Il padre deve continuare a versare l’assegno di mantenimento per la figlia 27enne, fuoricorso e disoccupata?

La Cassazione ripercorre i principi giurisprudenziali affermati in tema di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, accogliendo il ricorso del padre. Sarà ora la Corte d’Appello a rivalutare la situazione nel caso concreto.

Il Tribunale di Vibo Valentia veniva adito per la modifica dell'assegno di mantenimento a favore della figlia , ormai ventisettenne , inizialmente fissato a 1200 euro mensili in sede di divorzio. Il padre adduceva a motivazione della propria richiesta l'inerzia della ragazza nel completamento degli studi universitari e nella ricerca di un'occupazione. Il Tribunale accoglieva la domanda riducendo della metà l'assegno. La decisione veniva però ribaltata in sede di appello dove venivano valorizzate le condizioni della figlia, che soffriva di una sindrome depressiva da quando aveva 18 anni, condizione che influenzava il suo rendimento. Tale pronuncia è stata impugnata dal padre soccombente in sede di Cassazione. Il Collegio precisa in primo luogo che nell'attuale contesto normativo sussistono modalità diverse per l'adempimento del dovere di mantenimento dei figli, a seconda che esso riguardi figli minorenni art. 337- ter c.c. o maggiorenni ma non indipendenti economicamente art. 337- septies c.c. , fattispecie che ricorre nella vicenda in esame. Nella lettura della norma, viene evidenziato l'uso del verbo può ” rispetto alla disposizione dell'assegno periodico da parte del giudice di merito, rimettendo così al suo giudizio discrezionale il riconoscimento del mantenimento. Ciò posto, la giurisprudenza di legittimità, nel suo ruolo di nomofilachia, ha già operato un'interpretazione del sistema normativo che pone una stretta e necessaria correlazione tra diritto-dovere all'istruzione ed all'educazione e diritto al mantenimento sussiste il diritto del figlio all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto e, a norma dei novellati art. 147 c.c. e art. 315- bis , comma 1, c.c., nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, come è reso palese dal collegamento inscindibile tra gli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione. Dunque, si è concluso che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell'obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società cfr. Cass. n. 18076/2014 e Cass. n. 12952/2016 […] . Inoltre, è stato ormai chiarito che il progetto educativo ed il percorso di formazione prescelto dal figlio, se deve essere rispettoso delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, deve tuttavia essere compatibile con le condizioni economiche dei genitori cfr. Cass. n. 18076/2014 nello stesso senso, ex multis , n. 10207/2019 . Inoltre, sottolinea la sentenza, l' evoluzione del diritto vivente , con riguardo alla ritenuta autonomia del figlio che tiene conto del mutamento dei tempi e sempre più richiama il principio dell' autoresponsabilità se, un tempo, vi era il riferimento ad una raggiunta capacità del figlio di provvedere a sé con appropriata collocazione in seno al corpo sociale cfr . Cass. n. 2372/1985 ed alla percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita cfr . Cass. n. 1830/2011 , in seguito le mutate condizioni del mercato del lavoro e la non infrequente sopravvenuta mancanza di autonomia di ritorno - a volte in capo allo stesso genitore - hanno ormai indotto a ritenere che l'avanzare dell'età abbia notevole rilievo, giacché si discorre, come sopra ricordato, di una funzione educativa del mantenimento e del tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società cfr. Cass. n. 18076/2014 Cass. n. 17183/2020 . Alla luce del principio di autoresponsabilità, risulta dunque esigibile l' utile attivazione del figlio nella ricerca comunque di un lavoro , al fine di assicurarsi il sostentamento autonomo, in attesa dell'auspicato reperimento di un impiego più aderente alle proprie soggettive aspirazioni non potendo egli, di converso, pretendere che a qualsiasi lavoro sia adatti soltanto, in vece sua, il genitore v. Cass. n. 17183/2020 . Da ciò discende che l' onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente. E' il figlio che deve provare non solo la mancanza di indipendenza economica, ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro . Tornando al caso di specie, la pronuncia impugnata non risulta aderente ai principi richiamati dalla S.C. Non è infatti sufficiente la patologia depressiva sottolineata dai giudici d'appello per giustificare un siffatto atteggiamento inerziale. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d'appello per un nuovo esame della questione.

