Smartphone incustodito nel bar, il ladro lo copre con un giornale e se ne impossessa: impossibile parlare di destrezza

I Giudici ridimensionano l’episodio verificatosi in un bar legittimo, spiegano, parlare di furto semplice. Illogico riconoscere particolare destrezza all’azione con cui il ladro ha sottratto il cellulare a una donna, poiché egli ha semplicemente approfittato dell’allontanamento della donna dal bar.

Impossibile catalogare come particolarmente abile il ladro che approfitta della dimenticanza di una persona che all’interno di un locale ha lasciato momentaneamente incustodito il proprio smartphone. Scenario della vicenda oggetto del processo è un bar in Abruzzo. A finire sotto accusa è un uomo, beccato dopo avere sottratto lo smartphone ad una donna. In appello, in particolare, egli viene ritenuto colpevole di «furto con destrezza». Su quest’ultimo dettaglio, cioè sul riconoscimento della destrezza, è centrato il ricorso proposto in Cassazione dall’avvocato che difende l’uomo sotto accusa. Chiara l’ottica proposta dal legale. A suo parere «l’uomo si è limitato ad approfittare dell’allontanamento della detentrice del telefono e ad impossessarsene, coprendolo con un giornale» e, quindi, «nessuna particolare abilità ha caratterizzato la condotta da lui tenuta per eludere la sorveglianza della proprietaria del cellulare, rubato poiché rimasto incustodito». La linea proposta dall’avvocato convince i Giudici di Cassazione, i quali difatti catalogano l’episodio oggetto del processo come «furto semplice». Prima di esaminare in dettaglio il caso, comunque, i magistrati ribadiscono che va riconosciuta «l’aggravante della destrezza nel delitto di furto» quando «il ladro ha posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res, non essendo, invece, sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore del bene». Ampliando l’orizzonte, poi, i Giudici aggiungono che «va assegnato alla destrezza il significato di abilità o sveltezza personale nell’attività svolta dal ladro prima o durante l’impossessamento, abilità talvolta definite particolari, speciali, straordinarie, ma comunque connotate dall’idoneità ad eludere la normale vigilanza dell’uomo medio sul bene». E «le condotte nelle quali va ravvisata la destrezza sono caratterizzate da repentinità, come nel comportamento chiamato, per prassi, borseggio, in cui il ladro riesce, con gesto rapido ed accorto, a porre in essere tutte le cautele necessarie per evitare che la persona offesa si renda conto dell’asportazione in atto dalla sua persona o dai suoi accessori». Comunque, «la circostanza aggravante della destrezza va ritenuta integrata», aggiungono ancora i Giudici, «anche quando la modalità esecutiva» utilizzata dal ladro «sia astuta, avveduta e circospetta, e quindi, presenti un connotato più psicologico che fisico, sempre che sia in grado in astratto di superare il controllo e la vigilanza esercitata dalla persona offesa». In conclusione, «la destrezza ha perduto la connotazione puramente fisica» per assumere «una dimensione psicologica, che pone al servizio dell’attività criminosa doti di avvedutezza, accortezza, attenzione ed astuzia, capaci, con ancor maggiore insidiosità, di sorprendere la vigilanza sul bene, di regola esercitata dal possessore». Difatti, «va riconosciuta la destrezza» anche a fronte dell’«approfittamento di una condizione favorevole appositamente creata per allentare la sorveglianza del possessore del bene e neutralizzarne gli effetti». Per i Giudici di Cassazione, quindi, il principio è chiaro «l’approfittamento di una condizione favorevole creata dal ladro per allentare la sorveglianza da parte del possessore, e neutralizzarne gli effetti, integra la circostanza aggravante della destrezza, in caso di rapidità dell’azione nell’impossessamento, non potuto percepire dalla persona offesa, a tale scopo distratta». A fronte di tale quadro generale, pare illogico, chiariscono i Giudici, riconoscere particolare destrezza, nel caso oggetto del processo, all’azione con cui l’uomo ha sottratto il cellulare a una donna. Ciò perché «egli ha approfittato dell’allontanamento della detentrice dal bar e poi ha coperto col giornale lo smartphone della donna» e a quel punto «se ne è semplicemente impossessato». Valida, concludono i Giudici, la linea proposta dalla difesa, poiché la condotta tenuta dall’uomo «non aveva lo scopo di eludere la sorveglianza della persona offesa, che aveva lasciato l’oggetto incustodito e, quindi, privo di vigilanza».

Presidente Sabeone – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di L'Aquila, ha parzialmente riformato la pronunzia di primo grado nei confronti dell'imputato, di condannato alla pena giustizia per il reato di cui all'articolo 624 c.p., articolo 625 c.p., nnumero 4 e 6 per il furto con destrezza di un cellulare all'interno di un esercizio commerciale ove si somministrano cibi o bevande. Fatto di omissis . 1. Avverso la decisione ha proposto ricorso l'imputato tramite difensore fiduciario articolando un solo motivo, col quale lamenta la errata applicazione di legge e la carenza di motivazione con riguardo alle ritenute circostanze aggravanti. Deduce la difesa che la Corte territoriale mal avrebbe giudicato integrata l'aggravante della destrezza, poiché l'imputato si era limitato ad approfittare dell'allontanamento della detentrice del telefono e ad impossessarsene, coprendolo con un giornale. Nessuna particolare abilità avrebbe caratterizzato la condotta tenuta dall'attuale ricorrente per eludere la sorveglianza del possessore, poiché l'oggetto rubato era rimasto incustodito, essendosi allontanata la detentrice. Analoghe censure sono svolte quanto all'aggravante ex articolo 625 c.p., numero 6, ravvisabile solo se l'oggetto del furto è costituito da un bagaglio e la persona offesa si trova in viaggio. Con requisitoria scritta a norma del D.L. 17 marzo 2020, numero 18, articolo 83, comma 12-ter, convertito, con modificazioni, con la L. 24 aprile 2020, numero 27, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione ha concluso, previe verifiche sulla procedibilità con eventuale sospensione del giudizio D.Lgs. numero 150 del 2022, ex articolo 85, per l'annullamento della sentenza limitatamente all'aggravante di cui all'articolo 625 c.p., numero 6, con rinvio per la definizione del trattamento sanzionatorio. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per entrambi i profili dedotti. 1. Deve ricordarsi che il tema della sussistenza dell'aggravante della destrezza nel delitto di furto - suscitato dal ricorrente - oggetto di un contrasto giurisprudenziale, è stato affrontato e definito dalla pronunzia delle Sez. U, che con la Sentenza numero 34090 del 27/04/2017 Ud. dep. 12/07/2017 Rv. 270088, hanno stabilito che essa ricorre qualora l'agente abbia posto in essere, prima o durante l'impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res , non essendo, invece, sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo. In senso conforme Sez. 5, Sentenza numero 2296 del 10/11/2017 Ud. dep. 19/01/2018 Rv. 272001. 1.1 Nella motivazione della pronunzia delle SU è stato - tra l'altro - constatato che la Suprema Corte, sin dai suoi arresti più risalenti, ha assegnato alla destrezza il significato di abilità o sveltezza personale nell'attività svolta dall'agente prima o durante l'impossessamento, talvolta definite particolari, speciali, straordinarie, ma comunque connotate dall'idoneità ad eludere la normale vigilanza sul bene dell'uomo medio. Le condotte nelle quali è stata ravvisata sono caratterizzate da repentinità, come nel comportamento chiamato per prassi borseggio, nel quale l'agente riesce con gesto rapido ed accorto a porre in essere tutte le cautele necessarie per evitare che la persona offesa si renda conto dell'asportazione in atto dalla sua persona o dai suoi accessori Sez. 2, numero 946 del 16/04/1969, Reibaldi, Rv. 112022 Sez. 2, numero 6728 del 17/03/1975, Principessa, Rv. 130813 . La circostanza aggravante in parola è stata ritenuta integrata anche quando la modalità esecutiva sia astuta, avveduta e circospetta, e quindi, presenti un connotato più psicologico che fisico, sempre che sia in grado in astratto di superare il controllo e la vigilanza esercitata dalla persona offesa Sez. 2, numero 6027 del 23/01/1974, Cardini, Rv. 127987 . Nella riflessione esegetica sviluppatasi dai citati arresti la destrezza ha, dunque, perduto la connotazione puramente fisica per assumere una dimensione psicologica, che pone al servizio dell'attività criminosa doti di avvedutezza, accortezza, attenzione ed astuzia capaci, con ancor maggiore insidiosità, di sorprendere la vigilanza sul bene, di regola esercitata dal possessore. 