Impugnativa di deliberazione di approvazione del bilancio: i vizi replicanti

Impugnare una deliberazione di approvazione del bilancio non è mai facile. Il quesito sul quale spesso ci si interroga è se sia necessario, in corso di causa, impugnare anche i bilanci successivi ritenuti affetti dai medesimi vizi di quello già contestato.

A tale quesito ha risposto la Prima Sezione Civile della Corte Suprema enunciando, tramite l'ordinanza n. 14338 del 24 maggio 2023, il seguente principio di diritto ai sensi dell' art. 2434 bis c.c. , le impugnazioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. nei confronti delle delibere di approvazione del bilancio non richiedono, dopo l'impugnazione giudiziale del primo bilancio, anche quella dei bilanci medio tempore chiusi nel corso del giudizio, posto che, ai sensi del terzo comma dell' art. 2434 bis cod. civ. , l'amministratore deve tener conto delle ragioni dell'intervenuta dichiarazione giudiziale di invalidità dell'impugnata delibera di approvazione del bilancio solo nel bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità stessa . Cenni sui fatti dedotti in lite La vicenda dibattuta può così riassumersi. Un socio di s.r.l. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Nola la società al fine di ottenere la declaratoria di nullità ovvero di annullabilità della delibera dell'assemblea ordinaria di approvazione del bilancio di esercizio al 31 dicembre 2008 perché ritenuto viziato. Il Tribunale accoglieva la domanda del socio dichiarando la nullità della deliberazione. La società interponeva gravame innanzi alla Corte di Appello di Napoli lamentando, per quanto qui rileva, l'erroneità della sentenza nella parte in cui non aveva accolto l'eccezione di carenza di interesse del socio ad impugnare il bilancio dell'anno 2008 in ragione della mancata impugnazione dei bilanci successivi a tale esercizio, con conseguente intangibilità dei saldi di detti bilanci per il principio di continuità dei valori. La Corte distrettuale rigettava l'appello ritenendo che a ai sensi dell' art. 2434 bis c.c. l'impugnazione del bilancio avrebbe potuto essere promossa anche se al momento dell'instaurazione del giudizio non fosse stato ancora approvato quello successivo, a niente rilevando che nelle more del processo fossero stati approvati i bilanci degli esercizi successivi b l' art. 2434 bis c.c. integri il contenuto dell' art. 2377, comma 7, c.c. secondo cui l'annullamento della deliberazione obbliga gli amministratori ad adottare i conseguenti provvedimenti sotto la loro responsabilità c il bilancio con il quale si deve dare atto della dichiarazione giudiziale di invalidità della delibera impugnata è quello relativo all'esercizio nel corso del quale la decisione giudiziale medesima è stata pronunciata, con obbligo dell'organo gestorio di adeguarsi alla stessa. Seguiva il ricorso per cassazione da parte della società la quale lamentava l'erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del principio di continuità di bilancio, nonché per mancato accertamento della cessazione della materia del contendere. La mancata impugnazione dei bilanci intermedi” A detta della ricorrente, per effetto del primo comma dell' art. 2434 bis c.c. , mediante l'approvazione del bilancio successivo si verificherebbe una decadenza” del diritto del socio ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio precedente” decadenza” che, su questa via, avrebbe l'effetto di rendere irretrattabili le poste – e soprattutto i saldi – del bilancio precedente”, che costituirebbero la base del documento contabile dell'esercizio successivo”. In buona sostanza, sostiene la società ricorrente che, alla mancata impugnazione dei bilanci intermedi” entro il menzionato termine di decadenza, conseguirebbe la definitiva cristallizzazione ed irretrattabilità delle poste e dei saldi in essi riportati, con la conseguenza che a tale cristallizzazione” farebbe seguito la giuridica impossibilità di apportare modifiche alle poste degli esercizi successivi a quelli impugnati, siccome il principio di continuità dei bilanci imporrebbe che ogni bilancio segua il precedente e preceda il successivo in un rapporto di stretta continuità e interdipendenza in quanto il saldo di chiusura dell'esercizio precedente costituirebbe il saldo di apertura dell'esercizio successivo. Da qui il corollario, a detta della società, secondo cui, in assenza di impugnazione dei bilanci intermedi”, successivi” a quello impugnato, il socio