Presidente Genovese – Relatore Campese Fatti di causa 1. Con ricorso ex art. 710 c.p.c. , R.G. chiese al Tribunale di Vibo Valentia la modifica dell'assegno di mantenimento di Euro 1.200,00 mensili da lui dovuto in favore della figlia R.R. come statuito nella sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio n. 38/2006 , nella misura di almeno di due terzi, deducendo l'insufficiente rendimento di quest'ultima nello studio universitario. 1.1. Costituitasi la R., che contestò l'avversa pretesa, l'adito tribunale, accogliendo la richiesta del ricorrente, ridusse ad Euro 600,00 mensili l'entità dell'assegno predetto. 2. La Corte di appello di Catanzaro, pronunciando sul reclamo promosso dalla R. contro quella decisione, lo accolse con provvedimento del 9 febbraio 2022, reso nel contraddittorio con R.G 2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte opinò che, nella specie, non fosse configurabile una inerzia colpevole della figlia nel completamento degli studi o nella ricerca di un'occupazione, posto che, sebbene risulti pacifico che la ragazza sia in ritardo negli studi, essendo fuori corso ed avendo sostenuto solo tre esami, nonostante l'età 27 anni , tuttavia dall'istruttoria è emerso anche che la stessa soffre di una sindrome depressiva, che influenza il suo rendimento scolastico, per come si evince anche dalle dichiarazioni del medico di famiglia, . , il quale ha evidenziato di aver visto la ragazza due volte nel 2020, di aver appurato la presenza di una sindrome depressiva, di aver notato una stato ansioso e di averle prescritto un farmaco il Dafarox, proprio in considerazione di tali problematiche psicologiche. La ragazza ha evidenziato sotto tale profilo di soffrire di tali disturbi dal liceo, di essere stata in cura dalla Dott.ssa . , poi deceduta, circostanza confermata anche dalla madre, la quale ha precisato che la ragazza aveva iniziato a manifestare disagi psicologici da quando aveva 18 anni, a causa del suo aspetto piuttosto pingue . 2.1.1. Ritenne, quindi, che, per effetto di tali rilievi, non sarebbe stata giustificata una revoca o riduzione del contributo al mantenimento, non essendo stata peraltro evidenziata alcuna sopraggiunta difficoltà del padre a far fronte agli esborsi concordati in sede di divorzio. Sul punto, infatti, si osserva che il provvedimento di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli sia minorenni che maggiorenni non autosufficienti, nati fuori dal matrimonio, presuppone, come per le analoghe statuizioni patrimoniali pronunziate nei giudizi di divorzio e separazione, non soltanto l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori, nel caso di specie non dedotta, ma anche la loro idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo del predetto assegno. Ne consegue che il giudice non può procedere ad una nuova autonoma valutazione dei presupposti dell'entità dell'assegno ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell'attribuzione originaria dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto ed adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione all'eventuale nuova situazione patrimoniale. . . Alla luce delle esposte considerazioni, va disattesa la richiesta di revoca del contributo al mantenimento avanzata in prime cure da R.G., cosi come la richiesta di aumento dello stesso proposta dall'appellante rectius reclamante. Ndr , non essendo state compiutamente dedotte circostanze giustificative di un aumento di detto contributo . 3. Per la cassazione dell'appena descritto provvedimento ha proposto ricorso R.G., affidandosi a tre motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c Ha resistito, con controricorso, R.R Ragioni della decisione 1. Pacifico che il decreto pronunciato dalla corte d'appello, in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale in materia di modifica delle condizioni del divorzio concernenti l'affidamento dei figli ed il rapporto con essi, ovvero la revisione delle condizioni inerenti ai rapporti patrimoniali fra i coniugi ed il mantenimento della prole, ha carattere decisorio e definitivo ed e', pertanto, ricorribile in cassazione ai sensi dell' art. 111 Cost. cfr. Cass. n. 6639 del 2023 , i formulati motivi dell'odierno ricorso denunciano, rispettivamente I Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 5, in particolare degli artt. 113,115 e 116 c.p.c. , art. 2697 c.c. , della L. n. 898 del 1970, art. 9 e art. 5, comma 6, in conformità all'ordinanza della Suprema Corte n. 18875/2021 . Si ascrive alla corte di merito di essere incorsa nella contraddizione logica di considerare affetta da depressione la R.R. alla luce della prescrizione di un