Un uomo accusato di associazione mafiosa ha proposto ricorso contro l’ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere, invocando l’insussistenza di elementi probatori a suo carico posto che il giudice di merito ha erroneamente riconosciuto portata probatoria ad una sua lettera manoscritta.
Il Tribunale di Caltanissetta accoglieva l'appello del PM e applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei riguardi di un soggetto ritenuto gravemente indiziato del delitto di partecipazione a Cosa Nostra. L'indagato ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo l'insussistenza della gravità indiziaria a suo carico. La prova della partecipazione all'associazione mafiosa deriverebbe infatti da una lettera manoscritta in cui l'uomo riportava affermazioni autoreferenziali circa la sua posizione all'interno dell'organizzazione. Il ricorso risulta fondato. La Cassazione ha infatti affermato che «se è vero che la confessione dell'imputato può essere posta a base del giudizio di colpevolezza anche quando costituisce l'unico elemento d'accusa, è altrettanto vero che è necessario che il giudice ne verifichi la veridicità, la genuinità e l'attendibilità, fornendo ragione dei motivi per i quali debba respingersi ogni sospetto sul suo contenuto» v. Cass. penumero sez. V numero 18438/2022 . Si tratta di un principio ancora più pregnante in caso di confessione stragiudiziale, come nella vicenda in esame che il Collegio declina nei seguenti termini la confessione stragiudiziale può essere posta a fondamento del giudizio di colpevolezza, ma il giudice fornire adeguata motivazione sulla veridicità e sulla spontaneità della stessa, escludendo ogni sospetto inquinante il valore probatorio di tale fonte di prova deve essere apprezzato secondo le regole del mezzo di prova che la introduce nel processo se la confessione stragiudiziale è riferita al testimone dovrà essere soggetta alla regola di valutazione di cui all'articolo 192 c.p.p., mentre se è riferita al chiamante in reità o correità di applica l'articolo 192, commi 3 e 4, c.p.p. la confessione può costituire prova sufficiente, a prescindere da ulteriori riscontri esterni, ma solo se il giudice abbia preso in esame le circostanze obiettive e subiettive che hanno determinato e accompagnato la confessione. Non avendo osservato tali principi, la pronuncia impugnata viene annullata senza rinvio.
Presidente Fidelbo – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Caltanissetta, in accoglimento dell'appello del Pubblico Ministero, ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei riguardi di G.M.G. , ritenuto gravemente indiziato del delitto di partecipazione all'associazione di stampo mafioso denominata omissis . 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'indagato articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di gravità indiziaria. Si premette che la prova della partecipazione all'associazione dell'indagato, detenuto dal 2014, deriverebbe dal rinvenimento, a seguito di perquisizione, nel portafoglio di C.T.G. , soggetto a sua volta ritenuto partecipe del sodalizio, di una lettera manoscritta e redatta tra il omissis e il omissis il cui contenuto è riportato nella ordinanza impugnata. Assume G. che il reato associativo sarebbe stato contestato solo a tre persone, cioè C.T.G. , G.M.G. e C.S. , e si sottolinea come il Pubblico Ministero non abbia proposto appello avverso l'ordinanza con cui era stata rigettata la domanda cautelare nei riguardi di C. e che l'appello proposto nei riguardi di C.T.G. sarebbe stato rigettato. Dunque, si sostiene, un reato associativo contestato solo all'indagato. Nè, si aggiunge, potrebbe attribuirsi rilevante valenza all'essere il ricorrente un soggetto in passato già condannato per associazione mafiosa ed estorsione, non potendo il reato associativo essere perpetuo ed essendo necessario che la condotta partecipativa si estrinsechi all'esterno in un contributo al sodalizio nè, ancora, assumerebbero rilievo le affermazioni autoreferenziali del ricorrente contenute nella lettera con cui questi assumerebbe di avere ancora un ruolo e una posizione di rilievo all'interno dell'associazione. Lo scopo della lettera, si aggiunge, sarebbe stato solo quello di ottenere un sostegno economico peraltro da un non associato. Nel caso di specie non sarebbe stata verificata nè l'esistenza dell'associazione e neppure la manifestazione del metodo, della intimidazione mafiosa, del contributo fornito, della sussistenza delle circostanze aggravanti contestate. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. L'intero giudizio di gravità indiziaria è stato fondato sul contenuto della lettera di cui si è detto. Secondo il Tribunale, prescindendo dal tema relativo a se ed in che limiti le richieste del ricorrente furono poi attuate, il contenuto di quella lettera sarebbe di per sé dimostrativo della persistente appartenenza mafiosa di G. , che, nella occasione, avrebbe fatto espresso riferimento al mantenimento di un ruolo di rilievo nel sodalizio, al suo continuare ad essere informato delle dinamiche criminali sul territorio e alla volontà di voler continuare ad ingerirsi nella gestione degli affari illeciti, impartendo ordini e direttive. Ha aggiunto il Tribunale che in tale contesto non sarebbe affatto distonica la richiesta di sostegno economico contenuta nella missiva il denaro necessario a pagare il difensore in vista di una udienza essendo detto tipo di richiesta sintomatico della esistenza di un legame tra chi fra i sodali è in stato detentivo e chi è in libertà. Dunque un giudizio di gravità indiziaria fondato su una lettera a contenuto sostanzialmente confessorio. 3. Si tratta di un ragionamento viziato. La Corte di cassazione ha in più occasioni chiarito che se è vero che la confessione dell'imputato può essere posta a base del giudizio di colpevolezza anche quando costituisce l'unico elemento d'accusa, è altrettanto vero che è necessario che il giudice ne verifichi la veridicità, la genuinità e l'attendibilità, fornendo ragione dei motivi per i quali debba respingersi ogni sospetto sul suo contenuto in tal senso, Sez. 4, numero 4907 del 17/10/2017, dep. 2018, Militello, Rv. 271980 Sez. 6, numero 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Amato, Rv. 259489 Sez. 4, numero 20591 del 05/03/2008, D'Avanzo, Rv. 240213 Sez. 5, numero 18438 del 22/03/2022, Mannolo, Rv. 283011 . Tali principi assumo oltremodo rilievo nei casi, come quello in esame, di confessione stragiudiziale. Si è osservato in modo condivisibile che il nostro ordinamento penale non prevede una gerarchia di valore delle acquisizioni probatorie, ma si limita unicamente a indicare il criterio argomentativo che il giudice deve seguire nell'operazione intellettiva di valutazione delle dichiarazioni rese da determinati soggetti non esiste cioè un principio di legalità della prova, atteso che la legalità attiene alla valutazione che deve essere fatta. Dunque anche la confessione stragiudiziale, ben può essere posta a base del giudizio di colpevolezza dell'imputato ove il giudice di merito, con motivazione immune da vizi logici, ne apprezzi favorevolmente la veridicità e la spontaneità, escludendo ogni sospetto inquinante. Si aggiunge che il valore probatorio della detta fonte di prova deve essere apprezzato secondo le regole del mezzo di prova che la introduce nel processo, nel senso che la confessione stragiudiziale riferita dal testimone è soggetta alla regola di valutazione propria delle prove testimoniali ex articolo 192 c.p.p. mentre per quella riferita dal chiamante in reità o in correità deve applicarsi la regola di cui all'articolo 192, commi 3-4, c.p.p La confessione può costituire prova sufficiente della responsabilità di colui che la renda, indipendentemente dall'esistenza di riscontri esterni, ma ciò che è necessario è che il giudice prenda in esame le circostanze obiettive e subiettive che hanno determinato e accompagnato la confessione e dia ragione, con logica motivazione, delle circostanze che escludono intendimenti inquinanti. 4. Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati. Al di là dell'esame formale del contenuto di quella missiva, nessuna verifica è stata compiuta sulla effettiva capacità dimostrativa di quella lettera, sulle circostanze obiettive e subiettive che determinato G. a redigerla e, in particolare, sulla effettività delle affermazioni in essa contenute. In particolare, nulla è stato verificato sul se davvero l'indagato continuasse ad avere un ruolo nelle dinamiche interne della criminalità organizzata su quel determinato territorio, se il ricorrente avesse ancora rapporti con soggetti legati al sodalizio mafioso, se, soprattutto, con quella lettera G. avesse speso una reale ed attuale fama criminale, un'autorevolezza effettiva all'interno di un'associazione mafiosa o si fosse limitato solo ad evocare un suo potere mafioso in realtà non esistente per giustificare una richiesta economica a C.T. , rispetto al quale, lo si ripete, sono stati esclusi i gravi di indizi di colpevolezza per il reato per cui si procede. Un ragionamento probatorio da parte del Tribunale che non si è attenuto alle regole di valutazione della confessione e un'ordinanza viziata che deve essere annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.