Figli minori affidati alla moglie: marito condannato per avere trattenuto per sé gli assegni familiari

Inutili le obiezioni difensive proposte dal legale dell'uomo. Sacrosanto, secondo i Giudici, parlare di appropriazione indebita. Decisivo il riferimento al principio secondo cui, in regime di separazione personale fra coniugi, il marito che distrae a proprio profitto l'assegno familiare percepito per i figli minori affidati alla moglie separata, e con lei conviventi, commette appropriazione indebita.

Colpevole di appropriazione indebita il padre separato che trattiene l'assegno familiare versatogli dall'Istituto previdenziale per i figli minori che però sono affidati alla madre e conviventi con lei. Ricostruita la vicenda, concernente la controversa gestione degli assegni familiari all'interno di una coppia separata, i giudici di merito ritengono confermata la condanna dell'uomo, colpevole di appropriazione indebita per avere trattenuto per sé gli assegni familiari e, di conseguenza, punito con tre mesi di reclusione e obbligato a risarcire la moglie. Col ricorso in Cassazione, però, il legale che rappresenta l'uomo prova a ridimensionare gli addebiti a carico del suo cliente, ponendo in evidenza, innanzitutto, che egli «ha effettuato due bonifici bancari a saldo delle somme richieste dalla moglie quali assegni familiari» In seconda battuta, poi, il legale sottolinea «l'assenza di statuizioni nella sentenza di separazione circa il versamento degli assegni familiari alla donna presso la quale era collocato il figlio minore, assegnato ai Servizi sociali». In ultima battuta, infine, il legale sostiene l'assenza di dolo nella condotta tenuta dal suo cliente, non avendo quest'ultimo «inteso appropriarsi di una cosa altrui» ma anzi «avendo egli agito nella convinzione che le somme versategli a titolo di assegno per il nucleo familiare fossero a lui spettanti» e, difatti, «avendo egli provveduto a pagare il dovuto, una volta riconosciuto in sede civile il diritto della moglie». Per i Magistrati di Cassazione, però, le obiezioni difensive sono assolutamente fragili, poiché «il coniuge affidatario del figlio minorenne ha diritto a percepire gli assegni familiari corrisposti per tale figlio all'altro coniuge in funzione di un rapporto di lavoro subordinato», e ciò «indipendentemente dall'ammontare del contributo, fissato in sede di separazione, per il mantenimento del figlio». Di conseguenza, «deve ritenersi illegittima la pretesa del genitore non affidatario di sottrarre dalle somme dovute per il mantenimento del minore gli importi corrisposti a titolo di assegni familiari, trattandosi di questione che doveva eventualmente essere sollevata nei processi di separazione personale e divorzio». In questo quadro non ha pregio l'argomento, proposto dal legale dell'uomo secondo cui la donna «è mera collocataria e non affidataria del figlio», giacché «siffatta qualifica non fa venir meno il dato di fatto relativo alla gestione delle necessità di vita quotidiane del minore da parte della genitrice e il correlato obbligo del padre di contribuirvi economicamente». Impossibile, poi, mettere in dubbio il dolo nelle condotte tenute dall'uomo, poiché «l'illegittimo trattenimento degli assegni familiari spettanti alla ex coniuge nell'interesse del minore si è basato sulla previa inclusione del minore stesso nel nuovo stato di famiglia dell'uomo, a dimostrazione della consapevolezza che solo la convivenza avrebbe autorizzato l'incameramento delle somme» relative agli assegni familiari. Per chiudere il cerchio, i Magistrati ribadiscono il principio secondo cui «in regime di separazione personale fra coniugi, il marito che distrae a proprio profitto l'assegno familiare percepito per i figli minori affidati alla moglie separata, e con lei conviventi, commette appropriazione indebita, giacché egli non ha gestione autonoma dell'assegno medesimo, che, stante la sua natura di integrazione alimentare, è vincolato allo scopo fissato dal sistema normativo».

