Limite probatorio in caso di confisca allargata: la parola alle Sezioni Unite

In caso di confisca c.d. allargata – o di sequestro finalizzato a tale tipo di confisca – il divieto di giustificare la legittima provenienza dei beni, sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, vale anche per i cespiti acquistati prima dell'entrata in vigore di tale divieto?

Nell'ambito di un'indagine per il reato di cui all' art. 317 c.p. , veniva disposto il sequestro funzionale alla confisca diretta degli importi di alcuni conti correnti dell'indagato, oltre alla confisca c.d. allargata o per sproporzione ai sensi dell' art. 240- bis c.p. In parziale accoglimento dell'appello cautelare, l'indagato otteneva il dissequestro di alcune delle somme sottoposte a vincolo cautelare, che veniva per il resto confermato. E' dunque giunta all'attenzione della Cassazione la questione relativa all'applicabilità del divieto probatorio previsto dall'art. 240- bis c.p. e al criterio della c.d. ragionevolezza temporale ”. Il Collegio ritiene di rimettere alle Sezioni Unite il seguente quesito se per il soggetto destinatario di un provvedimento di confisca c.d. allargata – o di sequestro finalizzato a tale tipo di confisca – il divieto previsto dall'art. 240- bis , comma 1, c.p., di giustificare la legittima provenienza dei beni, sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, valga anche per i cespiti acquistati prima del 19/11/2017, cioè dal giorno di entrata in vigore di tale divieto introdotto dall' art. 31 l. 17 ottobre 2017, n. 161 .

Presidente Fidelbo – Relatore Tripiccione Ritenuto in fatto 1. R.G. propone ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di Bari che, in parziale accoglimento dell'appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di dissequestro delle somme sottoposte a vincolo reale, ha disposto la restituzione di Euro 94.926,37, depositata sul conto corrente n. 1000/5612, confermando nel resto il titolo cautelare. Giova premettere che nei confronti del R. sono stati emessi tre provvedimenti di sequestro funzionali sia alla confisca diretta, limitatamente all'importo di Euro 136.149, insistente sul c/c n. Omissis , che alla confisca c.d. allargata o per sproporzione ai sensi dell' art. 240-bis c.p. . Dall'ordinanza impugnata risulta che il reato spia a tal fine considerato è quello di cui all' art. 317 c.p. contestato al capo 1. Secondo l'imputazione provvisoria, il R., abusando della qualità e dei poteri di Dirigente Medico presso il Dipartimento di oncologia dell'Istituto Tumori Omissis , assunto con contratto di lavoro esclusivo a tempo pieno e indeterminato dal 1 settembre 2017, non essendo autorizzato ad eseguire prestazioni intra o extra moenia, costringeva un paziente oncologico al pagamento di denaro o altre indebite utilità, nella misura complessiva di Euro 127.600, in occasione delle somministrazioni di farmaci sia presso la struttura ospedaliera che presso il CAF Omissis in uso alla compagna S.M.A. reato accertato dal Omissis . Dall'imputazione provvisoria risultano, inoltre, contestati al R. il reato di truffa in danno di altro paziente con diagnosi di stenosi cervicale capo 2 , commesso abusando dei medesimi poteri e qualità e inducendo in errore il paziente mediante la somministrazione di un farmaco, prospettato come risolutivo, condotta da cui sarebbe conseguito un profitto pari ad Euro 40.000 nonché il reato di truffa aggravata ai sensi dell' art. 640 c.p. , comma 2, n. 1, - con contestazione alternativa del reato di cui all' art. 323 c.p. - che si assume commessa in danno dell'ente pubblico dal quale percepiva l'indennità di esclusività pari ad Euro 1.065,97 al mese in relazione al contratto di lavoro del 31 agosto 2017, commesso inducendo in errore l'ente attraverso la sistematica violazione delle norme in materia di attività libera professionale inframuraria, così procurandosi l'ingiusto profitto pari a complessivi Euro 49.170,35 si contesta anche l'induzione in errore dei pazienti, ai quali taceva le reali condizioni di salute e in favore dei quali eseguiva prestazioni mediche a pagamento pur avendo questi diritto