Liti tra ex conviventi: siamo in presenza di stalking o maltrattamenti in famiglia?

Il ricorso in oggetto risulta inammissibile in quanto volto a fronte di una sentenza di assoluzione incentrata sul ragionevole dubbio in ordine al giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa a proporre una rivalutazione della fonte di prova, punto della decisione, questo, innestato su una corretta ricostruzione della configurabilità e interrelazioni tra il delitto di stalking e quello di maltrattamenti.

Nel caso in esame, risulta che il rapporto di convivenza tra imputato e persona offesa si fosse già risolto a settembre e non dicembre 2017. Il Collegio ha precisato a riguardo che «non è configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bensì l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori, in presenza di condotte illecite poste in essere da parte di uno dei conviventi “more uxorio” ai danni dell'altro dopo la cessazione della convivenza» Cass. numero 45095/2021 . Pertanto, la Corte d'appello ha correttamente esaminato le dichiarazioni della vittima riguardo entrambi i reati commessi dall'imputato ai danni della ex convivente, risultando complete e insuscettibili di censura, risolvendosi in assenza di evidenti illogicità della motivazione, nella richiesta di una rilettura delle prove. Tali condotte sono avvenute a distanza di tempo l'una dalle altre e le ultime due «quando, oramai, le liti riguardavano l'interruzione del mènage e non univocamente riconducibili ad una vera e propria forma di aggressione personale». Infine, per ciò che riguarda l'episodio di tentata violenza sessuale avvenuto nel dicembre 2017, la pronuncia d'appello ha escluso l'esistenza di abusi sessuali. Ne consegue, quindi, l'inammissibilità del ricorso.