avrebbe nella specie perso interesse alla pronuncia d'invalidità, in tutto ovvero in parte, del bilancio chiuso al 31 dicembre 2008 posto che la immodificabilità dei saldi degli esercizi 2010, 2011 e 2013 avrebbe impedito la possibilità di tener conto delle eventuali ragioni di tali invalidità nell'esercizio in cui esse dovessero essere riconosciute. Non è necessario impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio successivo a quello già contestato in giudizio Osserva, anzitutto, la Prima Sezione come la tesi della società ricorrente sopra esposta risulti smentita dall'ultimo comma dell' art. 2434 bis c.c. , secondo cui il bilancio di esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità di cui al comma precedente tiene conto delle ragioni di questa , senza, dunque, porre a carico del socio l'onere della sua impugnazione. Condividono quindi i Giudici di Legittimità quanto stabilito dalla Corte territoriale e cioè che è per il bilancio - riferito all'esercizio nel corso del quale viene dichiarata la nullità del bilancio precedentemente impugnato - che sorge l'onere a carico degli amministratori di tener conto delle ragioni della stessa, senza che, tuttavia, tale onere di adeguamento sia condizionato, in senso assoluto, all'impugnazione anche di tale bilancio e di quelli medio tempore intervenuti tra l'impugnazione proposta e la sentenza che l'ha accolta. Al riguardo, puntualizza la Corte Suprema, che ai sensi dell' art. 2434 bis c.c. è dalla sentenza che dichiara la nullità — e non già dalle ulteriori impugnazioni eventualmente proposte dal socio — che sorge l'obbligo degli amministratori di correggere non solo il bilancio per il quale era stata dichiarata l'invalidità della delibera, ma anche di quelli seguenti nella misura in cui le rettifiche operate sul primo bilancio impugnato manifestano i loro effetti sul contenuto dei bilanci degli esercizi successivi. Conclude, pertanto, la Prima Sezione Civile reputando infondate le doglianze della società posto che la mancata impugnazione, da parte del socio, dei bilanci medio tempore approvati non determinava e non determina alcuna sua sopravvenuta carenza di interesse a far valere la nullità del bilancio impugnato, prima, e non dopo, di quelli successivi. Da qui l'improponibilità anche dell'eccezione di cessazione della materia del contendere sollevata dalla società istante. L'insegnamento della Corte Suprema Nel rigettare il ricorso della società, è stato quindi enunciato dalla Prima Sezione Civile il seguente principio di diritto ai sensi dell' art. 2434 bis c.c. , le impugnazioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. nei confronti delle delibere di approvazione del bilancio non richiedono, dopo l'impugnazione giudiziale del primo bilancio, anche quella dei bilanci medio tempore chiusi nel corso del giudizio, posto che, ai sensi del terzo comma dell' art. 2434 bis c.c. , l'amministratore deve tener conto delle ragioni dell'intervenuta dichiarazione giudiziale di invalidità dell'impugnata delibera di approvazione del bilancio solo nel bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità stessa . Qualche precedente sul tema oggetto dell'ordinanza annotata. Cfr., Cass. n. 23950/2018 , ove chiarito che In materia societaria l'impugnazione della delibera assembleare di approvazione del bilancio di esercizio può far valere vizi procedimentali suoi propri, come vizi di contenuto del bilancio approvato . Detta considerazione è confermata, dall' art. 2434-bis c.c. , che menziona le azioni previste dagli artt. 2377 e 2379 dunque, sia l'azione di annullamento, sia quella di nullità, essendo noto il principio che i vizi propri della redazione in sé del bilancio integrano quest'ultima. Ne deriva che l'interessato può ben agire, in presenza di una deliberazione assembleare che presenti entrambe le categorie dei vizi menzionate, unicamente con l'una o con l'altra azione, senza che per questo possa ritenersi insussistente l'interesse alla medesima, di cui all' art. 100 c.p.c. Trib. Napoli, Sez. Impresa, 29 giugno 2018 , in Società, 2019, 827, secondo cui dichiarata nulla, o annullata, una delibera di approvazione del bilancio, per vizi di quest'ultimo, si può concludere che i al passaggio in giudicato della sentenza, il bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità di un precedente bilancio debba tenere conto delle ragioni di questa ex art. 2434 bis, comma 3, c.c. ii che, sempre a seguito di tale definitiva statuizione, gli