Nella determinazione del diritto dell’avvocato alla pensione va tenuto conto anche delle annualità contributive non versate integralmente a Cassa Forense, in quanto nessuna norma ne prevede l’annullamento.
Con l'ordinanza in esame, la Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi sul ricorso di un avvocato volto ad ottenere il diritto al computo, ai fini dell'anzianità contributiva, di due annualità per le quali vi erano stati solo versamenti parziali ed era già decorso il termine di prescrizione. Nello specifico, secondo la Corte d'Appello il professionista si era rifiutato di costituire, tramite il pagamento del dovuto, la rendita vitalizia mediante la quale avrebbe potuto recuperare gli anni interessati dai versamenti parziali. A sua difesa, il legale censurava la decisione di secondo grado per avere creato una discriminazione tra titolari di pensione di anzianità e di vecchiaia, avendo i giudici ritenuto che, per fruire della prima, quest'ultimo sarebbe stato obbligato a cancellarsi. L'occasione offre il destro alla Corte per chiarire che, ai sensi dell’articolo 2 l. numero 576/1980, per ottenere il riconoscimento del diritto alla pensione, l’avvocato deve aver conseguito l’anzianità derivante da iscrizione e contribuzione effettive alla Cassa Forense e deve, quindi, aver concretamente adempiuto agli obblighi contributivi gravanti sul singolo iscritto. Tuttavia, nel sistema previdenziale forense anche gli anni non coperti da integrale contribuzione concorrono a formare l'anzianità contributiva, e vanno inseriti nel calcolo tanto della pensione di vecchiaia quanto della pensione di anzianità, in quanto nessuna norma prevede che venga annullata l'annualità in cui il versamento sia stato inferiore al dovuto. Pertanto, la pensione del professionista deve essere commisurata alla contribuzione effettiva, non rilevando il principio di automatismo delle prestazioni valido nel lavoro dipendente. La parola, quindi, passa al giudice del rinvio.
Presidente Berrino – Relatore De Felice Rilevato che con ricorso al Tribunale di Milano, L.F. ed altri, tutti avvocati, chiedevano il riconoscimento, nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, della rivalutazione delle rispettive pensioni in base all'indice ISTAT, deducendo in particolare che, a sensi della L. numero 576 del 1980, articolo 16, detta rivalutazione dovesse essere applicata a far data dal primo anno successivo al pensionamento il Tribunale accoglieva le domande attrici, e la Corte di Appello di Milano confermava, rilevando, in particolare, che la regola dettata dall'articolo 27, comma 4 della legge citata, secondo cui per la prima rivalutazione delle pensioni si doveva fare riferimento all'indice medio annuo relativo all'anno di entrata in vigore della stessa legge, dettava un criterio generale, valido anche per le pensioni maturate dopo il 1982, così come affermato anche dalle Sezioni Unite Cass. numero 7281 del 2004 e che tale criterio di rivalutazione valeva tanto per i redditi quanto per le pensioni a ciò faceva conseguire che i redditi del 1980 dovevano essere rivalutati con riferimento all'indice dell'anno precedente 1979-1980 , pari al 21%, contrariamente a quanto sostenuto dalla Cassa, la quale faceva riferimento ad un indice più basso la cassazione della sentenza è domandata dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense sulla base di due motivi di ricorso, illustrati da successiva memoria L.F. e i suoi litisconsorti hanno resistito con controricorso, ed hanno proposto altresì ricorso incidentale affidato ad un unico motivo all'Adunanza il Collegio si è riservato il termine di 60 giorni per il deposito dell'ordinanza articolo 380 bis 1, comma 2 c.p.c. . Considerato che Ricorso principale con il primo motivo, formulato ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, la ricorrente deduce Violazione e falsa applicazione del combinato disposto della l. numero 576 del 1980, articolo 2,10, 15,16,26 e 27, nonché del combinato disposto della l. numero 576-80, articolo 2,10, ed articolo numero 2116 c.c. sostiene che la prima rivalutazione delle pensioni avrebbe dovuto partire dall'indice ISTAT del 1981, contenente i dati di svalutazione del 1980, ossia di un anno successivo a quello preso in considerazione dalla Corte di Appello soggiunge che, se il decreto del Ministro del Lavoro ha proceduto secondo un certo criterio alla rivalutazione dei contributi, la Corte di Appello avrebbe dovuto necessariamente attenersi a quel criterio anche per la rivalutazione dei redditi percepiti dagli avvocati, a causa del principio di sinergia tra contributi e dinamica delle pensioni, espresso nell'articolo 16 della Legge citata col secondo motivo, formulato ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, denuncia Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articolo 1362 e 2116 c.c., ed l. 20.09.1980 numero 576, articolo 2, 10, 19, ed l. numero 335 del 1995, articolo 3, comma 9, in relazione all'articolo 1 Regolamento Cassa Forense del 16.12.2005, approvato con decreto ministeriale 24.07.2006, articolo 1 che prevede espressamente l'inefficacia ai fini pensionistici degli anni in presenza di un debito contributivo, anche se parziale prescritto, non operando, per la gravata sentenza tale regolamento con effetto retroattivo il primo motivo è infondato non persuade l'argomento secondo il quale il giudice di merito dovesse tenere presenti i criteri seguiti dal Ministero in punto rivalutazione dei redditi imponibili e delle pensioni il giudice, infatti, non è vincolato all'atto amministrativo e può disapplicarlo ove lo ritenga non conforme alla legge a sensi della L. numero 2248 del 1865, articolo 4 e 5, all. E tanto è accaduto nel caso di specie quanto alla rivalutazione dei redditi, essendo rimasta estranea alla causa ogni questione sull'ammontare dei contributi salvo quando si dirà infra a proposito del ricorso incidentale il punto centrale della questione, vale a dire il carattere generale e non di diritto transitorio della norma di cui alla L. numero 576 del 1980, articolo 27, comma 4, appare correttamente individuato dalla Corte d'Appello sulla scorta di quanto deciso da Sez. Unumero 7281 del 2004, e ribadito da Cass. numero 9698 del 2010 Cass. numero 5672 del 2012 Cass. numero 30421 del 2019 tale giurisprudenza nel rispondere al quesito di diritto secondo cui la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, nel procedere alla rivalutazione delle pensioni di vecchiaia già liquidate in favore degli avvocati, a debba effettuare tale rivalutazione assumendo come decorrenza iniziale il 1 gennaio dell'anno successivo a quello nel corso del quale avviene il pensionamento, ovvero b debba rivalutare la pensione a far data dal 1 gennaio del secondo anno successivo al maturare del diritto, ha fatto il punto circa l'assetto legislativo della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, dando altresì atto delle modifiche introdotte con la L. numero 141 del 1992 in particolare ha riportato il testo dell'articolo 16, sì come modificato dalla L. 11 febbraio 1992, numero 141, articolo 8, il quale dispone che Gli importi delle pensioni erogate dalla cassa sono aumentati, in proporzione alle variazioni dell'indice annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dall'Istituto nazionale di statistica, con delibera del consiglio di amministrazione della Cassa comunicata al Ministero della giustizia ed al Ministero del lavoro e della previdenza sociale per la relativa approvazione. L'approvazione s'intende data se non viene negata entro i due mesi successivi alla comunicazione. Gli aumenti hanno decorrenza dall'1 gennaio successivo alla data della delibera. Nella stessa misura percentuale, e con la stessa decorrenza, sono adeguati il limite della media dei redditi nonché gli scaglioni di reddito di cui all'articolo 2, i limiti di reddito di cui all'articolo 10, comma 1, e il contributo minimo di cui all'articolo 10, comma 2, arrotondando i relativi importi a L. 100.000 più vicine per i limiti e scaglioni di reddito, ed a L. 10.000 più vicine per il contributo ha anche riportato gli articolo 26 e 27 i quali dispongono in ordine alla decorrenza della L. numero 576 del 1980 e prevedono il regime transitorio secondo l'articolo 26 Sono regolate dalla presente legge le pensioni di vecchiaia e di anzianità che maturano dall'1 gennaio del secondo anno successivo alla sua entrata in vigore. Le pensioni di vecchiaia maturate entro la data di cui al precedente comma sono regolate dalla normativa previgente così anche le relative pensioni di reversibilità e quelle indirette se il pensionato, o rispettivamente l'iscritto, sia defunto prima della stessa data quanto all'articolo 27 esso prevede che Le pensioni maturate anteriormente alla data di cui all'articolo 26, comma 1, sono rivalutate, ai sensi dell'articolo 15 articolo 16 come sostituito dalla L. 2 maggio 1983, numero 175, articolo 2 , con la stessa decorrenza e nella stessa misura determinata a norma della presente legge. La prima tabella di cui all'articolo 15, comma 2, è redatta entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge. Per gli anni in cui l'ISTAT non ha calcolato l'indice di cui all'articolo 16, si fa riferimento agli indici ISTAT di valore più vicino allo stesso. Le entità dei redditi di cui all'articolo 2, comma 5, articolo 4, comma 2 e articolo 10, commi 1 e 2, sono riferite all'anno di entrata in vigore della presente legge. Per la prima applicazione dell'articolo 16, si fa riferimento all'indice medio annuo relativo all'anno di entrata in vigore della presente legge le Sezioni Unite hanno ritenuto che il criterio letterale non sia sufficiente a chiarire la portata della norma, ed hanno perciò fatto ricorso ai criteri teleologico e sistematico la conclusione raggiunta è nel senso che la pensione va rivalutata fin dall'1 gennaio dell'anno successivo al sorgere del diritto il principio di diritto che ne deriva è il seguente In tema di pensioni a carico della Cassa di previdenza ed assistenza a favore degli avvocati e procuratori, il sistema di adeguamento introdotto dalla L. 20 settembre 1980, numero 576, articolo 16 - che prevede aumenti annuali, da determinarsi con apposito decreto interministeriale ricognitivo della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, e da corrispondersi con decorrenza dal primo gennaio dell'anno successivo alla data del decreto stesso - comporta che i titolari del diritto a pensione maturato nell'anno di emissione del decreto interministeriale possono fruire dell'adeguamento ivi determinato, pur essendo l'epoca di riferimento considerata dal decreto medesimo per la ricognizione della suddetta variazione anteriore al momento di maturazione del diritto tale principio, applicato ad una fattispecie precedente alla entrata in vigore della L. numero 141 del 1992 di modifica della L. numero 576 del 1980, articolo 16, è stato ripreso anche con riferimento al nuovo testo dell'articolo 16 il quale, peraltro, differisce dal precedente testo solo nella parte in cui sostituisce al decreto interministeriale la delibera del consiglio di amministrazione della Cassa, quale provvedimento contenente le variazioni degli importi delle pensioni in base a tale ricostruzione, il Supremo Collegio è giunto ad affermare che, non facendo riferimento alcuno all'anno precedente alla maturazione del diritto a pensione ai fini della rivalutazione dei vari redditi da attualizzare, il sistema contenesse effettivamente un vuoto relativamente alla quantificazione del reddito pensionabile, lacuna che le stesse Sezioni Unite sono intervenute a colmare, disponendo che, poiché nell'attualizzare il reddito da porre a base della pensione non si tiene conto della rivalutazione intervenuta l'anno precedente il sorgere del diritto a pensione, di siffatta esigenza di attualizzazione si terrà conto provvedendo a rivalutare la pensione fin dall'1 gennaio dell'anno successivo al sorgere del diritto quindi la Corte ha introdotto siffatto correttivo per via interpretativa, onde far sì che il vuoto normativo non ridondasse ingiustamente a carico del professionista, pensionatosi nel 1980 nel caso in esame, è, pertanto, pienamente legittima la conclusione cui è giunto il giudice dell'appello, nel disporre che la rivalutazione della pensione maturata nel 1980 debba fondarsi sugli indici di rivalutazione del 1979, e non sui più bassi indici che la Cassa forense avrebbe preteso di applicare alla fattispecie il secondo motivo è inammissibile parte ricorrente non rende intelligibile la violazione delle norme di legge indicate in epigrafe la censura chiede, piuttosto, una rivalutazione dei fatti di causa, avendo la Corte territoriale affermato che il Regolamento che aveva disposto l'inefficacia del mancato versamento parziale dei maggiori contributi per effetto dell'applicazione dell'esatta rivalutazione dei redditi, a partire dal 1980, era stato emanato nel 2005 e, quindi, non poteva avere valore retroattivo dunque, le differenze relative ai contributi dovuti anteriormente al 2005 erano effettivamente prescritte, poiché l'inefficacia del mancato versamento era stabilita a partire dal 2005, anno di entrata in vigore del Regolamento cui la censura fa riferimento. Esame del ricorso incidentale con l'unico motivo del ricorso incidentale, formulato ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 3, parte controricorrente lamenta l'erroneità del capo della sentenza che aveva rigettato il gravame incidentale con cui gli appellati avevano chiesto la restituzione dei maggiori contributi cui il primo giudice li aveva condannati per l'asserito inferiore versamento il ricorso incidentale non merita accoglimento, in quanto la censura in esso contenuta non scalfisce la validità della ratio decidendi contenuta nella sentenza oggetto di impugnazione la Corte territoriale sul rigetto del gravame incidentale ha offerto una motivazione priva di vizi logico argomentativi, rilevando che il professionista non avrebbe potuto pretendere di pagare i contributi su un certo massimale per poi percepire la pensione su un massimale superiore la questione sollevata dalla parte ricorrente incidentale si risolve, quindi, in una censura del quantum liquidato nel giudizio di merito, e in una critica rispetto ai criteri di calcolo adottati dal consulente tecnico in ultimo, priva di pregio è altresì la doglianza secondo cui il giudice dell'appello avrebbe dovuto disporre una nuova consulenza tecnica d'ufficio siffatto potere, così come pacificamente ritenuto da questa Corte, è puramente discrezionale infatti, In tema di consulenza tecnica d'ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d'ufficio, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto cfr. ex multis, Cass. numero 22799 del 2017 in definitiva, il ricorso principale va rigettato, così come il ricorso incidentale le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in virtù della reciproca soccombenza delle parti in causa in considerazione del rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla l. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi, principale ed incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.