Diritti del produttore cinematografico ed attribuzione ex lege della titolarità dei diritti di utilizzazione economica

Chi contesta al produttore cinematografico l'intervenuta acquisizione a titolo derivativo della titolarità dei diritti di utilizzazione dell'opera, o anche solo l'estensione o l'ambito temporale di tali diritti, è tenuto a fornire la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali.

Il caso. Un uomo pubblicava sul proprio sito Internet Youtube alcuni frammenti di un film del 1950 che successivamente, dopo essere stati segnalati dalla casa di produzione - solitamente titolare dei diritti d'autore sul film in oggetto - al gestore della piattaforma Youtube come illecitamente pubblicati, venivano bloccati. Creatosi così il contenzioso, in primo grado veniva rigettata la domanda proposta dallo youtuber finalizzata ad ottenere l'accertamento e la dichiarazione della liceità della pubblicazione dallo stesso effettuata oltre alla condanna della casa di produzione al risarcimento dei danni per l'abusiva attività di blocco posta in essere. Al contrario, il giudice di primo grado accoglieva la domanda riconvenzionale della casa di produzione finalizzata ad ottenere l'accertamento, in capo a colui che ne aveva ceduto la gestione alla stessa, della titolarità dei diritti di utilizzazione economica sul predetto film, oltre alla inibitoria nei confronti dell'uomo all'ulteriore utilizzazione e diffusione della stessa opera. Nel giudizio di secondo grado, la Corte di Appello competente condivideva l'impostazione del primo giudice in ordine al fatto che l'opera cinematografica in oggetto non fosse caduta in pubblico dominio, e ciò sul rilievo che i diritti che hanno ad oggetto l'opera cinematografica, nel suo contenuto creativo, sono dalla legge attribuiti espressamente al produttore, operandosi una chiara fictio iuris che, difatti, equipara la posizione di quest'ultimo soggetto a quello degli autori dell'opera, da cui deriva la tutela per tutta la vita dell'ultimo dei coautori e fino a 70 anni successivi. È stato, quindi, ritenuto che il produttore è titolare 1 sia del diritto di autore primario sull'opera cinematografica in sé, che gli dà titolo allo sfruttamento lato sensu cinematografico dell'opera e ad al quale si applica l'articolo 32 della legge sul diritto d'autore, con una durata di 70 anni decorrenti dalla morte dell'ultimo dei coautori 2 sia del diritto secondario connesso su tutti i supporti da esso realizzati, su cui è stata impressa l'opera, che gli dà il diritto alla riproduzione e duplicazione dei supporti ed alla loro distribuzione e commercializzazione, con una durata di 50 anni decorrenti dalla prima proiezione dell'opera. Tuttavia, la Corte territoriale, in parziale accoglimento dell'appello dello youtuber, riformava la sentenza di primo grado nella parte in cui questa aveva accolto le domande riconvenzionali della casa di produzione. Nello specifico il giudice di secondo grado riteneva che la società cinematografica non avesse fornito la prova che la propria mandante fosse la legittima titolare del diritto di autore sull'opera, risultando dalla locandina del film che la società produttrice era altra ed avuto, comunque, riguardo alla recente data di costituzione della stessa società mandante. Lo youtuber appellava la predetta sentenza con ricorso principale cui resisteva la casa di produzione con controricorso la quale, altresì, proponeva ricorso incidentale. La decisione della Suprema Corte. Dopo aver illustrato diffusamente, dal punto di vista del diritto nazionale e di quello europeo, il contenuto del diritto di utilizzazione economica che il produttore acquista dei singoli autori nonché dei diritti ad esso connessi, i Giudici hanno precisato che il legislatore, nell'attribuire ex lege al produttore l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell'opera cinematografica il che equivale a dire lo sfruttamento dell'opera medesima , ha presunto normativamente quello che normalmente avviene nella prassi quando inizia la lavorazione di un film ovvero la stipula da parte del produttore di una serie di contratti - non disciplinati dalla legge - con i quali il produttore acquista, a titolo derivativo, ancor prima della realizzazione del film, i diritti di sfruttamento dell'opera cinematografica facenti capo originariamente ai singoli autori dell'opera, i quali, dopo tale cessione, conservano comunque oltre ai diritti cosiddetti morali, quei soli diritti patrimoniali che sono ad essi espressamente riservati dalla legge. La Corte ha, comunque, precisato che se, in concreto, il contenuto effettivo dei diritti acquistati dal produttore dei singoli autori dipende dalle relative pattuizioni contrattuali e può variare, quindi, da produzione a produzione, l'art. 45 della legge sul diritto d'autore detta una presunzione che vale fino a prova contraria, presupponendo che il produttore si assicuri preventivamente dagli autori i diritti di sfruttamento cinematografico dell'opera per tutta la durata del diritto di utilizzazione economica spettante all'autore, onde prevenire, in radice, ogni possibile controversia giuridica relativa a tali futuri diritti. Ne consegue che chi contesti al produttore cinematografico l'intervenuta acquisizione della titolarità dei diritti di utilizzazione