Revocati i pagamenti “anormali”, si possono revocare anche quelli normali effettuati nello stesso periodo

In tema di revocatoria fallimentare, una volta accertata l'effettuazione dei pagamenti con mezzi anormali, ai sensi del primo comma, n. 2, dell'art. 67 della l. fall., senza che il creditore abbia fornito la prova della inscientia decoctionis , la sua conoscenza dello stato di insolvenza deve essere accertata in concreto anche in riferimento alla domanda di revoca di pagamenti riconducibili al secondo comma della medesima disposizione collocati nello stesso arco temporale.

La vicenda riguarda un' azione revocatoria fallimentare svolta da un curatore nei riguardi di un Istituto di credito per ottenere la dichiarazione di inefficacia di diverse rimesse in conto corrente. L'azione viene svolta ai sensi dell' art. 67, comma 1, n. 2, della l. fall . per alcuni versamenti e ai sensi dell' art. 67, comma 2, l. fall . per altri. Nei gradi di merito diverse rimesse vengono effettivamente revocate e la controversia arriva in Cassazione su ricorso dell'istituto di credito. Il Fallimento resiste con controricorso e ricorso incidentale. Tutti i motivi del ricorso principale svolto dall'Istituto di credito vengono respinti dalla Cassazione. I primi quattro mezzi sono così giudicati infondato il primo e inammissibili gli altri, poiché mirano a contestare un capo della sentenza ormai coperta da giudicato. Infatti, il Tribunale in primo grado aveva revocato alcune rimesse in conto corrente ma, non avendo la banca contestato le relative statuizioni che la vedevano soccombente, conseguiva che anche le premesse logiche alle statuizioni medesime - cioè la natura solutoria e il carattere di mezzi anormali di pagamento - dovevano considerarsi coperte da giudicato. Il quinto motivo è considerato inammissibile poiché la ricorrente avrebbe lamentato una violazione o falsa applicazione di una norma di legge ponendo invece in discussione la valutazione del materiale probatorio da parte del giudice di merito. Anche il sesto motivo è considerato inammissibile dato che la ricorrente ha svolto il motivo ex art. 360, n. 5, c.p.c. , denunciando l'omesso esame di un fatto decisivo e attribuendo tale qualifica ad una relazione allegata ad un bilancio di esercizio. La Cassazione ricorda che il fatto cui fa riferimento l' art. 360, n. 5, c.p.c. , è un fatto storico e non un documento che potrebbe - tutt'al più - rilevare come elemento probatorio. Secondo la Suprema Corte è invece fondato il ricorso incidentale . Come indicato nella descrizione del caso, alcune rimesse in conto corrente erano state revocate ai sensi dell' art. 67, comma 1, n. 2, l. fall . in quanto pagamenti anormali” , cioè avvenuti con atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. In questo caso la norma pone a carico dell' accipiens l'onere di dimostrare di non essere stato a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore la c.d. inscientia decoctionis esonerando la curatela fallimentare da ulteriori oneri probatori. In sostanza, nella fattispecie di cui al primo comma, n. 2, dell' art. 67 l. fall ., la conoscenza dello stato di insolvenza si presume a meno che l' accipiens dimostri il contrario. Altre rimesse avvenute nello stesso periodo erano state revocate ai sensi dell' art. 67, comma 2, l. fall ., in quanto pagamenti di debiti liquidi ed esigibili compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento. In questa seconda ipotesi però il peso” probatorio è posto a carico del Fallimento che dovrà dimostrare la conoscenza dello stato di insolvenza in capo all' accipiens. Nel caso di specie la curatela aveva censurato la sentenza d'appello nella parte in cui, una volta ammessa l'operatività della presunzione legale ex art. 67, comma 1, l. fall ., in mancanza di prova della inscientia decoctionis da parte della banca, ha ritenuto non provata da parte del Fallimento la scientia decoctionis dell' accipiens in ordine agli altri pagamenti normali” ricevuti nel medesimo periodo temporale e che il Fallimento intendeva revocare ai sensi dell' art. 67, comma 2, l. fall . Gli Ermellini in primo luogo ricordano le differenze tra presunzioni semplici e presunzioni legali . Nelle prime vi è un fatto certo che deve essere provato in giudizio e, attraverso di esso, si risale al fatto da dimostrare. Le seconde invece sono stabilite dalla legge e non necessitano di dimostrare il fatto sul quale possono fondarsi. Una volta però che si sono verificate le condizioni per le presunzioni semplici esse hanno la medesima efficacia di quelle iuris tantum . Ora, nel caso di specie la Cassazione osserva che l'ipotesi di revocatoria ex art. 67, comma 1, n. 2, l. fall . istituzionalizza il fatto che chi accetta pagamenti anormali lo fa perché ha contezza che il debitore non è in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni . Di conseguenza se si accertano i pagamenti anormali, in mancanza della prova dell' inscientia decoctionis da parte della banca unica via di fuga” come detto concessa all' accipiens dall' art. 67, comma 1, n. 2, l. fall . , rimane dimostrato che il creditore fosse consapevole dello stato di insolvenza anche con riferimento a pagamenti normali effettuati nello stesso arco temporale che quindi possono essere revocati ex art. 67, comma 2, l. fall .

Presidente Genovese – Relatore Di Marzio Rilevato che 1. - La Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. ricorre per sei mezzi, nei confronti del Fallimento omissis S.p.A., contro la sentenza dell'11 maggio 2016 con cui la Corte d'appello di Napoli, provvedendo in parziale riforma di sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, che aveva parzialmente accolto la revocatoria fallimentare proposta dal Fallimento, ha dichiarato inefficaci, nei suoi confronti, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, della legge fallimentare , in aggiunta a quelle che avevano già formato oggetto della sentenza di primo grado, ulteriori rimesse per complessivi 1.784.811,21 Euro, e, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, in aggiunta a quelle che avevano già formato oggetto della sentenza di primo grado, ulteriori rimesse per complessivi 30.050,00 Euro, condannando la banca al relativo pagamento e regolando le spese di lite. 2. - Il Fallimento resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale per un mezzo resistito con controricorso. Deposita memoria. Considerato che 3. - Il ricorso contiene i seguenti motivi i nullità della sentenza per avere la Corte d'Appello violato le norme sul giudicato interno ii violazione di legge, per avere la Corte d'appello ritenuto erroneamente che le rimesse in esecuzione del mandato in rem propriam avessero natura solutoria iii violazione di legge, per avere la Corte d'Appello erroneamente ritenuto come anormali mezzi di pagamento i mandati in rem propriam e per avere di conseguenza posto a carico dell'istituto bancario la prova dell'inscientia decoctionis ed avere esteso il periodo sospetto ai due anni precedenti la dichiarazione di fallimento iv violazione di legge, per non avere la Corte d'Appello revocato il negozio all'origine delle rimesse impugnate prima di revocare le rimesse stesse v violazione di legge, per avere la Corte d'Appello errato nell'affermare l'assenza di elementi positivi a riprova dell'inscientia decoctionis, ritenendo che gli ammortamenti delle immobilizzazioni fossero stati erroneamente effettuati con aliquota ridotta al 50% e, per l'effetto, reputando non superata la presunzione di scientia decoctionis da parte dell'istituto bancario vi omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, quale la Relazione sulla gestione allegata al bilancio di esercizio, essendosi limitata la Corte all'analisi di una singola voce di bilancio ammortamento immobilizzazioni senza prendere in considerazione tutti gli elementi positivi che emergevano dallo stesso e che avrebbero fatto desumere una inscientia decoctionis e l'assenza di insolvenza. 4. - Il ricorso incidentale lamenta violazione di legge, per avere la Corte d'Appello escluso che la prova della scientia decoctionis, raggiunta in relazione ai pagamenti anormali per effetto della presunzione legale di cui alla L. Fall., art. 67, comma 1, e della mancata prova contraria da parte della banca convenuta, si estendesse ai coevi pagamenti revocabili ai sensi dell'art. 67, comma 2, della stessa legge. Ritenuto che 5. - Il ricorso principale va respinto. 5.1. - E' infondato il primo mezzo. La Corte territoriale ha ritenuto essersi formato il giudicato interno sul carattere solutorio di tutte le rimesse eseguite in esecuzione di mandato in rem propriam in favore della banca, non avendo quest'ultima spiegato appello sul punto. A fronte di ciò, la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. replica osservando che essa mirava esclusivamente alla conferma della sentenza di primo grado, per le ragioni che andremo ad esporre non vi era invece alcun interesse alla riforma, seppur parziale, della pronuncia del Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi . Orbene, è agevole osservare che il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, ritenuto il carattere solutorio delle rimesse eseguite in esecuzione di mandato in rem propriam in favore della banca, ha accolto la revocatoria spiegata dal Fallimento, sia pure in parte, e cioè limitatamente all'importo di 500.000,00 Euro, corrispondente alle rimesse effettuate a partire dal 4 giugno 2003 ed è del tutto ovvio che siffatta statuizione, a fronte della quale la banca è rimasta soccombente, non impugnata dalla stessa, abbia dato luogo al formarsi del giudicato non solo sulla statuizione come tradottasi in dispositivo, bensì su tutto quanto costituiva premessa logica indispensabile alla statuizione medesima v. a mero titolo di esempio tra le tantissime, Cass. 28 novembre 2017, n. 28415 , ivi compresa, dunque, la natura solutoria delle dette rimesse e della loro connotazione, pure affermata dal Tribunale, di mezzi anormali di pagamento, il che esime dal rilevare che l'appello incidentale sarebbe stato necessario, nella sistemazione della materia operata da Cass., Sez. Un., 19 aprile 2016, n. 7700 , anche se la soccombenza di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. fosse stata non già reale, ma soltanto virtuale, sulla detta questione. 