all'esenzione, conseguendo un profitto pari ad Euro 16.000 accertato in Omissis . Il ricorrente non formula alcuna contestazione sul fumus commissi delicti, ma affida ad un unico motivo di ricorso la censura di violazione di legge concernente il duplice profilo della non applicabilità del divieto probatorio previsto dall' art. 240-bis c.p. e del criterio della c.d. ragionevolezza temporale . In particolare, quanto al primo profilo, lamenta che, a fronte della allegazione difensiva circa la provenienza del denaro sequestrato da evasione fiscale nella misura, secondo quanto si legge nell'ordinanza impugnata, di Euro 252.204,00 all'anno a partire dal 2010 e fino al 2017 , il Tribunale ha ritenuto, conformandosi ad un orientamento emerso nella giurisprudenza di legittimità Sez. 2, n. 6587/2022 , che il divieto probatorio contenuto all' art. 240-bis c.p. si applica anche ai beni acquistati anteriormente alla sua introduzione ad opera della L. n. 161 del 2017 , e ciò in forza dell'applicabilità dell' art. 200 c.p. , essendo la confisca allargata riconducibile alla categoria delle misure di sicurezza. Il ricorrente, oltre a contestare tale qualificazione in base ai c.d. criteri Engel, in forza dei quali la confisca allargata dovrebbe ricondursi alla nozione di pena e, dunque, essere soggetta al principio di cui all'art. 7 CEDU , invoca, invece, l'applicazione dell'opposto principio di diritto affermato da Sez. 1, n. 1778 del 11/10/2019, Ruggieri, in forza del quale il divieto probatorio introdotto dall' art. 240-bis c.p. , ricollegandosi alla dimensione civilistica di ripartizione degli oneri dimostrativi, avendo natura procedimentale, in applicazione dell'art. 11 preleggi, non può trovare applicazione in relazione alle ricostruzioni patrimoniali antecedenti l'anno 2017 della sua introduzione. A sostegno di tale diversa soluzione ermeneutica il ricorrente richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2018 , in cui il Giudice delle Leggi ha sostenuto l'assimilazione delle norme processuali a quelle sostanziali quando si risolvono in danno dell'imputato, nonché l'orientamento dottrinale che attribuisce rilevanza sostanziale a tre specifici regimi di ordine processuale, quello delle prove, dell'esecuzione penale e delle misure cautelari. Con riferimento, inoltre, alla situazione del ricorrente, si richiama, in particolare, la richiesta di misura cautelare in cui si dà atto che il R. ha da lungo tempo svolto attività extraospedaliera contra legem ed ha vissuto utilizzando le somme ricevute in nero non intaccando i redditi stipendiali . Sulla base di tale premessa e della stima che l'attività professionale abbia reso al R. un guadagno di 252.204 annui, si assume che la misura cautelare reale è stata illegittimamente estesa all'intero patrimonio del ricorrente, fatta eccezione per i lasciti immobiliari ricevuti in donazione o per successione ereditaria, a partire dall'anno 2010. Sotto altro profilo, il ricorrente censura l'ordinanza impugnata deducendo la violazione del principio di ragionevolezza temporale lamentando la mancanza di motivazione in merito alla retrodatazione del periodo di illecita accumulazione al 2010. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni Unite in quanto la questione posta con il primo profilo di censura è oggetto di un contrasto interpretativo. 2. Prima di illustrare i termini del contrasto, occorre esaminare brevemente la questione, sollecitata anche dal ricorrente, in merito alla natura della confisca allargata definita anche come confisca per sproporzione o estesa . Tale misura patrimoniale, prima prevista dal D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies ed oggi dall' art. 240-bis c.p. , introdotto dal D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21 , è nata storicamente come sostituto del delitto di possesso ingiustificato di valori , già previsto dall'art. 12-quinquies, comma 2, del medesimo Decreto-Legge, dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 48 del 1994 così, Corte Cost. n. 33 del 2018 . Le caratteristiche della misura in esame, in particolare l'assenza di un diretto nesso di derivazione tra i