Non è colpevole la rugbista che tira una gomitata all’avversaria per rialzarsi da terra

La vicenda in esame riguarda la responsabilità colposa riconosciuta dalla Corte territoriale nei confronti di un’atleta, per aver procurato gravi lesioni oltre all’indebolimento permanente della vista di una collega, durante una partita di rugby, in occasione della coppa italiana femminile svoltasi a Vicenza.

I giudici di secondo grado hanno rilevato come l'imputata, nel rialzarsi da terra, abbia colpito la persona offesa con una gomitata , violando la regola specifica sportiva ed esercitando una forza sicuramente sproporzionata ed esorbitante a quella strettamente necessaria per rimettersi in piedi . La Suprema Corte ha affermato a riguardo che nell'analisi dell'eventuale responsabilità dell'atleta per fatti dannosi commessi durante l'attività sportiva debba essere abbandonato l'orizzonte del cd. rischio consentito e dell'agente modello , foriero di eccessive incertezze nell'applicazione giudiziale, per approdare ai consueti criteri di accertamento della responsabilità penale nei reati caratterizzati dall'evento verifica oggettiva del fatto dannoso azione e nesso causale e configurabilità della colpevolezza dell'agente, sotto il profilo della sussistenza del dolo o della colpa . Inoltre, l'attività sportiva non si sottrae all'indagine di responsabilità colposa o dolosa in caso di eventi lesivi della vita o dell'integrità fisica delle persone, accaduti nel corso o in occasione del suo esercizio. In tale prospettiva , non serve ragionare in termini di scriminante , atteso che l'attività sportiva costituisce di per sé un'attività lecita, rispetto alla quale i partecipanti accettano di correre determinati rischi, sempre che la loro integrità fisica non sia da altri deliberatamente lesa o danneggiata colposamente a seguito della violazione di predeterminate regole cautelari. Per la colpa generica in particolare - ma anche per la colpa specifica, in caso di regole cautelari c.d. elastiche, in cui cioè la regola non è dettagliata ma è determinata in base a circostanze contingenti - si tratta di applicare i consueti principi che caratterizzano la valutazione della colpevolezza colposa . In un recente arresto, è stato efficacemente ribadito che in sede di accertamento della colpa il giudice deve indicare la regola cautelare violata preesistente al fatto, e quindi specificare quale sia - sulla base della diligenza, prudenza e perizia - in concreto ed ex ante il comportamento doveroso prescritto Cass. n. 32899/2021 . Ne discende che sono, per contro, illeciti quei comportamenti che non sono riconducibili al gioco, pur nelle sue espressioni pericolose, o perché intenzionalmente diretti a procurare danno alla persona oppure perché, siccome in contrasto con il principio di lealtà sportiva, sono estranei all'ambito di applicazione delle regole del gioco - che quel principio presuppongono e sono quindi disciplinati dalle ordinarie regole di diligenza, dei quali costituiscono violazione . Per tutti questi motivi, il Collegio annulla la pronuncia in oggetto .

Presidente Di Salvo – Relatore Ferranti Ritenuto in fatto 1.Z.A. , tramite il suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia del 23.02.22 che per quanto qui rileva ha revocato le statuizioni civili a carico della imputata, in quanto la parte civile dopo la sentenza di primo grado aveva instaurato un giudizio civile in data 23.09.21, azionando in tale sede la medesima domanda risarcitoria, e ha confermato per il resto la sentenza di condanna del Tribunale di Vicenza del 6.06.2019, in relazione al reato di lesioni colpose ex art. 590 c.p. in danno di S.T.E. . 2.La vicenda processuale in disamina attiene alla responsabilità colposa riconosciuta dalla Corte territoriale nei confronti del Z. , per aver procurato gravi lesioni/oltre all'indebolimento permanente della vista alla persona offesa, durante una partita di rugby in occasione della coppa italiana femminile omissis svoltasi in … il omissis . 2.1.In particolare, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, durante la partita tra le squadre omissis ” la omissis , nella fase successiva ad un placcaggio da parte della persona offesa, entrambe le giocatrici erano cadute a terra e l'imputata, che si trovava sopra, aveva alzato il braccio destro a squadra e aveva colpito con il gomito al volto l'avversaria, procurandole la frattura della parte inferiore mediale dell'orbita destra, con incarceramento del muscolo oculare, causandole lesioni che necessitavano di un ricovero ed un intervento chirurgico di riduzione della frattura del pavimento orbitario destro, scarcerazione del muscolo orbitario e ricostruzione della parete mediale con mash in titanio. La Corte territoriale ha ritenuto rilevante la circostanza che il fatto lesivo è stato posto in essere subito dopo un placcaggio, Del tentativo dell'imputata di riprendere il gioco e di rialzarsi da terra ha affermato ché ha colpito la persona offesa con una gomitata, violando la regola specifica sportiva e comunque esercitando una forza sicuramente sproporzionata ed esorbitante a quella strettamente necessaria per rimettersi in piedi. 