dell'opera, o anche solo l'estensione o l'ambito temporale di tali diritti, è tenuto a fornirne la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali. I Giudici hanno rammentato che tale ricostruzione giuridica è, tra l'altro, pienamente conforme ai principi di diritto enunciati anche dalla Corte di giustizia UE. Su queste ragioni è stato enunciato il seguente principio di diritto in tema di proprietà industriale l'art. 45 della legge sul diritto d'autore, nel prevedere che al produttore spetta l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell'opera cinematografica, detta una presunzione che vale fino a prova contraria, presupponendo che il produttore si assicuri preventivamente dagli autori i diritti di sfruttamento cinematografico dell'opera per tutta la durata del diritto di utilizzazione economica spettante all'autore, onde prevenire, in radice, ogni possibile controversia giuridica relativa a tali futuri diritti. Ne consegue che chi contesti al produttore cinematografico l'intervenuta acquisizione a titolo derivativo della titolarità dei diritti di utilizzazione dell'opera, o anche solo l'estensione o l'ambito temporale di tali diritti, è tenuto a fornire la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali.

Presidente Genovese - Relatore Fidanzia Fatti di causa Per quanto ancora rileva, il Tribunale di Napoli - sezione specializzata in materia di impresa - con sentenza n. 1547/2018, depositata il 13.2.2018, ha rigettato le domande proposte da M.L., finalizzate a sentire accertare e dichiarare la liceità della pubblicazione dallo stesso effettuata sul suo sito internet omissis di alcuni frammenti del film omissis - con T., pubblicato nel 1950 - oltre alla condanna della casa di produzione Ripley's film s.r.l., asseritamente titolare dei diritti d'autore sul film in oggetto, al risarcimento dei danni per la abusiva attività di blocco posta in essere quest'ultima aveva, in particolare, segnalato al gestore della piattaforma omissis l'illiceità del video caricato e messo a disposizione del pubblico, determinandone la rimozione, il blocco e l'oscuramento . Il Tribunale di Napoli non ha condiviso la tesi dell'attore secondo cui l'opera cinematografica in oggetto fosse caduta in pubblico dominio. Il giudice di primo grado ha, invece, accolto la domanda riconvenzionale della casa di produzione Ripley's Film s.r.l. in liquidazione, finalizzata ad ottenere l'accertamento in capo alla Marzi s.r.l. che ne aveva ceduto la gestione alla stessa Ripley's della titolarità dei diritti di utilizzazione economica sul predetto film, oltre alla inibitoria nei confronti del M. all'ulteriore utilizzazione e diffusione della stessa opera. La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza n. 1674/2020 , depositata in data 12.5.2020, ha, in primo luogo, condiviso l'impostazione del primo giudice in ordine al fatto che l'opera cinematografica in oggetto non fosse caduta in pubblico dominio, e ciò sul rilievo che i diritti che hanno ad oggetto l'opera cinematografica, nel suo contenuto creativo, sono dalla legge attribuiti espressamente al produttore, operandosi quindi una chiara fictio juris che di fatto equipara la posizione di quest'ultimo soggetto a quello degli autori dell'opera, da cui la tutela per tutta la vita dell'ultimo dei coautori e fino ai 70 anni successivi . E' stato quindi ritenuto che il produttore è titolare sia del diritto d'autore primario sull'opera cinematografica in sé, che gli dà titolo allo sfruttamento lato sensu cinematografico di comunicazione al pubblico dell'opera, ed al quale si applica l'art. 32 l.d.a., con una durata di 70 anni decorrenti dalla morte dell'ultimo dei coautori, sia del diritto secondario o connesso su tutti i supporti da esso realizzati su cui è stata impressa l'opera, che gli dà titolo alla riproduzione e duplicazione dei supporti ed alla loro distribuzione e commercializzazione, con una durata di 50 anni decorrenti dalla prima proiezione dell'opera . Infine, la Corte d'Appello di Napoli, in parziale accoglimento dell'appello del M., ha riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui questa aveva accolto le domande riconvenzionali della Ripley's Film s.r.l. in liquidazione. In particolare, il giudice d'appello ha ritenuto che la predetta casa di produzione non avesse fornito la prova che la propria mandante Marzi s.r.l. fosse la legittima titolare dei diritto d'autore sull'opera Omissis , risultando dalla locandina del film che la società produttrice era la Pro Film ed avuto comunque riguardo alla recente data di costituzione della stessa Marzi s.r.l Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso principale per cassazione M.L. affidandolo a due motivi. La Ripley's Film s.r.l. in liquidazione ha resistito in giudizio con controricorso, proponendo ricorso incidentale e depositando la memoria ex at. 380 bis.1 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso principale il M. ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 33 del 1941, artt. 25, 32, 45, 46, art. 78 ter, commi 1 e 2 legge sul diritto d'autore , 11 e 15 preleggi. Espone il ricorrente che, in virtù di quanto previsto ai sensi dall'art. 78 ter L.d.A, il produttore, dopo cinquanta anni dalla pubblicazione dell'opera, perde il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, degli originali e delle copie delle proprie realizzazioni, di autorizzare la distribuzione, il noleggio ed il prestito, la messa a disposizione al pubblico dell'originale e delle copie delle proprie realizzazioni. Proprio perché dopo cinquanta anni dalla pubblicazione l'opera cinematografica cade in pubblico dominio, il ricorrente deduce di aver lecitamente messo a disposizione del pubblico il film omissis in vari frammenti. Inoltre, ad avviso del ricorrente, in difetto di un'espressa previsione legislativa in tale senso, non è applicabile al produttore il più lungo termine protezionale di 70 anni previsto per gli autori l'art. 78 ter L.d.A., nel prevedere una disciplina apposita del diritto del produttore all'esclusiva e del termine di durata del suo diritto, costituisce una specificazione dell'art. 45 e art. 46, comma 1 L.d.A., con conseguente piena prevalenza della prima norma sulle seconde. In ogni caso, la L. n. 52 del 1996, art. 17, comma 1, nell'indicare espressamente tutti gli articoli della legge del diritto autore che sono stati interessati dall'estensione protezionale a 70 anni, ha richiamato artt. 25, 26, 27, 27-bis, 31, 32 e 32-bis della Legge medesima, ma non gli artt. 45 e 46. Il ricorrente contesta l'inquadramento giuridico della Corte d'Appello secondo cui sussisterebbero in capo al produttore due ordini di diritti, primari e secondari, in quanto non sarebbe possibile, in base a tale ricostruzione, individuare i diritti del produttore che scadono dopo cinquant'anni e poi cadono in pubblico dominio e quelli che, invece, permangono per settant'anni. Inoltre, il ricorrente deduce che l'esclusività conferita al produttore dall'art. 78 ter L.d.A. esclude categoricamente che tutte le facoltà indicate analiticamente nel comma 1 della norma riproduzione, distribuzione, noleggio, prestito appartengano anche agli autori, in quanto questi ultimi non hanno mai avuto, sin dall'origine, alcun diritto commerciale sull'opera cinematografica, né possono acquistarlo poi. Ne consegue che la Corte d'Appello sarebbe giunta alla illogica conclusione che i produttori si gioverebbero della durata protezionale prevista per gli autori nonostante che questi ultimi fossero privi dei diritti esclusivi di sfruttamento cinematografico propri del produttore. 2. Il motivo è infondato anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere parzialmente corretta ex art. 384, u.c Ad avviso del ricorrente, al produttore non è applicabile il più lungo termine protezionale di 70 anni previsto per gli autori, atteso che con l'entrata in vigore dell'art. 78 ter L.d.A. - che ha regolato in modo specifico il diritto del produttore all'esclusiva, stabilendo la durata del suo diritto in cinquant'anni - sarebbe stata introdotta una sorta di disciplina speciale del diritti del produttore cinematografico, costituente una specificazione dell'art. 45 e art. 46, comma 1 L.d.A. o che avrebbe comunque comportato l'abrogazione implicita delle predette norme della legge sul diritto d'autore. Secondo l'inquadramento giuridico della sentenza impugnata, invece, sussistono in capo al produttore cinematografico due ordini di diritti, ovvero il diritto primario, attribuito espressamente dagli artt. 45 e segg. della legge sul diritto di autore, ed al quale si applica l'art. 32 l.d.a. con una durata di 70 anni decorrenti dalla morte dell'ultimo dei coautori , e il diritto secondario o connesso su tutti i supporti da esso realizzati su cui è stata impressa l'opera, che gli dà titolo alla riproduzione e duplicazione dei supporti ed alla loro distribuzione e commercializzazione. Tale interpretazione è coerente con l'orientamento espresso da questa Corte nelle sentenze nn. 3004/1973 e 16771/2012, nelle quali è stato affermato che la legge attribuisce al produttore non il semplice esercizio di un diritto altrui, ma la titolarità, ex lege, di un diritto proprio, avente ad oggetto l'utilizzazione economica dell'opera. In particolare, nella pronuncia n. 16771/2012, questa Corte si era espressa in questi precisi termini L'interpretazione che ne ha dato questa Corte v. Cass. n. 3004 del 1973 è nel senso che la legge attribuisce al produttore non il semplice esercizio di un diritto altrui, ma la titolarità di un diritto proprio, avente ad oggetto l'utilizzazione economica dell'opera, mentre ai coautori sceneggiatore, f soggettista, autore della colonna musicale, direttore artistico o regista spettano, oltre ai diritti cosiddetti morali, quei soli diritti patrimoniali che sono ad essi espressamente riservati dalla stessa legge in particolare, la L.a., art. 46, comma 4, attribuisce all'autore della sceneggiatura e al direttore artistico il diritto di ricevere un ulteriore compenso, a talune condizioni, sempre che essi non vengano retribuiti mediante una percentuale sulle proiezioni pubbliche dell'opera cinematografica ulteriori diritti economici sono attribuiti dalla L.d.a., art. 46 bis, non applicabile nella fattispecie ratione temporis, agli autori delle opere cinematografiche e assimilate . Proprio su tale punto, tuttavia, questo Collegio ritiene doveroso effettuare, alla luce di un'interpretazione sistematica, oltre che letterale, della normativa anche Eurounitaria sul diritto d'autore, alcune precisazioni che, pur non stravolgendo l'impostazione sopra descritta, hanno la funzione di ricostruire in modo più articolato la natura dei diritti di utilizzazione economica che sono attribuiti al produttore cinematografico. In particolare, va preliminarmente osservato che, dal combinato disposto degli artt. 44 e 45 L.d.A., emerge che la legge attribuisce la contitolarità dell'opera cinematografica all'autore del soggetto , all'autore della sceneggiatura , all'autore della musica se composta appositamente per l'opera cinematografica , al direttore artistico regista , con la conseguenza che agli autori - difformemente da quanto erroneamente ritenuto dal ricorrente - sono stati attribuiti i diritti di utilizzazione economica previsti dagli artt. 12 e segg. della legge sul diritto d'autore. Al produttore è stato, invece, riconosciuto solo l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell'opera cinematografica, nei limiti indicati dai successivi articoli. La legge sul diritto d'autore non ha quindi direttamente attribuito al produttore la titolarità dei diritti utilizzazione dell'opera cinematografica, e ciò a differenza di quanto è stato previsto dall'art. 38 L.d.A. per l'opera collettiva, con riferimento alla quale, salvo patto in contrario, il diritto di utilizzazione economica spetta all'editore dell'opera stessa . Tale ricostruzione è coerente con quanto previsto dal successivo art. 46 L.d.A., secondo cui gli autori del soggetto e della sceneggiatura, il direttore artistico, gli adattatori dei dialoghi, i direttori del doppiaggio e i traduttori, nonché gli artisti interpreti e esecutori, primari e comprimari, inclusi i doppiatori, hanno diritto a ricevere un ulteriore compenso in misura percentuale sugli incassi derivanti dalle proiezioni pubbliche dell'opera , e dall'art. 46 bis Legge cit., secondo cui, in caso di cessione del diritto di diffusione al produttore, spetta agli autori di opere cinematografiche e assimilate un compenso adeguato e proporzionato a carico degli organismi di emissione per ciascuna utilizzazione delle opere stesse a mezzo della comunicazione al pubblico via etere, via cavo e via satellite . Orbene, non vi è dubbio che, ove si seguisse l'impostazione giuridica della diretta attribuzione ex lege al produttore dei diritti di utilizzazione economica sull'opera cinematografica, l'aggettivo ulteriore riferito al compenso , utilizzato dal legislatore nell'art. 46 cit., non avrebbe alcun senso, dal momento che, si tratterebbe, in realtà, del solo compenso sull'opera cinematografica riconosciuto agli autori. Analogamente, con riferimento all'art. 46 bis cit., anche l'inciso in caso di concessione del diritto di diffusione al produttore non troverebbe una coerente giustificazione l'attribuzione al produttore cinematografico del diritto di diffusione non sarebbe, infatti, certo una mera eventualità legata alla cessione di tale diritto da parte degli autori, come evincibile dal testo dell'art. 46 bis, ma la diretta conseguenza del sorgere ex lege in capo allo stesso del diritto di utilizzazione economica dell'opera cinematografica. Va comunque osservato che, se da un lato il legislatore non ha inteso riconoscere direttamente al produttore - come, invece, all'editore - la titolarità dei diritti utilizzazione economica dell'opera, tuttavia, dall'altro, l'attribuzione allo stesso - questa sì ex lege - dello esercizio di tali diritti è il frutto del riconoscimento del ruolo propulsivo e decisivo che il produttore usualmente svolge nella realizzazione di un'opera cinematografica pur non apportando alcun elemento di creatività , dal momento che senza il suo contributo economico e finanziario un film non potrebbe neppure avere inizio. Se, infatti, l'opera musicale può esistere ed essere eseguita indipendentemente dalla sua fissazione su un supporto materiale, lo stesso non può dirsi per quella cinematografica, la quale non può essere creata senza il necessario contributo organizzativo ed imprenditoriale particolarmente, l'investimento economico a rischio del produttore . Il legislatore, nell'attribuire ex lege al produttore l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell'opera cinematografica, il che equivale a dire - come precisato dall'art. 46 L.d.A. - lo sfruttamento dell'opera medesima, ha presunto normativamente quello che normalmente avviene nella prassi, quando inizia la lavorazione di un film ovvero la stipula da parte del produttore di una serie di contratti tra i più significativi rientrano quello di regia, di cessione dei diritti di utilizzazione delle parti letterarie, come il soggetto e sceneggiatura, e della realizzazione della colonna sonora , non disciplinati dalla legge, con i quali il produttore acquista, a titolo derivativo, ancor prima della realizzazione del film, i diritti di sfruttamento dell'opera cinematografica facenti capo originariamente ai singoli autori dell'opera, i quali - dopo tale cessione - conservano comunque, oltre ai diritti cosiddetti morali, quei soli diritti patrimoniali che sono ad essi espressamente riservati dalla stessa legge in particolare, la L.d.A., art. 46, comma 4, attribuisce attualmente all'autore della sceneggiatura e al direttore artistico il diritto di ricevere un ulteriore compenso, a talune condizioni, sempre che essi non vengano retribuiti mediante una