beni attinti ed il reato giudizialmente accertato, sin dalla sua introduzione ne hanno reso problematico l'inquadramento dogmatico. Presupposto della misura e', innanzitutto, l'accertamento giudiziale della colpevolezza, cristallizzato in una sentenza di condanna o di applicazione della pena, per uno dei reati di particolare gravità ed allarme sociale c.d. reati spia o matrice o sorgente che, in quanto idonei ad essere realizzati in forma continuativa ed a procurare ricchezza illecita, sono ritenuti dal legislatore quali indicatori della provenienza illecita dei beni, sia pure non per diretta derivazione del reato. Tale accertamento costituisce, dunque, la base della presunzione relativa - reputata non irragionevole dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 18 del 1996 - che il condannato o chi ha definito il processo con sentenza di patteggiamento abbia svolto un'ulteriore attività delittuosa da cui derivano i beni di cui dispone, anche per interposta persona. Ulteriore presupposto della misura ablatoria è la sproporzione del valore di tali beni rispetto al reddito dichiarato o all'attività svolta, sproporzione che, come chiarito da Sez. U, n. 920 del 2003, Montella, non si riferisce a qualsiasi difformità tra guadagni e capitalizzazione, ma ad un incongruo e significativo squilibrio tra questi ed il valore dei beni acquistati, da valutarsi, secondo le comuni regole di esperienza, con riferimento al momento dei singoli acquisti. La presunzione, inoltre, ha carattere relativo e può, pertanto, essere superata qualora il condannato riesca a giustificare la legittima provenienza dei cespiti. Non si tratta, tuttavia, di una inversione dell'onere della prova, ma di un onere di allegazione di fatti e circostanze di cui il giudice valuterà la specificità e la rilevanza e verificherà in definitiva la sussistenza così, Sez. U, Montella . Alla stregua di tali caratteristiche della misura ablatoria, la costante giurisprudenza di questa Corte ha affermato che ci si trova dinanzi ad una misura di sicurezza atipica con funzione anche dissuasiva, parallela all'affine misura di prevenzione antimafia introdotta dalla L. 31 maggio 1965, n. 575 così Sez. U, n. 920 del 2003, Montella, Rv. 226491, ripresa, da ultimo, da Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021 , Crostella, in motivazione , una misura che si colloca su una linea di confine con la funzione repressiva propria della misura di sicurezza patrimoniale Sez. U, n. 29022 del 2001, Derouach , come emerge anche dalla sua collocazione sistematica, coniugandosi la finalità dissuasiva con la funzione preventiva della misura, in quanto volta ad evitare il proliferare di ricchezza di provenienza non giustificata ed il suo impiego per ulteriori attività delittuose. 2.1 Tale inquadramento dogmatico della confisca allargata è stato ripreso anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. In particolare, nelle sentenze n. 33 del 2018 e n. 24 del 2019, il Giudice delle Leggi ha qualificato la confisca di prevenzione e la confisca allargata quali species di un unico genus, ovvero la confisca dei beni di sospetta origine illecita - ossia accertata mediante uno schema legale di carattere presuntivo -, la quale rappresenta uno strumento di contrasto alla criminalità lucrogenetica ormai largamente diffuso in sede internazionale. Tale strumento è caratterizzato sia da un allentamento del rapporto tra l'oggetto dell'ablazione e il singolo reato, sia, soprattutto, da un affievolimento degli oneri probatori gravanti sull'accusa , in funzione dell'esigenza di superare i limiti di efficacia della confisca penale classica limiti legati all'esigenza di dimostrare l'esistenza di un nesso di pertinenza - in termini di strumentalità o di derivazione - tra i beni da confiscare e il singolo reato per cui è pronunciata condanna così, testualmente, Corte Cost. n. 24 del 2019 . Nella sentenza n. 33 del 2018 si e', inoltre, sottolineato che il ricorso a forme di confisca congegnate in base ad uno schema di inversione dell'onere della prova sull'origine illecita dei beni oggetto di confisca, è caldeggiato anche a livello