Dolo diretto, dolo alternativo e dolo eventuale: criteri distintivi e parametri di accertamento dell’elemento soggettivo nel delitto tentato

Il dolo diretto omicidiario non postula che l’evento morte venga previsto e voluto dal soggetto attivo, quale unica e sicura conseguenza della condotta, essendo sufficiente, al contrario, che tale evento sia previsto e voluto come conseguenza altamente probabile, nell’ambito di una dinamica offensiva che comprenda anche – in termini cumulativi e alternativi – l’evento delle lesioni […].

[…] Il c.d. dolo alternativo presenta allora la struttura di dolo diretto, in quanto manifestazione di un atteggiamento volitivo che parifica le plurime conseguenze lesive della condotta, includendo l'evento morte come fatto previsto anch'esso piuttosto che meramente accettato, alla stregua di conseguenza solo possibile dell'azione. La Corte di Cassazione è intervenuta sulla corretta qualificazione dell'elemento soggettivo doloso in relazione ad una condanna di tentativo di omicidio. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva riqualificato la condotta dell'imputato in termini di tentato omicidio , commesso con dolo alternativo . Nel caso di specie, l'imputato, a seguito di un'accesa discussione con alcuni condomini, aveva dapprima puntato un'arma da fuoco contro uno di essi, in direzione del volto, per poi esplodere, nel corso della successiva colluttazione, diversi colpi contro le persone offese, rivolgendo l'arma verso gli arti inferiori delle stesse e ferendole gravemente. I giudici di secondo grado hanno ritenuto che l'imputato avesse agito con dolo diretto , nella forma del dolo alternativo , evidenziando che questi aveva esploso ben otto colpi di arma da fuoco, intrinsecamente idonea ad uccidere, attingendo peraltro una delle vittime, disarmate, all'arteria femorale, cagionandole così lesioni potenzialmente letali. La Corte di Cassazione ha tuttavia annullato la decisione della Corte d'Appello , ritenendo illogica e contraddittoria la motivazione a sostegno della riqualificazione del fatto in termini di tentato omicidio, a fronte della sentenza di primo grado di condanna per il delitto di lesioni aggravate. In accoglimento del ricorso della difesa, i Giudici di legittimità hanno infatti preliminarmente chiarito i confini dogmatici tra le figure del dolo diretto, sub specie di dolo alternativo, rispetto al dolo eventuale, ribadendo l'incompatibilità di tale ultima forma dell'elemento soggettivo doloso con il delitto tentato. In motivazione si osserva, in particolare, che il dolo c.d. alternativo postula che il soggetto agente abbia previsto e voluto, indifferentemente e considerandoli equipollenti, ciascuno degli eventi che la propria condotta potesse cagionare, secondo uno schema proprio del dolo diretto , e che è pertanto compatibile con il requisito di univocità necessario per ravvisare il tentativo di delitto . Diversa invece la forma del dolo eventuale , caratterizzata per la consapevolezza della probabilità di verificazione dell'evento, quale conseguenza dell'azione del soggetto agente, con accettazione di tale rischio”. Tale atteggiamento soggettivo non è dunque compatibile con la necessaria univocità degli atti idonei a commettere il delitto , con conseguente esclusione della responsabilità a titolo di tentativo. Tanto premesso, la Corte ha ritenuto illogiche e contraddittorie le conclusioni cui sono pervenuti i giudici d'appello, in quanto l'imputato, sebbene avesse originariamente puntato l'arma alla testa di una delle vittime, aveva infine esploso i colpi di arma da fuoco verso gli arti inferiori delle stesse, pur avendo avuto occasione di attingerle in zone vitali a distanza ravvicinata. È stato altresì evidenziato che la mera potenzialità micidiaria dell'arma e il rischio di morte legato alle lesioni cagionate, così come il numero dei proiettili esplosi, non appaiono sufficienti ad affermare l'intenzionalità della causazione dell'evento morte, dovendosi invece avere riguardo alle concrete modalità esecutive della condotta nel contesto in cui si è verificata . Ritenendo pertanto che nel caso di specie ricorresse invece la meno intensa forma del dolo eventuale, tale da escludere il tentativo di omicidio, la Corte di Cassazione ha dunque annullato con rinvio la sentenza impugnata.

