Colpisce la compagna al volto con un coltello: condannato per lo sfregio permanente al viso

La Cassazione respinge i dubbi di legittimità costituzionale della norma incriminatrice introdotta con la l. n. 69/2019, c.d. codice rosso, per aver cagionato lo sfregio permanente al viso e ricorda che per la valutazione della lesione da parte del giudice di merito non occorrono specifiche conoscenze tecniche.

La Corte d'Appello di Catania ha confermato la condanna di un uomo per il delitto di cui agli artt. 583- quinquies c.p. e 585 c.p. per aver ferito sul volto la compagna con un coltello, cagionandole uno sfregio permanente sul viso . La difesa ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo l' illegittimità costituzionale dell'art. 583- quinquies c.p., introdotto dalla l. n. 69/2019 c.d. codice rosso , poiché se la legge intendeva contrastare la violenza di genere, la norma citata risulterebbe sempre secondo il ricorrente estranea a tale finalità potendosi applicare ad ogni condotta di lesione comportante lo sfregio permanente del viso e non solo alle lesioni di genere . La Corte di Cassazione ritiene manifestamente infondata la censura. Con il codice rosso il legislatore ha sì voluto predisporre una tutela più ampia delle vittime di violenza domestica o di genere ma l'intento non era limitato alla tutela di tali soggetti. Infatti, consapevolmente, ha introdotto la norma relativa alla lesione con sfregio permanente del viso come nuovo delitto per tale gravissimi episodi a prescindere dalle caratteristiche della vittima. Si tratta, come scrive la Cassazione, di una scelta di politica criminale non sindacabile in questa sede perché non irrazionale, anche considerando il non sostanziale aumento delle pene edittali rispetto alle lesioni gravissime in cui l'ipotesi prima rientrava la nuova norma prevede una pena della reclusione da 8 a 14 anni, la precedente si attestava dai 6 ai 12 anni , pur se tale fattispecie, divenuta autonoma, finisce per sottrarsi, in caso di concessione di circostanze attenuanti, al giudizio di comparazione previsto dall' art. 69 c.p. . Quanto alla sussistenza del reato, la Corte ricorda che la valutazione dello sfregio permanente, inteso quale turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, compete al giudice di merito chiamato ad un giudizio che non richiede speciali conoscenze tecniche ma che è ancorato al punto di vista dell'osservatore comune, secondo i canoni di gusto normale e di media sensibilità Cass. pen. n. 22685/2017 . E' dunque irrilevante la possibilità di eliminare o attenuare il danno fisionomico mediante trattamenti di chirurgia facciale Cass. pen. n. 23692/2021 . Respinte così tutte le censure del ricorrente, il Collegio dichiara inammissibile il ricorso.

Presidente Sabeone Relatore Stanislao Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Catania ha confermato la sentenza del locale Tribunale che aveva ritenuto U.S. colpevole del delitto di cui agli artt. 583 quinquies e 585 c.p. , per avere cagionato a D.J. una ferita da taglio all'emivolto sinistro, comportante lo sfregio permanente del viso, colpendolo al volto con un coltello. Un fatto avvenuto il omissis . 2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie doglianze in due motivi. 2.1. Con il primo deduce il vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento dell'istanza di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità relativa all' art. 583 quinquies c.p. , posto che l'articolo in questione era stato introdotto nel codice dalla L. n. 69 del 2019 che intendeva contrastare la violenza di genere , una finalità a cui, però, la norma era del tutto estranea, potendo applicarsi ad agni condotta di lesioni comportanti lo sfregio permanente del viso e non solo a quelle di genere . 2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed in particolare dell' art. 583 quinquies c.p. , poiché la Corte territoriale aveva ritenuto che si fosse concretato l'evento del reato, lo sfregio permanente del viso, solo in base a quanto avevano riferito gli operanti e a quanto emergeva da una fotografia, agli atti, del volto della persona offesa, senza così provvedere alla necessaria valutazione medica specialistica e senza verificare l'eventuale positivo decorso della lesione. 3. Il Procuratore della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto Pasquale Serrao D'Aquino ha chiesto, con nota scritta, la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 4. Il difensore della parte civile inviava conclusioni scritte e nota spese. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Il primo motivo - sull'eccezione di legittimità costituzionale dell' art. 583 quinquies c.p. - è manifestamente infondato. La norma in questione è stata introdotta nel codice penale dall'art. 12 della L. 19 luglio 2019, n. 69 , pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 173 del 25 luglio 2019, recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere . Con tali modifiche il legislatore, pur muovendo dall'intento di predisporre una più ampia tutela per le vittime di violenza domestica o di genere , non aveva inteso limitarle solo a tali soggetti, tanto che, per la lesione comportante uno sfregio permanente al viso, consapevolmente introduceva una nuova norma di tutela, per tale gravissima lesione, per chiunque ne fosse rimasto vittima. Si tratta, pertanto, di una scelta di politica criminale non sindacabile in questa sede perché non irrazionale, anche considerando il non sostanziale aumento delle pene edittali rispetto alle lesioni gravissime in cui l'ipotesi prima rientrava la nuova norma prevede una pena della reclusione da otto a quattrodici anni, la precedente si attestava dai sei ai dodici anni , pur se tale fattispecie, divenuta autonoma, finisce per sottrarsi, in caso di concessione di circostanze attenuanti, al giudizio di comparazione previsto dall' art. 69 c.p. . Del resto, la medesima legge aveva apportato anche un aumento delle pene fissate per il delitto di cui all' art. 612 bis c.p. , gli atti persecutori, che seppure sono solitamente, in fatto, riconducibili al novero della violenza di genere , certo non si esauriscono nel contesto familiare o affettivo si pensi alle ipotesi che coinvolgono i vicini di abitazione, come le odierne parti in causa, o anche dei, prima, perfetti sconosciuti o che, ancora, vedono, in veste di imputati, dei soggetti essi stessi riconducibili alle categorie dei soggetti deboli . 2. Il secondo motivo è inammissibile perché interamente versato in fatto. Si è infatti affermato che - la valutazione circa la sussistenza dell'aggravante dello sfregio permanente, inteso come turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, compete al giudice di merito, chiamato ad esprimere un giudizio che non richiede speciali competenze tecniche, perché ancorato al punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità, e pertanto tale giudizio non risulta sindacabile in sede di legittimità. Sez. 5, n. 22685 del 02/03/2017 , Rv. 270137 - ai fini della configurabilità dello sfregio permanente, che consiste nel turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, non rileva la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale Sez. 5, n. 23692 del 07/05/2021 , Rv. 281319 - integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un'apprezzabile alterazione delle linee del volto che incida, sia pure in misura minima, sulla funzione estetico-fisiognomica dello stesso Sez. 5, n. 27564 del 21/09/2020 , Rv. 279471 . Così che il giudizio della Corte territoriale sul punto, fondato sulle constatazioni della lesione nell'immediatezza e sulle fotografie del volto della persona offesa, risulta privo di manifesti vizi logici. 3. All'inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, anche della somma di Euro 3.000 a favore della Cassa delle ammende. La parte civile, con la sua memoria, oltretutto inviata fuori termine, non ha offerto contributo alcuno alla decisione del ricorso così da non doversi procedere alla liquidazione delle spese richieste. Si dispone l'oscuramento dei dati identificativi. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000 a favore della Cassa delle ammende. Nulla sulle spese di parte civile. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell 'art. 52 D.Lgs. n. 196 del 200 3.