sovranazionale si richiamano, tra le altre, la Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, fatta a Vienna il 20 dicembre 1988, ratificata e resa esecutiva con L. 5 novembre 1990, n. 328 art. 5, paragrafo 7 , la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, adottata a Palermo il 15 dicembre 2000, ratificata e resa esecutiva con L. 16 marzo 2006, n. 146 art. 12, paragrafo 7 la decisione quadro 24 febbraio 2005, n. 2005/212/GAI del Consiglio, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato art. 3 , e la direttiva 3 aprile 2014, n. 2014/42/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione Europea . 2.2 Ad ulteriore conferma della progressiva assimilazione della confisca allargata alla confisca di prevenzione va, inoltre, aggiunto, trattandosi di un tema rilevante anche ai fini del secondo motivo di ricorso, che il più recente indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha perimetrato l'ambito di operatività della presunzione di illecita provenienza dei beni secondo il criterio di ragionevolezza temporale , ponendo l'accento, sulla base di un percorso ermeneutico affine a quello cui sono pervenute le Sezioni Unite in tema di confisca di prevenzione Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014 , dep. 2015, Spinelli, Rv. 262605 , sulla necessità di un collegamento cronologico tra l'attività delittuosa per cui è stata emessa la sentenza di condanna o di applicazione della pena e il momento di ingresso nel patrimonio del bene di valore sproporzionato rispetto al reddito o all'attività economica. Si e', infatti, affermato - sviluppando il principio già affermato da Sez. U, n. 920 del 2004, Montella, Rv. 226490 in ordine alla confiscabilità di beni acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato sul presupposto della situazione di pericolosità presente fondata sulla condanna per il reato-spia e sulla presenza di beni di valore sproporzionato - che la presunzione di illegittima acquisizione da parte dell'imputato di beni di valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all'attività economica esercitata deve essere circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale, dovendosi dar conto che i beni non siano ictu oculi estranei al reato perché acquistati in un periodo di tempo eccessivamente antecedente alla sua commissione cfr. tra le tante, Sez. 2, n. 52626 del 26/10/2018, Grillo, Rv. 274468 . Tale principio è stato ribadito anche dalle Sezioni Unite che hanno affermato che il giudice dell'esecuzione può disporre la confisca ex art. 240-bis c.p. in ordine ai beni che siano entrati nella disponibilità del condannato, fermo il criterio di ragionevolezza temporale , fino alla pronuncia della sentenza per il cd. reato spia , salva comunque la possibilità di confisca anche di beni acquistati in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse finanziarie possedute prima Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021 , Crostella, Rv. 281561 . Come sottolineato dalla Corte costituzionale, tale criterio della ragionevolezza temporale risponde all'esigenza di evitare una abnorme dilatazione della sfera di operatività dell'istituto della confisca allargata che, altrimenti, a fronte della condanna per un singolo reato compreso nella lista, finirebbe per legittimare un monitoraggio patrimoniale esteso all'intera vita del condannato. A tal fine il Giudice delle Leggi ha affermato che il perimetro della fascia di ragionevolezza temporale , entro la quale la presunzione è destinata ad operare, andrebbe determinato tenendo conto anche delle diverse caratteristiche della singola vicenda concreta e, dunque, del grado di pericolosità sociale che il fatto rivela agli effetti della misura ablatoria ne consegue che, prosegue ancora la Corte, quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un programma criminoso dilatato nel tempo com'e' per la ricettazione e che non risultino altresì commessi, comunque sia, in un ambito di criminalità organizzata - il giudice conservi la possibilità di verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalità del suo autore - le quali