Presidente Di Stefano – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1.II Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo impugna la sentenza nei confronti di B.G. con la quale la Corte di appello, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, ha dichiarato estinto per intervenuta remissione di querela il reato di cui all'articolo 612-bis c.p., commesso in e omissis sino al omissis e ha assolto l'imputato dal reato di cui. all'articolo articolo 572 c.p. commesso in omissis ed , reati commessi in danno di F.E. con la quale l'imputato aveva avviato una relazione sentimentale della durata di circa un anno e messo che, nel periodo dal omissis aveva comportato anche una convivenza, poi interrotta. 2. Il Procuratore generale ricorrente denuncia, con motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, l'erronea applicazione della legge penale e vizi cumulativi di motivazione in relazione alla perimetrazione temporale delle condotte violente agite dall'imputato, ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti e considerando solo tre episodi di violenza, rispetto alla ricostruzione compiuta dal Tribunale che aveva ritenuto sussistenti ulteriori episodi di lesione, anche risalenti e contestati unitariamente sub capo D . Erroneamente la Corte ha datato la fine della relazione al 19 settembre 2017 laddove il Tribunale aveva considerato un più ampio arco temporale, cioè fino a dicembre 2017. Ulteriore erronea applicazione della legge penale discende dalla riconducibilità dello stato di conflittualità alla reattività della persona offesa e alla irrilevanza della querela, ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori. Considerato in diritto 1.II ricorso è inammissibile perché proposto per motivi generici e manifestamente infondati. Ai fini di chiarezza e di intelligibilità del ricorso va rilevato che si era proceduto a carico dell'imputato anche per i reati di tentata violenza sessuale ascritto al capo A delle imputazioni, commesso in , nella notte fra il omissis e lesioni ascritto al capo B della rubrica, commesso nella notte fra il omissis , reato, questo, per il quale già in primo grado era intervenuta sentenza di proscioglimento dell'imputato per remissione di querela l'imputato è stato assolto in appello anche dal reato di tentata violenza sessuale con una decisione che non è impugnata . In primo grado, inoltre, il Tribunale aveva perimetrato la condotta di maltrattamenti sub capo D ai fatti commessi fino al omissis , epoca di cessazione della convivenza. Evidentemente costituisce un refuso, a fronte della sentenza di appello che riporta tutti i capì di imputazione, il riferimento del ricorrente al reato di cui al capo B che, per come si evidenzia nella parte motiva del ricorso, lo stesso ricorrente riconduce al reato di atti persecutori. Anche alla luce di queste precisazioni, il ricorso si appalesa inammissibile perché volto, a fronte di una sentenza di assoluzione incentrata sul ragionevole dubbio in ordine al giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, a proporre una rivalutazione della fonte di prova, punto della decisione, questo, innestato su una corretta ricostruzione della configurabilità e interrelazioni tra il delitto di atti persecutori e quello di maltrattamenti in ragione della sussistenza, al momento dei fatti, come contestati e ritenuti, di un rapporto di convivenza tra le parti, poi cessato. Secondo le precisa ricostruzione in fatto svolta fin dalla sentenza di primo grado era risultato accertato che già a omissis e non a omissis il rapporto di convivenza tra l'imputato e la persona offesa si era risolto. Al riguardo questa Corte ha precisato che non è configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia, bensì l'ipotesi aggravata del reato di atti persecutori, in presenza di condotte illecite poste in essere da parte di uno dei conviventi more uxorio ai danni dell'altro dopo la cessazione della convivenza Sez. 6, numero 45095 del 17/11/2021, H, Rv. 282398 . Correttamente, pertanto, in linea con tale indirizzo ermeneutico, la Corte di appello ha esaminato le dichiarazioni della persona offesa sia con riguardo al delitto di maltrattamenti condotta contestata fino al omissis che quello di atti persecutori, commesso dall'imputato ai danni della ex convivente quando, in più occasioni insistentemente aveva sollecitato la ripresa del rapporto molestandola e minacciandola e le aveva, poi, contestato le denunce proposte contro di lui, condotta, questa, contestata come commessa in omissis fino al omissis . Poste queste premesse emerge a tutta evidenza la aspecificità del ricorso che non si confronta con la ricostruzione in fatto richiamando la sentenza di primo grado, alla quale, invece, si è allineata quella impugnata nella ricostruzione dei fatti e del periodo temporale di commissione del reato di maltrattamenti. Ma il ricorso è anche manifestamente infondato. Come anticipato, le valutazioni della Corte di merito, sul giudizio di attendibilità della persona offesa, sono complete e insuscettibili, in questa sede, di censura risolvendosi, in assenza di evidenti illogicità della motivazione, nella richiesta di una rilettura delle prove. La Corte di appello ha, infatti, esaminato le alterne dichiarazioni rese dalla persona offesa che si innestano su una relazione caratterizzata da alti e bassi, molto controversa nella ricostruzione della dinamica dei rapporti interpersonali poiché i testi escussi hanno riferito che anche la persona offesa era adusa a perdere l'autocontrollo con frequenti crisi di nervi e comportamenti aggressivi, dispiegati anche in danno dei congiunti del compagno. Le valutazioni della Corte di merito refluiscono nella ricostruzione delle condotte abusanti che sarebbero consistite in episodi di danneggiamento dell'auto della F. l'episodio di omissis danneggiamento di suppellettili di casa, dell'inizio omissis , episodio in cui l'imputato l'aveva spinta gettandola in terra e quello del omissis quando, dopo averla cacciata di casa e caricato sull'auto le sue cose, l'imputato l'aveva colpita, tentando di chiudere il bagagliaio, con il portellone, come relazionato dai Carabinieri presenti ai fatti. Tali episodi, gli ultimi due diretti alla persona, appaiono riconducibili ad atti di violenza ma, si inquadrano, secondo le dichiarazioni acquisite, in un contesto caratterizzato da condotte omologhe realizzate dalla vittima, usa, a propria volta, gettare in terra, durante le liti, oggetti, sedie e piatti. Si tratta, inoltre, di condotte avvenute a distanza di tempo l'una dalle altre e le ultime due quando, oramai, le liti riguardavano la interruzione del mènage e non univocamente riconducibili ad una vera e propria forma di aggressione personale. Solo in sede di integrazione della denuncia, nel dicembre 2018, la persona offesa, in merito all'episodio dei primi di settembre, aveva precisato che l'imputato l'aveva picchiata mentre, in precedenza, aveva sostenuto che, durante la lite, l'imputato l'aveva gettata in terra con riguardo all'episodio del omissis , invece, avvenuto alla presenza dei carabinieri, non emerge la volontarietà quanto, piuttosto, in un contesto di reciproca alterazione, l'accidentalità del gesto. Va, infine, per completezza rilevato, in merito all'episodio di tentata violenza sessuale del omissis , che nella prospettazione del ricorrente costituirebbe un episodio inquadrabile nei maltrattamenti, che la sentenza di appello con una statuizione non oggetto di impugnazione ha escluso, in presenza di dichiarazioni generiche e fumose della persona offesa, la esistenza di abusi sessuali descrivendo un contesto in cui l'imputato ci aveva provato ed entrambi si erano alzati le mani . 2.Con riferimento al secondo motivo di ricorso, rileva il Collegio che la Corte di merito ha dato atto della intervenuta remissione di querela, in sede processuale, remissione che, tenuto conto della contestazione, era ammissibile dal momento che, ai fini della irrevocabilità della querela ai sensi dell'articolo 612-bis, comma quarto, c.p., è necessario che nella imputazione sia contestato in modo chiaro e preciso che la condotta è stata realizzata con minacce reiterate ed integranti i caratteri della circostanza aggravante di cui all'articolo 612, comma 2, c.p. Sez. 5, numero 3034 del 17/12/2020, dep. 2021, C, Rv. 280258 , nella specie non rilevabile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.