percentuale sulle proiezioni pubbliche dell'opera cinematografica ulteriori diritti economici sono attribuiti dagli artt. 46-bis e 18-bis il primo dispone un'equa remunerazione a favore dei coautori per le comunicazioni via etere, via cavo e via satellite, il secondo prevede un equo compenso per il diritto di noleggio . Deve, comunque, precisarsi che se, in concreto, il contenuto effettivo dei diritti acquistati dal produttore dai singoli autori, essendo rimesso all'autonomia contrattuale, dipende dalle relative pattuizioni contrattuali e può variare quindi da produzione a produzione - non a caso, questa Corte, già nella sentenza n. 13398/1999, ha ammesso la possibilità, da parte dell'autore, di negoziare la cessione di particolari e specifiche forme di utilizzazione dell'opera e, quindi, di escluderne alcune, nell'ambito del rapporto pattizio, che è a fondamento dell'attribuzione ex lege al produttore dell'esercizio del diritto di sfruttamento cinematografico dell'opera - l'art. 45 L.d.A. detta una presunzione che vale fino a prova contraria, presupponendo che il produttore si assicuri preventivamente dagli autori i diritti di sfruttamento cinematografico dell'opera per tutta la durata del diritto di utilizzazione economica spettante all'autore, onde prevenire, in radice, ogni possibile controversia giuridica relativa a tali futuri diritti. Ne consegue che chi contesti al produttore cinematografico l'intervenuta acquisizione della titolarità dei diritti di utilizzazione dell'opera, o anche solo l'estensione o l'ambito temporale di tali diritti, è tenuto a fornirne la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali. Tale ricostruzione giuridica è pienamente conforme ai seguenti principi di diritto, enunciati dalla Corte di Giustizia UE nella causa C 277/10 , Martin Luksan vs Petrus van der Let 1 Gli artt. 1 e 2 della direttiva 93/83/CEE del Consiglio, del 27 settembre 1993, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d'autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo, da un lato, e gli artt. 2 e 3 della direttiva 2001/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, in combinato disposto con gli artt. 2 e 3 della direttiva 2006/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 devono essere interpretati nel senso che i diritti di sfruttamento dell'opera cinematografica spettano ipso iure, direttamente e originariamente, al regista principale. Di conseguenza, tali disposizioni devono essere interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale che attribuisca, ipso iure ed in via esclusiva, detti diritti di sfruttamento al produttore dell'opera in questione 2 Il diritto dell'Unione deve essere interpretato nel senso che esso riconosce agli Stati membri la facoltà di stabilire una presunzione di trasferimento, a vantaggio del produttore dell'opera cinematografica, dei diritti di sfruttamento dell'opera cinematografica come quelli di cui trattasi nella causa principale diritto di diffusione via satellite, diritto di riproduzione e qualunque altro diritto di comunicazione al pubblico mediante messa a disposizione , purché una simile presunzione non abbia carattere assoluto, tale da escludere la possibilità per il regista principale di detta opera di convenire diversamente . . La Corte di Giustizia, nella pronuncia sopra citata, ha, preliminarmente, osservato par. 66 e 67 , che essendo la tutela del diritto d'autore essenziale alla creazione intellettuale ed essendo stata riconosciuta la qualità d'autore al regista principale dell'opera cinematografica, ammettere che, a tale creatore, siano negati i diritti di sfruttamento su tale opera risulterebbe incompatibile con la finalità perseguita dalla direttiva 2001/29. D'altra parte, la Corte di Giustizia ha avvertito l'esigenza par. 78, 79 e 80 di realizzare un contemperamento ed un equilibrio tra i diritti ed interessi di coloro che contribuiscono alla creazione intellettuale della pellicola, ossia l'autore o i coautori dell'opera cinematografica, e quelli del produttore della pellicola, che è colui che assume l'iniziativa e la conseguente responsabilità della realizzazione dell'opera cinematografica, con i relativi rischi legati a tale investimento. E' stato, pertanto, evidenziato che la presunzione del trasferimento del diritto di noleggio a favore del produttore della pellicola, prevista dall'art. 3, commi 3 e 4 della direttiva 2006/115, è stata concepita proprio per rispondere ad una delle finalità alle quali fa riferimento il quinto considerando di detta direttiva, ossia consentire al produttore di ammortizzare gli investimenti che questi ha assunto ai fini della realizzazione dell'opera cinematografica. Infine, la Corte di Giustizia ha comunque rilevato che la presunzione del trasferimento al produttore del diritto di noleggio e di prestito dell'opera cinematografica non rimette affatto in discussione il principio secondo cui l'autore è investito ipso iure, direttamente e originariamente, del diritto di noleggio e di prestito relativamente alla propria opera, tanto è vero che il legislatore dell'Unione ha espressamente previsto la possibilità di una clausola contrattuale contraria , con ciò esprimendo l'eventualità che il regista principale conservi la possibilità, mediante contratto, di convenire diversamente. A