amministratori debbono prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità ex art. 2377, comma 7, c.c. , richiamato dall' art. 2379, comma 4, c.c. . Mancando ogni indicazione ulteriore, sulla natura di detti provvedimenti, coerentemente con quanto sostenuto dalla dominante giurisprudenza, la declaratoria di nullità o l'annullamento del bilancio imporrebbe non solo la modifica del bilancio dichiarato nullo o annullato e di quello relativo all'esercizio nel corso del quale le predette invalidità sono state pronunciate, ma anche la modifica dei bilanci relativi agli esercizi intermedi rispetto ai primi. É infatti corretto ritenere che, solo attraverso la ricostruzione di una sequenza completa di bilanci corretti, possa dirsi garantita l'esaminata funzione informativa del bilancio .

Presidente Acierno – Relatore Amatore Rilevato che 1.Con atto di citazione notificato in data 25.5.2010 M.L., dichiaratasi socia della società Casa di Salute S. Lucia s.r.l. e titolare della quota pari al 25% del capitale sociale, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Nola la predetta società per sentir dichiarare nulla ovvero comunque annullare la delibera dell'assemblea ordinaria dei soci del 30.6.2009 di approvazione del bilancio dell'esercizio chiuso al 31.12.2008, sia per vizi derivati dai precedenti bilanci quelli del 2005, 2006 e 2007, già oggetto di impugnativa in altri giudizi , sia per vizi propri . 2.Il Tribunale di Nola, con la sentenza datata 14.4.2015 n. 1086/2015, accoglieva la domanda e per l'effetto dichiarava la nullità della delibera di approvazione del bilancio chiuso al 31.12.2008, con condanna della società convenuta al pagamento delle spese del grado. 3. Avverso la predetta sentenza proponeva appello la Casa di Salute S. Lucia s.r.l. e la Corte di appello di Napoli, con la sentenza qui oggetto di ricorso per cassazione, rigettava il gravame, confermando pertanto la sentenza impugnata. La corte del merito ha ritenuto - per quanto qui ancora rileva - che a il primo motivo di appello - con il quale la società appellante aveva censurato la sentenza impugnata nella parte in cui non aveva accolto l'eccezione di carenza di interesse della socia ad impugnare, in ragione della mancata impugnazione dei bilanci di esercizio successivi a quello del 2008, con conseguente intangibilità dei saldi di tali bilanci, per il principio di continuità dei valori di bilancio - non era fondato, posto che, ai sensi del comma 1 dell' art. 2434 bis c.c. , l'impugnazione del bilancio ben avrebbe potuto essere promossa, allorché al momento dell'instaurazione del giudizio non fosse stato approvato il bilancio dell'esercizio successivo come avvenuto nel caso di specie , a nulla rilevando che, nelle more del processo stesso, fossero stati approvati i bilanci degli anni successivi, e ciò in ragione del fatto che la durata del processo non poteva ripercotersi negativamente a scapito di colui che avesse proposto l'impugnazione tempestivamente ha, inoltre, osservato che la tesi dell'appellante - secondo cui la mancata impugnazione dei bilanci successivi al primo bilancio impugnato darebbe luogo all'intangibilità delle poste dei predetti bilanci e dunque all'impossibilità giuridica da parte degli amministratori di tener conto degli effetti della nullità con conseguente esclusione che alla socia potesse derivare un'effettiva utilità dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato - non era in alcun condivisibile alla luce proprio di quanto previsto dall'ultimo comma dell' art. 2434 bis c.c. , a mente del quale il bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità tiene conto delle ragioni di questa , previsione che integra il contenuto dell'art. 2377,7 comma, c.c., secondo cui l'annullamento della deliberazione obbliga gli amministratori ad adottare i conseguenti provvedimenti sotto la loro responsabilità ha infine precisato che la nullità di una delibera di approvazione del bilancio rivelatosi falso era destinata sicuramente a travolgere - per effetto della natura reale e demolitoria della sentenza che la dichiara - gli effetti che dalla delibera fossero scaturiti e dunque a rendere inefficace il bilancio, con la conseguenza che, nel momento in cui viene dichiarata la nullità del bilancio precedentemente impugnato, sorge l'obbligo a carico degli amministratori di tener conto delle ragioni della stessa con riguardo al bilancio riferito all'esercizio in corso, senza che tale onere di adeguamento sia condizionato all'impugnazione anche di tale bilancio e di quelli medio tempore intervenuti tra l'impugnazione proposta e la sentenza che l'aveva accolta ha ulteriormente affermato che, secondo i riferimenti normativi sopra richiamati, il bilancio con il quale si deve dare atto della dichiarazione giudiziaria di invalidità della delibera impugnata è sicuramente quello relativo all'esercizio nel corso del quale la decisione giudiziale è stata pronunciata sulla impugnativa della deliberazione societaria e che l'organo gestorio è tenuto ad adeguarsi, quanto meno per il detto bilancio, ai criteri e dettami offerti dalla sentenza ha pertanto concluso nel senso che, in modo erroneo, l'appellante aveva preteso di negare la sussistenza dell'interesse ad agire dell'impugnante, con ciò confondendo l'attualità dell'interesse ad agire al momento dell'impugnazione con l'attualità dell'interesse a correggere anche il bilancio impugnato ed i successivi, una volta dichiaratane la nullità b in relazione al terzo motivo di gravame, con il quale l'appellante ha denunciato la violazione dei principi del contraddittorio, del riparto dell'onere della prova, della disponibilità della prova e delle preclusioni processuali ad opera delle ordinanze emesse dal Giudice Istruttore, la cui validità era stata poi confermata dal Collegio in sede di deliberazione della sentenza di primo grado, le relative doglianze erano infondate, in quanto i relativamente all'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. e alle successive ordinanze modificative e specificative dello stesso, il Tribunale aveva ritenuto le sollevate eccezioni di nullità irrilevanti in quanto i documenti, di cui il giudice istruttore aveva disposto l'esibizione, non erano stati poi prodotti dalla società convenuta e la consulenza si era svolta esclusivamente sulla base della documentazione esistente agli atti e di quella riferita solo alla contabilità 2008, e comunque le stesse eccezioni erano infondate in quanto l'ordinanza di esibizione avanzata dalla parte attrice non era generica ed anche perché i documenti di cui si era chiesta l'esibizione, trattandosi di libri, scritture contabili e documentazione interna della società, potevano essere solo nella disponibilità di quest'ultima ii l'ulteriore obiezione dell'appellante in ordine alla dichiarata irrilevanza della dedotta violazione processuale era inammissibile per carenza di specificità, in quanto se era vero che i documenti di cui il giudice aveva disposto l'esibizione non erano stati prodotti dalla società affermazione quest'ultima posta a fondamento della decisione e neanche contestata in sede di appello , generiche invece erano risultate le contestazioni in ordine alla riproposta eccezione di nullità della consulenza e financo dell'intera fase istruttoria iii pur essendo del tutto condivisibili le considerazioni svolte dall'appellante, in ordine alla valenza della consulenza tecnica contabile, del tutto generico doveva essere considerato l'assunto dell'appellante secondo cui nella specie sarebbe stata consentita un'inammissibile ispezione contabile e né era stato chiarito in che modo ciò potesse aver influito sulle conclusioni rassegnate dal C.t.u., non risultando dedotto neanche quale sarebbe stato l'esito dell'indagine peritale e dunque della lite, al netto delle valutazioni giuridiche che sarebbero state demandate al c.t.u. e delle conclusioni che sarebbero fondate su documenti non ritualmente acquisiti iv in ordine alla eccepita nullità dell'ordinanza interlocutoria del 26.3.2013 e dell'intera fase istruttoria sulla base dell'assunto secondo cui l'intera fase istruttoria sarebbe stata malgovernata dal giudice istruttore, in palese violazione del principio del contraddittorio e di quello della distribuzione dell'onere della prova, anche sotto questo profilo le doglianze erano inammissibili per carenza di specificità, non risultando contestata la sostanziale irrilevanza delle denunciate violazioni né indicato quale sarebbe stato l'esito della indagine peritale e dunque della lite, al netto delle stesse c anche il quarto motivo - con il quale si censurava la sentenza per essere stato omesso l'esame dell'eccepita nullità della consulenza tecnica d'ufficio e per aver il consulente tecnico acquisito ed esaminato, nel corso dell'accesso del 7.6.2013, alcuni documenti non ritualmente prodotti relativi alla voce contenziosi e alla voce immobilizzazioni per gli anni 2006 e 2007, consegnati dal consulente di parte attrice, nonostante l'opposizione dell'appellante , in violazione dunque degli artt. 183 e 198 c.p.c. - non era fondato, in quanto, anche ammesso che il c.t.u. avesse acquisito documenti illegittimamente, ciò che avrebbe avuto rilievo in sede di giudizio di appello era solo che le risultanze di tale documentazione compresa la sentenza del 2013 non fossero state poi utilizzate dal giudice di prime cure per l'adozione della decisione appellata e perché l'appellante non aveva chiarito se le stesse avessero poi influito sull'esito della lite, essendo incontroverso che il c.t.u. era pervenuto all'accertamento della falsità del bilancio 2008 già sulla base della contabilità del 2008, la sola che era stata prodotta dalla società d il quinto motivo di gravame, proposto in relazione alla riconosciuta sussistenza dei vizi denunciati dalla socia in ordine al bilancio 2008, con la conseguente contestata nullità della relativa delibera di approvazione, era anch'esso infondato. 2. La sentenza, pubblicata l'11.04.2019, è stata impugnata dalla Casa di Salute S. Lucia s.r.l. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui M.L. ha resistito con controricorso, accompagnato da memoria. Considerato che 1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del principio di continuità di bilancio , ravvisabile nel combinato disposto degli artt. 2377,7 comma, 2379, 4 comma, e 2434 bis c.c. , sul rilievo che la Corte di appello avrebbe erroneamente rigettato la sua eccezione di cessazione della materia del contendere, conseguente alla mancata impugnazione dei bilanci successivi al 2009 e fino a quelli più recenti. Si evidenzia da parte della ricorrente che la predetta eccezione si baserebbe sulla considerazione per la quale, per effetto del disposto normativo del comma 1 dell' art. 2434 bis c.c. , con l'approvazione del bilancio successivo si verificherebbe una decadenza del diritto del socio ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio precedente , decadenza che tuttavia avrebbe anche l'effetto di rendere irretrattabili le poste - e soprattutto i saldi - del bilancio precedente , che costituirebbero la base del documento contabile dell'esercizio successivo . Sostiene, cioè, la ricorrente che, alla mancata impugnazione dei bilanci intermedi , entro il citato termine di decadenza, conseguirebbe la definitiva cristallizzazione ed irretrattabilità delle poste e dei saldi in essi riportati, con la conseguenza che a tale cristallizzazione farebbe seguito la giuridica impossibilità di apportare modifiche alle poste degli esercizi successivi a quelli impugnati, siccome il principio di continuità dei bilanci imporrebbe che ogni bilancio segua il precedente e preceda il successivo in un rapporto di stretta continuità e interdipendenza in quanto il saldo di chiusura dell'esercizio precedente costituirebbe il saldo di apertura dell'esercizio successivo. Con la conseguenza - precisa ancora la società ricorrente - che, in assenza di impugnazione dei bilanci intermedi , successivi a quello impugnato, la socia avrebbe perso definitivamente interesse alla pronuncia che dichiarasse l'invalidità, in tutto ovvero in parte, del bilancio chiuso al 31.12.2008, posto che la immodificabilità dei saldi degli esercizi 2010, 2011 e 2013 avrebbe impedito la possibilità di tener conto delle eventuali ragioni di tali invalidità, nell'esercizio in cui esse dovessero essere riconosciute, così come statuito dall'ultimo comma dell' art. 2434 bis c.c. . 2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, dell'art. 100 c.p.c., ravvisabile nel combinato disposto degli artt. 2377,7 comma, 2379, 4 comma, e 2434 bis c.c. , sul rilievo che, sulla base delle medesime considerazioni giuridiche esposte nel primo motivo, la Corte di appello non avrebbe rilevato il difetto di interesse ad agire della socia. 2.1 I primi due motivi - che possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta connessione delle questioni trattate - devono essere rigettati perché infondati. 2.2 Rileva il Collegio che la tesi perorata dalla difesa della società ricorrente è in realtà espressamente smentita già dall'ultimo comma dell' art. 2434 bis c.c. , norma a tenore della quale il bilancio di esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità di cui al comma precedente tiene conto delle ragioni di questa , senza, dunque, porre a carico della socia l'onere della sua impugnazione. Occorre pertanto evidenziare, come già correttamente precisato nella sentenza oggetto dell'odierna impugnazione, che è per il bilancio - riferito all'esercizio nel corso del quale viene dichiarata la nullità del bilancio precedentemente impugnato - che sorge l'onere a carico degli amministratori di tener conto delle ragioni della stessa, senza che, tuttavia, tale onere di adeguamento sia condizionato, in senso assoluto, all'impugnazione anche di tale bilancio e di quelli medio tempore intervenuti tra l'impugnazione proposta e la sentenza che l'ha accolta. Sul punto è infatti necessario precisare che, come afferma la norma codicistica già sopra ricordata, è dalla sentenza che dichiara la nullità e non già dalle ulteriori impugnazioni eventualmente proposte dal socio che sorge l'obbligo degli amministratori di correggere non solo il bilancio per il quale era stata dichiarata l'invalidità della delibera, ma anche di quelli seguenti, nella misura in cui le rettifiche operate sul primo bilancio impugnato manifestano i loro effetti sul contenuto dei bilanci degli esercizi successivi. 2.3 Dalle considerazioni che precedono discende pertanto l'assoluta infondatezza delle doglianze articolate dalla ricorrente nel primo e secondo motivo di ricorso, qui in esame. Ed invero, la mancata impugnazione da parte della socia dei bilanci medio tempore approvati non determinava e non determina alcuna sua sopravvenuta carenza di interesse a far valere la nullità del bilancio impugnato, prima, e non dopo, di quelli successivi, con conseguenziale improponibilità anche dell'eccezione di cessazione della materia del contendere. 3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell' art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c. , per error in procedendo e per violazione e falsa applicazione dell' art. 342 c.p.c. 3.1 La ricorrente ricorda che, con il terzo motivo di appello, aveva denunciato la palese violazione dei principi del contraddittorio, della distribuzione dell'onere della prova, della disponibilità della prova e delle preclusioni processuali ad opera delle ordinanze emesse dal Giudice istruttore la cui validità era stata poi confermata dal Tribunale, in sede di decisione collegiale della controversia. Erano stati - aggiunge sempre la ricorrente - illustrati i profili di inammissibilità dell'ordinanza di esibizione dei documenti ex art. 210 c.p.c. , di inammissibilità della C.t.u. , esplorativa e percipiente, posta alla base di tutte le statuizioni decisorie del Tribunale sulle singole poste di bilancio, la nullità di tutta una serie di ordinanze, rese dal Giudice Istruttore senza il rispetto del principio del contraddittorio, a sostegno di tale attività istruttoria che si denunciava in appello come propriamente illegittima. 3.2 Ricorda sempre la ricorrente che la Corte territoriale aveva dichiarato inammissibile la doglianza relativa all'ordinanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. per difetto di specificità posto che i documenti di cui era stata chiesta l'esibizione non erano stati prodotti ed infondate quelle relative alla C.t.u. perché non sarebbe stato dedotto l'esito della consulenza al netto dei documenti non ritualmente acquisiti e perché i profili di nullità accertati erano stati definiti sulla base della documentazione non contestata e legittimamente acquisita al processo ed infine ancora inammissibile, per carenza di specificità, la censura in merito alla nullità delle ordinanze istruttorie rese in assenza di contraddittorio ovvero in violazione del principio dell'onere della prova perché non risultava contestata la sostanziale irrilevanza delle denunciate violazioni né era stato indicato l'esito dell'indagine peritale al netto delle stesse . 3.3 Osserva ancora la ricorrente che, nel caso di specie, l'atto di appello avrebbe contenuto non solo l'indicazione delle parti di provvedimento impugnate, ma avrebbe altresì identificato le specifiche modificazioni richieste alle statuizioni impugnate, avendo evidenziato altresì la violazione delle norme processuali relative all'istruzione della causa e soprattutto avendo evidenziato la rilevanza di tale violazione. 3.4 Il motivo e', in parte, infondato e, per altra parte, inammissibile. 3.4.1 Premesso che è consentita a questa Corte di legittimità scrutinare direttamente i motivi di appello per verificare se gli stessi obbediscano ai criteri di specificità dettati dall' art. 342 c.p.c. , occorre in primo luogo evidenziare come sia stata corretta la decisione adottata dalla Corte territoriale laddove aveva evidenziato la genericità delle doglianze proposte dalla società appellante in punto di violazione dei principi del contraddittorio, del riparto dell'onere della prova, della disponibilità della prova e delle preclusioni processuali. 