Presidente Beltrani – Relatore De Santis Ritenuto in fatto 1.Con l'impugnata sentenza la Corte di Appello di Messina riformava parzialmente la decisione del locale Tribunale in data 6/7/2021 e, per l'effetto, assolveva l'imputato dal delitto contestato sub A perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, confermava la penale responsabilità dell'A. per il delitto ex articolo 646 c.p. capo B , rideterminava la pena in mesi tre di reclusione e confermava la condanna generica al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato a mezzo del difensore, Avv. Filippo Brianni, deducendo 2.1 l'inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 192 e 603, commi 2 e 3, c.p.p. Il difensore segnala che in sede di conclusioni scritte, depositate in data 24/2/2022, aveva chiesto l'acquisizione di documentazione comprovante l'effettuazione di due bonifici bancari a saldo delle somme richieste dalla parte civile quali assegni familiari. La Corte territoriale ha omesso di pronunziarsi in ordine all'acquisizione richiesta sebbene si trattasse di documentazione sopravvenuta, incidente sulla valutazione in ordine alla sussistenza degli estremi del reato e alla commisurazione della pena nonché apprezzabile ai fini dell'applicazione degli articolo 131 bis o 162 ter c.p La Corte, oltre a non valutare la documentazione prodotta, ha argomentato circa il perdurante inadempimento e su detta base ha motivato il rigetto della richiesta ex articolo 131 bis c.p. 2.2 la violazione degli articolo 646 c.p. e 192 c.p.p. Il difensore lamenta che la sentenza impugnata non ha fornito persuasiva risposta alle doglianze difensive in ordine all'assenza di statuizioni nella sentenza di separazione circa il versamento degli assegni familiari alla coniuge presso la quale era collocato il figlio minore, assegnato ai servizi sociali. Aggiunge, inoltre, che i giudici d'appello non hanno tenuto conto della carenza di dolo in capo al prevenuto, non avendo l'A. inteso appropriarsi di una cosa altrui, avendo agito nella convinzione che le somme versategli a titolo di assegno per il nucleo familiare fossero a lui spettanti, e avendo provveduto a pagare il dovuto una volta riconosciuto in sede civile il diritto della I. . L'esistenza di un contenzioso civile sulle somme in contestazione avrebbe dovuto condurre ad escludere il dolo 2.3 la violazione degli articolo 131 bis e 162 ter c.p. per avere la Corte territoriale disatteso le richieste difensive senza tener conto del sopravvenuto pagamento, attestato mediante la documentazione di cui si era chiesta l'acquisizione, rilevante ai fini dell'estinzione del reato per risarcimento integrale, dovendosi ritenere che il riferimento dell'articolo 162 ter c.p. all'apertura del dibattimento debba essere coordinato con il momento in cui sorge l'obbligo, nella specie ravvisabile nella sentenza del giudice di pace che ha riconosciuto le somme alla p.o. 2.4 la violazione degli articolo 535 e 538 c.p.p. con riguardo alla condanna alle spese processuali e alle spese sostenute dalla costituita parte civile. Considerato in diritto 1.Il primo motivo che denunzia l'omessa valutazione della richiesta di riapertura dell'istruttoria dibattimentale al fine di acquisire documentazione concernente l'avvenuto pagamento mediante due bonifici bancari delle somme richieste dalla p.c. a titolo di assegni familiari non può trovare accoglimento in quanto manifestamente infondato. 1.1 Invero, sebbene i giudici territoriali non abbiano in effetti dato conto della produzione effettuata dalla difesa in sede di conclusioni scritte, nondimeno le allegazioni di cui si lamenta la pretermissione appaiono del tutto inidonee a fondare la richiesta di riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno ovvero a integrare la causa di esclusione della punibilità ex articolo 131 bis c.p. o, ancora, la causa estintiva di cui all'articolo 162 ter cod. penumero Come riconosciuto dallo stesso ricorrente pag. 5 e 6 dell'impugnazione , il pagamento della somma di cui al capo b ha fatto seguito alla pronunzia del Giudice di Pace che ha riconosciuto alla p.c. I. il diritto alla percezione degli assegni familiari per il figlio minore. Pertanto, la prospettazione difensiva in ordine alla decisività della documentazione in questione è irricevibile in quanto ai fini dell'attenuante ex articolo 62 numero 6 c.p., per costante giurisprudenza di questa Corte, è necessario che il risarcimento avvenga prima del giudizio, sia volontario ed integrale, circostanze nella specie non ravvisabili sul punto, tra molte, Sez. 6, numero 15875 del 24/03/2022, Rv. 283190-01 Sez. 2, numero 46758 del 24/11/2021, Rv. 282321 01 Sez. 5, numero 57573 del 31/10/2017, Rv. 271872-01 ai fini dell'applicazione dell'articolo 131bis c.p. le modalità di effettuazione del pagamento, in conseguenza e per effetto di pronunzia giudiziale, non appaiono idonee ad incidere sull'entità dell'offesa ai fini dell'articolo 162 ter c.p. difetta sia il rispetto del termine ultimo per l'accesso all'istituto, costituito -a pena di decadenza dalla dichiarazione d'apertura del dibattimento, sia la spontaneità della condotta risarcitoria in tal senso, Sez. 5, numero 2490 del 13/11/2020, dep. 2021, Rv. 280253 01 . 1.2 Deve, quindi, trovare applicazione iil principio reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, alla cui stregua in tema d'impugnazioni è inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio Sez. 2, numero 35949 del 20/06/2019, Rv. 276745 01 Sez. 3, numero 46588 del 03/10/2019, Rv. 277281-01 . 2. Ad analoghi esiti di inammissibilità deve pervenirsi in relazione al secondo motivo che contesta la sussistenza degli estremi integrativi del delitto ex articolo 646 c.p. per difetto dei requisiti dell'altruità del bene e del dolo. Le censure difensive sono destituite di pregio. Infatti, il coniuge affidatario del figlio minorenne ha diritto, ai sensi della legge maggio 1975 numero 151, articolo 211, a percepire gli assegni familiari corrisposti per tale figlio all'altro coniuge in funzione di un rapporto di lavoro subordinato di cui quest'ultimo sia parte, indipendentemente dall'ammontare del contributo per il mantenimento del figlio fissato in sede di separazione Sez. 6 Civ., Ordinanza numero 12770 del 23/05/2013, Rv. 626368 01 Sez. 1, numero 5060 del 02/04/2003, Rv. 561717-01 sicché deve ritenersi illegittima la pretesa del genitore non affidatario di sottrarre dalle somme dovute per il mantenimento del minore gli importi corrisposti a titolo di assegni familiari, trattandosi di questione che doveva eventualmente essere sollevata nei processi di separazione personale e divorzio Sez. 1, numero 12012 del 07/05/2019, Rv. 653907 01 . Nè ha pregio l'argomento secondo cui la p.c. sarebbe mera collocataria e non affidataria del figlio giacché siffatta qualifica non fa venir meno il dato di fatto relativo alla gestione delle necessità di vita quotidiane del minore da parte della genitrice e il correlato obbligo dell'imputato di contribuirvi economicamente. 2.1 Analogamente irricevibili s'appalesano i rilievi in punto di dolo sol che si consideri che l'illegittimo trattenimento degli assegni familiari spettanti alla ex coniuge nell'interesse del minore si è basato sulla previa inclusione dello stesso nel nuovo stato di famiglia del prevenuto, a dimostrazione della consapevolezza che solo la convivenza avrebbe autorizzato l'incameramento delle somme di cui si discute. Deve pertanto ribadirsi il principio, già affermato in epoca risalente da questa Corte, secondo cui in regime di separazione personale fra coniugi il marito che distrae a proprio profitto l'assegno familiare percepito per i figli minori alla moglie separata affidati, e con lei conviventi, commette appropriazione indebita giacché egli non ha gestione autonoma dell'assegno medesimo il quale, stante la sua natura di integrazione alimentare, è vincolato allo scopo fissato dal sistema normativo Sez. 6, numero 2328 del 01/02/1985, Rv. 168244 01 . 3.Le conclusive censure in punto di condanna alle spese, processuali e in favore della p.c. costituita, sono del tutto generiche e, comunque, palesemente infondate, avendo i giudici di merito fatto corretta applicazione delle disposizioni di cui agli articolo 535 e 541 c.p.p 4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo in ragione dei profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione. All'imputato fanno, altresì, carico le spese di assistenza e difesa della costituita parte civile, liquidate, giusta notula, come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile I.B., che liquida in complessivi Euro tremilaseicentoottantasei/00, oltre accessori di legge.