questo punto, ci sono tutti gli elementi per effettuare le, sopra anticipate, opportune precisazioni al principio di diritto enunciato da questa Corte nella sentenza n. 16771/2012. In particolare, si deve convenire con le conclusioni di suddetta pronuncia, secondo cui il diritto di utilizzazione economica o sfruttamento cinematografico dell'opera , che il produttore esercita, sia un diritto proprio, e non quindi un diritto altrui, tuttavia, tale prerogativa non è riconosciuta al produttore per effetto di una diretta attribuzione ex lege, ma come conseguenza dell'acquisto - che deve presumersi salvo prova contraria - di tale diritto a titolo derivativo, dai coautori. Si tratta, inoltre, di un diritto primario sull'opera cinematografica, in quanto inerisce alla tutela del diritto d'autore, per distinguerlo dal diritto secondario o connesso che sul supporto materiale è attribuito al produttore dall'art. 78 ter L.d.A. secondo quanto sarà approfondito nel corso ulteriore della trattazione . Quella sopra descritta è la disciplina del diritto di utilizzazione economica spettante al produttore cinematografico, secondo il titolo I della legge sul diritto d'autore. Va osservato che il legislatore, con il D.Lgs. 9 aprile 2003 n. 68 , emanato in attuazione della Direttiva 2001/29/CEE, ha introdotto l'art. 78-ter L.d.A., che ha attribuito al produttore cinematografico anche i c.d. diritti connessi o secondari al diritto d'autore, con i quali sono state riconosciute al produttore prerogative che già rientrano nella vasta gamma di facoltà esercitate dal produttore in virtù dell'art. 45 L.d.A. diritto di esclusiva nella riproduzione, in tutto o in parte, e in qualsiasi forma, dell'opera, nella distribuzione, noleggio, prestito, messa a disposizione del pubblico . Si tratta, tuttavia, di una categoria di diritti distinta e autonoma rispetto al diritto d'autore, atteso che, mentre quest'ultimo diritto tutela l'opera dell'ingegno di carattere creativo art. 1 L.d.A. e art. 2575 c.c. e, ferma la presunzione di cui all'art. 45 L.d.A., già ampiamente sopra illustrata, la estensione dello stesso diritto o eventuali limitazioni dipende dalla concrete pattuizioni contrattuali tra gli autori e il produttore di opera cinematografica, i diritti connessi vengono direttamente attribuiti al produttore dalla legge e tutelano l'attività di fissazione di un'opera su di un corpus mechanicum, su di un supporto materiale. L'articolata disciplinata contenuta nell'art. 78 ter L.d.A. risponde alla volontà del legislatore di regolare in modo più dettagliato, sulla scorta dell'evoluzione tecnologica, il diritto di esclusiva del produttore , nelle nuove forme di comunicazione al pubblico e messa in circolazione dell'opera introdotte dal progresso tecnico, in attuazione della Direttiva 92/100/CEE del 19 novembre 1992. Tuttavia, è doveroso precisare che non si tratta di prerogative più estese rispetto quelle attribuite al produttore dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 45 . Questa Corte ha, infatti, già affermato vedi ex plurimis Cass. n. 16771/2012 che i diritti del produttore di sfruttamento cinematografico dell'opera comprendono non solo la proiezione di questa nelle sale cinematografiche o la sua diffusione televisiva, ma qualsiasi mezzo di comunicazione al pubblico nella sua forma originaria, qualunque sia il supporto tecnico nel 2012, ancora a mezzo delle videocassette, dei cd e dei dvd ovvero in eventuali nuove forme di comunicazione al pubblico e messa in circolazione introdotte dal progresso tecnico. Dopo aver illustrato il contenuto del diritto di utilizzazione economica di cui all'art. 45 L.d.A. - che il produttore acquista dai singoli autori - nonché dei diritti connessi di cui all'art. 78 ter Legge cit., a questo punto, può esaminarsi la questione sollevata nella presente controversia dal ricorrente, secondo il quale il legislatore, con l'introduzione dell'art. 78 ter, trattandosi di disciplina speciale dei diritti del produttore, avrebbe inteso implicitamente abrogare il disposto di cui agli artt. 45 e segg. dalla cui applicazione, in combinato disposto con l'art. 32, scaturisce una durata del diritto di utilizzazione economica del produttore di 70 anni . Il ricorrente, in particolare, sostiene che residuerebbero in capo al produttore solo i diritti connessi, la cui durata è stata fissata in cinquanta anni a decorrere dalla produzione o pubblicazione dell'opera cinematografica. Tale impostazione giuridica non è condividibile. Ritiene questo Collegio che l'introduzione nel nostro ordinamento dell'art. 78 ter L.d.A. non abbia affatto modificato la regolamentazione dei diritti del produttore cinematografico, come disciplinati dall'art. 45 L.d.A., atteso che la salvezza in capo al produttore dei diritti d'autore è stata espressamente sancita dalla stessa Direttiva 92/100/CEE, il cui art. 14 stabilisce che la protezione dei diritti connessi con il diritto d'autore a norma della presente direttiva lascia totalmente impregiudicata la protezione del diritto d'autore . Ne' è condivisibile la doglianza del ricorrente secondo cui l'inquadramento giuridico della Corte d'Appello non consentirebbe di individuare con certezza i diritti connessi del produttore che scadono dopo cinquant'anni e poi cadono in pubblico dominio e quelli che, invece, permangono per settant'anni tutelati dal diritto d'autore come sopra anticipato, si devono distinguere i diritti connessi sul supporto materiale, la cui durata è di cinquanta anni a decorrere dalla fissazione o pubblicazione dell'opera cinematografica, che vengono direttamente attribuiti al produttore dalla legge art. 78 ter L.d.A. e non possono essere mai messi in discussione, dall'esercizio, da parte del produttore , dei diritti di utilizzazione economica sull'opera creativa già facenti capo agli autori di cui all'art. 45 L.D.A., che hanno un oggetto di tutela diverso l'opera creativa appunto e, essendo il frutto di una presunzione iuris tantum, sono tutelati nei limiti in cui non venga fornita la prova contraria di una diversa regolamentazione pattizia tra loro produttore e autori . Quanto alla durata di questi ultimi diritti, la circostanza che il produttore li acquisti dagli stessi autori giustifica - salvo prova contraria - il riconoscimento della stessa tutela attribuita all'autore dall'art. 32 L.d.A, ovvero di 70 anni dalla morte dell'ultimo dei coautori ragionamento che non potrebbe svolgersi ove si accedesse, invece, alla tesi, in questa sede confutata, della diretta attribuzione ex lege al produttore dei diritti di sfruttamento dell'opera cinematografica . Ne', infine, è persuasiva l'osservazione del ricorrente secondo cui la durata del diritto del produttore non potrebbe essere disciplinata dall'art. 32 L.d.A. atteso che la L. n. 52 del 1996, art. 17, comma 1, nell'indicare espressamente tutti gli articoli della legge del diritto autore che sono stati interessati dall'estensione protezionale a 70 anni, ha richiamato gli artt. 25, 26, 27, 27-bis, 31, 32 e 32-bis della Legge medesima, ma non anche gli artt. 45 e 46 è evidente che il mancato richiamo della L. n. 52 del 1996 , a queste ultime disposizioni si giustifica in quante le stesse, a differenza delle prime da 25 a 32 bis , non disciplinano affatto la durata del diritto di utilizzazione economica, ma hanno un altro oggetto, con la conseguenza che non avrebbero mai potuto essere interessate dall'estensione del termine di protezione autorale. Deve quindi enunciarsi il seguente principio di diritto In tema di proprietà industriale, l'art. 45 L.d.A., nel prevedere che al produttore spetta l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell'opera cinematografica, detta una presunzione che vale fino a prova contraria, presupponendo che il produttore si assicuri preventivamente dagli autori del soggetto , della sceneggiatura E della musica i diritti di sfruttamento cinematografico dell'opera per tutta la durata del diritto di utilizzazione economica spettante all'autore, onde prevenire, in radice, ogni possibile controversia giuridica relativa a tali futuri diritti. Ne consegue che chi contesti al produttore cinematografico l'intervenuta acquisizione a titolo derivativo della titolarità dei diritti di utilizzazione dell'opera, o anche solo l'estensione o l'ambito temporale di tali diritti, è tenuto a fornirne la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali . Esaurito il doveroso inquadramento giuridico della fattispecie giuridica sottoposta all'esame di questo Collegio, deve ritenersi, alla luce delle sopra illustrate osservazioni, che l'opera cinematografica di cui è causa, avente come protagonista T., dal titolo omissis , non sia affatto caduta in pubblico dominio. Il ricorrente non solo non ha fornito la prova idonea a superare la presunzione ex art. 45 L.d.A. che gli autori avessero ceduto al produttore tutti i diritti di utilizzazione economica dell'opera eccetto quelli loro espressamente riservati ex artt. 46 e 46 bis L.d.A. facenti loro capo, ma non ha neppure allegato circostanze idonee a rappresentare una realtà diversa. Ne consegue che l'opera è tuttora tutelata dal diritto d'autore, non risultando scaduto il termine di settanta anni previsto dall'art. 32 L.d.A 3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell' art. 283 c.p.c. , nonché l'omesso esame della richiesta di revoca della condanna pecuniaria conseguente al rigetto della istanza di sospensiva della esecutività della sentenza di primo grado. Deduce il ricorrente che la Corte d'Appello ha dichiarato inammissibile l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata, sulla sola base della mancanza di allegazioni circa il periculum in mora, non considerando che la mancanza di legittimazione dell'appellata Ripley's, oggetto del secondo motivo d'appello, costituisse già un grave e fondato motivo idoneo all'accoglimento dell'istanza di sospensione. 4. Il motivo è inammissibile. Va osservato che questa Corte Cass. n. 19247/2019 conf. Cass. n. 13774/2015 ha già più volte enunciato il principio di diritto - cui questo Collegio intende dare continuità - secondo cui l'ordinanza con la quale il giudice dell'appello irroga, ai sensi dell' art. 283 c.p.c. , comma 2, la sanzione pecuniaria per l'istanza di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado non è ricorribile per cassazione, nemmeno ai sensi dell' art. 111 Cost. , trattandosi di provvedimento che non riveste simultaneamente i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, non idoneo ad acquistare autorità di giudicato, essendo revocabile con la sentenza che definisce il giudizio d'impugnazione. 