Rumori a tutte le ore e buste dell’immondizia davanti alla porta della vicina di casa: legittima la condanna per stalking

Palese, secondo i Giudici, la gravità delle molestie, pressoché quotidiane, rivolte dalla donna sotto processo alla vicina di casa. Inequivocabili le ripercussioni subite dalla persona offesa, arrivata a non accedere allo stabile da sola perché terrorizzata.

Prendere di mira ogni giorno la vicina di casa, facendo rumore e lasciandole volutamente buste dell’immondizia davanti la porta, vale una condanna per stalking. Inequivocabili, nella storia presa in esame dai Giudici, le condotte moleste tenute in un palazzo da una donna nei confronti di un’altra donna. Ricostruita la vicenda, oggetto del processo, ambientata in un palazzo in quel di Torino, i giudici di merito ritengono, sia in primo che in secondo grado, sacrosanta la condanna della donna accusata di avere tenuto comportamenti persecutori nei confronti di una vicina di casa . In particolare, in appello, viene chiarito che la donna additata come stalker si è resa responsabile, a partire dal 2009, di reiterate e gravi molestie consistite in molestie, ingiurie e minacce che hanno cagionato alla vittima - una vicina di casa - un perdurante e grave stato di ansia e di paura, costringendola a modificare le proprie abitudini di vita . A confermare la condanna emessa in appello provvede la Cassazione, respingendo le infruttuose obiezioni proposte dal legale della donna sotto processo. Decisivo il quadro probatorio tracciato tra primo e secondo grado in sostanza, si sono appurate le conseguenze negative subite dalla vittima di stalking, ossia mutamento delle proprie abitudini di vita e stato di stress e di ansia . Su questo punto vengono richiamati alcuni inequivocabili elementi di riscontro, ossia, tra l’altro, biglietti a contenuto offensivo nei confronti della persona offesa collocati sull’auto della stalker e nelle riproduzioni fotografiche, soprattutto nelle dichiarazioni dei testi, tutti inquilini residenti nel medesimo stabile, i quali hanno riferito del mutamento di abitudini della persona offesa, che cercava di non accedere allo stabile da sola perché terrorizzata, o mutava il percorso per uscirne, e dello stato di ansia e stress in cui ella si trovava . Per chiudere il cerchio, infine, viene sottolineata la gravità delle molestie , pressoché quotidiane , rivolte dalla donna sotto processo alla vicina di casa e poste in essere mediante rumori molesti appositamente provocati, anche di notte o al mattino presto, per arrecare fastidio, ovvero mediante condotte offensive, come quella di abbassarsi i pantaloni e mostrare le natiche nella direzione della porta dell’abitazione della persona offesa, in modo che quest’ultima potesse vedere la scena dallo spioncino, lasciare sacchetti della spazzatura davanti alla porta dell'abitazione della persona offesa, o, ancora, collocare sul cruscotto della propria vettura biglietti che, visibili dall'esterno, erano chiaramente rivolti alla persona offesa e la istigavano al suicidio .

Presidente Boni – Relatore Mele Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Torino, in sede di rinvio, ha confermato anche agli effetti civili la condanna di M.E. per il reato di cui all' art. 612-bis c.p. , commesso ai danni di D.D.D. L'imputata, condannata in primo grado, era stata assolta dalla Corte d'appello di Torino con decisione poi annullata con rinvio dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 32418 del 24.9.2020. Nel pronunciarsi in sede di rinvio, la Corte territoriale ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo la ricorrente responsabile del reato ascrittole. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito M. si è resa responsabile, a partire dal 2009, di reiterate e gravi molestie consistite in plurime condotte emulative, in molestie, ingiurie e minacce che avevano cagionato a D.D. un perdurante e grave stato di ansia e di paura, costringendola a modificare le proprie abitudini di vita. 2. Avverso tale decisione M. propone ricorso, a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi. 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge in relazione all' art. 612-bis c.p. con riguardo alla sussistenza dell'elemento soggettivo e oggettivo del reato. Quanto all'elemento soggettivo, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che dalle testimonianze assunte era emersa una situazione di conflittualità tra le due donne e che le ingiurie erano reciproche, e che l'atteggiamento della persona offesa non era affatto sottomesso. Quanto al profilo oggettivo, si sostiene che non vi sarebbe la prova dell'evento dannoso, non avendo le testimonianze assunte, ed in particolare quelle della d.ssa N. e del Dott. D., medico di base della D.D., dimostrato alcun danno patito dalla persona offesa. Si deduce, altresì, la violazione dell'art. 606, lett. d c.p.p. per mancata assunzione di una prova decisiva. La Corte torinese avrebbe immotivatamente omesso di valutare la registrazione, depositata nel dibattimento, dalla quale emergeva che la persona offesa era ricorsa alla lettera dell'avv. Buglione solo a scopo di ripicca in quanto M. aveva sporto querela contro di lei registrazione che, secondo la difesa, avrebbe inciso sulla valutazione di attendibilità di D.D. Censurabile per vizio di motivazione sarebbe, altresì, il rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria, da effettuare tramite l'acquisizione della registrazione del dialogo tra G.M. e il parroco don S., motivata dalla Corte d'appello con la considerazione che, se avesse ritenuto utile esaminare il parroco, la ricorrente avrebbe dovuto indicarlo nel processo di primo grado come testimone. Secondo la difesa tale motivazione sarebbe censurabile, in quanto la registrazione fonografica avrebbe una maggior pregnanza probatoria rispetto ad una prova testimoniale assunta a distanza di tempo dai fatti. 