c. , comma 1 non è soggetta a termini. Diversa sarebbe stata la situazione in punto di legittimazione al detto rimedio, se il processo si fosse chiuso senza che fosse emerso, come fatto processuale, l'evento della morte della parte originaria. In tal caso, poiché la sentenza sarebbe stata emessa nei suoi confronti legittimamente per la mancata emersione del detto evento, le eredi, quali successori in universum ius, avrebbero dovuto gravarla con impugnazione ordinaria e si sarebbe posto unicamente il problema di valutare a quali termini fosse soggetto il diritto di impugnazione, avuto riguardo alla circostanza che il de cuius era costituito in giudizio tramite difensore, come tale legittimato a ricevere anche la notifica ai fini della decorrenza del temine breve. In tale diversa situazione, nessuna delle coeredi avrebbe potuto considerarsi terza agli effetti dell' art. 404 c.p.c. , comma 1 dal momento che la sentenza, in quanto pronunciata nei confronti del de cuius, necessariamente si sarebbe dovuta intendere pronunciata con effetto rispetto a tutte, essendo esse coeredi. Le stesse, in quanto subentrate nella medesima situazione giuridica del defunto, e dunque non titolari di un diritto autonomo ma di un diritto derivativo , avrebbero potuto essere eventualmente legittimate a proporre il mezzo straordinario di cui all'art. 404, comma 2 ovverosia l'opposizione c.d. revocatoria per l'ipotesi che il decisum della sentenza fosse stata effetto di dolo o collusione a loro danno cfr. già Cass.12/01/1971, n. 35 più recentemente, negli stessi termini, Cass.27/04/2016, n. 8284 . Invece, nella situazione verificatasi, di prosecuzione del giudizio in confronto solo di talune eredi, in contraddittorio non integro per violazione della regola del litisconsorzio processuale necessario, quantunque per una scelta verosimilmente consapevole, ma che bene avrebbe potuto essere neutralizzata dalla attuale ricorrente incidentale, se avesse osservato il dovere di diligenza di accertarsi della necessaria partecipazione della litisconsorte , alla coerede pretermessa non avrebbe potuto negarsi il diritto ad impugnare la sentenza con il rimedio oppositivo ordinario. Deve dunque enunciarsi il seguente principio In tema di opposizione di terzo degli eredi avverso la sentenza emessa a conclusione del giudizio introdotto da o contro il de cuius, la legittimazione all'opposizione ordinaria va riconosciuta all'erede pretermesso in seguito all'emersione nel processo del fatto del decesso della parte originaria e della riassunzione o della volontaria costituzione in prosecuzione di uno o taluno dei coeredi, atteso che egli si trova con questi ultimi in una situazione di necessaria colegitimazione, avente fondamento in una fattispecie di litisconsorzio processuale, la quale, da un lato, impone al giudice, nel caso che essa emerga - eventualmente su impulso della controparte, gravata, al riguardo, da un dovere di attivazione fondato sul canone di diligenza processuale - di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario non presente in giudizio, mentre, dall'altro lato, legittima quest'ultimo - il quale, peraltro quando sia consapevole della celebrazione del processo inter pauciores, non perde la facoltà di intervenire nello stesso, anche in grado di appello - ad impugnare la relativa sentenza, emessa a contraddittorio non integro, ai sensi dell' art. 404 c.p.c. , comma 1 diversamente, nell'ipotesi in cui il decesso della parte originaria non sia emerso come fatto processuale e la sentenza sia stata emessa nei suoi confronti, gli eredi, quali successori in universum ius subentrati nella medesima situazione giuridica del defunto, non possono considerarsi terzi agli effetti dell' art. 404 c.p.c. , comma 1 e conservano unicamente la legittimazione all'esperimento dei normali mezzi di gravame in primo luogo, l'appello , cui può aggiungersi l'eccezionale legittimazione a proporre il mezzo straordinario di cui all' art. 404 c.p.c. , comma 2 cioè l'opposizione di terzo c.d. revocatoria, la quale, esperibile nel caso in cui il decisum della sentenza sia stata effetto di dolo o collusione a loro danno, trova peraltro fondamento, non in un diritto autonomo, ma in un diritto derivativo da quello del defunto . Nella fattispecie in esame, M.F., in definitiva, in quanto litisconsorte pretermessa, contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente incidentale, era certamente legittimata ad esperire l'opposizione di terzo ordinaria, ex art. 404 c.p.c. , comma 1, avverso la sentenza emessa all'esito del processo introdotto dal defunto coniuge suo dante causa e proseguito dalle figlie sue coeredi , e ciò anche se avesse avuto conoscenza dello stesso. Se la situazione fosse valutabile con riferimento al momento in cui è stata pronunciata la sentenza impugnata, il ricorso incidentale proposto dalla Fasmico s.r.l., in relazione alla posizione riferibile alla qualità di coerede pretermessa della M., dovrebbe, dunque, essere rigettato, con conseguente cassazione della sentenza per effetto della fondatezza della prima censura contenuta nel quarto motivo del ricorso principale. 