Pignoramento: quando la dichiarazione di quantità del terzo è irrituale?

La Cassazione torna sulle modalità con cui la dichiarazione ex articolo 547 c.p.c. deve essere resa dal terzo.

Il caso. In una causa relativa ad un pignoramento verso terzi, il Tribunale, all'esito del giudizio di merito, annullava l'ordinanza con cui il g.e. aveva assegnato alla società Beta il credito dell'esecutato verso la banca Alfa «fino a concorrenza della somma detenuta», in quanto la banca, terzo pignorato, non aveva reso la dichiarazione di quantità ex articolo 547 c.p.c. A sua volta, la banca proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione, esponendo di aver reso la dichiarazione con atto comunicato alla pignorante via telefax, regolarmente ricevuto. Il Tribunale accoglieva quindi l'opposizione, annullando definitivamente l'ordinanza opposta e rilevando che la comunicazione, benché irrituale, era stata ricevuta dalla destinataria, non potendo dunque operare il meccanismo della ficta confessio ex articolo 548 c.p.c. Di qui, il ricorso in Cassazione della società Alfa, la quale lamenta la violazione dell'articolo 547 c.p.c., per non aver il Tribunale rilevato che la dichiarazione del terzo dovesse essere inviata esclusivamente a mezzo lettera raccomandata o con posta elettronica certificata PEC , e non con lettera trasmessa a mezzo telefax. La decisione della Corte. Il ricorso è fondato. I Giudici, infatti, precisano che, in considerazione della natura formale della dichiarazione di quantità, il terzo debba rispettare le modalità con cui la dichiarazione deve essere resa, ossia mediante comunicazione da inviarsi al creditore procedente a mezzo raccomandata o PEC, rendendosi necessaria la comparizione apud iudicem solo in caso di sua mancanza. Pertanto, la dichiarazione del terzo, concentrando l'azione esecutiva sul bene o sul credito che in essa viene indicato come di spettanza del debitore esecutato, non può essere considerata alla stregua di una qualsivoglia comunicazione comunque effettuata, come erroneamente ritenuto dal Tribunale. Sul punto, infatti, l'alternativa è secca o detta comunicazione viene effettuata a mezzo lettera raccomandata o a mezzo PEC, oppure, qualora effettuata con mezzi diversi e comunque «non idonei a dimostrare immediatamente ed incontestabilmente l'esistenza e il contenuto della dichiarazione stessa», essa è da considerarsi tamquam non esset, con conseguente necessità di procedere ai sensi dell'articolo 548, comma 2, c.p.c. Nel caso in esame, dunque, ha senz'altro errato il giudice del merito nel ritenere la fondatezza dell'opposizione agli atti proposta dalla banca di conseguenza, il ricorso della società deve essere accolto.

Presidente Rubino – Relatore Saija Fatti di causa Con ordinanza del 25.11.2015, il g.e. presso il Tribunale di Larino, nell'ambito del pignoramento presso terzi in danno di S.G., assegnò ad AVM 1959 s.p.a. già […] s.p.a. il credito dell'esecutato verso il Banco BPM fino a concorrenza della somma detenuta ciò in quanto il Banco, terzo pignorato, non aveva reso la dichiarazione di quantità ex articolo 547 c.p.c., nonostante gli fosse stata notificata apposita ordinanza del g.e. emessa il 16.9.2015. Il Banco BPM propose quindi opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione, esponendo di aver reso la dichiarazione con atto comunicato alla pignorante via telefax in data 13.7.2015, regolarmente ricevuto. Revocata l'ordinanza di assegnazione dal g.e. con ordinanza del 2.3.2016, all'esito del giudizio di merito l'adito Tribunale accolse l'opposizione con sentenza del 23.3.2021, annullando definitivamente l'ordinanza opposta e rilevando che la comunicazione, benché irrituale, era stata ricevuta dalla destinataria, non potendo dunque operare il meccanismo della ficta confessio, ex articolo 548 c.p.c. AVM 1959 s.p.a. ricorre ora per cassazione in forza di tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il Banco BPM. S.G. non ha svolto difese. Ai sensi dell'articolo 380-bis.1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nei sessanta giorni successivi all'odierna adunanza camerale. 