5.2. - Per conseguenza il secondo e terzo mezzo sono inammissibili, in quanto volti a rimettere in discussione detta medesima questione coperta da giudicato. 5.3. - Il giudicato rende inammissibile anche il quarto mezzo. Sostiene difatti la ricorrente che non si sarebbero potute revocare ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, le rimesse senza prima aver dichiarato la inefficacia dei negozi cessioni di portafogli s.b.f. - RIBA - con mandati all'incasso ai quali esse erano collegate e che le avevano originate sicché anche in questo caso occorre limitarsi a constatare che già il primo giudice aveva ritenuto la revocabilità delle rimesse in questione. 5.4. - E' inammissibile il quinto mezzo. Esso denuncia violazione della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, ma non ha nulla a che vedere con il significato e la portata applicativa della norma menzionata, ponendo in discussione, invece, la valutazione del materiale istruttorio operata dal giudice di merito. Questi, dopo aver ricordato che incombeva sulla Banca l'onere di dimostrare l'esistenza di elementi che inducano a ritenere l'accipiens consapevole della solvibilità del soggetto poi fallito , ha aggiunto che elementi positivi attestanti la solvibilità del soggetto poi fallito nel caso di specie, nel biennio antecedente la dichiarazione di fallimento, non ve ne sono , precisando, anzi, che, a partire dal mese di novembre 2002, vi erano dei campanelli di allarme , successivamente esaminati. A fronte di ciò, la banca ricorrente sostiene che gli ammortamenti praticati sarebbero stati corretti e legittimi e che, pertanto, non potrebbe dubitarsi che la Banca, leggendo il bilancio , avesse un pieno convincimento dello stato di buona salute della omissis . In proposito, non ha però bisogno di essere rammentato che dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va tenuta nettamente distinta la denuncia dell'erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell'ambito dell'interpretazione e applicazione della norma di legge. Il discrimine tra l'una e l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa Cass. 11 gennaio 2016, n. 195 Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110 Cass. 4 aprile 2013, n. 8315 Cass. 16 luglio 2010, n. 16698 Cass. 26 marzo 2010, n. 7394 Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313 e nel caso in esame ciò che viene posto in discussione è proprio la valutazione che il giudice di merito ha fatto del materiale probatorio disponibile, nel ritenere non raggiunta la prova della inscientia decoctionis. 5.5. - E' infine evidentemente inammissibile il sesto mezzo, con il quale si lamenta che il giudice di merito non avrebbe integralmente letto e considerato in tutti i suoi aspetti la Relazione sulla gestione allegata al bilancio di esercizio questa Corte da tempo chiarito che il fatto cui si riferisce dell' art. 360 c.p.c. , n. 5, è un fatto storico Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053 , e tale non è la menzionata Relazione, la quale rileva semmai come elemento probatorio, nei cui riguardi trova applicazione il principio secondo cui il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, non è tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti ad es. Cass. 4 luglio 2017, n. 16467 Cass. 23 maggio 2014, n. 11511 Cass. 7 gennaio 2009, n. 42 Cass. 17 luglio 2001, n. 9662 . 