2. Avverso la suddetta sentenza la ricorrente articola i motivi di seguito sinteticamente esposti. 2.1.Con il primo motivo lamenta violazione di legge in quanto gli atti non sono stati rinviati al giudice di primo grado competente per materia all'esito della riqualificazione effettuata dal giudice di primo grado in lesioni colpose. 2.2.Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata indicazione della regola cautelare specifica violata e al travisamento della prova testimoniale in quanto non è certo che la gomitata sia stata sferrata e ciò alla luce di alcune dichiarazioni testimoniali specificatamente indicate teste G. e l'Ispettore S. che ha visionato le videoriprese . Lamenta inoltre che erroenamente non è stata ritenuta applicabile alla condotta dell'imputato la scriminante del c.d. rischio consentito . in quanto non è stata indicata la regola di gioco che l'imputata avrebbe violato. 2.3. Con il terzo motivo lamenta vizio motivazionale laddove è stata esclusa l'applicazione delle attenuanti generiche sulla base di affermazioni apodittiche quali che l'imputata non avesse avuto intenzione di scusarsi, nonostante le richieste di incontro rivolte alla persona offesa e da quest'ultima sempre rifiutate e inoltre che l'imputata avrebbe protratto i tempi del giudizio con un'istruttoria testimoniale inutile. 2.4. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio superiore al minimo. 2.5. Con il quinto motivo violazione di legge in quanto è stato escluso l'interesse ad appellare nei confronti dell'esclusione del responsabile civile da parte del giudice di primo grado, in quanto sono state revocate le statuizioni civili. 3. Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in dwitto 1. I motivi dedotti esaminabili congiuntamente, laddove attengono alla tematica della individuazione dei confini dell'area del penalmente rilevante in rapporto alla condotta lesiva dell'altrui integrità fisica nell'ambito delle competizioni sportivep non sono manifestamente infondati con particolare riferimento al secondo motivo. 2. Questa Corte anche recentemente ha affermato Sez. 4 -, n. 8609 del 28/10/2021 Ud. dep. 15/03/2022 Rv. 282764 02 che il principio secondo cui il rischio consentito è quello accettato dall'atleta in relazione al rispetto delle regole tecniche per la pratica sportiva di riferimento, per cui la esorbitante violazione di tali regole ricondurrebbe la condotta antisportiva nell'area del penalmente rilevante, derivandone una lesione non previamente accettata dall'atleta, non risolve il problema di delineare i criteri giuridici da seguire per affermare se un Fatto lesivo commesso nel corso di un'attività sportiva sia concretamente una condotta tipica penalmente e/o civilmente rilevante. Si è affermato, pertanto, che nell'analisi dell'eventuale responsabilità dell'atleta per fatti dannosi commessi durante l'attività sportiva debba essere abbandonato l'orizzonte del cd. rischio consentito e dell'agente modello, foriero di eccessive incertezze nell'applicazione giudiziale, per approdare ai consueti criteri di accertamento della responsabilità penale nei reati caratterizzati dall'evento verifica oggettiva del fatto dannoso azione e nesso causale e configurabilità della colpevolezza dell'agente, sotto il profilo della sussistenza del dolo o della colpa. L'attività sportiva, così come altre attività umane potenzialmente pericolose, ma consentite per evidenti ragioni di utilità sociale si pensi all'attività medico-chirurgica , non si sottrae all'indagine di responsabilità colposa o dolosa in caso di eventi lesivi della vita o dell'integrità fisica delle persone, accaduti nel corso o in occasione del suo esercizio. In tale prospettiva, non serve ragionare in termini di 3criminante, atteso che l'attività sportiva costituisce di per sé un'attività lecita, rispetto alla quale i partecipanti accettano di correre determinati rischi, sempre che la loro integrità fisica non sia da altri deliberatamente lesa o danneggiata colposamente a seguito della violazione di predeterminate regole cautelari. Per la colpa generica in particolare ma anche per la colpa specifica, in caso di regole cautelari c.d. elastiche, in cui cioè la regola non è dettagliata ma è determinata in base a circostanze contingenti si tratta di applicare i consueti principi che caratterizzano la valutazione della colpevolezza colposa. In un recente arresto, è stato