1.1 - Con il primo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 547 c.p.c., per non aver il Tribunale rilevato che la dichiarazione del terzo debba essere inviata esclusivamente a mezzo lettera raccomandata o con posta elettronica certificata PEC , e non già con lettera trasmessa a mezzo telefax. 1.2 - Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per non essere stata presa in considerazione la testimonianza resa dall'avv. De Vido, asserito destinatario della comunicazione telefax, che però aveva affermato di non aver ricevuto la dichiarazione del terzo, neppure a mezzo telefax. 1.3 - Con il terzo motivo, infine, si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 548 c.p.c., per non aver tenuto conto il Tribunale della mancata dichiarazione da parte del terzo pignorato Banco BPM, con conseguente non contestazione del credito, per come pignorato. 2.1 - Il primo e il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente perché connessi, sono fondati. L'articolo 547, comma 1, c.p.c., come da ultimo modificato dal D.L. numero 132-2014, conv. in L. numero 162 del 2014, e senz'altro applicabile nel caso che occupa, stabilisce che Con dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna . A sua volta, l'articolo 548, comma 2, c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis, derivante dalla modifica apportata dal già citato D.L. numero 134 del 2014, atteso che il pignoramento è stato eseguito in data 26.6.2015, e dunque prima dell'ulteriore modifica operata dal D.L. numero 83 del 2015, conv. in L. numero 132 del 2015 , stabilisce che Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza è notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e il giudice provvede a norma degli articolo 552 o 553 . Pertanto, la dichiarazione di quantità del terzo, ex articolo 547 c.p.c., che dapprima andava necessariamente resa nel corso dell'udienza di comparizione dinanzi al g.e., è oggi resa, in prima battuta, mediante comunicazione da inviarsi al creditore procedente, solo in caso di sua mancanza rendendosi necessaria la comparizione apud iudicem, ai sensi del successivo articolo 548, comma 2, c.p.c. in particolare, la cennata modifica normativa dell'articolo 547 c.p.c. fa seguito ad un primo intervento riformatore operato dalla L. numero 52-2006, poi seguito dalla L. numero 228 del 2012 ed infine, appunto, dal D.L. numero 132-2014, nei termini poc'anzi riportati. La circostanza che la dichiarazione di quantità debba essere resa dal terzo pignorato con le suddette modalità, però, non ne altera la funzione, che è pur sempre da rinvenirsi a prescindere dalla querelle circa la natura della dichiarazione stessa si tratti cioè di confessione giudiziale, di ricognizione del debito, di esibizione ideale, di mera dichiarazione di scienza, ecc. nella individuazione della cosa oggetto del pignoramento, ossia della prestazione che il terzo deve eseguire in favore del debitore esecutato Cass. numero 19059/2006 Cass. numero 5037/2017 . È proprio per tale ragione che il legislatore, con le cennate riforme, ha via via disciplinato le modalità con cui il terzo deve rendere la dichiarazione di quantità, passando dalla sua raccolta a verbale d'udienza, a quella scritta, da far pervenire al creditore pignorante con comunicazione formale, a mezzo lettera raccomandata o PEC, e ciò allo scopo di snellire la fase procedurale e di manlevare il terzo dall'onere di presenziare all'udienza. Tuttavia, proprio in considerazione della natura formale della dichiarazione di quantità che, tra l'altro, deve provenire personalmente dal terzo, o da un suo procuratore speciale, munito di idonea procura , ritiene la Corte che le suddette modalità debbano essere esattamente osservate dallo stesso terzo, e non siano assolvibili con mezzi diversi da quelli esplicitamente considerati dal legislatore al di là di intuitive ragioni ed esigenze di certezza delle comunicazioni, occorre infatti considerare che non viene in rilievo, in proposito, un mero rapporto epistolare tra il procedente ed il terzo pignorato, risolvibile alla stregua dei comuni canoni in ordine alla prova delle comunicazioni ex articolo 1335 c.c., o anche ex articolo 136 c.p.c. in ambito più strettamente processuale sicché anche la comunicazione via telefax, ricorrendo