5. Con l'unico motivo del ricorso incidentale la Ripley's Film s.r.l. in liquidazione deduce la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. . Deduce la ricorrente incidentale che, alla luce del comportamento processuale del M., il quale nella prima difesa utile nel giudizio di primo grado non aveva preso posizione sulle eccezioni e difese svolte dalla stessa, ne consegue che le proprie deduzioni - con le quali aveva affermato che la Marsi s.r.l. era titolare dei diritti di utilizzazione economica su film omissis , che la stessa aveva ricevuto mandato idoneo a rappresentare la stessa Marzi ai fini dell'enforcement di tali diritti, che il predetto film non era caduto in pubblico dominio, che la riproduzione, caricamento e trasmissione integrale del film attraverso il video effettuata dal M. attraverso il proprio canale omissis costituiva una violazione dei diritti di utilizzazione economica del film, di cui la Marzi s.r.l. e la Ripley's erano esclusive titolari - non potevano che considerarsi definitivamente pacifiche in quanto non contestate. Lamenta la ricorrente incidentale che, erroneamente, il giudice di secondo grado aveva affermato che il sig. M. aveva contestato la propria legittimazione sin dall'atto di citazione se era pur vero che il M., in atto di citazione, aveva sostenuto che la Ripley's, oltre a non essere la produttrice cinematografica originaria del film oggetto di causa, non fosse titolare diritti spettanti agli autori del film con la conseguenza che non avrebbe potuto segnalare a omissis la presunta illecita pubblicazione del video , tuttavia, dopo che la stessa Ripley's, nel costituirsi in giudizio, aveva dedotto di essere titolare di diritti primari d'autore sul film per averli acquistati a titolo derivativo dalla precedente titolare, Marzi s.r.l., il M. nella prima difesa utile non aveva più mosso nessuna altra contestazione, non depositando neppure la memoria ex art. 183 c.p.c. , comma 6. 6. Il motivo è infondato. Va, in primo luogo, osservato che il produttore che rivendichi il diritto di sfruttamento di una determinata opera cinematografica non può certo fornirne la prova con il mero ricorso al principio di non contestazione, ex art. 115 c.p.c. . Sul punto, questa Corte vedi Cass. n. 5359/2010 , ha, infatti, già statuito che il titolare dei diritti di sfruttamento dell'opera protetta dal diritto d'autore che intenda ottenere il riconoscimento dell'esclusiva nell'utilizzo della stessa opera, e, conseguentemente, inibire ai terzi un analogo sfruttamento, ha l'onere di allegare e provare il titolo originario di acquisto dell'opera anche in quella fattispecie si trattava di opera cinematografica , anche mediante la dimostrazione dell'esistenza di una serie ininterrotta di trasferimenti dei diritti di utilizzazione dal titolare originario sino al proprio dante causa. La Ripley's s.r.l. in liquidazione non ha, invece, fatto altro che invocare a suo favore l'applicabilità del principio di non contestazione, regola probatoria che, nel caso di specie, non può comunque venire in considerazione per due ordini di ragioni. In primo luogo, non si può provare con il principio di non contestazione il fatto non rientrante nella sfera di conoscibilità della controparte vedi Cass. n. 2223/2022 . Tale principio trova fondamento nel rilievo che l'onere di contestazione riguarda soltanto i fatti che la contro parte è tenuta ragionevolmente a conoscere. Non può, infatti, sul piano dell'inferenza probatoria, ritenersi rilevante l'omessa contestazione di fatti o situazioni che non siano in alcun modo riferibili alla parte destinataria dell'allegazione, né possano presumersi da lei sicuramente conosciuti. Non è, infatti, esigibile che la parte fornisca una propria versione di fatti che non conosce ed ai quali è estranea. In conclusione, non si può quindi ragionevolmente attribuire conseguenze sul piano probatorio al silenzio tenuto dalla parte su fatti in relazione ai quali la stessa non è nella possibilità di esprimere una specifica contestazione, in quanto estranei alla propria sfera di conoscenza. Alla luce di tali osservazioni, deve, in primo luogo, affermarsi che il M. non sarebbe stato certo tenuto a contestare specificamente i fatti allegati dalla Ripley's in ordine alla titolarità dei diritti cinematografici sull'opera di cui è causa, essendo tali fatti assolutamente estranei alla sfera di conoscibilità del ricorrente. In ogni caso, non corrisponde comunque alla realtà dei fatti processuali che il M. non avesse contestato i diritti cinematografici in questione. La stessa Ripley's ha dato atto che il M., nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, aveva specificamente dedotto il difetto di titolarità in capo alla stessa dei diritti cinematografici del film oggetto di causa. Ne consegue che il M. non era certo tenuto a contestare nuovamente le contrarie affermazioni svolte dalle Ripley's nel costituirsi in giudizio, essendo già delineato il thema probandum. In ragione della reciproca soccombenza tra le parti, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensa le spese processuali tra le parti. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte sia della ricorrente principale che di quella incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.