5.2.b. Ciò tuttavia è impedito, come si è accennato, dalla situazione giuridica determinatasi per effetto della circostanza sopravvenuta allegata nello stesso ricorso principale, ovverosia il decesso di M.F. ed il subentro come eredi delle tre figlie. Poiché tale allegazione non è stata seguita dalla deduzione che l'accettazione dell'eredità della M. sia avvenuta con beneficio di inventario, deve ritenersi integrata una situazione giuridica di totale confusione della posizione sostanziale nel processo delle figlie, già in proprio, e della posizione sostanziale - a suo tempo non integrata in relazione al processo stesso - di coerede della madre. In ragione di tale confusione sul piano del diritto sostanziale delle due posizioni, è evidente che, di quella a suo tempo facente capo alla madre, non può più essere predicata la terzietà rispetto al processo e, dunque, rispetto ad essa la qualità di terzo, necessaria in funzione della legittimazione all'esperimento del mezzo di gravame di cui all' art. 404 c.p.c. , comma 1. In altre parole, M.P., G. e P.S., in qualità di eredi della madre, avrebbero potuto dolersi della sua pretermissione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ed affermarne la legittimazione all'opposizione di terzo rispetto alla sentenza emessa a conclusione dello stesso solo se avessero dedotto di avere accettato l'eredità della loro madre con beneficio di inventario, giacché solo in tal caso sarebbe stato possibile predicarne la posizione di terzietà, quale necessario presupposto di ammissibilità del motivo di ricorso il quarto, limitatamente alla prima censura in cui esso si articola afferente alla legittimazione all'opposizione di terzo di M.F Posizione di terzietà che necessariamente implica la titolarità distinta della posizione sostanziale rispetto alla titolarità che invece risulta oggetto in senso formale di deduzione nel processo. In assenza di tale deduzione e in costanza della sopravvenuta situazione di confusione delle rispettive posizioni sostanziali e dunque della giustificazione del dover essere distinte come posizioni processuali , il quarto motivo del ricorso principale si palesa invece inammissibile anche in relazione alla predetta censura, per carenza di interesse. Il principio di diritto che viene in rilievo è il seguente Qualora in un giudizio si sia verificata la morte di una parte e la decisione sia stata pronunciata a seguito di riassunzione nei confronti o con la costituzione degli eredi ad eccezione di uno di essi, che sia rimasto pretermesso, e questi abbia successivamente proposto opposizione ordinaria ai sensi dell' art. 404 c.p.c. , comma 1, adducendo la sua legittimazione all'opposizione come litisconsorte necessario pretermesso dalla riassunzione, ove nel corso del giudizio di opposizione l'erede opponente deceda e gli altri eredi accettino la sua eredità senza beneficio di inventario, subentrando nella sua posizione processuale nel giudizio di opposizione di terzo in cui siano stati già coinvolti come parti della sentenza opposta , la confusione delle loro rispettive posizioni sostanziali, siccome oggetto della decisione opposta, con quella del de cuius, determina la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all'opposizione a suo tempo introdotta dal medesimo de cuius . La sanzione di inammissibilità che colpisce il quarto motivo del ricorso principale, se da un lato impedisce la cassazione della sentenza che sarebbe conseguita al suo accoglimento, dall'altro assorbe pure il ricorso incidentale condizionato in relazione alla posizione fatta valere dalle ricorrenti nella qualità di eredi della loro madre, precludendone la declaratoria di infondatezza. 6. In definitiva, il ricorso principale va rigettato per essere infondati il primo, il secondo e il terzo motivo e inammissibili il quarto e il quinto e da tale statuizione resta assorbito il ricorso incidentale condizionato. 7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. 8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna le ricorrenti principali a rimborsare alla società controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.200,00, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00, spese forfetarie e accessori. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.