determinati presupposti, possa ritenersi suscettibile di produrre effetti - si vedano, per tutte, rispettivamente, Cass. numero 14251/2019 e Cass. numero 31894/2018 , bensì un'attività effettuata da un soggetto, il terzo pignorato, che assume il ruolo di vero e proprio ausiliario del giudice si veda, per tutte, Cass. numero 13143/2017, non massimata . La dichiarazione del terzo, insomma, concentrando l'azione esecutiva qualora essa sia positiva sul bene o sul credito che in essa viene indicato come di spettanza del debitore esecutato, non può essere considerata alla stregua di una qualsivoglia comunicazione comunque effettuata, come erroneamente ritenuto dal Tribunale di Larino, perché sul punto l'alternativa è secca o detta comunicazione viene effettuata a mezzo lettera raccomandata o a mezzo PEC, ed in tal guisa può considerarsi idonea a produrre l'effetto già descritto oppure, qualora effettuata con mezzi diversi da quelli indicati dalla citata disposizione e comunque non idonei a dimostrare immediatamente ed incontestabilmente l'esistenza e il contenuto della dichiarazione stessa, essa è da considerarsi tamquam non esset, con conseguente necessità di procedere ai sensi dell'articolo 548, comma 2, c.p.c. in tal caso, occorre dunque che il g.e. fissi apposita udienza, e se il terzo non si presenta a rendere la dichiarazione, il credito pignorato si ha per non contestato, secondo il già descritto meccanismo della ficta confessio. 2.2 - Tale seconda ipotesi costituisce quanto esattamente avvenuto nella specie, giacché il g.e., su istanza del creditore e prima di adottare l'ordinanza del 25.11.2015, aveva appunto fissato udienza dinanzi a sé con precedente ordinanza del 16.9.2015, perché il Banco BPM rendesse la dichiarazione in parola. Di conseguenza, ha senz'altro errato il giudice del merito nel ritenere la fondatezza della spiegata opposizione agli atti proposta dal Banco BPM, giacché da un lato la dichiarazione asseritamente resa via telefax era ed è da considerarsi tamquam non esset, e dall'altro la suddetta ordinanza di assegnazione ex articolo 553 c.p.c. era stata adottata una volta che il g.e. aveva preso atto della ulteriore mancata dichiarazione, da parte del Banco BPM, all'udienza del 20.11.2015, così correttamente ritenendo configurabile il già cennato meccanismo della ficta confessio. 3.1 - Il secondo motivo resta conseguentemente assorbito dall'accoglimento, in particolare, del primo mezzo, essendo a tal punto irrilevante ogni ulteriore considerazione circa l'avvenuta effettiva ricezione o meno del telefax in discorso. 4.1 - In definitiva, sono accolti il primo e il terzo motivo, mentre il secondo resta assorbito. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex articolo 384, comma 2, c.p.c., con il rigetto dell'opposizione agli atti esecutivi spiegata dal Banco BPM con ricorso del 23.12.2015. Può solo aggiungersi, in proposito, come la condotta del Banco BPM sia stata nella specie gravemente negligente parametro da valutarsi anche nella specifica accezione di cui all'articolo 1176, comma 2, c.c., trattandosi di operatore qualificato , laddove esso ha ritenuto di non dover comunque comparire dinanzi al g.e., nonostante gli fosse stata regolarmente notificata l'ordinanza del 16.9.2015 ciò, in ipotesi, anche solo per evidenziare la regolarità della propria condotta. Le spese di lite, liquidate in dispositivo anche per l'unico grado di merito, seguono la soccombenza nei rapporti tra l'odierna ricorrente e il Banco BPM, mentre possono integralmente compensarsi nei rapporti con l'esecutato S.G., neppure risultando che egli abbia svolto difese nella controversia che occupa. P.Q.M. la Corte accoglie il primo e il terzo motivo e dichiara assorbito il secondo. Cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione agli atti esecutivi proposta dal Banco BPM s.p.a. con ricorso del 23.12.2015. Condanna il Banco BPM alla rifusione delle spese processuali in favore della AVM 1959 s.p.a., che liquida per il giudizio di merito in Euro 4.835,00 per compensi, e per il giudizio di legittimità in Euro 3.500,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge. Compensa integralmente le spese nei rapporti con S.G.