farmaco, Dafarox, dall'effetto del tutto psicologico e suggestivo . ed essendo inconciliabile considerare scusabile il mancato impegno dello studio di una persona perché affetta da una sindrome depressiva lieve ed iniziale II Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e che è stato oggetto di discussione fra le parti art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 , contestandosi alla corte di appello di non aver fatto un ragionamento logico e di aver omesso un fatto decisivo individuato nella richiesta dell'odierno ricorrente di far rientrare in Calabria la figlia a cercare altra attività con notevole risparmio di soldi dovuti alla permanenza nel centro universitario di Roma TRE ed al costo della vita certamente più elevato a Roma III Violazione dell' art. 132 c.p.c. , comma 2, n. 4, - Nullità del decreto di appello per motivazione contraddittoria e/o perplessa e/o apparente o insussistente in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 cfr. pag. 3 della sentenza impugnata . Si assume che la corte territoriale, con motivazione sicuramente ed incontestabilmente anodina e sbrigativa, ha affermato, in maniera apodittica, che e' emerso che la stessa R.R Ndr soffre di una sindrome depressiva che influenza il suo rendimento scolastico, per come si evince anche dalle dichiarazioni del medico di famiglia Dott. . , il quale ha visto due volte la ragazza nel 2020 , sicché l'ordinanza impugnata e' nulla per mancanza di motivazione o per sua insufficienza in violazione dell' art. 132 c.p.c. , dell'art. 111 Cost., comma 6, e di Cass. 16/10/2020, n. 22604 . 1.1. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perché connesse, si rivelano meritevoli di accoglimento alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso. 2. Giova premettere che il dovere di mantenimento dei figli ha assunto connotati nuovi con la riforma di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54 , che, con l'art. 155-quinquies c.c., ha dettato una disposizione ad hoc in favore di figli maggiorenni . La norma, abrogata dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, art. 106, è stata trasposta, poi, nell' art. 337-septies c.c. , da esso introdotto. Da allora, dunque, sussistono modalità diverse per l'adempimento del dovere predetto, a seconda che esso riguardi figli minorenni art. 337-ter c.c. o maggiorenni ma non indipendenti economicamente art. 337-septies c.c. . 2.1. Per quanto di specifico interesse in questa sede, l' art. 337-septies c.c. , comma 1, dispone che il giudice valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico . 2.2. Uno è l'elemento indeterminato della fattispecie, dalla cui integrazione discende il diritto all'assegno per il figlio ed il corrispondente obbligo in capo al genitore la qualità dell'essere il primo non indipendente economicamente . Il vero elemento discretivo, tuttavia, è un altro esso risiede nell'uso del verbo può , che indica mera possibilità, accanto al criterio generale ed usuale della valutazione delle circostanze . In ogni caso, è pur vero che, come in altre disposizioni in cui il legislatore utilizza detto verbo servile, alla raggiunta prova della integrazione delle circostanze che fondano il diritto, il giudice sarà tenuto a disporre l'assegno in discorso. Si tratta, quindi, di un tipico giudizio discrezionale, rimesso al prudente apprezzamento del giudice del merito. Qui si apprezza il ruolo che l'ordinamento, in tutte le norme di mero standard, assegna al giudice del caso concreto. Tuttavia, la necessaria valutazione fattuale non esclude che, in ordine al diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne a carico del genitore, questa Corte detti, in coerenza al proprio compito di nomofilachia ex art. 65 ord. giud. , alcuni parametri di riferimento, a fini di uniformità, uguaglianza e più corretta interpretazione ed applicazione della norma. Ciò è quanto, appunto, ha compiuto, negli anni, la giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato alcuni condivisibili principi. 