Presidente Santalucia Relatore Lanna Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 02/02/2016, il Tribunale di Napoli previa riqualificazione dell'originaria contestazione elevata per tentato omicidio riteneva R.A. colpevole del reato di lesioni aggravate, commesso in danno di R.V.P In tale decisione il Tribunale riteneva sussistente la circostanza aggravante dei futili motivi applicava la contestata recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale unificava i reati ascritti all'imputato sotto il vincolo della continuazione con riferimento sia alle lesioni aggravate commesse in danno di R.P. e R.G., sia ai reati di detenzione e porto in luogo pubblico di arma da fuoco . Il R., all'esito, veniva condannato alla pena finale di anni quattordici di reclusione, con applicazione delle pene accessorie dell'interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e dell'interdizione legale, durante il tempo di espiazione della pena. 1.1. Tale decisione si basava a sulle dichiarazioni rese in udienza dalle persone offese, nonché sulle relative denunce, acquisite al fascicolo dibattimentale con il consenso delle parti b sulla documentazione sanitaria versata nell'incarto processuale, inerente alle lesioni riportate da R.V.P., da R.P. e da R.G., con particolare riguardo ai referti rilasciati nell'immediatezza dai sanitari dell'Ospedale Omissis , che attestavano per il R.V. l'esistenza di una ferita d'arma da fuoco con shock emorragico e iniziale prognosi riservata quoad vitam, oltre che postumi permanenti a carico del nervo sciatico e del popliteo posteriore, riscontrando altresì, per R.P. e R.G., ferite d'arma da fuoco, giudicate guaribili, rispettivamente, in quindici e in trenta giorni c sugli esiti della perizia concernente i pregiudizi fisici riportati dalle vittime, laddove veniva esclusa, per tutte le persone ferite, la sussistenza di un pericolo di vita d sugli esiti della relazione redatta dalla polizia giudiziaria, che riscontrava sul luogo che era stato teatro di tali accadimenti l'esplosione di otto proiettili calibro 7,65, dei quali venivano reperiti i bossoli e sulle dichiarazioni di tenore sostanzialmente ammissivo rese dall'imputato, il quale sosteneva di aver esploso alcuni colpi verso i contendenti, indirizzandoli volutamente alle gambe e solo per essersi sentito in pericolo altri colpi erano invece partiti casualmente, nel corso della violenta colluttazione poi verificatasi. 1.2. Secondo la ricostruzione fattuale essenzialmente incontroversa, desumibile dalle sentenze di merito, il Omissis R.A. parcheggiava il proprio furgone in un'area condominiale dello stabile ubicato in Omissis , laddove egli da poco tempo risiedeva. S.C., che al momento si trovava nella propria abitazione sita al piano terra con due figlie, gli chiedeva di spostare l'automezzo, assumendo che il veicolo le togliesse luce e le impedisse il mantenimento della necessaria riservatezza R. però rifiutava, dichiarando di poter fare all'interno dello stabile tutto ciò che avesse voluto e senza necessità di preventiva autorizzazione, da parte di alcuno dei condomini. A questo punto, la S. avvisava telefonicamente dell'accaduto il marito R.P., muratore che si trovava, in quel momento, al lavoro presso un cantiere ubicato in Omissis questi faceva allora prontamente rientro a casa, in compagnia di R.V.P., responsabile del cantiere medesimo. Mentre il R.V. provava a svolgere la funzione di mediatore e paciere, R.P. tentava di convincere il R. a spostare il veicolo dal momento che questi, però, proclamava il proprio diritto a parcheggiare secondo gradimento, tali tentativi di componimento bonario non ottenevano esito positivo. Nel frattempo, giungeva in loco anche il giovane R.G., figlio della S., che parimenti provava a sostenere le ragioni dei congiunti, senza però anche in tal caso ottenere risultato alcuno nel frattempo, gli animi si esacerbavano sempre più. E dopo un litigio solo verbale, il R. raggiungeva la propria abitazione, per fare immediatamente dopo ritorno, stavolta brandendo una pistola. Proclamava di avere il predominio sul posto e subito esplodeva, volontariamente, quattro colpi d'arma da fuoco, che attingevano i presenti altri quattro colpi partivano, in rapida successione, nel corso della concitata colluttazione subito sviluppatasi, dopo che il R. e il R.G. si erano avventati sull'imputato per bloccarlo. 2. Con la sentenza indicata in epigrafe, decidendo sui gravami interposti dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Napoli e dalla difesa, la Corte di appello di Napoli ha ricondotto il fatto contestato al capo a della rubrica sotto l'egida normativa del modello legale del tentato omicidio pluriaggravato originariamente contestato, così rideterminando la pena complessiva in anni sedici di reclusione la sentenza appellata è stata, quanto al resto, confermata. 2.1. Nel corso del processo di secondo grado, la Corte territoriale ha disposto, a norma dell' art. 603 c.p.p. , l'audizione delle persone offese e della teste R.L L'imputato ha poi reso spontanee dichiarazioni, sostenendo che erano intervenute sul posto parecchie persone, le quali lo avevano minacciato di dar fuoco al camion, anche evocando il nome di un personaggio di elevato spessore delinquenziale, noto in città che si era verificata una colluttazione, nel corso della quale egli aveva volutamente esploso dei colpi d'arma da fuoco, indirizzandoli esclusivamente alle gambe dei contendenti e mai alla testa, in quanto non aveva alcuna intenzione di uccidere che dopo il fatto era scappato via, avendo paura del personaggio evocato dagli avversari, nel corso della furibonda lite. Lo stesso R. ha prodotto documentazione sanitaria, attestante la presenza, a suo carico, di svariate patologie. 