Il detenuto con seri problemi respiratori può ottenere i domiciliari per evitare la diffusione del COVID-19 in carcere

Nonostante la posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, che ha dichiarato chiusa l’emergenza pandemica provocata dalla diffusione del Coronavirus, i Giudici ritengono comunque necessario stabilire con esattezza se la restrizione carceraria possa, tuttora, esporre il detenuto a rischio di contagio da COVID-19.

Per l’Organizzazione mondiale della sanità la pandemia provocata dalla diffusione del COVID-19 è finita. Ciò nonostante, è comunque possibile, almeno sulla carta, concedere i domiciliari al detenuto che è afflitto da patologie alle vie respiratorie e potrebbe perciò essere sottoposto a grossi rischi a fronte di una diffusione - ipotesi, questa, da non scartare a priori - del c.d. Coronavirus nei ristretti spazi del carcere. Risale a dicembre del 2022 il provvedimento con cui il Tribunale di sorveglianza ha revocato la detenzione domiciliare a un uomo condannato per «avere sottratto da un locale pubblico un barattolo contenente offerte in denaro - per un importo superiore a 300 euro - destinate alla cura dì un bambino affetto da una grave malattia». Irrilevante, secondo il Tribunale di sorveglianza, il riferimento alle precarie condizioni di salute dell’uomo, costretto ad affrontare serie patologie alle vie respiratorie. Su quest’ultimo punto si sofferma la difesa col ricorso in Cassazione. Nello specifico, il legale che rappresenta il detenuto sottolinea «la gravità del quadro delle patologie» che affliggono il suo cliente e che, a suo dire, «ne rendono incompatibile la condizione fisica con la restrizione carceraria». In sostanza, secondo la difesa, alla luce delle «attuali concrete condizioni di salute del detenuto», il ritorno dietro le sbarre rischia di essere «un trattamento contrario al senso di umanità», e ciò anche a fronte di «una situazione pandemica» che, secondo il Tribunale di sorveglianza, «non riveste più i precedenti connotati di peggioramento» nel tempo. Per i Giudici di Cassazione, come anche per la difesa del detenuto, «assumere», come ha fatto il Tribunale di sorveglianza, che i pericoli connessi agli effetti della pandemia da COVID-19 siano scemati, non permanendo, attualmente, fattori di criticità e che, per tali ragioni, non vi siano più rischi per le condizioni di salute del detenuto significa fare una «affermazione frutto di una mera massima d'esperienza, per nulla corroborata da dati clinici o scientifici», anche tenendo presente il fatto che «il detenuto è soggetto affetto da patologie a carico delle vie respiratorie». I magistrati sottolineano poi l’errore compiuto dal Tribunale di sorveglianza, cioè il non avere disposto accertamenti «neppure con riferimento all'istituto di pena ed al concreto rischio di contrazione del virus all'interno di esso». Ciò anche tenendo presente come il venir meno della emergenza sanitaria possa non essere totale «riguardo a soggetti infermi o, comunque, fragili». Per chiudere il cerchio, infine, i magistrati riconoscono le motivazioni che avevano consentito di riconoscere all’uomo «la detenzione domiciliare in luogo di quella carceraria», ragioni strettamente legate alla «gravità della situazione pandemica, certamente non paragonabile a quella attuale, che ha registrato una forte flessione della diffusione del virus», ma, aggiungono i magistrati, «nel provvedimento del Tribunale di sorveglianza manca una valutazione effettiva in ordine alle condizioni di salute del detenuto, che, ove pure rimaste immutate, meritano comunque una comparazione in concreto con l’attuale situazione di diffusione del virus in termini di possibilità di contagio in un ambiente ristretto quale è quello carcerario». Su questa tematica la palla ripassa al Tribunale di sorveglianza, che ora dovrà giungere ad una conclusione, ossia «stabilire con esattezza se la restrizione carceraria possa, tuttora, esporre il detenuto a rischio di contagio da COVID-19».