2.2. Con il secondo motivo si denuncia il vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale si sarebbe limitata a ripetere la motivazione del giudice di prime cure, senza motivare specificamente sulle censure svolte con l'atto di appello, in particolare, in ordine alla credibilità della persona offesa, nonché alla diversa valutazione delle testimonianze rese dai parenti della ricorrente, rispetto a quella del convivente di D.D. 2.3. Con il terzo motivo si deduce il vizio di violazione di legge in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, dal momento che la mancata assunzione di responsabilità da parte della ricorrente non potrebbe essere considerata a tal fine come elemento negativo. Inoltre, la sentenza impugnata sarebbe priva di motivazione in ordine alle ragioni per cui sarebbe stata ritenuta la gravità delle condotte. 3. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. 4. Con memoria in data 28.11.2022, il difensore della ricorrente ha insistito nella richiesta di annullamento della sentenza impugnata. L'avv. omissis , difensore della parte civile, ha depositato memoria con la quale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque rigettato, nonché la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Il primo motivo è infondato. 2.1. Ai fini della configurabilità del delitto di cui all' art. 612-bis c.p. , il Collegio intende dare continuità all'insegnamento di questa Corte secondo il quale la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo, in tali ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell'evento di danno, ossia dello stato d'ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l'incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita Sez. 5, numero 42643 del 24/06/2021, A., Rv. 282170 Sez, 3, numero 45648 del 23/05/2013, U., Rv. 257288 Sez. 5, numero 17698 del 05/02/2010, Marchino, Rv. 247226 . Sul punto, la Corte territoriale, nel riprendere la sentenza di primo grado, ha reso una specifica motivazione, valorizzando, non solo le dichiarazioni della persona offesa, valutata come pienamente attendibile in base ad una puntuale verifica delle sue affermazioni, ma anche l'esistenza di plurimi elementi di riscontro di tale narrato, anche con specifico riferimento all'evento del reato, rappresentato nella specie, dal mutamento delle proprie abitudini di vita, dallo stato di stress e ansia indotto dal comportamento di M. . Detti elementi di riscontro sono individuati dalla Corte territoriale, oltre che nelle acquisizioni documentali, tra le quali vi sono i biglietti a contenuto offensivo nei confronti della D.D. collocati sull'auto della ricorrente, nelle riproduzioni fotografiche, soprattutto nelle dichiarazioni dei testi, tutti inquilini residenti nel medesimo stabile, i quali avevano riferito del mutamento di abitudini della persona offesa, che cercava di non accedere allo stabile da sola perché terrorizzata, o mutava il percorso per uscirne teste V. e dello stato di ansia e stress in cui ella si trovava testi V. , B. e C. , circostanza, quest'ultima, confermata anche dal teste B. , datore di lavoro di D.D. . La Corte territoriale ha, per contro, ritenuto che i motivi di appello fossero fondati su una considerazione assolutamente parziale delle dichiarazioni dei testi, di cui la difesa aveva tralasciato quelle sfavorevoli alla ricorrente. 2.2. La sentenza impugnata ha inoltre adeguatamente illustrato le ragioni del rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale attraverso l'acquisizione della registrazione del dialogo tra G.M. e il parroco don S., ritenendola irrilevante e rinvenendo conferma di tale valutazione nella circostanza che l'imputata non aveva indicato il parroco come testimone nel processo di primo grado. Secondo la giurisprudenza di legittimità, la rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, stante la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti cfr., Sez. U, numero 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820-01, e Sez. U, numero 2780 del 24/01/1996, Panigoni, Rv. 20397401 più di recente, v. Sez. 3, numero 34626 del 15/07/2022, Grosso, Rv. 283522 - 01 . Il sindacato che questa Corte può svolgere sull'esercizio della discrezionalità del giudice di merito e sulla correttezza della motivazione di un provvedimento pronunciato non può mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell'atto o della testimonianza da acquisire, ma deve esaurirsi nell'ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato Sez. 3, numero 34626 del 15/07/2022, Grosso, cit. Sez. 3, numero 7680 del 13/01/2017, Loda, Rv. 269373-01, e Sez. 4, numero 37624 del 19/09/2007, Giovannetti, Rv. 237689-01 . Nella specie, la sentenza impugnata ha proceduto ad una compiuta e coerente ricostruzione degli elementi probatori a carico di M. , costituiti - come si è già detto - oltre che dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa, dalle molteplici e convergenti dichiarazioni testimoniali, nonché dalle prove documentali sulla cui base la Corte territoriale ha ricostruito le ripetute molestie poste in essere dalla ricorrente nei confronti di D.D. , ed ha valutato che a fronte di tali molteplici e concordanti elementi, la prova richiesta in appello fosse del tutto ininfluente. Di conseguenza, tenuto conto dei limiti del sindacato di legittimità sulla correttezza della motivazione del provvedimento di rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria, l'assenza di lacune o valutazioni incongrue nel provvedimento in ordine alla ricostruzione della vicenda di cui si discute esclude in radice vizi logico-giuridici rilevabili in sede di legittimità. 3. Il secondo motivo è infondato. 