1.2. Deve, altresì, chiarirsi che nel panorama delle decisioni di legittimità ha ricevuto concorde soluzione il caso in cui la distrazione della vittima è provocata dall'agente o da suoi complici, che creino azioni di disturbo, oppure impegnino l'attenzione della persona offesa, concentrandola altrove o in un comportamento specifico, per distoglierla dalla vigilanza sul proprio bene. Si è, pertanto, riconosciuta la destrezza per l'approfittamento di una condizione favorevole appositamente creata per allentare la sorveglianza e neutralizzarne gli effetti Sez. 3, numero 35872 del 08/05/2007, Alia, Rv. 237285 Sez. 4, numero 13074 del 17/03/2009, Alafleur, Rv. 243876 Sez. 5, numero 10144 del 02/12/2010, Bobovicz, Rv. 249831 Sez. 5, numero 640 del 30/10/2013, dep. 2014, Rainart, Rv. 257948 . In senso conforme la più recente, Sez. 4, Sentenza numero 2340 del 29/11/2017 Ud. dep. 19/01/2018 Rv. 271757, secondo la quale l'approfittamento di una condizione favorevole creata dall'agente per allentare la sorveglianza da parte del possessore e neutralizzarne gli effetti, integra la circostanza aggravante della destrezza, in caso di rapidità dell'azione nell'impossessamento, non potuto percepire dalla persona offesa, a tale scopo distratta. 1.3. Applicando tali condivisi principio alla fattispecie in esame, va osservato in fatto che dalla motivazione della sentenza impugnata emerge con chiarezza che l'imputato si è impossessato del telefono di cui in imputazione, semplicemente approfittando dell'allontanamento della detentrice J. dal bar ove si trovava, coprendolo in seguito col giornale. La difesa razionalmente critica la ritenuta aggravante perché la condotta, della quale non discute, non aveva lo scopo di eludere la sorveglianza della persona offesa, che aveva lasciato l'oggetto incustodito e, quindi, privo di vigilanza. La sentenza impugnata non ha applicato i principi suindicati, che pur mostra di conoscere, avendo fatto esplicito riferimento alla richiamata sentenza delle SU ed ha confermato la presenza dell'aggravante in parola con motivazione che, nulla esplicitando con riguardo al caso in esame, risulta apparente, oltre che, per le ragioni anzidette, non corretta. 2. Coglie nel segno altresì, la censura circa l'errata applicazione dell'aggravante ex articolo 625 c.p., numero 6 riguardo alla quale la Corte territoriale si è limitata semplicisticamente a rilevare che i fatti si erano verificati all'interno di un esercizio commerciale mentre dalla stessa espressione letterale della norma circostanziale, si ricava che oggetto della tutela è il bagaglio del viaggiatore nei luoghi in essa indicati, cioè nelle stazioni, negli scali, o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande, oltre che nei veicoli di ogni specie. In proposito si è affermato che l'aggravante in parola presuppone come elemento imprescindibile che il fatto sia commesso sul bagaglio di un viaggiatore, per tale intendendosi chiunque si muova da un luogo ad un altro con qualsiasi mezzo di trasporto. Sez. 5, Sentenza numero 9103 del 16/10/2019 Ud. dep. 06/03/2020 Rv. 278789. , connotazioni fattuali non presenti nel caso in esame, poiché alla stregua di quanto accertata dai Giudici del merito, la persona offesa non si trovava in viaggio, né il telefono può essere considerato un bagaglio. In senso coerente questa stessa Sezione ha già chiarito che in tema di furto, deve escludersi la sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 625 c.p., comma 1, numero 6 se la persona offesa non sia un viaggiatore e la condotta di appropriazione non abbia ad oggetto un bagaglio, anche qualora - come nella fattispecie ora al vaglio - il fatto sia commesso all'interno di uno dei luoghi indicati dalla predetta disposizioni. In applicazione del suddetto principio si è escluso che la suddetta aggravante possa configurarsi nel caso di sottrazione di monete da un videogioco collocato all'interno di un bar. Sez. 5, Sentenza numero 17804 del 14/03/2017 Ud. dep. 07/04/2017 Rv. 269641 . 2.1. Infine, non può non annotarsi che l'interpretazione fornita sul punto dal Giudice di appello oltre ad essere inesatta alla luce del criterio di interpretazione letterale ex articolo 12 preleggi, finisce per estendere oltre ogni ragione l'area di applicazione della circostanza aggravante in discussione che sarebbe, in tal modo, applicabile per ogni furto compiuto in esercizi commerciali ove si somministrano cibi o bevande. Alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono il fatto di cui in imputazione deve essere riqualificato come furto semplice dovendo sul punto evidenziarsi che dalla doverosa consultazione degli atti a disposizione, il Collegio ha rilevato la presenza della condizione di procedibilità, essendo stata sporta querela dalla persona offesa in data 11.7.2017 pertanto la sentenza per cui è ricorso deve essere annullata con rinvio per nuovo esame, con riguardo al trattamento sanzionatorio, alla Corte d'Appello di Perugia. P.Q.M. Riqualificato il fatto come furto semplice annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla corte di Appello di Perugia.