Presidente Pezzullo – Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 14.12.2022, il Tribunale di sorveglianza di Messina - decidendo in sede di rinvio disposto da questa Corte con sentenza del 12.10.2021 - ha revocato la detenzione domiciliare in luogo del differimento di esecuzione concessa a T.P. con provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Catania del 17.3.2021. 1.1. In particolare, questa Corte aveva annullato il provvedimento emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Messina in data 7 aprile 2021, col quale si era respinta la domanda di revoca della misura alternativa della detenzione domiciliare in atto nei confronti di T.P. dal 7 ottobre 2020 . In motivazione si era ricostruita la condotta tenuta da T.P. , sottoposto alla detenzione domiciliare per motivi di salute. In particolare, si era evidenziato che in data 9 marzo 2021, per come risultava dalla informativa redatta dai carabinieri di Villafranca Tirrena, T. aveva sottratto da un locale pubblico un barattolo contenente offerte in denaro per un importo superiore a trecento Euro destinate alla cura di un bambino affetto da grave malattia. La identificazione di T. in quella data autorizzato ad allontanarsi dal domicilio per provvedere alle essenziali esigenze di vita - veniva ritenuta certa, sulla base dei contenuti della predetta informativa. Nel valutare la domanda di revoca, il Tribunale tuttavia rilevava che il procedimento penale derivato dalla condotta tenuta dal T. non aveva visto applicata alcuna misura cautelare e che in ogni caso permaneva il quadro patologico che aveva determinato il differimento della pena. Veniva, pertanto, ritenuta sufficiente la imposizione di prescrizioni più stringenti in tema di allontanamento dal domicilio, reso possibile solo per comprovate esigenze sanitarie. 1.2. In accoglimento del ricorso del Procuratore Generale avverso il provvedimento del tribunale testè menzionato, questa Corte lo annullava osservando, da un lato, che l'applicazione di misure alternative alla detenzione, tra cui la detenzione domiciliare, implica la formulazione di una prognosi favorevole in tema di prevenzione dal pericolo di commissione di ulteriori reati e di esito positivo del percorso di rispcializzazione tra le molte v. Sez. I numero 1088 del 14.2.1997, rv 207214 e che anche una singola condotta di reato posta in essere durante la sottoposizione può determinare la revoca del beneficio, e, dall'altro, come nel caso in esame, pur dovendosi tener conto della incidenza sulla decisione delle condizioni di salute del T. che avevano determinato l'applicazione del beneficio , il Tribunale di Sorveglianza non avesse realizzato alcun autonomo apprezzamento della gravità del fatto - non apparendo rilevante il mero dato della mancata applicazione della misura cautelare in sede penale - nè compiuto una effettiva ricognizione della consistenza e gravità delle patologie fisiche, limitandosi a richiamarne l'esistenza. Indi annullava l'ordinanza impugnata rilevando in buona sostanza la mera apparenza della motivazione. 2.Avverso l'ordinanza emessa in sede di rinvio ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo con l'unico motivo articolato i vizi della violazione di legge e di motivazione in relazione a quanto disposto nella pronuncia di questa Corte, lamentando l'apparenza della motivazione. Si lamenta che il tribunale ha ritenuto prevalente il profilo della pericolosità sociale del detenuto a fronte della gravità del quadro delle patologie di cui risulta tuttora affetto che rendono incompatibile la sua condizione con la restrizione carceraria. La motivazione resa al riguardo è meramente apparente non essendosi valutate le attuali concrete condizioni di salute del detenuto che andavano invece approfondite attraverso una perizia, laddove il tribunale si è limitato a rilevare la mancata allegazione di nuova documentazione medica e ad affermare che attualmente la situazione pandemica non riveste più i precedenti connotati di ingravescenza. L'eventuale restrizione in carcere si risolverebbe comunque in un trattamento contrario al senso di umanità, in contrasto con i dettami della Cost. articolo 27 e 32 Cost. . 3. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176, senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1.II ricorso è fondato. Assumeva, invero, il Collegio territoriale che i pericoli connessi agli effetti della pandemia da Covid-19 fossero scemati non permanendo, attualmente, fattori di criticità e che, per tali ragioni, non si ravvisavano rischi per le condizioni di salute del T. . Evidente è, tuttavia, come una simile affermazione sia frutto di una mera massima d'esperienza per nulla corroborata da dati clinici o scientifici, anche alla luce del fatto che il T. è soggetto attinto da patologie a carico delle vie respiratorie. Di guisa che - come si osserva giustamente in ricorso che tra l'altro segnala come il Tribunale non abbia disposto accertamenti neppure con riferimento all'istituto di pena ed al concreto rischio di contrazione del virus all'interno di esso - deve rilevarsi come il venir meno della emergenza sanitaria possa non essere totale riguardo a soggetti infermi o, comunque, fragili. Nè risultano spiegate le ragioni di carattere oggettivo e fattuale idonee ad escludere il pericolo in parola la mera, generica, congettura elaborata dal Tribunale non può, all'uopo, ritenersi bastevole. È vero che occorre considerare le ragioni per le quali era stata riconosciuta la detenzione domiciliare in luogo di quella carceraria, strettamente legate alla gravità della situazione pandemica che alla data dell'adozione di quella decisione era certamente non paragonabile a quella attuale che ha registrato una forte inflessione della diffusione del virus, ma è altrettanto vero che nel provvedimento impugnato manca una valutazione effettiva in ordine alle condizioni di salute del ricorrente che, ove pure rimaste immutate, avrebbero comunque meritato una comparazione in concreto con l'attuale situazione di diffusione del virus in termini di possibilità di contagio in un ambiente ristretto quale è quello carcerario. Una valutazione specifica al riguardo non risulta svolta dal giudice di merito che dovrà quindi procedervi, se del caso avvalendosi di ausilio tecnico per giungere ad una conclusione appagante, trattandosi di stabilire con esattezza se la restrizione carceraria possa - tuttora - esporre il prevenuto a rischio di contagio Covid. 2. Dalle ragioni sin qui esposte derivano l'annullamento del provvedimento impugnato e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Messina. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Messina.