Furto in abitazione mentre il proprietario dorme: va riconosciuta l’aggravante della minorata difesa

Condanna più severa per l'uomo che ha preso di mira diversi appartamenti. Respinta la tesi difensiva, mirata a ridimensionare l'orario notturno in cui il ladro ha agito per entrare in case private e portar via beni, denaro e oggetti preziosi.

Il ladro che mette a segno il furto in una casa approfittando del fatto che il proprietario stia dormendo in camera da letto, è sottoposto a una condanna più rigorosa. Va riconosciuta, difatti, sanciscono i Giudici, l'aggravante della minorata difesa della vittima. A finire sotto processo è un uomo, ritenuto autore di furti in diverse case . Nello specifico, secondo l'accusa, l'uomo ha messo a segno i colpi sempre a tarda sera, contando anche sul fatto che i padroni di casa dormissero beatamente, visto l'orario. Per i giudici di merito non vi sono dubbi il quadro probatorio è chiaro e inevitabile è la condanna, sia in primo che in secondo grado, con riconoscimento dell'aggravante della minorata difesa delle vittime, tutte a letto a dormire mentre il ladro agiva indisturbato nell'appartamento, portando via, infine, beni, denaro e oggetti preziosi. Il ricorso in Cassazione proposto dal difensore dell'uomo è centrato proprio sull'aggravante della minorata difesa, aggravante erroneamente riconosciuta, secondo il legale, poiché il tempo notturno non ha inciso in modo tangibile rispetto alla consumazione del reato . All'obiezione difensiva i Giudici di Cassazione replicano in modo netto, confermando in toto la condanna emessa in Appello. Per i Magistrati è sacrosanto il riconoscimento dell'aggravante della minorata difesa delle vittime , poiché l'azione delittuosa è avvenuta in un momento in cui la persona offesa era ritirata in casa, intenta a dormire, così da non avere avuto modo di neutralizzare la condizione di non attenzione in cui si trovava necessariamente . A sostegno di questa valutazione, poi, anche il richiamo al principio secondo cui le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui il malvivente ha profittato in modo tale da ostacolare la difesa della vittima, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità – oggetto di approfittamento – in cui versava la vittima, essendo necessaria, ma non sufficiente, l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato .

Presidente Beltrani – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 21 marzo 2022 la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Padova il 7 maggio 2021, esclusa l'aggravante di cui all' art. 625 n. 2 cod. pen. in relazione al capo C e riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e alle aggravanti di cui ai capi E ed F , ha rideterminato la pena inflitta all'imputato in anni 5, mesi 10 di reclusione ed Euro 1.450,00 di multa. Ha applicato le pene accessorie dell'interdizione legale e dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici e ha confermato nel resto. 2. Avverso la sentenza della Corte d'appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, che ha dedotto i seguenti motivi 2.1 erronea applicazione dell' art. 61 n. 5 cod. pen. e manifesta illogicità della motivazione, per essere stata applicata l'aggravante della minorata difesa, nonostante il tempo notturno non avesse inciso in modo tangibile rispetto alla consumazione del reato 2.2 erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione per avere la Corte di appello ritenuto sussistente la recidiva reiterata, infraquinquennale e specifica, senza alcuna valutazione in concreto della significatività del nuovo episodio in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti reati 2.3 contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo all'entità dell'aumento di pena stabilito per il reato satellite di furto in abitazione di cui al capo C della rubrica. La Corte di appello avrebbe ridotto gli aumenti a titolo di continuazione per i reati satellite di cui ai capi A , E , F e G , avendo ritenuto eccessivi gli aumenti operati per tutti i reati satelliti dal giudice di primo grado, mentre la riduzione di pena per il reato di cui al capo C sarebbe stata conseguenza solo dell'esclusione dell'aggravante contestata per tale reato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Il Collegio territoriale ha affermato la sussistenza dell'aggravante dei cui all' art. 61 n. 5 cod. pen. , avendo rimarcato che l'azione delittuosa era avvenuta in un momento in cui la persona offesa era ritirata in casa, intenta a dormire, così da non avere avuto modo di neutralizzare la condizione di non attenzione nella quale necessariamente si trovava. Così argomentando il menzionato Collegio ha fatto corretta applicazione dell'insegnamento di questa Corte Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021 , Rv. 282095 - 02 secondo cui le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l'agente ha profittato in modo tale da ostacolare la predetta difesa, devono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità - oggetto di approfittamento in cui versava il soggetto passivo, essendo necessaria, ma non sufficiente, l'idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione del reato . 3. Il secondo motivo è privo di specificità, a fronte della motivazione v. f. 11 della sentenza impugnata con cui la Corte del merito ha specificato che si trattava di nuovi reati della stessa indole di quelli già giudicati, che denotavano una progressione criminosa e, dunque, una maggiore pericolosità dell'imputato. 4. Anche il terzo motivo è privo di specificità. La Corte d'appello ha ridotto la pena per il reato di cui al capo C , avendo escluso l'aggravante di cui all' art. 625 n. 2 cod. pen. , e ha rideterminato gli aumenti per gli altri reati satellite, avendo ritenuto eccessivi quelli applicati dal primo giudice con riguardo a questi ultimi. Non si ravvisano le contraddizioni dedotte dalla difesa, atteso che la Corte d'appello ha affermato che il motivo era fondato limitatamente alle censure inerenti gli aumenti a titolo di continuazione il che valeva a dire soltanto che occorreva rideterminare la pena per i reati satellite ma non anche che quella per il reato di cui al capo C fosse da ridurre oltre quanto conseguente all'esclusione dell'aggravante di cui all' art. 625 n. 2 cod. pen. , come invece interpretato dal ricorrente. Quanto poi all'entità della pena, inflitta per il reato di cui al capo C dopo l'esclusione dell'aggravante di cui all' art. 625 n. 2 cod. pen. , deve rilevarsi che dalla lettura della sentenza emerge che essa - nel corretto esercizio del potere discrezionale del Collegio territoriale - è stata determinata tenuto conto dei precedenti penali dell'imputato e dell'essere i reati stati commessi sottraendosi all'esecuzione di una misura custodiale. 5. Il ricorso è, dunque, inammissibile e ciò comporta, ai sensi dell' art. 616 cod. proc. pen. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - valutati i profili di colpa Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186 - della somma, equitativamente determinata, di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Sentenza con motivazione semplificata.