L’intento di correggere il comportamento del figlio non legittima le azioni violente del padre

Condanna definitiva di un uomo per le violenze realizzate ai danni del figlio. Riconosciuto il reato di maltrattamenti in famiglia. Impossibile, secondo i Giudici, parlare di abuso dei mezzi di correzione.

L'obiettivo dichiarato, ossia correggere il comportamento del figlio, non può legittimare o ridimensionare i comportamenti violenti del padre. Consequenziale la condanna del genitore , ritenuto colpevole di maltrattamenti in famiglia. Impossibile, secondo i Giudici, parlare di mero abuso dei mezzi di correzione. Ricostruita la delicata vicenda, i giudici di merito ritengono inequivocabili i comportamenti violenti tenuti tra le mura domestiche dall'uomo sotto processo nei confronti del figlio. Consequenziale, quindi, la condanna per il reato di maltrattamenti in famiglia . Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta l'uomo sostiene si debba parlare di mero abuso dei mezzi di correzione, poiché il suo cliente, spiega, ha sì tenuto comportamenti violenti nei confronti del figlio ma per correggerne determinate condotte. Per completare il quadro, infine, il legale pone in evidenza il forte legame affettivo tra l'uomo e il figlio. Anche in terzo grado, come già in Appello, la visione minimalista della difesa si rivela fragile. Per i Giudici di Cassazione, difatti, va confermata la condanna dell'uomo per il reato di maltrattamenti in famiglia. In sostanza, le condotte tenute dall'uomo nei confronti del figlio possono essere qualificate come abuso dei mezzi di correzione soltanto nel caso di violenze episodiche , mentre non rilevano gli intenti correttivi del padre e la esistenza di un intenso legame emotivo e affettivo fra lui e il figlio, il cui stato di sofferenza psicologica è stato accertato in concreto. Ampliando l'orizzonte, poi, i Magistrati tengono a chiarire che condotte sistematicamente violente sia sul piano fisico che su quello psicologico , anche quando finalizzate a educare , come quelle tenute dall'uomo sotto processo, non rientrano nella categoria dell'abuso dei mezzi di correzione ma concretizzano elementi costitutivi del più grave reato di maltrattamenti . Ciò perché esula dal perimetro applicativo della fattispecie dell'abuso dei mezzi di correzione o di disciplina qualunque forma di violenza fisica o psichica , anche se sostenuta da animus corrigendi . Tirando le somme, le condotte del genitore connotate da modalità aggressive verso il figlio sono incompatibili con l'esercizio lecito del potere correttivo ed educativo genitoriale che mai deve deprimere l'armonico sviluppo della personalità del figlio .

Presidente Di Stefano Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 15 giugno 2022 la Corte d'appello di Trento ha confermato - ma riducendo la pena - la condanna inflitta dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Trento a P.G. ex artt. 572 e 61 n. 11 cod. pen avere maltrattato il figlio minorenne L. nei modi descritti nei capi di imputazione. 2. Nel ricorso presentato dal difensore di P. si chiede l'annullamento della sentenza per i seguenti motivi riportati ex art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell' art. 417 cod. pen. per la indeterminatezza della descrizione dei contenuti delle condotte nel capo di imputazione, che peraltro non le colloca con precisione nel tempo ma in un ampio arco temporale che va dal omissis , in maniera tale da impedire all'imputato di esercitare il proprio diritto di difesa. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell' articolo 571 c.p. per la mancata riqualificazione dei fatti come abuso dei mezzi di correzione. Al riguardo si osserva che la stessa Corte di appello ha limitato al periodo che va dall' omissis i fatti qualificabili come maltrattamenti. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell' art. 34 comma 2, c.p. perché la Corte d'appello ha ridotto la pena principale ma non ha correlativamente ridotto la pena accessoria nella misura corrisponde al doppio nella pena rideterminata. Considerato in diritto 1. Il primo e il secondo motivo di ricorso reiterano deduzioni alle quali la Corte di appello ha già correttamente risposto. 1.1. Va ribadito, infatti, che la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto di citazione a giudizio per indeterminatezza e genericità dell'imputazione ha natura relativa e, in quanto tale, non è rilevabile d'ufficio e deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall' art. 491 c.p.p. Sez. 3, n. 19649 del 27/02/2019 , Spinaci, Rv. 275749 Sez. 6, n. 50098 del 24/10/2013 , C., Rv. 2579109 . Inoltre, specificamente l'art. 438-bis c.p.p. prevede che la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preliminare determina la sanatoria delle nullità che non siano assolute. Come rilevato dalla Corte d'appello, nel presente giudizio non risulta che l'eccezione sia stata proposta entro il temine suindicato. 1.2. Anche alla questione riproposta con il secondo motivo di ricorso la Corte di appello ha adeguatamente risposto che condotte del tipo di quelle accertate possono essere qualificate ex art. 571 c.p. soltanto nel caso di violenze episodiche, mentre non rilevano gli intenti correttivi del padre e la esistenza di un intenso legame emotivo e affettivo fra l'imputato e il figlio, il cui stato di sofferenza psicologica è stato accertato al di là delle sue dichiarazioni condotte sistematicamente violente sul piano fisico e/o psicologico anche quando finalizzate a educare, non rientrano nell'ambito della fattispecie di abuso di mezzi di correzione ma concretizzano elementi costitutivi del più grave reato di maltrattamenti. In altri termini, esula dal perimetro applicativo della fattispecie incriminatrice dell'abuso di mezzi di correzione o di disciplina qualunque forma di violenza fisica o psichica, anche se sostenuta da animus corrigendi, le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l'esercizio lecito del potere correttivo e educativo che mai deve deprimere l'armonico sviluppo della personalità del minorenne Sez. 6, n. 13145 del 03/03/2022 , M. Rv. 283110 Sez. 3, n. 17810 del 06/11/2018 , dep. 2019, B., Rv. 275701 . Per altro verso, per quel che riguarda il ridimensionamento dell'arco temporale in cui la Corte d'appello ha collocato le condotte qualificabili come maltrattamenti, deve rilevarsi che la sentenza impugnata non ha mancato di tenerne conto osservando, tuttavia, che non sarebbe comunque possibile derivarne una riduzione della pena-base poiché questa è stata determinata dal Tribunale nel minimo edittale. 2. Il terzo motivo di ricorso è fondato. Nel ridurre la pena complessiva inflitta in primo grado la Corte di appello avrebbe dovuto correlativamente ridurre la pena accessoria. Tale operazione si può effettuare in questa sede ex art. 619, comma 2, c.p.p. rideterminando la pena accessoria nella misura di 1 anno, 11 mesi e giorni 10 di reclusione x 2= 3 anni, 10 mesi e 20 giorni di sospensione dl esercizio della responsabilità genitoriale. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla sanzione accessoria della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale che ridetermina in anni tre, mesi dieci e giorni venti. Rigetta il ricorso nel resto. Condanna, inoltre, l'imputato alla riduzione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile costituita che liquida in complessivi Euro 3686,00 oltre accessori di legge.