2.2. La tesi propugnata dalla difesa, durante il processo d'appello, è stata essenzialmente finalizzata ad evidenziare come il prevenuto potesse vantare una certa dimestichezza con le armi laddove, quindi, il suo agire fosse stato realmente sorretto dalla voluntas necandi, egli avrebbe agevolmente potuto indirizzare i colpi di pistola non alle gambe delle vittime, bensì verso altre zone del corpo. Le lesioni riportate dal R., inoltre, erano il prodotto della colluttazione intrapresa da questi, nel tentativo di disarmare l'imputato. 2.3. La Corte territoriale ha evidenziato, in primo luogo, come l'unico soggetto armato sulla scena dei fatti fosse il R., posto che tutte le altre persone erano prive di strumenti atti ad arrecare offesa. Pacifico è poi che l'imputato abbia puntato la pistola, in un primo momento, in direzione della fronte di R.P., nel contempo rivolgendogli la frase che fai tu ? . La Corte precisa anche che il R., in sede di sommarie informazioni testimoniali, aveva invece ricordato come la pistola fosse stata diretta dall'imputato non alla testa di Pas R.P., bensì in direzione del petto o del ventre. La parziale distonia esistente in ordine a tale segmento dell'azione fra la ricostruzione offerta dal R. e quella resa invece dagli altri testi, è giustificata dalla Corte con la considerazione che ognuno dei presenti potrebbe aver assistito alla medesima scena da differenti angolazioni trattasi, del resto, di zone corporee certo non separate fra loro da eccessiva distanza. In tal senso, il narrato del R. non si colloca in posizione di insanabile contrasto, rispetto alla ricostruzione offerta dagli altri dichiaranti. Incontroverso, poi, è il fatto che il R. al momento di esplodere i colpi di pistola abbia abbassato l'arma, dirigendola questa volta verso le gambe delle vittime. Il primo destinatario dei colpi fu dunque R.P. e, in rapida successione, tre colpi di pistola attinsero R., il quale si era avvicinato al R. dopo che questi aveva esploso il primo colpo, nel tentativo di disarmarlo. Il R. veniva così ferito al polpaccio, al tallone e, infine, all'arteria femorale della coscia. 3. Ricorre per cassazione R.A., a mezzo dei difensori avv. Maurizio Abbate e avv. Nicola Basile, deducendo due motivi, che vengono di seguito brevemente riassunti, nei limiti necessari per la motivazione, ai sensi dell' art. 173 disp. att. c.p.p. . 3.1. Con il primo motivo viene denunciata violazione dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e in relazione agli artt. 56 e 575 c.p. , per mancanza e manifesta illogicità della motivazione. La Corte d'appello ha errato nel riqualificare i fatti, distaccandosi dalla qualificazione sposata in primo grado ha finito, in tal modo, per dilatare in maniera incongrua lo spettro dell'elemento psicologico del reato. L'errore compiuto dalla Corte territoriale si annida nella confusione fra due momenti, da tenere invece ben distinti e che sono, rispettivamente, coincidenti con il gesto del puntare l'arma e con quello dell'esplosione dei colpi. L'arma venne solo puntata ad altezza utile ad uccidere quando però l'imputato si risolse ad esplodere i colpi, lo fece sì a breve distanza, ma indirizzando i proiettili verso le gambe delle vittime. Errata perché astratta e vaga, inoltre, è costruzione secondo la quale l'imputato avrebbe agito in modo tale da aumentare il rischio di decesso delle vittime, in dipendenza della loro prevedibile reazione difensiva. La Corte di appello, del resto, ritiene ininfluente il fatto che il R. dopo avere, in un primo momento, puntato l'arma alla fronte o al ventre di una delle persone offese abbia abbassato la pistola, direzionandola sicuramente sotto la cintola dei contendenti l'imputato non poteva infatti sempre secondo la Corte escludere che vi fosse un rischio per la vita di alcuno dei presenti, stante la breve distanza esistente fra l'aggressore e le più vittime, nonché la disponibilità di numerosi proiettili all'interno del caricatore dell'arma. In tal modo la Corte in ipotesi difensiva avrebbe sostituito all'analisi dei singoli momenti, necessaria per desumere il proposito omicidiario, la constatazione di astratte ed eventuali conseguenze, derivanti da una azione genericamente pericolosa. 3.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione rilevante ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , in relazione all' art. 61 c.p. , n. 1 e art. 62 c.p. , n. 2 per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla invocata esclusione dell'aggravante del motivo futile, nonché con riferimento al mancato riconoscimento della provocazione. La Corte non avrebbe tenuto nella dovuta considerazione in ipotesi difensiva la situazione nella quale si è venuto a trovare il R., affrontato da un gruppo di persone che lo contrastavano con fare aggressivo, gruppo che era costituito in prima battuta da R.P. e R.V.P., ai quali si aggiunsero, subito dopo, R.G. ed altri familiari. L'imputato, quindi, avrebbe reagito scompostamente e irrazionalmente alla sfida portatagli da almeno tre uomini avrebbe deciso di armarsi, inoltre, solo perché si vedeva ormai in una condizione di netta inferiorità numerica, propendendo in tal modo per una soluzione palesemente ingiustificabile, ma certo consigliata dalla soccombenza ormai imminente. 