Possibile per il boss mafioso sottoposto al 41-bis spedire alla moglie la corrispondenza pervenutagli da altri familiari

I Giudici riconoscono, almeno sulla carta, che la corrispondenza, tutelata dalla Costituzione, può avere come contenuto il racconto di ciò che ha formato oggetto di una diversa relazione epistolare. Il provvedimento con cui il carcere stabilisce le modalità per la conservazione della corrispondenza ricevuta nel tempo dal detenuto non può interferire con il diritto dello stesso di corrispondere con i familiari.

Illegittimo il provvedimento con cui la direzione della casa circondariale impedisce al detenuto di spedire alla moglie la corrispondenza a lui spedita da altri familiari. Riflettori puntati sull’istanza avanzata da un boss mafioso sottoposto al cosiddetto carcere duro” e mirata a vedersi riconosciuta la possibilità di inviare ai propri familiari – la moglie, nello specifico – missive contenenti anche la corrispondenza da lui ricevuta in precedenza da altri familiari . A questa richiesta hanno già risposto negativamente prima la direzione della casa circondariale in cui è detenuto il boss mafioso, poi il Magistrato di sorveglianza e, infine, il Tribunale di sorveglianza. Inutile, secondo i Giudici, il riferimento fatto dal legale che rappresenta il detenuto alla tutela prevista dalla Costituzione per la corrispondenza. Ciò perché nella nozione di corrispondenza non rientra l’ inoltro tramite posta delle lettere già ricevute dal detenuto, in quanto lo scambio non è finalizzato a riportare un proprio pensiero ma un pensiero di terzi . Su quest’ultima considerazione è focalizzato in chiave critica il ricorso proposto dall’avvocato del boss. Nello specifico, secondo il legale la corrispondenza proveniente da terzi rientra nella nozione di corrispondenza costituzionalmente tutelata poiché il messaggio di provenienza da un terzo viene fatto proprio dal mittente e trasmesso con finalità comunicativa al destinatario . Di conseguenza, la posizione assunta dalla casa circondariale è illegittima , secondo il legale, poiché ha introdotto una modalità di limitazione della corrispondenza – sancendo sia il dovere della struttura carceraria di conservare in deposito le missive ricevute dal detenuto che il divieto per il detenuto di spedirle a terzi – non prevista dalla legge e non poggiata su alcuna autorizzazione giudiziale . Per i Giudici di Cassazione le obiezioni proposte dall’avvocato del boss mafioso sono solide e legittime. Innanzitutto perché non è dubbio che la corrispondenza consista nell’espressione e nella comunicazione di un pensiero proprio, ma ciò non significa che essa non possa essere arricchita dall’invio di quanto il soggetto mittente ha in precedenza ricevuto dai terzi con i quali ha coltivato o coltiva rapporti epistolari . Difatti, la corrispondenza può avere come contenuto il racconto di ciò che ha formato oggetto di una diversa relazione epistolare e la comunicazione di un pensiero può anche risolversi nella narrazione di una esperienza, di un vissuto relazionale con altri soggetti, e non può pretendersi, perché possa parlarsi di corrispondenza, che il mittente sia obbligato a trascrivere in una autonoma missiva i contenuti delle lettere intercorse con terzi e di cui vuole portare a conoscenza il suo attuale interlocutore , precisano i Magistrati. Sempre ragionando in questa ottica, poi, viene chiarito che anche nel riferire, eventualmente in modo integrale, il modo con cui si è sviluppata una relazione epistolare e i temi che l’hanno riguardata, una persona esercita il diritto di comunicare con i suoi destinatari, e non è implicato dalla nozione di corrispondenza che il racconto sia autonomamente elaborato e magari accompagnato da un qualsivoglia giudizio . Invece, di corrispondenza non può dirsi se l’invio delle lettere ricevute da terzi non abbia alcuna funzione comunicativa e si riduca alla mera spedizione di un oggetto, di una res a cui non si assegna, all’interno della relazione epistolare, alcun valore di trasmissione attualizzata di un pensiero, nel senso anche soltanto di un racconto di quanto accaduto . Definita l’ottica in cui collocare il diritto del detenuto di corrispondere con altri , i Magistrati rilevano che la pretesa del boss mafioso è quella di inviare ai familiari missive contenenti anche corrispondenza ricevuta prima da altri familiari , e specificamente spedire alla moglie gli scambi epistolari avuti con alcuni congiunti . A fronte di tale richiesta, la direzione della casa circondariale ha risposto negativamente richiamando una precisa circolare con cui si è stabilito che la corrispondenza accumulata nel tempo in cella , e della quale il detenuto intenda liberarsi, deve essere depositata presso il magazzino e poi essere riconsegnata alla persona al momento della scarcerazione . Ma così vengono regolate, annotano i Magistrati, le modalità con cui trova tutela il diritto del detenuto alla conservazione della corrispondenza nel tempo ricevuta , mentre non si può con quella stessa circolare interferire con il diritto del detenuto di corrispondere con i familiari . Plausibile, quindi, l’istanza avanzata dal boss mafioso, riconoscono i Giudici di Cassazione, i quali aggiungono però, prima di riaffidare la vicenda al Tribunale di sorveglianza, che si tratta di stabilire se ed in che limiti l’invio di corrispondenza intercorsa con terzi possa costituire esercizio del diritto del detenuto di comunicare con i familiari con cui è autorizzato a mantenere contatti epistolari , fermo restando, però, aggiungono infine i Magistrati, che, comunque, anche la corrispondenza già ricevuta, se fatta oggetto di invio, deve essere sottoposta nuovamente a controllo .

Presidente Mogini – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila ha rigettato il reclamo di R.G., detenuto in regime differenziato ex art. 41-bis L. n. 354 del 1975 avverso l'ordinanza con cui il Magistrato di sorveglianza ha rigettato il reclamo contro il provvedimento con cui la Direzione della Casa circondariale non aveva accolto la richiesta di revoca dell'ordine di servizio n. 117 del 27 novembre 2014, in applicazione del quale non era stato consentito a R.G. di inviare ai propri familiari le missive contenenti anche la corrispondenza ricevuta prima da altri familiari. Il Tribunale ha sul punto osservato che nella nozione di corrispondenza non rientra l'inoltro tramite posta delle lettere già ricevute, in quanto lo scambio non è finalizzato a riportare un proprio pensiero ma un pensiero di terzi, come tale non tutelato dall' art. 15 Cost. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di R.G., che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. La corrispondenza proveniente da terzi rientra nella nozione di corrispondenza costituzionalmente tutelata. Il messaggio di provenienza da un terzo viene fatto proprio dal mittente e trasmesso con finalità comunicativa al destinatario. Il provvedimento impugnato è dunque illegittimo perché ha introdotto una modalità di limitazione della corrispondenza ossia il dovere di conservarla in deposito unitamente al divieto di spedirla a terzi non prevista dalla legge e per la quale non è stata data alcuna autorizzazione giudiziale. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita accoglimento, per le ragioni di seguito esposte. 2. La motivazione dell'impugnata ordinanza è carente nella misura in cui non ha compiutamente approfondito le ragioni del diniego. 2.1. Non è dubbio che la corrispondenza consista nell'espressione, nella comunicazione di un pensiero proprio, ma ciò non significa che non possa essere arricchita dall'invio di quanto il soggetto mittente ha in precedenza ricevuto dai terzi con i quali ha coltivato o coltiva rapporti epistolari. La corrispondenza può avere come contenuto, senza divenire altro da sé, il racconto di ciò che ha formato oggetto di una diversa relazione epistolare. La comunicazione di un pensiero può anche risolversi nella narrazione di una esperienza, di un vissuto relazionale con altri soggetti, e non può pretendersi, perché possa parlarsi di corrispondenza, che il mittente sia obbligato a trascrivere in una autonoma missiva i contenuti delle lettere intercorse con terzi, di cui vuole portare a conoscenza il suo attuale interlocutore. Anche nel riferire, eventualmente in modo integrale, il modo con cui si è sviluppata una relazione epistolare e i temi che l'hanno riguardata, una persona esercita il diritto di comunicare con i suoi destinatari, e non è implicato dalla nozione di corrispondenza che il racconto sia autonomamente elaborato e magari accompagnato da un qualsivoglia giudizio. 2.2. Di corrispondenza non può invece dirsi se l'invio delle lettere ricevute da terzi non abbia alcuna funzione comunicativa e si riduca alla mera spedizione di un oggetto, di una res a cui non si assegna, all'interno della relazione epistolare, alcun valore di trasmissione attualizzata di un pensiero, nel senso anche soltanto di un racconto di quanto accaduto. Non può escludersi, infatti, che l'invio risponda al solo fine di custodia aliunde di un patrimonio relazionale che il destinatario non è richiesto di apprendere, di conoscere al fine di corrispondere alla comunicazione in cui si sostanzia la trasmissione di quel carteggio, ma soltanto di custodire quale mero depositario. In tale ultimo caso quel che viene in gioco non è il diritto di comunicazione epistolare ma l'interesse, che ben può essere giuridicamente tutelato su altro piano, alla conservazione e custodia di un bene proprio. 3. Definito in tal modo l'ambito in cui può essere affermato il diritto del detenuto di corrispondere con altri, si rileva che la pretesa del ricorrente, che non ha ottenuto riconoscimento dal Magistrato di sorveglianza e poi dal Tribunale di sorveglianza, era quella di inviare ai familiari missive contenenti anche corrispondenza ricevuta prima da altri familiari, e specificamente alla moglie gli scambi epistolari avuti con i predetti così si legge nel provvedimento del Magistrato di sorveglianza . L'impedimento all'accoglimento di quanto richiesto dal detenuto è stato rinvenuto dai giudici del merito, nell'ordine di servizio della Direzione della Casa circondariale, n. 117 del 27 novembre 2014, in forza del quale la la corrispondenza accumulata nel tempo in cella, della quale il detenuto intenda liberarsi deve essere depositata presso il magazzino, per poi essere riconsegnata all'interessato al momento della scarcerazione. L'ordine di servizio regola, all'evidenza, le modalità con cui trova tutela il diritto del detenuto alla conservazione della corrispondenza nel tempo ricevuta ma non può interferire con il diritto di corrispondere, nei termini in cui prima si è detto, con i familiari. 3.1. Si tratta allora di stabilire se ed in che limiti, nella concretezza della vicenda, l'invio di corrispondenza intercorsa con terzi possa costituire, entro la cornice delineata in premessa, esercizio del diritto di comunicare con i familiari con cui il detenuto è autorizzato a mantenere contatti epistolari, fermo restando che, ove ciò si ritenga, anche la corrispondenza già ricevuta, se fatta oggetto di invio, deve essere sottoposta nuovamente a controllo. 4. L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila.