Condannato il padre affidatario che obbliga la madre a vedere i figli alle sue condizioni

La Corte d’Appello di Bari ha confermato la condanna di un padre, alla pena di 300 euro di multa, per la mancata esecuzione di un provvedimento del giudice art. 388, comma 2, c.p. , avendo violato l’ordinanza con cui l’autorità giudiziaria aveva disposto l’affidamento condiviso dei figli, conviventi con l’imputato, impedendo alla madre di vederli nei giorni stabiliti.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del protagonista della vicenda in esame, ricordando come le SS.UU. abbiano già avuto modo di chiarire come l'interesse tutelato dall' art. 388 c.p. non è l'autorità in sé delle decisioni giurisdizionali, bensì l'esigenza costituzionale di effettività della giurisdizione ed esclude la rilevanza penale del mero rifiuto di ottemperare ai provvedimenti giudiziali previsti dal secondo comma dell'art. cit., a meno che, tuttavia, l'obbligo imposto richiede la necessaria collaborazione dell'obbligato Cass. n. 36692/2007 . Inoltre, prendendo in considerazione l'elemento soggettivo del delitto in oggetto, la fattispecie richiede un dolo generico che deve assumere la forma intenzionale . Ne consegue che il convincimento di aver agito nell'interesse dei figli minori non nega la sussistenza del dolo in capo all'accusato, desumibile dall'ampio lasso temporale per il quale l'imputato ha impedito alla madre di vedere i figli e/o lo ha consentito a condizioni restrittive, decise ed imposte dallo stesso. Indi per cui ne segue l'inammissibilità del ricorso in oggetto.

Presidente Criscuolo – Relatore Di Giovine Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte d'appello di Bari ha confermato la condanna di D.L.M. alla pena di 300 Euro di multa, per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice art. 388, comma 2, c.p. , per aver violato l'ordinanza con cui l'autorità giudiziaria aveva disposto l'affidamento condiviso dei figli, conviventi con il padre, impedendo alla madre di vederli nei giorni stabiliti. 2. Avverso la sentenza in epigrafe presenta ricorso l'imputato che, per il tramite del suo difensore, G. G., deduce i seguenti quattro motivi di ricorso. 2.1. Violazione dell' art. 581 c.p.p. e vizio di motivazione. La Corte d'appello ha erroneamente ritenuto la sussistenza dell'elemento materiale del reato, nonostante già in appello fosse stato dedotto - e risultasse agli atti - che i provvedimenti di ammonimento cui aveva fatto riferimento la parte civile, valorizzati dallo stesso giudice di primo grado ai fini dell'accertamento di responsabilità, riguardavano i periodi sino ad agosto 2012, nonostante il capo di imputazione si riferisca a fatti accertati al OMISSIS , data della denuncia. In particolare, sia l'ordinanza del 27/02/2015, sia le deposizioni di due testi D.L.N. e G.F. avrebbero chiarito che, dopo la seconda ordinanza di ammonimento, e cioè a partire da agosto 2012, l'imputato aveva cessato di opporsi a che la madre vedesse liberamente i figli, essendo stata, piuttosto, la donna a non manifestare alcun interesse in tal senso. Si aggiunge che D.L. era impossibilitato ad assicurare quotidianamente il diritto di visita della madre, poiché impegnato fuori casa in ragione dei turni di lavoro, sicché i bambini erano affidati ai nonni. 2.2. Erronea applicazione del delitto di cui all' art. 388 c.p. per difetto dell'elemento soggettivo. Nel caso di specie, nemmeno si configurerebbe il dolo intenzionale richiesto dalla fattispecie di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. La più recente giurisprudenza di legittimità su tutte, è citata Sez. U, n. 36692 del 27/09/2007, Vuocolo, Rv. 236937 ha precisato, infatti, che la fattispecie in oggetto non mira ad assicurare il formale ossequio al contenuto del provvedimento giudiziario e neppure la tutela dell'interesse dell'altro coniuge, essendo invece preposta a tutelare l'interesse dei minori. L'istruttoria dibattimentale avrebbe, dunque, escluso l'intenzione, in capo all'imputato, di eludere l'esercizio delle facoltà riconosciute alla moglie nel provvedimento giudiziale, considerato altresì che era stata la parte civile a venir meno ai suoi obblighi familiari, abbandonando la casa per andare a vivere con un uomo la cui presenza l'imputato reputava nociva per i bambini l'abitazione occupata dalla donna con il nuovo compagno era ritenuta dall'imputato inidonea ad ospitare bambini allora in tenera età constava di una sola stanza ed era abitata altresì da un grosso cane lo stesso imputato, quando i suoi impegni glielo consentivano, accompagnava i figli agli incontri con la madre. 2.3. Intervenuta maturazione del termine di prescrizione. Erra la Corte d'appello quando ritiene che il reato non sia prescritto, dal momento che - come precisato nel primo motivo di ricorso - la data di consumazione dello stesso avrebbe dovuto essere individuata nell'agosto 2012 e non nel gennaio 2013. Pertanto, anche tenendo conto del periodo di sospensione 18 mesi e 4 giorni , secondo il ricorrente, il reato si sarebbe prescritto il 25/07/2021. 2.4. Erronea condanna dell'imputato alla rifusione delle spese di costituzione e difesa sostenute dalla parte civile costituita. La Corte d'appello di Bari, nel dispositivo della sentenza, condanna l'imputato alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla costituita parte civile, ammessa al gratuito patrocinio, disponendone il pagamento in favore dello Stato. Dunque, nonostante rigetti il motivo di appello, dichiarandolo infondato, nel dispositivo tale motivo risulta accolto, sicché la sentenza risulterebbe, anche sul punto, contraddittoria ed illogica. 3. Il procedimento è stato trattato in forma cartolare, ai sensi dell' art. 23, comma 8, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 , convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 , e dell'art. 16, comma 1, D.L. 30 dicembre 2021, n. 228 , convertito dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15 . 4. Presenta conclusioni scritte la parte civile, A.V. , per il tramite dell'avvocato Marialuisa Tarricone, associandosi alla requisitoria scritta del Procuratore Generale e chiedendo, dunque, che il ricorso sia dichiarato inammissibile. 5. Anche l'imputato produce conclusioni scritte, eccependo, in replica alle deduzioni del Procuratore Generale là dove ha ritenuto il ricorso inammissibile perché versato in fatto, come i primi tre motivi siano tutti in diritto e, quanto al quarto motivo, che l'interesse del ricorrente discende dal rischio che, non essendo stato emendato l'errore del giudice di primo grado sulla liquidazione delle spese in favore della costituita parte civile, l'imputato sia esposto ad una duplice esecuzione relativa al dispositivo di Tribunale, essendo in teoria la parte civile legittimata a richiedere il rilascio della sentenza munita di formula esecutiva. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, poiché reitera deduzioni in prevalenza relative all'apprezzamento del materiale probatorio, di cui sembra, dunque, chiedere una rivalutazione, non consentita in sede di legittimità, ed alle quali i giudici di secondo grado hanno comunque fornito risposte complete e logiche, come tali, parimenti insindacabili da questo giudice. 2.1. In particolare, generico risulta il primo motivo, con il quale si eccepisce l'insussistenza del fatto materiale di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. Il ricorrente, infatti, trascura di considerare che, ad analoga deduzione in appello, i giudici avevano già replicato che dalla documentazione ritualmente acquisita agli atti del processo e dalle prove orali, è emersa la piena prova della penale responsabilità dell'imputato avendo costui eluso il provvedimento emesso dal tribunale di Trani nel procedimento di separazione personale dei coniugi , per poi precisare, quasi testualmente, come la parte civile, escussa in udienza, avesse riferito in modo chiaro e senza possibilità di equivoci che per circa un anno e mezzo dall'inizio della separazione, avvenuta nel 2010, non ha potuto vedere i figli e che successivamente li ha potuti incontrare, ma mai alle condizioni del Tribunale, bensì secondo le modalità decise da D.L. . La decisione dei giudici di merito appare, dunque, correttamente basata sulle dichiarazioni della persona offesa-parte civile, peraltro riscontrate, conformemente a quanto suggerito da Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214, attraverso le dichiarazioni dell'assistente sociale G. , la quale ha sì confermato che l'imputato aveva consentito, a partire da una certa data, di far vedere i figli alla madre, ma ha parimenti precisato che gli incontri avvenivano per qualche ora sul sagrato di una chiesa di OMISSIS , alla presenza dell'imputato. Anche in rapporto a quanto di seguito precisato, è utile, infine, specificare che le sanzioni comminate dal Tribunale di Trani ex art. 709-ter c.p.c. in data 05/01/2011 e 06/07/2012, lungi dal fondare, di per sé, la decisione in ordine alla sussistenza del reato, sono citate, nell'economia della motivazione, soltanto ad ulteriore conferma della elusione del provvedimento giudiziario, aggiungendosi, dunque, ai citati riscontri. 2.2. Manifestamente infondato è il secondo motivo, sull'elemento soggettivo del delitto di cui all' art. 388, comma 2, c.p. . Innanzitutto, inconferente risulta il richiamo a Sez. U, n. 36692 del 27/09/2007, Vuocolo, Rv. 236937, che, pur proponendo un'interpretazione de-formalizzante della fattispecie, riguardava una situazione non assimilabile a quella oggetto del presente giudizio nel caso oggetto della pronuncia, la ricorrente si era rifiutata di ottemperare ad ordinanza possessoria di restituzione di un locale ma, di fronte al rifiuto, la rimozione degli oggetti presenti nel vano era stata comunque realizzata dall'ufficiale giudiziario . La sentenza delle Sezioni Unite esprime, del resto, un principio diverso da quello ravvisato dal ricorrente chiarisce che l'interesse tutelato dall' art. 388 c.p. non è l'autorità in sé delle decisioni giurisdizionali, bensì l'esigenza costituzionale di effettività della giurisdizione ed esclude la rilevanza penale del mero rifiuto di ottemperare ai provvedimenti giudiziali previsti dall' art. 388, comma 2, c.p. , a meno che - tuttavia - l'obbligo imposto non sia coattivamente ineseguibile, poiché la sua attuazione richiede la necessaria collaborazione dell'obbligato. Tanto accadeva, appunto, nel caso di specie, in cui l'interesse sotteso al rispetto del provvedimento giudiziario poteva essere assicurato soltanto mediante la cooperazione del suo destinatario D.L.M. . Quanto poi, specificamente, all'elemento soggettivo, è opportuno premettere che la fattispecie richiede un dolo generico che, quindi, non necessariamente deve assumere la forma intenzionale. Ciò precisato, come ricordato anche dal Procuratore Generale nella requisitoria scritta, è vero che secondo la giurisprudenza di legittimità, il dolo richiesto per la configurabilità del delitto di mancata esecuzione di un provvedimento del giudice civile concernente l'affidamento di un figlio minore art. 388, comma 2, c.p. non è integrato nel caso in cui ricorra un plausibile e giustificato motivo che abbia determinato l'azione del genitore affidatario a tutela esclusiva dell'interesse del minore Sez. 6, n. 9190 del 28/02/2012, V. Rv. 252296 . Tuttavia, come del pari osservato dal Procuratore, il plausibile e giustificato motivo in grado di costituire valida causa di esclusione della colpevolezza - che priva di rilievo il rifiuto di dare esecuzione al provvedimento del giudice civile concernente l'affidamento dei figli minori - pur non richiedendo gli elementi tipici dell'esimente dello stato di necessità, deve essere determinato dalla volontà di esercitare il diritto-dovere di tutela dell'interesse del minore in una situazione sopravvenuta che, per il momento del suo avverarsi e per il carattere meramente transitorio, non abbia potuto essere devoluta al giudice per la opportuna eventuale modifica del provvedimento. Con la conseguenza che l'elusione del provvedimento giudiziale non può essere fondata su una mera valutazione soggettiva di situazioni preesistenti siano esse note, dedotte o deducibili al giudice circa la inopportunità dell'esecuzione, in quanto il dissenso sul merito del provvedimento manifesta la volontà del soggetto agente di eluderne l'esecuzione in tal senso, Sez. 6, n. 17691 del 09/01/2004, Bonacchi, Rv. 228490 Sez. 6, n. 27613 del 19/06/2006, Del Duca, Rv. 235130. Più di recente, Sez. 6, ord. n. 27705 del 22/01/2019, F., Rv. 276250 . In altre parole, il convincimento di aver agito nell'interesse dei figli minori non nega la sussistenza del dolo in capo a D.L. , del resto desumibile dall'ampio lasso temporale per il quale l'imputato ha impedito alla madre di vedere i figli e/o lo ha consentito a condizioni restrittive, da lui soggettivamente decise ed imposte, che rende poco plausibile la tesi di un impedimento giustificato e meramente occasionale a contrario, Sez. 6, n. 10905 del 31/01/2023, C. non mass. e destituisce, correlativamente, di fondamento la circostanza di fatto - già ritenuta irrilevante dal giudice dell'appello e, ciò nondimeno, reiterata, da ultimo, nelle conclusioni - che, per impedimenti lavorativi, l'imputato non avesse la possibilità di garantire i contatti tra la madre e i bambini, avendo affidato questi ultimi ai nonni paterni. 2.3. Il terzo motivo di ricorso, sulla ritenuta prescrizione del reato, è anch'esso privo di pregio. Come precisato nella risposta al primo motivo di ricorso, i giudici dell'appello hanno correttamente ritenuto, infatti, che la consumazione del reato è cessata il 07/01/2013 secondo l'imputazione o - rectius - il 17/01/2013, data in cui la parte civile ha presentato la denuncia-querela e si è interrotta la condotta elusiva dell'imputato non nel gennaio 2012, come sostenuto, invece dal ricorrente. Di conseguenza, il 22/12/2021, quando è stata pronunciata la sentenza di secondo grado, il reato non era ancora prescritto, posto che al termine dei 6 anni, aumentati di un quarto, ai sensi dell' art. 161, comma 2, c.p. , devono essere aggiunti i periodi di sospensione per un totale - come precisato nella sentenza impugnata - di 18 mesi e 4 giorni, con la conseguenza che il termine di prescrizione sarebbe maturato dopo complessivi 9 anni e 4 giorni, vale a dire il giorno 11 oppure 21 /01/2022. 2.4. Inammissibile è, infine, il quarto e ultimo motivo di ricorso, difettando l'interesse in capo al ricorrente. Del resto, al di là di quanto affermato nella motivazione della pronuncia impugnata, la Corte d'appello ha condannato l'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile, ammessa al gratuito patrocinio, espressamente disponendone il pagamento in favore dello Stato . Di conseguenza, nel paventato e molto teorico caso in cui la parte civile pretenda l'esecuzione del dispositivo della sentenza di primo grado, essendo stato esso superato e vanificato dal dispositivo della pronuncia di secondo grado, il ricorrente avrebbe buon gioco nell'azionare i rimedi giurisdizionali messi a disposizione dall'ordinamento. 3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell' art. 616 c.p.p. . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.