4. Il Procuratore generale ha concluso per l'accoglimento del primo motivo, con rinvio per nuovo giudizio sul punto. Nella requisitoria, in particolare, si sottolinea come, attraverso la lettura di alcuni passaggi della motivazione della sentenza impugnata, si debba giungere a ritenere sussistente il dolo eventuale, piuttosto che quello diretto nella forma del dolo alternativo. Si chiede, poi, di dichiarare inammissibili gli ulteriori motivi di ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato quanto al primo motivo, mentre è da rigettare nel resto. 2. Con il primo motivo, la difesa si duole della riqualificazione dei fatti operata dalla Corte di appello di Napoli, rispetto alla qualificazione giuridica in termini di lesioni gravi ritenuta dal Tribunale. Il motivo è fondato. Appare affetta, infatti, da vizi logici e contraddizioni e perciò censurabile nella presente sede di legittimità la motivazione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza, nel comportamento del ricorrente, dell'elemento psicologico del dolo omicidiario. 2.1. Il coefficiente psichico che sorreggeva l'azione del R. è stato qualificato, come detto, alla stregua di un dolo diretto, nella sua manifestazione comunemente denominata come dolo alternativo. Trattasi di una tipologia di dolo che è contraddistinta dal fatto che l'agente prevede e vuole in via alternativa, ossia operando una scelta dal valore sostanzialmente equipollente l'uno o l'altro degli eventi nella concreta fattispecie ora al vaglio di questo Collegio morte o grave ferimento della vittima , che sono ricollegabili alla sua condotta corollari logici di tale impostazione concettuale sono rappresentati dalla natura di dolo diretto di tale genere di coefficiente psicologico e in diretta consequenzialità sistematica la compatibilità dello stesso con il tentativo fra tante, si vedano Sez. 5, n. 6168 del 17/01/2005, Meloro, Rv. 231174 01 Sez. 1, n. 5436 del 25/01/2005, Marangon, Rv. 230813 01 Sez. 1, n. 9663 del 03/10/2013, Nardelli, Rv. 259465 01 Sez. 1, n. 43250 del 13/04/2018, Alfieri, Rv. 274402 01 Sez. 1, n. 29611 del 30/03/2022, L., Rv. 283375 01 . Tale forma di dolo come pure noto e ripetutamente chiarito da questa Corte deve esser tenuta ben distinta dal dolo eventuale, non configurabile nel caso di delitto tentato Sez. 1, n. 5849 del 18/01/2006 Taddei Rv. 234069 01 ha ben spiegato che, poiché, quando l'evento voluto non sia comunque realizzato e quindi manchi la possibilità del collegamento ad un atteggiamento volitivo diverso dall'intenzionalità diretta la valutazione del dolo deve avere luogo esclusivamente sulla base dell'effettivo volere dell'autore e, cioè, della volontà univocamente orientata alla consumazione del reato, senza possibilità di fruizione di gradate accettazioni del rischio, consentite soltanto in caso di evento materialmente verificatosi in questi termini, si veda anche Sez. 1, n. 27620 del 24/05/2007, Mastrovito, Rv. 237022 01 e Sez. 1, n. 11521 del 25/02/2009, D'Alessandro, Rv. 243487 01 . 2.2. Per quanto attiene alla differenziazione ontologica da porre, tra le due figure del dolo alternativo e del dolo eventuale, questa Corte ha ripetutamente fissato i seguenti ancoraggi concettuali Il dolo eventuale è costituito dalla consapevolezza che l'evento, non direttamente voluto, ha probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione, nonché dall'accettazione di tale rischio, che potrà essere graduata a seconda di quanto maggiore o minore l'agente consideri la probabilità di verificazione dell'evento diversamente, sussiste il dolo alternativo nel caso in cui l'agente ritenga altamente probabile o certo l'evento, non limitandosi a prevederne e ad accettarne il rischio, ma prevedendo ed accettando l'evento stesso e quindi, pur non perseguendolo come suo scopo finale, alternativamente lo vuole con un'intensità evidentemente maggiore di quelle precedenti Sez. 1, Sentenza n. 385 del 19/11/1999, Rv. 215251 01 Sez. 1, n. 16523 del 04/12/2020, Romano, Rv. 281385 02 . In chiave riassuntiva si può affermare, quindi, che con riferimento alle modalità di demarcazione dell'elemento psicologico del reato il dolo alternativo ricorra allorquando l'agente si rappresenti e voglia, indifferentemente, l'uno o l'altro degli eventi che, sotto il profilo causale, possano apparire ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria. Allorquando il soggetto attivo pone in essere la materialità del fatto, occorre che egli preveda e voglia si ripete, indifferentemente la realizzazione di entrambi tali eventi. La condotta serbata dal soggetto attivo è inquadrabile, al contrario, nella figura dogmatica del dolo eventuale, nel caso in cui questi, realizzando una condotta che sia diretta verso il perseguimento ai altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità del verificarsi di una diversa conseguenza, che sia ricollegabile alla propria condotta, determinandosi ad onta di tale previsione all'azione e così manifestando la accettazione del rischio di cagionare tale differente evoluzione. 