efficacemente ribadito che in sede di accertamento della colpa il giudice deve indicare la regola cautelare violata preesistente al fatto, e quindi specificare quale sia sulla base della diligenza, prudenza e perizia in concreto ed ex ante il comportamento doveroso prescritto Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021 , Rv. 281997 17 . La verifica della colpa sportiva non potrà, insomma, prescindere dagli ordinari criteri stabiliti dall' art. 43 c.p. , in particolare riscontrando l'eventuale violazione della regola cautelare, generica o specifica, non corrispondente alla regola tecnico-sportiva in astratto applicabile. Ne discende che sono, per contro, illeciti quei comportamenti che non sono riconducibili al gioco, pur nelle sue espressioni pericolose, o perché intenzionalmente diretti a procurare danno alla persona oppure perché, siccome in contrasto con il principio di lealtà sportiva, sono estranei all'ambito di applicazione delle regole del gioco che quel principio presuppongono e sono quindi disciplinati dalle ordinarie regole di diligenza, dei quali costituiscono violazione. È evidente, infatti, che per ciascun contesto indicato i singoli atleti faranno affidamento su atti degli avversari aventi caratteristiche e intensità diverse maggiore per i professionisti rispetto ai dilettanti, minore per gli allenamenti rispetto alle gare ecc. , cui potrà conseguire l'operatività di una diversa regola cautelare pertinente alla situazione sportiva obiettivamente acclarata. Fondamentale è la regola generale che impone agli atleti di improntare il proprio comportamento ai doveri di lealtà e correttezza sportiva nonché di rispetto dell'avversario, che va però coordinata ai principi della colpevolezza colposa. Nell'accertamento della sussistenza della colpa non ha rilievo la entità del danno procurato, poiché oggetto della valutazione non sono le conseguenze dannose in quanto tali, bensì le specifiche e obiettive modalità della condotta dell'atleta, avuto riguardo alle caratteristiche dell'azione nell'ambito del contesto agonistico di riferimento. Nella valutazione della colpa sportiva assume centralità l'analisi della situazione di fatto in rapporto al contesto e allo sviluppo dinamico dell'azione sportiva lesiva. 2.1.1 giudici di appello hanno fondato il giudizio di responsabilità muovendo dalla ritenuta gratuità dell'azione fallosa affermando che doveva ritenersi superato il rischio consentito dall'espletamento dell'attività sportiva specifica in quanto l'azione non era avvenuta in una fase di concitamento e comunque l'azione posta in essere con il gomito era sproporzionata come violenza rispetto alla necessità di rialzarsi da terra mentre il corpo dell'avversaria era sotto di lei e che l'imputata ha sferrato una gomitata in violazione della regola sportiva regolamentare dell'attività agonistica. Ritiene il Collegio che si tratta di considerazioni generali che potrebbero valere per qualsiasi contesto agonistico, ma che non affrontano il nodo centrale della questione, che è quello, appunto, di stabilire se nel caso concreto vi pi un comportamento colposo giuridicamente rilevante, in quanto commesso in violazione di una predeterminata regola cautelare, che nel caso non è stata in alcun modo evocata nè individuata dal Giudice del merito. Anzi nella sentenza di primo grado che ha derubricato il reato in lesioni colpose, si legge che il Giudice sportivo, dando atto che nemmeno da video è individuabile l'esatto svolgimento dei fatti essendo visibile solo un movimento scomposto, ha scritto che dalla memoria del Presidente della società omissis si dà atto che la giocatrice Z.A. , essendo trattenuta a terra dalla giocatrice del , si divincolava e nell'alzarsi colpiva accidentalmente la giocatrice del S.T.E. fol 8 setenza di primo grado 3. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell' art. 129 c.p.p. maturate successivamente rispetto alla sentenza impugnata nel caso di specie per rilevare d'ufficio l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il termine di prescrizione massimo, di sette anni e mesi sei, secondo quanto previsto dal combinato disposto dell' art. 157 e 161 c.p. , il 15.09.2022. 3.1.In presenza di una causa di estinzione del reato, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte Sez.U.n. 35490 del 28/05/2009 Ud. dep. 15/09/2009 Rv. 244275 01 in caso di annullamento, il giudice del rinvio si troverebbe a dover dichiarare la immediata declaratoria della causa di estinzione del reato e ciò anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l'inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva, così come precisato da Sez. Un. 28 novembre 2001 n. 1021/02, Cremonese, rv 220511. 4.Va pertanto dichiarato l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.