L’Avvocato ha il dovere di comportarsi, in ogni situazione, inclusa la dimensione privata e non propriamente nell’espletamento dell’attività forense, con la dignità e con il decoro imposti dalla funzione che l’avvocatura svolge nella giurisdizione. Ma qual è il confine di dignità e decoro nel 2023?
Giuramento “Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di Avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell'assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento”. Questa è la formula che ogni Avvocato ha pronunciato per diventare tale “Per poter esercitare la professione, l'Avvocato assume dinanzi al consiglio dell'ordine in pubblica seduta l'impegno di osservare i relativi doveri, secondo la formula […] . Non è una frase di stile, bensì un preciso obbligo, sancito dall' articolo 8 della Legge Professionale Forense l. numero 247/2012 . L'operatività della deontologia forense L'articolo 2 del Codice Deontologico Forense, in tema di ambito di applicazione, al comma 1 stabilisce che le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati nella loro attività professionale, nei reciproci rapporti e in quelli con i terzi, nonché ai comportamenti nella vita privata, quando ne risulti compromessa la reputazione personale o l'immagine della professione forense. La definizione della condotta Nel nuovo ordinamento professionale forense, la formula della “condotta specchiatissima e illibata” già prevista dal R.d.l. numero 1578/1933 è stata sostituita dalla “condotta irreprensibile” l. numero 247/2012 , che tuttavia, secondo l'interpretazione fatta propria dagli organi disciplinari, non modifica il contenuto sostanziale del requisito, dovendosi la irreprensibilità della condotta valutare alla stregua del Codice deontologico forense. Vita professionale e privata Scrollando le massime del CNF sul relativo website istituzionale, alla query “vita privata”, è possibile constatate che l'indirizzo giurisprudenziale, attestatosi sull'articolo 9 del CDF già articolo 5 del Codice previgente , nonostante le istanze telluriche scatenate dagli ultimi lustri, più tecnologici e progressistici, non è cambiato, ma anzi pare salvaguardare la tradizione etica forense, che considera l'Avvocato “sempre tale”, in qualsiasi contesto. Il trend di sempre è quello di ritenere disciplinarmente responsabile l'Avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l'esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro articolo 9 del CDF e, riflettendosi negativamente sull'attività professionale, compromettono l'immagine dell'avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria. La notorietà L'essere personaggi mediatici, o sconosciuti ai media, ovvero alle piattaforme sociali, non è elemento che rileva come scriminante né tantomeno quale attenuante, poiché l'orientamento che si è formato sull'articolo 9 del CDF è nel senso che la violazione deontologica sussiste a prescindere dalla notorietà. Le foto in abbigliamento “discinto Il CNF si è occupato di pubblicazione di rappresentazioni fotografiche in abbigliamento “discinto” una sola volta, nel 2007 sentenza numero 211 , e peraltro la persona in questione non era lo stesso Avvocato incolpato, bensì sua moglie. Lo stesso, tuttavia, venne sanzionato con la censura in quanto ritenuto contrario ai doveri deontologici l'inserimento, in un proprio sito web, di tali fotografie, che l'incolpato aveva definito “artistiche”. La sessualità Il Consiglio distrettuale di disciplina di Napoli decisione numero 895 del 9 maggio 2018 ha invece fissato un limite, prendendo posizione sulla vita sessuale di un iscritto, e chiarendo che gli organi disciplinari non possono valutare, con finalità censorie, la condotta dell'Avvocato che non travalichi i limiti della sua vita privata e, soprattutto, si mantenga estranea alla sua attività professionale. Per l'effetto, gli orientamenti ed i comportamenti sessuali dell'Avvocato non possono e non debbono essere oggetto di valutazione deontologica, attenendo essi alla sua sfera intima e affettiva, dunque personalissima. Al contempo il Consiglio Nazionale Forense sentenza numero 145 del 6 dicembre 2019 ha sospeso dall'esercizio dell'attività professionale, per la durata di mesi due, un Avvocato che aveva subordinato l'effettività e l'efficacia del proprio impegno professionale alla prestazione sessuale in suo favore del cliente, in quanto ritenuta di estrema gravità la confusione o la sovrapposizione dell'atto sessuale alla prestazione professionale.