3.4.2 Sul punto giova ricordare che la Corte territoriale aveva evidenziato che i giudici di prime cure avevano ritenuto le sollevate eccezioni di nullità irrilevanti in quanto i documenti - di cui il giudice istruttore aveva disposto l'esibizione - non erano stati poi prodotti dalla società convenuta e la consulenza si era svolta esclusivamente sulla base della documentazione esistente agli atti e di quella riferita solo alla contabilità 2008, e in quanto i documenti oggetto dell'ordine di ostensione, riguardando libri, scritture contabili e documentazione interna della società, potevano essere solo nella disponibilità di quest'ultima. 3.4.3 Avverso tali statuizioni la società oggi ricorrente, nel motivo di ricorso qui in esame, non ha contraddetto alcunché, non allegando e dimostrando nulla in ordine al profilo del mancato deposito dei documenti oggetto della richiesta di esibizione ex art. 210 c.p.c. ovvero ancora in relazione a quello della decisione adottata sulla base dell'altra documentazione acquisita senza contestazioni tra le parti, ma al contrario si è limitata a riportare verbatim i passaggi dell'atto di appello attraverso i quali, secondo gli assunti della ricorrente, si vorrebbe smentire l'assunta e dichiarata genericità dell'eccezione di nullità invece maldestramente avanzata in grado di appello, passaggi argomentativi il cui contenuto invece conferma la correttezza dell'opinamento dei giudici del gravame che ne avevano dichiarato l'inammissibilità in ragione della non specificità delle relative deduzioni difensive. 3.4.5 Senza contare che, a conclusione del motivo di impugnazione qui in esame, la ricorrente, in modo di nuovo generico, ha laconicamente riproposto l'assunta conseguenza che dall'accoglimento della predetta eccezione di nullità l'esito del giudizio sarebbe stato diametralmente opposto, senza tuttavia spiegare le ragioni di tale apodittica affermazione. 2.4.6 A ciò deve aggiungersi che le doglianze così genericamente proposte neanche si confrontano con le rationes decidendi concorrenti poste a sostegno della contestata decisione, e cioè, da un lato, che la documentazione dell'esercizio 2008 era già di per sé sufficiente all'adozione della contestata decisione e che, dall'altro, l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. era comunque stato legittimamente adottato perché avente ad oggetto documentazione di cui la socia istante non era nella materiale disponibilità. 4. Il quarto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 210 c.p.c. , in considerazione degli artt. 2476 e 2697 c.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, sul rilievo che la Corte di appello avrebbe ritenuto, in modo erroneo, legittimamente adottato da parte del Tribunale un ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. invece altrimenti inammissibile. Si deduce che non corrispondeva al vero l'affermata circostanza che i documenti - oggetto dell'ordine di ostensione - non erano stati, poi, prodotti in giudizio e che, al contrario, gli stessi erano stati oggetto di esame da parte del consulente tecnico. Si evidenzia sempre da parte della ricorrente che la socia M. nulla aveva documentalmente prodotto nei termini preclusivi di cui all' art. 183 c.p.c. e che l'aver ordinato la produzione di documentazione - cui la socia avrebbe potuto avere accesso liberamente prima dell'introduzione della causa, ai sensi dell' art. 2476 c.c. - avrebbe comportato che la consulenza si fosse svolta su documenti invece inammissibilmente acquisiti. Tale condotta processuale, invece ritenuta legittima anche dalla Corte di appello, avrebbe comportato - aggiunge sempre la società ricorrente - l'evidente violazione dell' art. 183 c.p.c. in tema di preclusioni istruttorie e del comma 1 dell' art. 210 c.p.c. , sul rilievo che la necessità istruttoria - cui si riferisce la norma da ultimo menzionata - rappresenterebbe un requisito ulteriore rispetto alla semplice rilevanza richiesta per l'ammissione delle prove acquisite, ossia il requisito della indispensabilità, e cioè che sia comunque possibile acquisire aliunde la prova del fatto. Osserva ancora la ricorrente che l' art. 2476 c.c. consentirebbe invece al socio di una s.r.l. la possibilità di acquisire in qualsiasi momento i documenti di cui si era chiesta l'esibizione, essendo tutti documenti afferenti l'amministrazione della società. 4.1 La doglianza, così proposta, è inammissibile perché non riesce a superare la ratio decidendi principale posta a sostegno della impugnata decisione di irrilevanza dell'eccezione processuale di nullità del più volte contestato ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. 4.2 La Corte di appello aveva infatti osservato che già il Tribunale aveva evidenziato che la documentazione oggetto dell'ordine di ostensione non era stata depositata dalla società oggi ricorrente e che anche gli accertamenti peritali si erano svolti sulla base della diversa documentazione, afferente l'esercizio 2008, acquisita, senza contestazioni tra le parti, al giudizio. 4.3 Orbene, a fronte di tale chiara ratio decidendi e per la quale già il Giudice del gravame aveva ritenuto le censure proposte in appello irrilevanti e solo genericamente formulate , la società contrappone solo una contestazione generica, deducendo che in realtà la documentazione - di cui era stato fatto ordine di esibizione - era stata invece depositata ed utilizzata per la C.t.u., senza tuttavia ancora una volta indicare quale fosse tale documentazione ed in che modo fosse stata utilizzata probatoriamente prima dal C.t.u. contabile e poi dal Tribunale per le relative statuizioni. 5. Il quinto mezzo denuncia invece violazione e falsa applicazione degli artt. 183,191,194,198 c.p.c. e degli artt. 2476 e art. 2697 c.c. , sempre ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, sul rilievo che il Tribunale, prima, e la Corte di appello, poi, avrebbero violato i principi regolanti la distribuzione dell'onere della prova e della disponibilità della prova stessa e le preclusioni processuali. 5.1 Anche l'ultimo motivo di ricorso è inammissibile perché le censure così proposte non riescono a superare, come nel caso del motivo in precedenza esaminato, l'obiezione sollevata a più riprese dai giudici del merito secondo cui la documentazione - di cui si era contestata l'acquisizione in giudizio, tramite l'ordine di esibizione - non era stata comunque presa in considerazione dal C.t.u. contabile nel suo elaborato peritale perché fondato quest'ultimo sulla diversa e non contestata documentazione relativa all'esercizio 2008. 5.2 Senza poi contare che le ulteriori doglianze, incentrate sulla presunta violazione dell' art. 198 c.p.c. , ancora una volta risultano generiche e non autosufficienti, non spiegando in quale atto processuale la ricorrente avesse manifestato dissenso alle contestate acquisizioni documentali durante la Ctu e come ancora le conclusioni del Ctu potessero essere state fuorviate dalle predette acquisizioni istruttorie. 5.3 A ciò va aggiunto che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, sebbene le parti non possano sottrarsi all'onere probatorio a loro carico invocando, per l'accertamento dei propri diritti, una consulenza tecnico di ufficio, non essendo la stessa un mezzo di prova in senso stretto, è tuttavia consentito al giudice fare ricorso a quest'ultima per acquisire dati la cui valutazione sia poi rimessa allo stesso ausiliario c.d. consulenza percipiente purché la parte, entro i termini di decadenza propri dell'istruzione probatoria, abbia allegato i corrispondenti fatti, ponendoli a fondamento della sua domanda, ed il loro accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche v. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20695 del 10/09/2013 n. 6155 del 2009 Sezioni Unite n. 30175 del 2011 . Nel complesso il ricorso va pertanto rigettato. In relazione ai primi due motivi di ricorso, occorre pertanto affermare il seguente principio di diritto Ai sensi dell' art. 2434bis c.c. , le impugnazioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. nei confronti delle delibere di approvazione del bilancio non richiedono, dopo l'impugnazione giudiziale del primo bilancio, anche quella dei bilanci medio tempore chiusi nel corso del giudizio, posto che, ai sensi del comma 3 dell' art. 2434bis c.c. , l'amministratore deve tener conto delle ragioni dell'intervenuta dichiarazione giudiziale di invalidità dell'impugnata delibera di approvazione del bilancio solo nel bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene dichiarata l'invalidità stessa . Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 Cass. Sez. Un. 23535 del 2019 . P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.