valgano, in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui è intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal modello che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato. 3. Il contrasto ermeneutico rilevato attiene alla prova contraria che può essere allegata dal condannato, o, come nel caso di specie, dall'indagato nei cui confronti è stato emesso un provvedimento di sequestro preventivo funzionale alla confisca allargata, al fine di superare la presunzione di illecita provenienza dei beni. La L. 17 ottobre 2017, n. 161, art. 31 della ha, infatti, introdotto al D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies , la previsione secondo cui il condannato per un reato-spia non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale. Tale disposizione è stata integralmente trasposta anche nell'attuale art. 240-bis c.p. . Nella giurisprudenza di questa Corte sono emersi due diversi indi R. in ordine alla retroattività o meno di tale disposizione e, dunque, alla sua applicabilità anche ai beni acquistati anteriormente all'entrata in vigore della L. n. 161 del 2017 19 novembre 2017 . 3.1 Un primo orientamento, inaugurato da Sez. 1, n. 1778 del 11/10/2019 , dep. 2020, Ruggieri, Rv. 278171 - 02, ha affermato che tale previsione ha natura di norma processuale, giacché non eleva l'evasione fiscale a presupposto dell'ablazione, ma introduce, in capo al condannato per un reato-spia, un divieto probatorio destinato ad operare nel contesto d'una ricostruzione delle sue capacità economiche da effettuarsi in termini scomposti, ossia con riferimento alle risorse necessarie per realizzare gli acquisti nel momento in cui gli stessi sono intervenuti, e non riassuntivi, secondo il metodo di un confronto globale ne deriva che la suddetta previsione - in ossequio a criteri di ragionevolezza e tutela dell'affidamento - non può trovare applicazione, anche nei procedimenti in corso, in relazione a ricostruzioni patrimoniali relative ad anni anteriori a quello di sua introduzione. Il percorso argomentativo a sostegno di tale conclusione si snoda lungo due direttrici i la necessità di non sovrapporre, con riferimento alle modalità di ricostruzione della sproporzione di valori tra redditi e investimenti, la confisca allargata e quella di prevenzione ii la natura del divieto probatorio introdotto con la novella del 2017. In primo luogo, la Corte ha evidenziato che solo in relazione alla confisca di prevenzione - rispetto alla quale il presupposto di pericolosità soggettiva può essere fondato anche su condotte di sistematica e ricorrente evasione fiscale se penalmente rilevanti lì dove il profitto di tali illeciti sia sistematicamente, almeno in parte, utilizzato per fini di sostentamento - le Sezioni Unite hanno escluso che la sproporzione tra i beni posseduti e le attività economiche del proposto possa essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale, atteso che le disposizioni sulla confisca mirano a sottrarre alla disponibilità dell'interessato tutti i beni che siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego, senza distinguere se tali attività siano o meno di tipo mafioso Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014 Repaci Rv. 260244 - 01 Secondo la Corte, dunque, tale pronuncia consente di ritenere, ex adverso, che almeno fino all'entrata in vigore della L. n. 161 del 2017 , in applicazione del principio di tassatività in campo patrimoniale, per la confisca allargata era consentito giustificare la sproporzione di valori tra redditi e investimenti fornendo prova delle condotte di evasione fiscale ciò anche in ragione del fatto che dette condotte non sono ricomprese nell'elenco dei reati-spia. A conferma di tale conclusione, la sentenza Ruggieri ha richiamato l'indirizzo ermeneutico, da ultimo ribadito da Sez. 2, Sentenza n. 49498 del 11/11/2014 , Pucillo, Rv. 261046, che, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione, ha affermato che la presunzione di illegittima provenienza di risorse patrimoniali accumulate da un soggetto condannato per il reato di cui alla L. n. 356 del 1992 , art. 12-sexies deve escludersi in presenza di fonti lecite e proporzionate di produzione, sia che esse siano costituite dal reddito dichiarato ai fini fiscali sia che provengano dall'attività economica svolta, benché non evidenziate, in tutto o in parte, nella dichiarazione dei redditi, con la conseguenza che è onere dell'interessato dimostrare che i beni sequestrati sono stati acquistati con il provento di attività economiche non denunciate al fisco. Interrogandosi sull'estensibilità ai patrimoni acquisiti in data antecedente il 2017 del divieto probatorio introdotto dalla L. n. 161 del 2017 , la Corte, pur concordando sulla natura di misura di sicurezza atipica della confisca allargata e sulla sua applicabilità in rapporto a compendi patrimoniali acquisiti in epoca anteriore alla disposizione che ha introdotto tale misura ablatoria, ha ritenuto che detto divieto è collegato, non alla dimensione penalistica dell'istituto non essendo stata elevata l'evasione fiscale a presupposto della ablazione , ma alla sua dimensione civilistica di ripartizione degli oneri dimostrativi tra parti contrapposte, in un ambito che impone una ricostruzione non in termini riassuntivi confronto globale ma in termini ‘scompostì anno per anno ricostruzione della capacità di realizzare o meno gli acquisti nel momento in cui gli stessi sono intervenuti . Per tale ragione, con riferimento al divieto di applicazione retroattiva della legge sancito dall'art. 11 preleggi e alla stregua di un'interpretazione della norma secondo i principi di ragionevolezza e di tutela dell'affidamento, ad avviso della Corte deve attribuirsi al divieto probatorio in esame natura procedimentale, con conseguente inapplicabilità - anche nei procedimenti in corso - in relazione alle ricostruzioni patrimoniali relative ad anni antecedenti a quello 2017 in cui è stato introdotto, in conformità agli assetti raggiunti in sede civile su temi analoghi si richiama, a tal fine, quanto alla inapplicabilità retroattiva di presunzioni favorevoli alla amministrazione fiscale il principio affermato da Cass. Civ., Sez. 6-5, n. 2662 del 2/2/2018, Rv. 647493, secondo il quale la presunzione di evasione sancita, con riferimento agli investimenti ed alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009 , in vigore dal 1 luglio 2009, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra quelle sostanziali, nel codice civile, ed inoltre perché una differente interpretazione potrebbe -in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. - pregiudicare l'effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione . In termini conformi al principio di diritto affermato dalla sentenza Ruggieri si sono pronunciate, senza aggiungere ulteriori considerazioni, Sez. 3, n. 11599 del 16/12/2021 , Avolio Sez. 5, n. 46782 del 04/10/2021, Russo Sez. 1, n. 37287 del 03/06/2021, Pioggia Sez. 6, n. 23243 del 09/03/2021, Passarelli. 3.2. Altro orientamento ermeneutico ritiene, invece, che il divieto probatorio in questione si applica anche in relazione a cespiti acquisiti prima dell'entrata della L. n. 161 del 2017 Sez. 2, n. 6587 del 12/01/2022, Cuku, Rv. 282690 Sez. 2, n. 15551 del 04/11/2021, dep. 2022, Gallace, Rv. 283384 - 02 . Si e', infatti, osservato che a siffatta conclusione non osta il principio secondo cui, ai sensi dell'art. 11 preleggi, la legge dispone solo per l'avvenire, in quanto, stante la natura di misura di sicurezza della confisca allargata, in virtù del combinato disposto degli artt. 199 e 200 c.p. richiamato quanto alle misure di sicurezza patrimoniali dall' art. 236 c.p. , comma 2 e dei principi affermati dall' art. 25 Cost. , deve escludersi che in tema di applicazione delle misure di sicurezza operi il principio di irretroattività della legge di cui all' art. 2 c.p. , sicché le misure predette sono applicabili anche ai reati commessi nel tempo in cui non erano legislativamente previste ovvero erano diversamente disciplinate quanto a tipo, qualità e durata in tal senso, si richiamano tra le altre, Sez. 1 n. 44543 del 24/10/2012, Ascone, Rv 254698 Sez. 6, n. 25096 del 06/03/2009, Nobis, Rv. 244355 . Si e', inoltre, aggiunto, confrontandosi con l'opposto orientamento, che, anche a voler ritenere la natura processuale della nuova disposizione, deve comunque trovare applicazione il principio tempus regit actum, che va coordinato con la disposizione del codice sostanziale, secondo il quale le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione art. 200 c.p. , comma 1 . Ne consegue che, afferma la sentenza Cuku, nei processi o nei procedimenti cautelari reali precedenti alla introduzione della nuova disposizione ad opera della L. n. 161 del 2017 il condannato o indagato ben avrebbe potuto giustificare la disponibilità dei beni in ragione dei redditi occultati al Fisco di contro, con l'entrata in vigore della nuova disposizione, il divieto probatorio rileva per l'acquisizione di tutti i beni per i quali è contestata la sproporzione, indipendentemente dal tempo della loro acquisizione primo o dopo la modifica del D.L. n. 306 del 1992, art. 12- sexies , ora art. 240-bis c.p. per le misure di sicurezza applicate dopo il 18 novembre 2017, infatti, la legge ha previsto il suindicato limite per il superamento della presunzione relativa da parte del destinatario della richiesta di confisca o sequestro. 4. Va, infine, aggiunto che in dottrina, pur prospettandosi la possibilità di pervenire alla medesima soluzione del primo orientamento riconoscendo la natura di pena alla confisca in esame si richiama, al riguardo, Corte EDU, 9/2/1995, Welch c. Regno Unito , si è sottolineato che tale soluzione appare contrastare sia con la natura processuale della norma, governata, pertanto, dal principio tempus regit actum, che con l'ermeneusi di questa Corte in tema di modificazioni normative relative al regime delle prove. A tale riguardo, si fa riferimento al principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 4265 del 25/02/1998, Gerina, Rv. 210200, poi ripreso da Sez. U, n. 10086 del 13/07/1998, Citaristi, Rv. 211192, secondo il quale qualora nel corso del processo si verifichino innovazioni legislative in materia di utilizzabilità o inutilizzabilità della prova, il principio tempus regit actum deve essere riferito al momento della decisione e non a quello dell'acquisizione della prova, atteso che il divieto di uso, colpendo proprio l'idoneità di questa a produrre risultati conoscitivi valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento, interviene allorché il procedimento probatorio non ha trovato ancora esaurimento, di modo che il divieto inibisce che i dati probatori, pur se acquisiti con l'osservanza delle forme previste dalle norme previgenti, possano avere un qualsiasi peso nel giudizio. Sotto altro profilo si e', tuttavia, evidenziato che, la soluzione proposta dal primo orientamento consente di superare la censura mossa all'art. 11 preleggi di violare il principio di ragionevole prevedibilità in quanto l'applicabilità ad un processo penale pendente di qualsiasi modifica normativa finisce per ledere il principio dell'affidamento e la fiducia riposta da coloro che avevano regolato il loro agire in base alla normativa previgente, oggetto poi di un improvviso mutamento. Va, peraltro, considerato che la retroattività del divieto probatorio in esame potrebbe porsi in frizione con il diritto di difesa e con il principio di uguaglianza, in quanto correla la maggiore o minore ampiezza della prova contraria che l'imputato può fornire al fine di evitare la misura ablatoria al dato casuale dell'avvio del procedimento penale in epoca antecedente o successiva al 2017. 5. Alla luce della considerazioni sopra esposte, va rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione Se per il soggetto destinatario di un provvedimento di confisca c.d. allargata - o di sequestro finalizzato a tale tipo di confisca - il divieto previsto dall' art. 240-bis c.p. , comma 1, di giustificare la legittima provenienza dei beni, sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, valga anche per i cespiti acquistati prima del 19/11/2017, cioè del giorno di entrata in vigore di tale divieto, introdotto dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161, art. 31 . P.Q.M. Visto l 'art. 618 c.p.p ., comma 1, rimette il ricorso alle Sezioni Unite.