3.1. Deve preliminarmente osservarsi che, in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, va riconosciuta, in linea di principio, l'ammissibilità della motivazione della sentenza d'appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi dal primo giudice così, tra le tante, Sez. 2, numero 30838 del 19/03/2013, Autieri, Rv. 257056 Sez. 6, numero 28411 del 13/11/2012, dep. 2013, Santapaola, Rv. 256435 Sez. 6, numero 17912 del 07/03/2013, Adduci, Rv. 255392 . Il giudice di appello, nell'effettuare il controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è, infatti, tenuto a riesaminare questioni riferite dall'appellante nei motivi di gravame, sulle quali il primo giudice si sia soffermato con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici e che risultino non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione Sez. U, numero 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191229 Sez. 2, numero 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 Sez. 3, numero 44418 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595 . Pertanto, in presenza di una doppia conforme , il giudice di appello non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata Sez. 2, numero 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593 Sez. 1, numero 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260841 da ultimo v. Sez. 3, numero 13266 del 19/02/2021, Quatrini, non mass. . Non è pertanto censurabile in sede di legittimità la sentenza per il silenzio su una specifica doglianza prospettata con il gravame, quando questa risulti disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall'art. 606, comma 1 lett. e , c.p.p., che essa evidenzi una ricostruzione dei fatti che implicitamente conduca alla reiezione della prospettazione difensiva, senza lasciare spazio a una valida alternativa Sez. 2, numero 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741 Sez. 5, numero 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Currò, Rv. 275500 Sez. 2, numero 1405 del 10/12/2013, dep. 2014, Cento, Rv. 259643 . 3.2. Nel caso di specie, la Corte torinese, lungi dal limitarsi a ripetere la motivazione della sentenza di primo grado, si è soffermato a valutare il materiale probatorio alla luce delle censure svolte con i motivi d'appello dalla difesa, puntualmente motivando le ragioni della ritenuta credibilità della persona offesa sia in relazione al loro contenuto intrinseco, lineare e coerente, sia in relazione ai riscontri rinvenuti nelle convergenti dichiarazioni testimoniali, specificamente escludendo la idoneità degli elementi evidenziati con i motivi di appello, le quali si erano limitati a trattare minime parti delle deposizioni testimoniali, a inficiare il quadro probatorio ricostruito. Ed invero, la sentenza impugnata ha ricostruito il quadro di insulti e molestie pressoché quotidiane rivolte dalla ricorrente a D.D. , poste in essere mediante rumori molesti appositamente provocati, anche di notte o al mattino presto, per infastidirla, ovvero mediante condotte offensive come quelle di abbassarsi i pantaloni e mostrare le natiche nella direzione della porta dell'abitazione della persona offesa, in modo che questa potesse vederla dallo spioncino , lasciare sacchetti della spazzatura davanti alla porta dell'abitazione di D.D. , o ancora, collocare sul cruscotto della propria auto biglietti visibili dall'esterno, chiaramente rivolti alla persona offesa che la istigavano al suicidio. Inoltre, la Corte torinese ha specificamente affrontato il motivo d'appello con cui si lamentava che la sentenza di primo grado avesse operato una differente valutazione della attendibilità del convivente della persona offesa, rispetto a quella del marito e del figlio della ricorrente spiegando, con motivazione ineccepibile, che ciò conseguiva non già alla loro diversa qualità formale, bensì al diverso contenuto delle testimonianze. Mentre il C., vittima anch'egli delle molestie indirizzate alla convivente, aveva reso una descrizione dettagliata e coerente dei fatti, il coniuge e il figlio di M. si erano limitati a negare qualsiasi addebito, senza fornire indicazioni precise. 4. La doglianza sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondata perché, secondo l'indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, nel motivare il diniego delle attenuanti in parola è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ostativi ritenuti decisivi o rilevanti, come avvenuto nella specie, ove la Corte territoriale ha evidenziato la gravità delle condotte, desumibile dalla lunga reiterazione delle condotte, pur dopo l'applicazione della misura cautelare. Secondo l'insegnamento di questa Corte, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall' art. 133 c.p. , quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all'uopo sufficiente. Sez. 2, numero 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549-02 . Quanto all'entità della pena, determinata in anni due e mesi due di reclusione, è sufficiente osservare che la graduazione del trattamento sanzionatorio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p. sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione, come nella specie, non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico Sez. 5, numero 5582 del 30/09/2013 - 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142 . 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che, tenuto conto dell'opera prestata, possono liquidarsi, nei limiti della richiesta, in complessivi Euro 3.800, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196-03, art. 52 in quanto disposto d'ufficio e/o imposto dalla legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile D.D.D., che liquida in complessivi Euro 3.800,00, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196-03, art. 5 2 in quanto disposto d'ufficio e/o imposto dalla legge.