2.2.1. In via generale, si è precisato, anzitutto, che la valutazione delle circostanze giustificative del permanere dell'obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, conviventi o non, con i genitori o con uno d'essi, vada effettuata dal giudice del merito caso per caso cfr. Cass. n. 12952 del 2016 Cass. n. 4108 del 1993 , in tema di assegnazione della casa coniugale per convivenza con i figli maggiorenni Cass. 12 marzo 2018, n. 5883 del 2018. Tutte queste pronunce sono richiamate, in motivazione, dalla più recente Cass. n. 17183 del 2020 . Si è pure osservato, affatto condivisibilmente, che il relativo accertamento non possa che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle occupazioni ed al percorso scolastico, universitario e post-universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il medesimo abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione, investendo impegno personale ed economie familiari cfr. Cass. n. 1830 del 2011 . E' stato puntualizzato, inoltre, che la valutazione debba necessariamente essere condotta con rigore proporzionalmente crescente, in rapporto all'età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura cfr. Cass. n. 12952 del 2016 Cass. n. 12477 del 2004 e che, oltre tali ragionevoli limiti , l'assistenza economica protratta ad infinitum potrebbe finire col risolversi in forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani cfr. Cass. n. 4108 del 1993 , in motivazione, in tema di assegnazione della casa coniugale per convivenza con i figli maggiorenni concetto ripreso, poi, ad esempio, da Cass. n. 12952 del 2016 . 2.2.2. Questa Corte, pertanto, ha già operato un'interpretazione del sistema normativo che pone una stretta e necessaria correlazione tra diritto-dovere all'istruzione ed all'educazione e diritto al mantenimento sussiste il diritto del figlio all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto e, a norma dei novellati art. 147 c.c. e art. 315-bis c.c. , comma 1, nel rispetto . delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, come è reso palese dal collegamento inscindibile tra gli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione. Dunque, si è concluso che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell'obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società cfr. Cass. n. 18076 del 2014 e Cass. 22 giugno 2016, n. 12952 del 2016, entrambe richiamate, in motivazione, dalla più recente Cass. n. 17183 del 2020 . Inoltre, è stato ormai chiarito che il progetto educativo ed il percorso di formazione prescelto dal figlio, se deve essere rispettoso delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, deve tuttavia essere compatibile con le condizioni economiche dei genitori cfr. Cass. n. 18076 del 2014 nello stesso senso, ex multis, n. 10207 del 2019 . 2.2.3. E' ormai acquisita, allora, la funzione educativa del mantenimento , in una col principio di autoresponsabilità , anche tenendo conto, di contro, dei doveri gravanti sui figli adulti. Nessun rilievo, invece, ha la situazione economico-patrimoniale del genitore, posto che, al contrario, il diritto e l'obbligo de quibus si fondano sulla situazione del figlio, non sulle capacità reddituali dell'obbligato cfr. Cass. n. 22314 del 2017 . 2.3. Nell'inventario delle situazioni che sicuramente possono escludere o farne modificare l'entità, ove già riconosciuto il diritto al mantenimento, poi, questa Corte ne ha individuate diverse. 2.3.1. Si è affermato, così, che l'obbligo dei genitori non possa protrarsi sine die e che, pertanto - a parte le situazioni di minorazione fisica o psichica altrimenti tutelate dall'ordinamento - esso trovi il suo limite logico e naturale i allorquando i figli si siano già avviati ad un'effettiva attività lavorativa tale da consentire loro una concreta prospettiva d'indipendenza economica ii quando siano stati messi in condizioni di reperire un lavoro idoneo a procurare loro di che sopperire alle normali esigenze di vita iii quando abbiano ricevuto la possibilità di conseguire un titolo sufficiente ad esercitare un'attività lucrativa, pur se non abbiano inteso approfittarne iv quando abbiano raggiunto un'età tale da far presumere il raggiungimento della capacità di provvedere a se stessi. Vi sono, infine, le ipotesi, che inducono alle medesime conclusioni, nelle quali il figlio si sia inserito in un diverso nucleo familiare o di vita comune, in tal modo interrompendo il legame e la dipendenza morali e materiali con la famiglia d'origine cfr., per tali concetti, Cass. n. 12477 del 2004 . 2.3.2. Si ravvisa, pertanto, già un'evoluzione del diritto vivente, con riguardo alla ritenuta autonomia del figlio, che tiene conto del mutamento dei tempi e sempre più richiama il principio dell'autoresponsabilità se, un tempo, vi era il riferimento ad una raggiunta capacità del figlio di provvedere a sé con appropriata collocazione in seno al corpo sociale cfr. Cass. n. 2372 del 1985 ed alla percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita cfr. Cass. n. 1830 del 2011 , in seguito le mutate condizioni del mercato del lavoro e la non infrequente sopravvenuta mancanza di autonomia di ritorno - a volte in capo allo stesso genitore - hanno ormai indotto a ritenere che l'avanzare dell'età abbia notevole rilievo, giacché si discorre, come sopra ricordato, di una funzione educativa del mantenimento e del tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società cfr. Cass. n. 18076 del 2014 Cass. n. 17183 del 2020 . 2.3.2.1. Infatti l'obbligo di mantenimento non può essere correlato esclusivamente al mancato rinvenimento di un'occupazione del tutto coerente con il percorso di studi o di conseguimento di competenze professionali o tecniche prescelto. Sotto questo profilo, la crisi occupazionale giovanile conserva un'incidenza nel senso di dare al parametro dell'adeguatezza un carattere relativo sia in ordine al contenuto dell'attività lavorativa che del livello reddituale conseguente. L'attesa o il rifiuto di occupazioni non perfettamente corrispondenti alle aspettative possono costituire, se non giustificati, indici di comportamenti inerziali non incolpevoli cfr. Cass. n. 12952 del 2016 , in quanto il diritto del figlio si giustifica all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, posto che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell'obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società cfr. Cass. n. 5088 del 2018 , pur nell'ambito dell'affermazione secondo cui l'onere della prova per sottrarsi all'obbligo di mantenimento del maggiorenne grava sul genitore . 2.3.2.2. In sostanza, è esigibile l'utile attivazione del figlio nella ricerca comunque di un lavoro, al fine di assicurarsi il sostentamento autonomo, in attesa dell'auspicato reperimento di un impiego più aderente alle proprie soggettive aspirazioni non potendo egli, di converso, pretendere che a qualsiasi lavoro sia adatti soltanto, in vece sua, il genitore. In altri termini, il principio di autoresponsabilità sovente richiamato, nei settori più diversi, nella misura in cui l'evoluzione dei tempi induce ad accentuare i legami tra la pretesa dei diritti e l'adempimento dei doveri, indissolubilmente legati già nell' art. 2 Cost. ha fatto ampio ingresso, ormai, nel nostro ordinamento, anche in presenza di un diritto che chieda di essere affermato, ed anzi, proprio per rendere ragionevole e sostenibile qualsiasi diritto. La pienezza della scelta esistenziale personale deve pur fare i conti nel bilanciamento con le libertà e diritti altrui di pari dignità. 2.4. In questo contesto è intervenuta l'ordinanza resa da Cass. n. 17183 del 2020 . Essa muove dalla disamina dell' art. 337-septies c.c. in tema di pagamento dell'assegno di mantenimento al figlio maggiorenne non economicamente indipendente, assumendolo a norma centrale nel regolamento dei rapporti economici tra genitori e figli maggiorenni. 2.4.1. In quella pronuncia, i giudici di legittimità, discostandosi dal proprio costante orientamento, hanno statuito che l'obbligo di mantenimento permane a carico dei genitori fino al momento in cui il figlio raggiunge la maggiore età, subentrando successivamente la diversa disposizione di cui all' art. 337-septies c.c. che non prevede alcun automatismo circa l'attribuzione del diritto al mantenimento, ma rimette la decisione al giudice alla stregua di tutte le circostanze del caso concreto. Raggiunta la maggiore età, dunque, si presume l'idoneità al reddito, che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore. 2.4.2. In particolare, tra le evenienze che comportano il sorgere ma altrettanto è a dirsi quanto alla permanenza del diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne non autosufficiente, si pongono, fra le altre a la condizione di una peculiare minorazione o debolezza delle capacità personali, pur non sfociate nei presupposti di una misura tipica di protezione degli incapaci b la prosecuzione di studi ultraliceali con diligenza, da cui si desuma l'esistenza di un iter volto alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed attitudini, che sia ancora legittimamente in corso di svolgimento, in quanto vi si dimostrino effettivo impegno ed adeguati risultati, mediante la tempestività e l'adeguatezza dei voti conseguiti negli esami del corso intrapreso c l'essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione degli studi, svolti dal figlio nell'ambito del ciclo di studi che il soggetto abbia reputato a sé idoneo, lasso in cui questi si sia razionalmente ed attivamente adoperato nella ricerca di un lavoro d la mancanza di un qualsiasi lavoro, pur dopo l'effettuazione di tutti i possibili tentativi di ricerca dello stesso, sia o no confacente alla propria specifica preparazione professionale. 