L’elemento della partecipazione alle perdite non è determinante ai fini della qualificazione del rapporto come associazione in partecipazione.
Una società proponeva opposizione avverso l'avviso di addebito notificatole dall'INPS per il recupero della contribuzione previdenziale relativa alla posizione di alcuni lavoratori formalmente impiegati con contratto di associazione in partecipazione . La domanda veniva rigettata sia in primo che in secondo grado, poiché, dal contesto regolamentare pattizio, risultava che le perdite erano sempre e solo a carico dell'associante e tale clausola si poneva in contraddizione con la natura aleatoria del contratto di associazione in compartecipazione, in cui l'associato è tenuto a partecipare al rischio d'impresa. Correttamente, dunque, i rapporti di lavoro venivano qualificati come lavoro subordinato. La società ha proposto ricorso per Cassazione . La giurisprudenza ha già avuto modo di pronunciarsi sulle differenze tra rapporto di lavoro subordinato con partecipazione agli utili figura giuridica a cui la sentenza gravata riconduce la fattispecie e il contratto di associazione in partecipazione affermando che il contratto ha quale sinallagma la partecipazione agli utili e al rischio d'impresa esteso anche alla partecipazione alle perdite a fronte di un determinato apporto dell'associato, che può consistere anche nella prestazione lavorativa del medesimo in tal caso l'associato che offre la propria prestazione lavorativa si inserisce nell'assetto organizzativo aziendale, la cui gestione dell'impresa spetta all'associante art. 2552, comma 1, c.c. . Inoltre è stato sottolineato come la divisione delle perdite non sia considerata dalla legge quale elemento imprescindibile per la configurazione della fattispecie, dal momento che l' art. 2553 c.c. , pur ascrivendo, in via generale, a tale peculiare fattispecie contrattuale, l'elemento della condivisione tra associato e associante tanto degli utili quanto delle perdite, ne ammette la possibilità di deroga ad opera dei contraenti infatti, anche in tale ultima ipotesi, il carattere aleatorio del contratto non ne verrebbe snaturato, atteso che, anche qualora utili non dovessero esservi, l'apporto lavorativo dell'associato sarebbe, comunque, destinato a rimanere senza compenso . In altre parole, l'associato in partecipazione che presta la propria attività in un'impresa che consegue risultati negativi è comunque soggetto in senso lato ad un rischio economico, pure laddove le parti abbiano escluso la partecipazione alle perdite, poiché in tal caso l'assenza di utili comporta l'assenza di compensi, essendo gli ultimi inevitabilmente correlati all'andamento economico dell'impresa . Ha dunque errato la Corte d'appello a qualificare il rapporto di lavoro come subordinato, solo sulla base del criterio della divisione delle perdite. Il giudice di merito avrebbe invece dovuto espletare il necessario passaggio interpretativo intermedio , concernente l'accertamento, in base ai corretti parametri, della effettiva natura del rapporto di lavoro come parasubordinato , la cui genuinità, una volta accertata in fatto, renderebbe del tutto compatibile la pattuizione di esclusione dell'associato dalle perdite con la natura aleatoria del contratto di associazione in partecipazione, così come ben chiarito dalla giurisprudenza di legittimità . Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso con rinvio alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione.
Presidente Berrino Relatore De Felice Rilevato che la Corte d'appello di Bologna, confermando la pronuncia del Tribunale di Forlì, ha rigettato l'opposizione ad avviso di addebito proposta dalla società omissis s.p.a., notificato alla stessa a titolo di recupero della contribuzione previdenziale relativa alla posizione di alcuni lavoratori formalmente impiegati presso le sedi di [ ] e di [ ] con contratto di associazione in partecipazione la Corte territoriale ha accertato che, dallo specifico contesto regolamentare pattizio, risultava che le perdite sarebbero state sempre e solo a carico dell'associante, e che tale clausola contrattuale si poneva in palese contraddizione con la natura aleatoria del contratto di associazione in compartecipazione, in cui l'associato è tenuto a partecipare al rischio d'impresa ha quindi concluso per la genuinità della qualificazione dei rapporti di lavoro controversi quali rapporti di lavoro alle dipendenze della società omissis s.p.a la cassazione della sentenza è domandata dalla società omissis s.p.a. sulla base di un unico motivo, illustrato da successiva memoria l'INPS ha depositato controricorso all'Adunanza il Collegio si è riservato il termine di 60 giorni per il deposito dell'ordinanza. Considerato che l'unico motivo, formulato ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, deduce Violazione e falsa applicazione degli artt. 2549 c.c. Nozione dell'associazione in partecipazione , 2552 c.c. Diritti dell'associante e dell'associato , 2253 c.c. Divisione degli utili e delle perdite , 2554 c.c. co.II c.c. Partecipazione agli utili e alle perdite contesta la valutazione di illegittimità dei contratti di associazione in partecipazione operata dalla Corte territoriale sul presupposto dell'espressa esclusione della diretta partecipazione dell'associato alle perdite dell'impresa cui questi conferisce il proprio apporto lavorativo afferma che il rischio d'impresa, e quindi, la causa contrattuale, permane inalterata anche quando le parti escludono la diretta partecipazione dell'associato alle perdite economiche della società, in quanto, anche in tale ultima ipotesi, il lavoratore non avrebbe nessuna garanzia di conseguire un reddito proporzionato al proprio apporto, reddito da individuarsi in misura corrispondente alla differenza fra il valore dell'apporto lavorativo conferito e l'inferiore controvalore economico che egli potrebbe percepire a causa della carenza di utili della società il ricorso va accolto sui tratti differenziali del rapporto di lavoro subordinato con partecipazione agli utili figura giuridica a cui la sentenza gravata riconduce la fattispecie controversa e il contratto di associazione in partecipazione questa Corte si è pronunciata assumendo che ai sensi del codice civile, il contratto ha quale sinallagma la partecipazione agli utili e al rischio d'impresa esteso anche alla partecipazione alle perdite a fronte di un determinato apporto dell'associato, che può consistere anche nella prestazione lavorativa del medesimo in tal caso l'associato che offre la propria prestazione lavorativa si inserisce nell'assetto organizzativo aziendale, la cui gestione dell'impresa spetta all'associante art. 2552, comma 1, c.c. ha ancora sottolineato come la divisione delle perdite non sia considerata dalla legge quale elemento imprescindibile per la configurazione della fattispecie, dal momento che l' art. 2553 c.c. , pur ascrivendo, in via generale, a tale peculiare fattispecie contrattuale, l'elemento della condivisione tra associato e associante tanto degli utili quanto delle perdite, ne ammette la possibilità di deroga ad opera dei contraenti infatti, anche in tale ultima ipotesi, il carattere aleatorio del contratto non ne verrebbe snaturato, atteso che, anche qualora utili non dovessero esservi, l'apporto lavorativo dell'associato sarebbe, comunque, destinato a rimanere senza compenso ne deriva che l'associato in partecipazione che presta la propria attività in un'impresa che consegue risultati negativi è comunque soggetto in senso lato ad un rischio economico, pure laddove le parti abbiano escluso la partecipazione alle perdite, poiché in tal caso l'assenza di utili comporta l'assenza di compensi, essendo gli ultimi inevitabilmente correlati all'andamento economico dell'impresa nel caso che ci occupa, la Corte d'appello, richiamata in astratto la giurisprudenza di questa Corte in materia di indici indentificativi del contratto di associazione in partecipazione segnatamente, compenso fisso, rischio d'impresa, prevalenza del dato fattuale su quello formale nella valutazione della genuinità del contratto , si è limitata a rilevare la carenza dell'elemento del rischio - ritenuto di per sé identificativo della fattispecie - sì come ricavato in via esclusiva dall'esplicita esclusione contrattuale dell'associato dalle perdite occorre premettere che la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro effettuata dal giudice del merito è censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l'accertamento degli elementi, che rivelano la presenza effettiva del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli, costituisce apprezzamento di fatto che, qualora immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità nel caso che ci occupa, l'accertamento compiuto dalla Corte territoriale circa la sussistenza degli indici identificativi del rapporto di subordinazione appare generico e il giudizio conclusivo poggia, in realtà, sull'esclusiva equazione per cui, in assenza di divisione delle perdite ci si trovi di fronte a un contratto di lavoro subordinato camuffato , se pure formalmente qualificato come associazione in partecipazione secondo la giurisprudenza di questa Corte - oltre che in base a quanto si afferma in dottrina - gli accordi derogatori finalizzati ad escludere la distribuzione delle perdite non sono - di per sé soli - idonei a spezzare il nesso sinallagmatico tra partecipazione al rischio d'impresa ed apporto lavorativo e, dunque, a disattendere la genuinità della forma contrattuale dell'associazione in partecipazione prescelta dai contraenti da ultimo, cfr. per tutte Cass. n. 26273 del 2020 e Cass. n. 7398 del 2022 pertanto, nel caso in esame, la decisione gravata, la quale ha ritenuto di fondare il riconoscimento del vincolo di subordinazione sull'esclusivo parametro dell'esenzione dell'associato dalle perdite, cui i contraenti avevano inteso derogare attraverso espressa pattuizione, non si palesa conforme all'orientamento prevalente il giudice del merito ha, infatti, omesso di espletare il necessario passaggio interpretativo intermedio, concernente l'accertamento, in base ai corretti parametri, della effettiva natura del rapporto di lavoro come parasubordinato, la cui genuinità, una volta accertata in fatto, renderebbe del tutto compatibile la pattuizione di esclusione dell'associato dalle perdite con la natura aleatoria del contratto di associazione in partecipazione, così come ben chiarito dalla giurisprudenza di legittimità pertanto, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, la quale dovrà pronunciarsi anche sulle spese del giudizio di legittimità in considerazione dell'accoglimento del ricorso, dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, la quale sarà tenuta a pronunciarsi anche sulle spese del giudizio di legittimità.