2.3. Dalla sopra delineata struttura teorica della fattispecie discende l'impossibilità di configurazione del tentativo, in presenza di un elemento soggettivo qualificabile come dolo eventuale. Questo coefficiente psicologico risulta ontologicamente non conciliabile, infatti, con la direzione necessariamente univoca che devono assumere gli atti compiuti nell'ambito del tentativo, che postula necessariamente la ricorrenza del dolo diretto. Per le medesime ragioni, sussiste invece piena compatibilità logica e strutturalelt fra la figura del tentativo penalmente punibile e l'elemento psichico del dolo alternativo. In tal caso, 5 infatti, vi è una equipollenza sostanziale, fra i plurimi eventi oggetti di rappresentazione e volizione, poiché il soggetto attivo del reato si rappresenta indifferentemente, entrambi, come collegabili in via eziologica al suo agire ed alla sua cosciente volontà. In definitiva, ciascuno degli eventi, parimenti e ugualmente voluti dal soggetto agente, è in tal caso indifferentemente mente voluto dal reo. 3. I giudici di merito hanno desunto la sussistenza del dolo omicidiario nel comportamento tenuto dal ricorrente nei confronti delle vittime, attraverso una non corretta ponderazione delle concrete modalità esecutive che hanno connotato la condotta incrtiminata. Pare utile ricordare come il R. abbia adoperato, quale strumento per arrecare offesa ai contendenti, una pistola, ossia uno strumento dotato di una intrinseca e micidiale attitudine a cagionare la morte di una persona. Il ricorrente ha poi esploso una pluralità di colpi all'indirizzo delle vittime, mandandone come detto diversi a segno esplosioni effettuate, peraltro, da distanza rawicinatissima rispetto ai destinatari. Alcune esplosioni sono avvenute secondo modalità controllate , da parte dell'imputato, altre durante la furiosa lotta che ne è scaturita. 3.1. La motivazione addotta dai giudici di merito per ritenere la sussistenza nel comportamento del ricorrente del dolo omicidiario, sub specie di dolo alternativo, non è condivisibile. La Corte territoriale propende per tale qualificazione, sulla base di una variegata congerie di fattori, esposti in modo articolato segnatamente viene valorizzato, in primo luogo, il dato oggettivo rappresentato dall'esplosione di ben otto colpi di pistola, verso più persone indifese, che erano tutte posizionate a distanza molto ravvicinata. viene dato rilievo alla sicura attitudine offensiva dello strumento adoperato, ossia una pistola carica, intrinsecamente dotata dell'idoneità a causare la morte di uno o più dei destinatari delle plurime esplosioni ben quattro di tali proiettili risultano esplosi in modo praticamente incontrollato, cosa che conduce i Giudici di secondo grado a reputare che fosse altamente prevedibile per il soggetto attivo l'evento morte ciò in quanto il R. non poteva non attendersi la reazione di R. e R. reazione originata dalla comprensibile e preventivabile volontà di difendere i congiunti presenti e poi, effettivamente verificatasi uno dei proiettili esplosi ha attinto il R. all'arteria femorale, provocandogli una lesione potenzialmente letale. Secondo la tesi sposata dalla Corte di appello, pur direzionando la pistola sotto la cintola dei presenti dopo avergliela puntata, in un primo momento, alla fronte l'imputato non poteva ritenere con certezza che nessuno avrebbe rischiato la vita anzi, lo spazio ravvicinatissimo esistente fra l'aggressore e le molte vittime, nonché il numero dei proiettili disponibili e poi esplosi, rendevano altamente verosimile l'uccisione di qualcuno. Attraverso il collegamento logico e deduttivo fra tali elementi, la Corte territoriale perviene alla sussistenza di un dolo diretto, compendiando il convincimento nella chiosa secondo la quale l'imputato, nel momento in cui si determinava a sparare, non poteva escludere l'eventualità che potesse scapparci il morto, da ritenersi anzi altamente probabile nel caso di specie . 3.2. In punto di diritto, giova precisare quanto segue. All'esame delle censure che denunciano la carenza, la illogicità e la contraddittorietà della motivazione della sentenza, oltre all'incorso travisamento delle risultanze processuali, deve premettersi il richiamo, in via generale, come criterio metodologico, alla condivisa costante giurisprudenza di questa Corte, alla cui stregua l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione deve essere limitato per espressa volontà del legislatore a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, e di procedere alla rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944, e, tra le successive conformi, da ultimo, Sez. 6, n. 29263 del 08/07/2010, dep. 26/07/2010, Capanna e altro, Rv. 248192 . Non integrano, infatti, manifesta illogicità della motivazione come vizio denunciabile in questa sede, né