2.4.3. In conseguenza di tale innovativa impostazione, la Suprema Corte ha ritenuto che l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente. Ai fini dell'accoglimento della domanda, pertanto, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica - che è la precondizione del diritto preteso - ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro. Questa conclusione è stata ritenuta coerente con il principio generale di prossimità o vicinanza della prova, secondo cui la ripartizione dell'onere probatorio deve tenere conto, oltre che della partizione della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio riconducibile all' art. 24 Cost. , ed al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'azione in giudizio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova cfr. Cass. n. 17108 del 2016 Cass. n. 486 del 2016 Cass., SU, n. 13533 del 2001 . 2.4.4. L'ordinanza in esame evidenzia pure che il giudice può fare ampio ricorso ad indici di prova presuntiva. In particolare, l'onere della prova risulterà particolarmente lieve in prossimità della maggiore età, appena compiuta, ed anche per gli immediati anni a seguire, quando il soggetto abbia intrapreso, ad esempio, un serio e non pretestuoso studio universitario già questo integrando la prova presuntiva del compimento del giusto sforzo per meglio avanzare verso l'ingresso nel mondo del lavoro. Di contro, la prova del diritto all'assegno di mantenimento sarà più gravosa, man mano che l'età del figlio aumenti, sino a configurare il figlio adulto , in ragione del principio dell'autoresponsabilità, con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate ed all'impegno profuso, nella ricerca, prima, di una sufficiente qualificazione professionale e, poi, di una collocazione lavorativa. Ciò in quanto, alla luce del principio di autoresponsabilità che permea l'ordinamento giuridico e scandisce i doveri del soggetto maggiore d'età, costui non può ostinarsi e indugiare nell'attesa di reperire il lavoro reputato consono alle sue aspettative, non essendogli consentito di fare abusivo affidamento sul supposto obbligo dei suoi genitori di adattarsi a svolgere qualsiasi attività pur di sostentarlo ad oltranza nella realizzazione talvolta velleitaria di desideri ed ambizioni personali. 2.5. Questi principi, che il Collegio condivide e che, pur nelle peculiarità delle singole fattispecie di volta in volta esaminate, sono stati sostanzialmente confermati, poi, dalla successiva giurisprudenza di legittimità cfr. ex aliis, Cass. n. 29264 del 2022 Cass. n. 38366 del 2021 Cass. n. 18608 del 2021 , vanno allora calati nell'odierna controversia, ricordandosi, peraltro, che, in linea generale i con riferimento alle statuizioni concernenti il contributo al mantenimento dei figli contenute nelle sentenze di divorzio, è orientamento consolidato di questa Corte che tali pronunce passano in cosa giudicata rebus sic stantibus, rimanendo, cioè, suscettibili di modifica, quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti passati e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile cfr. Cass. n. 2953 del 2017 , richiamata, in motivazione, dalle più recenti Cass. n. 4768 del 2018 , Cass. n. 11177 del 2019 e Cass. n. 18608 del 2021 ii il provvedimento di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli sia minorenni che maggiorenni non autosufficienti postula non soltanto l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma anche la sua idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo di uno dei predetti assegni, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti, con la conseguenza che il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell'entità dell'assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti valutate al momento della pronuncia del divorzio, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell'attribuzione dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e ad adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale cfr. Cass. n. 18608 del 2021 Cass. n. 32529 del 2018 Cass. n. 214 del 2016 , n. 14143 del 2014 . 2.5.1. E' innegabile, tuttavia, che quest'ultima affermazione deve essere resa compatibile, in una concreta fattispecie come quello oggi all'esame di questa Corte caratterizzata dal fatto che, allorquando, nel 2006, intervenne la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio tra R.G. e sua moglie, la loro figlia R.R., nata nel 1994, in favore della quale fu disposto un assegno di mantenimento, a carico del primo, di Euro 1200,00, aveva solo 12 anni. Al momento della instaurazione della lite in esame, invece, cioè nel 2019, quest'ultima aveva raggiunto l'età di 25 anni, altresì risultando iscritta all'Università , con quanto si è in precedenza ricordato circa i presupposti per la permanenza del diritto al proprio mantenimento, a carico del genitore obbligato, da parte di prole maggiorenne ma economicamente non autosufficiente. Si vuol dire, cioè, che la duplice circostanza della intervenuta crescita di R.R., dal momento della pronuncia di divorzio dei suoi genitori all'epoca era minorenne, con esigenze, quanto alle spese che dovevano riguardarla, proprie di una ragazzina che aveva solo dodici anni a quello della instaurazione della odierna lite quando ormai aveva ampiamento superato la maggiore età ed intrapreso studi universitari , e, soprattutto, della inerzia della stessa, come denunciata dal padre, nel completamento degli studi ultraliceali, non possono non essere considerate - rivelandosi intuitivamente irragionevole il contrario - come circostanze fattuali sopravvenute idonee a legittimare, ove una tale inerzia non sia giustificabile, una rivisitazione quanto meno della entità dell'assegno di mantenimento originariamente disposto in suo favore dalla menzionata sentenza divorzile. 2.6. Tanto premesso, si è già detto cfr. p. 2.1. dei Fatti di causa che la corte distrettuale ha ritenuto inconfigurabile, nella specie, una inerzia colpevole della figlia nel completamento degli studi o nella ricerca di un'occupazione, posto che, sebbene risulti pacifico che la ragazza sia in ritardo negli studi, essendo fuori corso ed avendo sostenuto solo tre esami, nonostante l'età 27 anni , tuttavia dall'istruttoria è emerso anche che la stessa soffre di una sindrome depressiva, che influenza il suo rendimento scolastico, per come si evince anche dalle dichiarazioni del medico di famiglia, . , il quale ha evidenziato di aver visto la ragazza due volte nel 2020, di aver appurato la presenza di una sindrome depressiva, di aver notato una stato ansioso e di averle prescritto un farmaco il Dafarox, proprio in considerazione di tali problematiche psicologiche. La ragazza ha evidenziato sotto tale profilo di soffrire di tali disturbi dal liceo, di essere stata in cura dalla Dott.ssa . , poi deceduta, circostanza confermata anche dalla madre, la quale ha precisato che la ragazza aveva iniziato a manifestare disagi psicologici da quando aveva 18 anni, a causa del suo aspetto piuttosto pingue . 2.6.1. Ad avviso di questo Collegio, tuttavia, una tale giustificazione si rivela non coerente coi citati principi sanciti da Cass. n. 17183 del 2020 , poi sostanzialmente ribaditi dalla già citata giurisprudenza ad essa successiva. 2.6.2. Infatti, risulta palese la deficitaria linearità logica il considerare l'odierna controricorrente sofferente di depressione, peraltro fin da quando aveva diciotto anni, in forma tale da impedirle un normale prosieguo degli intrapresi studi universitari, benché alla stessa sia stato prescritto, in questi anni, in occasioni di sporadiche visite presso il medico di famiglia, soltanto un blando farmaco per un effetto placebo e suggestivo, piuttosto che una vera e propria cura dell'accertamento della pretesa sindrome depressiva che affliggerebbe benché mai certificata in corso di causa, almeno da quanto è dato leggere nel provvedimento oggi impugnato, da documentazione sanitaria proveniente da strutture pubbliche R.R., desunto, peraltro, esclusivamente da generiche dichiarazioni di quest'ultima, di sua madre o del loro medico di famiglia. 2.6.3. La decisione impugnata, dunque, non reca una spiegazione adeguata e ragionevole così da escluderne la mera apparenza del perché questo asserito stato depressivo della R., evidentemente poco significativo se rapportato alle descritte tipologia e finalità del farmaco prescrittole, non le avrebbe consentito la diligente prosecuzione degli intrapresi studi ultraliceali per un considerevole lasso di tempo, avendo ella sostenuto solo tre esami benché giunta, ormai, all'età di ventisette anni. Ne' si specifica se il medesimo stato le avrebbe impedito, o non, di adoperarsi in altro modo al fine di non permanere in quella che attualmente si rivela essere soltanto una situazione di sostanziale inerzia agevolata da un assegno di mantenimento riconosciutole nel 2006, in un contesto e per esigenze radicalmente differenti, però, da quelli odierni. Alteris verbis, un siffatto atteggiamento inerziale non può essere - neppure astrattamente - riversato sulla persistenza, nell'entità originariamente sancita, di un diritto al mantenimento di durata indeterminata. 3. Il ricorso di R.G., pertanto, deve essere accolto ed il decreto impugnato va cassato, rinviandosi la causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. 4. Va, disposta, infine, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 . P.Q.M. La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso di R.G., cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. Dispone per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 5 2.