Papà oberato di lavoro: impossibile per lui pretendere di trascorrere più tempo in estate con il figlio

Confermata la decisione dei giudici d’Appello, i quali hanno sancito che il figlio potrà stare con il padre solo per tre settimane durante le vacanze estive.

Se il papà è oberato dal lavoro anche d’estate, allora è legittimo limitare il periodo in cui il figlio potrà stare con lui per le vacanze. Irrilevante il fatto che egli abbia la disponibilità di una casa al mare e di una casa in montagna. Messo da parte il fronte economico, con riconoscimento dell’obbligo dell’uomo di versare un corposo assegno di mantenimento – di 5mila euro, per la precisione – all’ex compagna, i giudici di merito sanciscono che «durante le vacanze estive il figlio» della oramai ex coppia «potrà trascorrere col padre tre settimane – anche non consecutive – di cui due in agosto». Impossibile parlare di lesione al diritto dell’uomo alla bigenitorialità. Su questo fronte i giudici respingono le lamentele dell’uomo, il quale ha parlato di palese «iniquità» poiché, a suo dire, far trascorrere al figlio «solo tre settimane con lui durante le vacanze estive» ha, in sostanza, «valorizzato lo stato di disoccupazione dell’ex compagna e penalizzato lui» che è «professionalmente impegnato». Decisive, secondo i giudici d’Appello, le dichiarazioni della donna, la quale ha spiegato che l’ex compagno «è oggettivamente impossibilitato, in ragione dei costanti impegni lavorativi, a trascorrere un mese mezzo col figlio durante l’estate». Sulla stessa linea di pensiero si attesta anche la Cassazione, respingendo definitivamente le obiezioni proposte dall’uomo. Nello specifico, i Magistrati, condividendo le valutazioni compiute in secondo grado, ribadiscono che «non è sufficiente, per invocare il riconoscimento di un maggiore periodo di permanenza del figlio presso di sé durante le vacanze estive rispetto alle tre settimane previste, l’allegata circostanza di disporre di una casa al mare e di una in montagna dove il figlio ha sempre trascorso, durante l’unione dei genitori, lunghi periodi di vacanza» se vi è, come in questa vicenda, «l’assenza di un impegno, da parte del genitore professionalmente molto impegnato, a trascorrere personalmente col figlio il maggior periodo richiesto».

Presidente Genovese – Relatore Casadonte Rilevato che 1.- L.U. impugna l'ordinanza della Corte d'appello di Milano che ha rigettato il gravame da lui spiegato avverso il decreto emesso dal Tribunale di Milano all'esito del procedimento ex articolo 337-ter c.c. introdotto in data 13 febbraio 2020 per la determinazione del contribuito di mantenimento dovuto per il figlio minore N. numero nel omissis , nato dall'unione del ricorrente con l'ex convivente P.A 2.- Confermando integralmente la decisione impugnata, in primis la corte milenese ha statuito che l'assegno di mantenimento in Euro 5.000,00 mensili doveva ritenersi proporzionato, alla luce delle necessità economiche e di socializzazione di N., tenuto conto dell'alto tenore di vita goduto in costanza di unione dei genitori, degli elevati redditi del padre amministratore delegato di omissis , nonché procuratore speciale e consigliere di omissis s.p.a. con reddito netto mensile dichiarato nel 2019 di circa Euro 100.000,00 oltre le svariate proprietà immobiliari, nonché dello stato, non contestato, di disoccupazione della madre, con la quale il bambino trascorre circa il 70% del suo tempo. 2. 1.- In secondo luogo, la corte distrettuale ha ritenuto corretta la fissazione della decorrenza dell'assegno di mantenimento, al momento della proposizione della domanda e non dalla comunicazione del decreto che l'aveva accolta, in virtù del principio consolidato per cui il tempo che intercorre tra la proposizione della domanda e la pronuncia del provvedimento giudiziale non può andare a danno del ricorrente, ove i presupposti per il relativo accoglimento sussistano fin dal momento introduttivo del giudizio. 2. 2. - Infine, per quel che qui ancora rileva, la corte territoriale ha ritenuto che il Tribunale non avesse leso il diritto alla bigenitorialità dell'appellante, là dove aveva disposto che, durante le vacanze estive, N. trascorresse con il padre tre settimane, anche non consecutive, due delle quali in agosto. Invero, il sig. L. non aveva specificamente contestato le dichiarazioni della madre secondo cui, in ragione dei suoi costanti impegni lavorativi, sarebbe stato oggettivamente impossibile per lui trascorrere un mese e mezzo con N. durante l'estate. 3.- L.U. ha proposto ricorso per la cassazione della predetta ordinanza, con atto notificato in data 22 marzo 2022, sulla base di tre motivi, P.A. ha resistito con controricorso. Il Procuratore Generale è rimasto intimato. 3.1. - Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. Considerato che 4.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 337-ter c.c. e degli articolo 115 e 116 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, con riguardo alla quantificazione dell'assegno di mantenimento. 4. 1.- A giudizio del ricorrente, la corte d'appello avrebbe errato nel valutare il tenore di vita goduto da N. in costanza di unione dei genitori, avrebbe omesso di considerare la misura dell'assegno disposta a suo carico in favore degli altri suoi due figli ed avrebbe omesso ogni considerazione circa la capacità reddituale della madre. 5.- Il motivo è inammissibile per plurime ragioni. 5.1.- Nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge di cui all'articolo 360, comma 1 numero 3, c.p.c., giusta il disposto di cui all'articolo 366, comma 1 numero 4, c.p.c., deve essere, a pena d'inammissibilità', dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione cfr. Cass. 5076/2007 . 5.2.- In tal senso si sono espresse anche le Sezioni Unite della Corte precisando che in tema di ricorso per cassazione, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'articolo 366, comma 1, numero 4 , c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 , a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa cfr. sentenza 23745/2020 . 5.3.- Ciò posto, nel caso di specie il ricorrente non formula la critica rubricata quale violazione e falsa applicazione dell'articolo 337 ter c.p.c. secondo il sopra enunciato principio bensì deduce l'erronea valutazione del parametro normativo del tenore di vita, l'erronea valutazione del parametro normativo delle capacità economiche della sig.ra P. e l'erronea valutazione del parametro normativo relativo al tempo di permanenza del minore presso il padre, con riguardo all'apprezzamento concretamente svolto dalla corte territoriale, e pertanto censurabile solo nei limiti dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5. 5.4.- Va altresì precisato che tale ultima censura è ammissibile nella materia in oggetto nella quale non trova applicazione la disciplina della c.d. doppia conforme ex articolo 348-ter, quinto comma, c.p.c., che richiama l'articolo 348-bis c.p.c. che esclude dall'ambito di operatività le cause di cui all'articolo 70, comma 1, c.p.c., ovvero quelle in cui il P.M. è interventore necessario. 5.5.- Il motivo in esame è parimenti inammissibile con riguardo alle disposizioni di cui agli articolo 115 e 116 c.p.c. atteso che, per dedurre la violazione dell'articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio , mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'articolo 116 c.p.c 5.6.- Al contempo la doglianza circa la violazione dell'articolo 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo prudente apprezzamento , pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria come, ad esempio, valore di prova legale , oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360, comma 1, numero 5, cod. pro. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione cfr. Cass. Sez. Unumero 20867/2020 . 5.7.- Orbene, nel caso in esame nessuna doglianza in tal senso è stata formulata dal ricorrente che, come già sopra osservato, non contesta i criteri e le risultanze probatorie valorizzate dalla corte territoriale relativi al tenore di vita in costanza di unione con riguardo ai versamenti effettuati dal ricorrente, con riguardo alle condizioni reddituali della P. e avuto riguardo ai tempi di permanenza del figlio con ciascuno dei genitori ma l'esito della valutazione di fatto dalla stessa svolta. 6. Il secondo motivo lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, con riferimento alla decorrenza dell'obbligo di mantenimento paterno. 6. 1. Il ricorrente sostiene che, al momento della domanda, non sussistessero affatto i presupposti per il suo accoglimento, sicché la corte d'appello avrebbe dovuto disporre la decorrenza dell'assegno dal momento della comunicazione del decreto. Invero, al deposito della domanda giudiziale e fino a febbraio 2020, N. e la madre avevano vissuto nella casa familiare di proprietà del L. e, a partire da marzo, egli aveva in ogni caso provveduto ai bisogni della famiglia versando alla sig.ra P. Euro 1.200,00 al mese. 6.2.- Il motivo è inammissibile. La censura, infatti, non si confronta con la ratio decidendi posta dalla corte territoriale a sostegno del rigetto del relativo gravame. 6.3.- In particolare la corte di merito ha esaminato la censura e ha ritenuto decisiva ai fini dell'individuazione della decorrenza secondo il richiamato consolidato orientamento giurisprudenziale cfr. Cass. 8816/2020 la circostanza temporale dell'allegata e provata circostanza dell'intervenuto licenziamento della madre del minore. 7.- Il terzo motivo invoca la violazione dell'articolo 337-ter c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 1, rispetto alla determinazione dei tempi di visita paterni durante il periodo estivo. 7. 1.- Il ricorrente deduce l'erroneità dell'ordinanza impugnata, là dove ha statuito che N. trascorra solo tre settimane con il padre durante le vacanze estive, nonostante la palese iniquità della decisione, che avrebbe valorizzato lo stato di disoccupazione della madre e penalizzato il padre solo perché professionalmente impegnato. 7.2.- Il motivo è inammissibile perché, anche in relazione a tale statuizione della corte d'appello milanese, la censura invoca la violazione del parametro normativo applicato dal giudice e costituito dall'articolo 337-ter c.p.c., senza tuttavia confrontarsi con la ratio decidendi contenuta nel provvedimento impugnato. 7.3.- La corte d'appello ha infatti argomentato che non è sufficiente, per invocare il riconoscimento di un maggiore periodo di permanenza del figlio presso di sé durante le vacanze estive rispetto alle tre settimane previste, l'allegata circostanza di disporre di una casa al mare e di una in montagna dove il figlio ha sempre trascorso, durante l'unione dei genitori, lunghi periodi di vacanza, in assenza di un impegno, da parte del genitore appellante e professionalmente molto impegnato, a trascorrere personalmente con lo stesso il maggior periodo richiesto. 7.4.- Si tratta di una conclusione che il motivo di ricorso non censura efficacemente, limitandosi a richiamare il generale principio dell'affidamento condiviso, pure applicato dalla corte d'appello, e la diversa previsione regolamentare a suo tempo disposta per gli altri figli del ricorrente. 8.- Il ricorso è dunque inammissibile e in applicazione del principio della soccombenza il ricorrente è condannato alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente nella misura liquidata in dispositivo. 9.- Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente e liquidate in Euro 5000,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003 articolo 52.