6. - Il ricorso incidentale è fondato. Esso denuncia violazione di legge, essendo le norme violate la L. Fall., art. 67, nonché gli artt. 2727,2728 e 2697 c.c. . In breve, la tesi del Fallimento si riassume in ciò, che, ammessa l'operatività della presunzione legale di cui della L. Fall., art. 67, comma 1, in mancanza della prova della inscientia decoctionis, il giudice di merito, per la contraddizione che non consente, non avrebbe poi potuto ritenere non provata da parte del Fallimento la scientia decoctionis ai sensi del comma 2 della stessa disposizione. Il ragionamento della Corte d'appello pone l'accento sulla distinzione che separa la disciplina dettata dall' art. 2727 c.c. , da quella prevista dal successivo art. 2728 mentre nel primo caso vi è un fatto certo attraverso il quale si risale al fatto da provare, la presunzione legale opererebbe secondo un meccanismo diverso, dispensando il soggetto a favore del quale è posta dalla prova della circostanza che costituisce oggetto, come espressamente stabilito dall' art. 2728 c.c. , dunque, se la curatela è dispensata dalla dimostrazione della scientia decoctionis per le operazioni che rientrano tra le fattispecie previste dalla L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, non può esserlo per quelle di cui al comma 2, per le quali, sarà in ogni caso tenuto ad adempiere all'onere probatorio sullo stesso gravante indipendentemente dall'operare della presunzione di cui al comma 1 con riguardo a diverse categorie di operazioni . Tale affermazione, che pure non manca di addentellati in dottrina, e che potrebbe avere forse una diversa forza persuasiva se riferita alle presunzioni legali assolute, è tuttavia errata in diritto alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la quale ha già avuto modo di stabilire che la presunzione semplice e la presunzione legale iuris tantum si distinguono unicamente in ordine al modo di insorgenza, perché, mentre il fatto sul quale si fonda la prima dev'essere provato in giudizio ed il relativo onere grava su colui che intende trarne vantaggio, la seconda è stabilita dalla legge e, quindi, non abbisogna della prova di un fatto sul quale possa fondarsi e giustificarsi. Una volta, tuttavia, che la presunzione semplice si sia formata e sia stata rilevata cioè, una volta che del fatto sul quale si fonda sia stata data o risulti la prova , essa ha la medesima efficacia che deve riconoscersi alla presunzione legale iuris tantum, quando viene rilevata, in quanto l'una e l'altra trasferiscono a colui, contro il quale esse depongono, l'onere della prova contraria Cass. 27 novembre 1999, n. 13291 Cass. 3 marzo 2016, n. 4241 . Laddove la L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, stabilisce la revocabilità degli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento , salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, istituzionalizza il rilievo del fatto ivi considerato, ossia l'effettuazione del pagamento con mezzi anormali, imponendo di trarne, salvo prova contraria, la medesima conseguenza che già avrebbe potuto esserne desunta caso per caso sul piano dell'id quod plerumque accidit, nel quadro di applicazione dell' art. 2729 c.c. , e cioè che chi accetta di essere pagato con mezzi anormali lo fa perché ha contezza che il debitore non è in condizione di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni con mezzi normali. Ovvio, dunque, che, una volta accertata in concreto la predetta circostanza, ossia l'effettuazione del pagamento con mezzi anormali, in mancanza della prova della inscientia decoctionis, rimane accertato che il creditore era consapevole dello stato di insolvenza, consapevolezza definitivamente accertata con riguardo all'arco temporale preso in considerazione, anche con riguardo agli eventuali pagamenti normali contemplati dal comma 2 della disposizione. 7. - Il ricorso principale è respinto ed è accolto quello incidentale, la causa è rinviata dinanzi alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto In materia di revocatoria fallimentare, una volta accertata l'effettuazione dei pagamenti con mezzi anormali, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, senza che il creditore abbia fornito la prova della inscientia decoctionis, la sua conoscenza dello stato di insolvenza deve essere considerata accertata in concreto anche in riferimento alla domanda di revoca di pagamenti riconducibili al comma 2 della medesima disposizione collocati nello stesso arco temporale , provvedendo anche sulla liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto a carico del ricorrente principale. P.Q.M. rigetta il ricorso principale ed accoglie l'incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.