la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente, più adeguata valutazione delle risultanze processuali, né la diversa ricostruzione degli atti ritenuta più logica, né la minima incongruenza, né la mancata confutazione di un'argomentazione difensiva. L'illogicità della motivazione deve, invece, consistere in carenze logico giuridiche, risultanti dal testo del provvedimento impugnato e che devono essere evidenti, ossia di spessore tale da essere percepibili ictu culi, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche laddove non espressamente confutate, appaiano logicamente inconciliabili con la decisione adottata Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, dep. 16/12/1999, Spina, Rv. 214794 Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, dep. 23/06/2000, Jakani, Rv. 216260 Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003 dep. 10/12/2003, Petrella, Rv. 226074, e, tra le plurime successive conformi, Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Merja, Rv. 248698 . Nella motivazione della sentenza, infatti, il giudice di merito non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame in maniera dettagliata tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di avere tenuto presente ogni fatto decisivo, senza lasciare spazio a una valida alternativa tra le altre, Sez. 4, n. 1149 del 24/10/2005, dep. 2006 Mirabilia, Rv. 233187 Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789 Sez. 2, n. 33577 del 26/05/2009, Bevilacqua, Rv. 245238 Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, Schowick, Rv. 250105 . 3.3. Tanto chiarito al fine di delineare il contesto dogmatico nel quale si colloca la valutazione effettuabile in sede di legittimità, può affermarsi come il vulnus della contraddittorietà sia nella sentenza impugnata di carattere sia logico, sia intratestuale. 3.3.1. I Giudici di secondo grado, infatti, espongono come premessa maggiore del ragionamento il fatto pacificamente acclarato che l'imputato, in un primo momento, minacciò R.P. indirizzandogli la pistola alla testa mostrando, quindi, una inequivocabile intenzione omicidiaria , per poi prima di fare fuoco rivolgere i colpi verso il basso, ossia all'altezza delle gambe delle vittime. Ma muovendo da tale assunto incontestato, pare poi illogico e contraddittorio inferire l'esistenza di un dolo diretto nella forma di dolo alternativo, esaltando il dato dell'accettazione del rischio che qualcuno dei presenti potesse morire, per effetto delle esplosioni. 3.3.2. L'utilizzo di canoni di logica comune, asseverati dalle risultanze delle prove raccolte, non autorizza a ritenere che la pur ripetuta azione di sparo fosse diretta, in modo consapevole, a determinare eventi lesivi di particolare intensità, ovvero indifferentemente il decesso di uno o più dei soggetti che si trovavano in direzione delle esplosioni, magari all'esito del rimbalzo dei proiettili esplosi. Risponde a canoni interpretativi di intuitiva chiarezza, invece, affermare che il complessivo apprezzamento delle sopra riassunte modalità della condotta non corrobori la ricostruzione del dolo, nei termini espressi dalla Corte napoletana. 3.3.3. A tanto si aggiunga che la Corte di appello affronta in maniera solo sommaria e supera con ragionamento apodittico e tautologico alcuni elementi che lo stesso Tribunale aveva, al contrario, posto a fondamento della riqualificazione nel reato di lesioni volontarie, dell'originaria contestazione quale tentato omicidio. Elementi che la difesa si era fatta carico di reiterare ed alla cui valenza evocativa non pare, però, esser stato offerto riscontro coerente. 3.3.4. Gli elementi di forte capacità dimostrativa, che militano in favore della sussistenza del dolo eventuale e non alternativo e, consequenzialmente, della qualificazione del reato commesso in lesioni volontarie, sono anzitutto rappresentati dal fatto che il soggetto agente, esperto conoscitore delle armi, abbia in un primo tempo puntato la pistola al viso dell'avversario, risolvendosi però, prima di esplodere alcuno dei colpi, a rivolgere l'arma verso il basso. A tale deduzione difensiva non pare esser stata data, ad opera della Corte, una compiuta e puntuale risposta, visto che la sentenza impugnata si limita sostanzialmente ad obliterare il tema, attribuendo a tali argomentazioni lo stigma della non pregevolezza. 3.3.5. Pare del resto non revocabile in dubbio la circostanza che il R. abbia serbato per un lasso di tempo anche piuttosto considerevole, in particolar modo dopo il ferimento del R. una totale signoria di fatto, nei confronti di tutte le persone offese. Eppure, ad onta di una quasi indisturbata libertà di azione, egli non si determinò a colpire nuovamente e questa volta, in modo mortale il R. che si trovava già accasciato a terra, ma si rivolse verso gli altri presenti. Anche con tale profilo degli accadimenti sottoposti a giudizio, oggetto peraltro di attenta analisi ad opera del Tribunale, la Corte di appello non pare aver dialogato in maniera sostanziale. 3.3.6. La natura fallace della conclusione alla quale approda la Corte di appello di Napoli, poi, si annida proprio nella stessa epitome del ragionamento. Porre in essere una determinata condotta di carattere lesivo, non essendo certi di poter escludere l'eventualità che potesse scapparci il morto così, testualmente, alla pagina numero 11 della sentenza impugnata , assume la univoca significazione dell'accettazione del rischio e, dunque, dell'esistenza del dolo eventuale, non conciliabile con la commissione del delitto tentato. 3.4. Quanto al dato oggettivo, costituito dal fatto che uno dei proiettili raggiunse l'arteria femorale di una delle vittime, così provocandole un ferimento dal quale può in astratto anche esitare il decesso, pare doversi pervenire stante il già evidenziato contesto oggettivo a conclusioni diametralmente opposte, rispetto a quelle raggiunte dalla Corte di appello di Napoli. Sarebbe a dire che la zona del corpo attinta non può, essa sola, fornire una dirimente indicazione, circa il tipo di coefficiente psicologico che sorregge l'azione, se non tralasciando del tutto le ulteriori circostanze dell'azione ed il complessivo contesto fattuale, nel quale si è snodata l'azione criminosa. 3.5. In definitiva, non risulta immune da censure la qualificazione giuridica, in termini di tentato omicidio, operata dalla Corte di appello di Napoli, con riferimento alla ritenuta ricorrenza del dolo diretto di tipo alternativo. 3.6. Riprendendo i principi di diritto più volte espressi da questa Corte di legittimità sul tema a partire da Sez. U n. 748 del 12.10.1993, dep. 25.1.1994, rv 195804 , va ribadito che in tema di elemento soggettivo del reato possono individuarsi vari livelli crescenti di intensità della volontà dolosa. L'azione posta in essere con accettazione del rischio dell'evento previa sua concreta rappresentazione , postula che nell'autore vi sia una adesione di volontà, maggiore o minore, a seconda che egli consideri maggiore o minore la probabilità di verificazione dell'evento. In presenza di un evento ritenuto altamente probabile o certo, il soggetto attivo non si arresta all'accettazione del rischio, ma accetta la verificazione dell'evento stesso, cioè lo vuole e con una intensità maggiore rispetto a quelle precedenti. Laddove l'evento, oltre ad essere oggetto di accettazione, appaia specificamente perseguito, la volontà andrà a posizionarsi ad un più elevato stadio di gravità, potendosi differenziare fra un evento voluto quale mezzo indispensabile per il perseguimento di un fine ultimo ed un evento che rappresenta esso stesso lo scopo finale. Il dolo deve poi essere qualificato come eventuale, al ricorrere di una accettazione del rischio di significativa possibilità di sua verificazione previa rappresentazione in concreto , laddove negli altri casi suindicati il coefficiente psicologico deve essere ritenuto quale dolo diretto e, nell'ipotesi in cui l'evento è perseguito come scopo finale, come intenzionale fra tante, si vedano Sez. VI n. 1367 del 26.10.2006, rv 235789 Sez. VI n. 6880 del 15.4.1998, rv 211082 Sez. I n. 3277 del 29.1.1996, rv 204188 . La sussistenza, quindi, del dolo diretto omicidiario non postula che l'evento morte venga previsto e voluto dal soggetto attivo, quale unica e sicura conseguenza della condotta, essendo sufficiente, al contrario, che tale evento sia previsto e voluto come conseguenza altamente probabile, nell'ambito di una dinamica offensiva che comprenda anche in termini cumulativi e alternativi l'evento delle lesioni. Il cd. dolo alternativo presenta, allora, la struttura del dolo diretto, in quanto manifestazione di un atteggiamento volitivo che parifica le plurime conseguenze lesive della condotta, includendo l'evento morte come fatto previsto anch'esso, piuttosto che meramente accettato, alla stregua di conseguenza solo possibile dell'azione Sez. I n. 267 del 14.12.2011, rv 252046 . 3.7. Nella vicenda in esame, per le ragioni sin qui esposte, la condotta materiale tenuta da R.A. non appare sostenuta da tale tipologia di elemento psicologico, risultando contraddittoria laddove parametrata ai sopra enucleati criteri di suddivisione delle diverse forme di dolo l'argomentazione secondo la quale egli si risolse ad esplodere i colpi d'arma da fuoco, non potendo escludere quindi accettando l'eventualità della morte di alcuno dei presenti. Ne' assistita da logico e consono apparato motivazionale risulta la sentenza impugnata, nella parte in cui manca di confrontarsi con un ulteriore dato oggettivamente emerso, rappresentato dal fatto che l'imputato, prima di esplodere i colpi di pistola, abbassò l'arma direzionandola decisamente verso il basso così mostrando un atteggiamento psichico difficilmente collimante con il dolo diretto omicidiario . 4. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole cumulativamente della motivazione adottata dalla Corte, a fronte dell'auspicio difensivo che mirava all'esclusione della ritenuta circostanza aggravante del motivo futile, nonché del riconoscimento dell'attenuante della provocazione. Il ricorso e', in ordine a entrambi profili di doglianza, infondato. Solo formalmente sono prospettati i vizi di mancanza e manifesta illogicità della motivazione, ma in realtà viene invocata una non consentita rivalutazione di dati fattuali attentamente e congruamente esaminate dalla Corte territoriale e, prima ancora, dal Giudice di primo grado. La difesa si limita a contestare nei termini summenzionati le argomentazioni della sentenza impugnata, riproponendo i medesimi argomenti con cui la Corte territoriale si è già confrontata. 4.1. Quanto al tema della sussistenza della circostanza aggravante dei motivi futili, vi e', nella sentenza impugnata ed ancor prima nella sentenza di primo grado, una dettagliata motivazione in fatto e in diritto. Tale apparato argomentativo si incarica in maniera efficace di dimostrare la configurabilità dell'aggravante dei futili motivi, in considerazione del fatto che la condotta lesiva ascritta all'imputato si inseriva nel banale quadro di una semplice lite condominiale, oltre ad apparire motivata esclusivamente dal mero istinto di prevaricazione e di violenta affermazione di predominio. La difesa si limita, peraltro, alla sola confutazione, in termini marcatamente generici e reiterativi, delle argomentazioni adottate dalla Corte territoriale, nonché ad un invito alla non ammessa riconsiderazione degli elementi fattuali. Il ricorso appare pertanto, sul punto specifico, chiaramente inammissibile. 4.2. Con riferimento, infine, al tema della provocazione, parimenti inconsistenti appaiono le doglianze difensive. La Corte di appello ha adottato, infatti, una motivazione adeguata e convincente che in modo conforme alle risultanze processuali ha evidenziato come il R. abbia mostrato una volontà meramente volta a prevalere, rispetto ai contendenti, i quali si trovavano, al momento, del tutto sprovvisti di strumenti atti a contrastare l'attitudine offensiva della pistola detenuta che egli brandiva. La sentenza impugnata sottolinea, altresì, come nel caso specifico difetti completamente il necessario rapporto di causalità psicologica, tra l'offesa e la reazione. Rileva, invero, la Corte territoriale come Nessun elemento, nemmeno indiziario, attesta che le persone offese lo abbiano minacciato prospettandogli di rivolgersi a un malvivente della zona e, in ogni caso, si trattava di persone prive di strumenti atti ad offendere, mentre R. era armato . Per contrastare tale tesi, la difesa evidenzia come l'imputato si sia visto sfidato da più persone ed abbia semplicemente inteso reagire, al fine di sottrarsi a uno scontro fisico ormai imminente. Si tratta, a tutto voler concedere, di una argomentazione che omette di confrontarsi con il dato pure adeguatamente considerato dalla Corte territoriale, rappresentato dalla enorme sproporzione riscontrabile, tra la situazione oggettiva e l'azione delittuosa poi concretamente posta in essere. E' emersa con piena evidenza, del resto, l'asprezza del conflitto intersoggettivo insorto tra il R. e le altre persone presenti, con una reciproca contrapposizione che era restata confinata, però, allo scontro meramente verbale. Sostiene la difesa che vi sia stata da parte delle persone offese la prospettazione all'imputato di un atteggiamento di palese natura aggressiva. L'esplicazione di una volontà indirizzata nel senso della lesione fisica si manifesta, però, solo allorquando il R. decide improvvisamente di rientrare in casa e armarsi. Non può che essere esclusa in radice, allora, la possibilità di operare segmentazioni e classificazioni frazionate delle condotte realizzate durante la contesa iniziale si ripete, di tipo solo verbale , come se esse rappresentasse la scaturigine diretta ed esclusiva del successivo ed immotivato intento riscontrabile nel solo R. di porre in pericolo il bene della incolumità fisica dei contendenti. Dalla evidente ed enorme mancanza di adeguatezza, fra la situazione oggettiva nemmeno qualificabile alla stregua di un fatto ingiusto e la reazione serbata dal reo deriva per pacifico orientamento seguito nella presente sede di legittimità l'inapplicabilità della previsione di legge di cui all' art. 62 c.p. , comma 1, n. 2 fra tante, si veda Sez. 1, n. 52766 del 13/06/2017, M.C., Rv. 271799, a mente della quale Al fine della sussistenza dell'attenuante della provocazione, sebbene non occorra una vera e propria proporzione tra offesa e reazione, è comunque necessario che la risposta sia adeguata alla gravità del fatto ingiusto, in quanto avvinta allo stesso da un nesso causale, che deve escludersi in presenza di un'evidente sproporzione . Il motivo, in conclusione, non può che essere ritenuto infondato. 5. Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata, in accoglimento del primo motivo di ricorso, con riferimento alla qualificazione giuridica della condotta ascritta segue a tale decisione il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, per nuovo giudizio. Il ricorso deve essere disatteso nel resto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso.