Non dovute le sanzioni sull’omesso versamento dell’imposta sulle concessioni dei beni del demanio

Non sono dovute, per obiettiva incertezza normativa, le sanzioni per l’omesso versamento dell’imposta regionale sulle concessioni dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato in relazione ad una concessione rilasciata da un’Autorità portuale.

Lo ha stabilito la Cassazione con sentenza 13289 del 15 maggio 2023, con cui ha accolto il motivo di ricorso di una contribuente. Deducibilità Irap lavoro dipendente da reddito imponibile. Secondo la giurisprudenza di legittimità, l'incertezza normativa oggettiva che ai sensi dell'articolo 8 d.lgs. numero 546/1992, articolo 6, comma 2, d.lgs. numero 472/1997 e articolo 10, comma 3, l. numero 212/2000, costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale , e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione cfr. Cass. numero 24670/2007, Cass. numero 2192/2012, da ultimo Cass. numero 3277/2019 . Secondo la sentenza numero 8825/2012 l'essenza del fenomeno ''incertezza normativa oggettiva” si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo devono essere allegati dalla parte che invoca l'esimente data la non rilevabilità ex officio , e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente 1 nella difficoltà d'individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al diletto di esplicite previsioni di legge 2 nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica 3 nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata 4 nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà 5 nella mancanza di una prassi amministrativa o nell'adozione di prassi amministrative contrastanti 6 nella mancanza di precedenti giurisprudenziali 7 nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale 8 nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale 9 nel contrasto tra opinioni dottrinali. L'importanza della richiamata sentenza risiede nel fatto che essa vuol rappresentare una “summa” di tutti i principi espressi sul punto dalla giurisprudenza di legittimità ex multisCass., sentenza numero 24670/2007 di identico tenore le sentenze numero 7765/2008 e numero 19638/2009 , individuando, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelle fattispecie sintomatiche della situazione di “obiettiva incertezza normativa” che, se debitamente provate, determinerebbero la disapplicazione delle sanzioni irrogate. Sulla specifica questione si richiamano altre due significative sentenze dei giudici di legittimità la numero 4031 del 14 marzo 2012, e la numero 5324 del 3 aprile 2012 che hanno ribadito due interessanti principi. La prima è relativa al riparto dell'onere della prova ed all'impossibilità, per il giudice,  di annullare ex officio le sanzioni irrogate dall'ente impositore spetta, infatti, al contribuente provare che le disposizioni siano effettivamente equivoche e che l'ambiguità normativa derivi da elementi positivi di confusione. Con la seconda si è escluso che la repentina successione di norme nel tempo possa giustificare l'inapplicabilità delle sanzioni amministrative perché non determina un obiettivo stato di incertezza normativa. Caso concreto. La vicenda riguarda l'impugnazione di avviso di accertamento e contestuale irrogazione di sanzione amministrativa per l'omesso versamento dell'imposta regionale sulle concessioni dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato per l'anno 2009, in relazione ad una concessione rilasciata dall'Autorità portuale di Marina di Carrara. Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che l'imposta regionale sulle concessioni dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato si applicasse a tutte le concessioni relative a beni ubicati nel territorio regionale, a prescindere dall'ente concedente. La Cassazione ha ribaltato il verdetto in relazione alla debenza delle sanzioni, riconoscendo l'esimente dell'obiettiva incertezza normativa di cui all'articolo 6 d.lgs. numero 472/1997, sulla portata applicativa dell'articolo 2 l. numero 281/1970, dell'articolo 1 della legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2, sulla scorta delle indicazioni risultanti da una serie di documenti di prassi emessi da più amministrazioni. Nel caso di specie ricorrono almeno tre convergenti evenienze che giustificano l'eliminazione degli accessori per sanzioni amministrative ed interessi moratori ai sensi del richiamato articolo 10 della legge 31 dicembre 2000, numero 212. Queste evenienze vanno così individuate Cass., 3 maggio 2023, numero 11518, 11536 e 11550 - l'effettiva emanazione negli anni di circolari e risoluzioni evidenzianti il dubbio interpretativo ed apparentemente legittimanti il mancato pagamento del tributo regionale qualora ricollegato a canoni concessori stabiliti in via contrattuale e non sulla base dei criteri di legge generali ed astratti, come nel caso delle concessioni in oggetto - il dato oggettivo della mancata richiesta di pagamento dell'imposta, da parte della Regione Toscana, per moltissimi anni fino al 2011 dalla sua introduzione con la legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2 - la particolare situazione certamente rilevante perché incidente sulla base imponibile del tributo e sulla sua esigibilità nella quale venne a trovarsi la ricorrente nella annualità in questione, allorquando la concessione non era stata ancora rilasciata, protraendosi per anni in regime provvisorio e senza la determinazione dell'esatto canone dovuto fino a compimento di quella annualità, oltre che per le annualità successive. Dovuto invece il tributo l'attribuzione alle Regioni, su delega da parte dello Stato, di funzioni in materia di rilascio delle concessioni e la devoluzione ad esse dei relativi canoni, non è di per sé idonea a far venire meno il presupposto dell'imposta in esame, individuato dal combinato disposto degli articolo 2 della legge 16 maggio 1970, numero 281, e 1 della legge regionale Toscana numero 2/1971, «nella titolarità di una concessione statale su un bene, per l'occupazione e l'uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato», ciò perché tale presupposto va individuato non nell'esistenza di una concessione rilasciata dallo Stato, bensì nel fatto oggettivo dell'occupazione e dell'uso assentiti dei beni demaniali o del patrimonio indisponibile, indipendentemente dall'Autorità cui competa per legge il rilascio della relativa concessione. Risultano nella specie realizzati tutti i presupposti impositivi di cui alla l. numero 281/1970, e cioè la titolarità da parte dello Stato dei beni oggetto di concessione, la collocazione degli stessi nell'ambito della Regione nel caso, Toscana e la corresponsione di un canone concessorio che, tra l'altro, è determinato, in osservanza del principio di riserva relativa di legge di cui all'articolo 23 Cost., in base alla legge primaria ed in applicazione di atti di normazione secondaria . In ogni caso, l'articolo 11 della legge regionale Toscana numero 77/2012 deve ritenersi aver confermato la debenza del tributo per l'anno 2009, avendolo eleminato solo per anni successivi.

Presidente Stalla – Relatore Lo Sardo Fatti di causa 1. La Dolcezze dal mondo S.a.s. di D.G. e C. già omissis S.numero c. di L.A. e C. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Toscana il 18 settembre 2018, numero 1612/05/2018, la quale, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento e contestuale irrogazione di sanzione amministrativa per l'omesso versamento dell'imposta regionale sulle concessioni dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato per l'anno 2009, per l'importo di Euro 2.914,24 a titolo di imposta, di Euro 262,28 a titolo di interessi moratori e di Euro 874,27 a titolo di sanzione amministrativa, per un totale complessivo di Euro 4.079,59, in relazione ad una concessione rilasciata dall'Autorità portuale di omissis per un manufatto ad area scoperta nel porto di omissis , ha rigettato l'appello proposto dalla Dolcezze dal mondo S.numero c. di L.A. e C. nei confronti della Regione Toscana avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze il 24 marzo 2016, numero 476/03/2016, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali e raddoppio del contributo unificato. Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che l'imposta regionale sulle concessioni dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato si applicasse a tutte le concessioni relative a beni ubicati nel territorio regionale, a prescindere dall'ente concedente. La Regione Toscana ha resistito con controricorso. Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per l'accoglimento del primo motivo e del terzo motivo mediante cassazione con rinvio della sentenza impugnata , nonché per il rigetto dei restanti motivi. 2. Il ricorso è affidato a quattro motivi. 2.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che il rigetto dell'appello comportasse il raddoppio a suo carico del contributo unificato nel giudizio tributario di merito. 2.2 Con il secondo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione della L. 16 maggio 1970, numero 281, articolo 2, 1 della legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2, del D.L. 5 ottobre 1993, numero 400, 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, numero 494, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che la concessione rilasciata dall'Autorità portuale di Omissis si possa considerare statale , non essendovi delega di funzioni amministrative né riscossione del canone da parte dello Stato. 2.3 Con il terzo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 10, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per essere stata erroneamente esclusa dal giudice di secondo grado l'esimente dell'obiettiva incertezza normativa sulla portata applicativa della L. 16 maggio 1970, numero 281, articolo 2, della legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2, articolo 1, sulla scorta delle indicazioni risultanti dalla circolare emanata dal Ministero delle Finanze - Direzione Generale del Demanio il 27 maggio 1972, numero 365, prot. numero 20740, dalla circolare emanata dal Ministero dei Trasporti e della Navigazione - Unità di Gestione delle Infrastrutture per la Navigazione ed il Demanio Marittimo il 25 maggio 2000, prot. numero DEM2A-0909, dalla nota diramata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze - Direzione del Federalismo Fiscale il 19 aprile 2007, prot. numero 10389 nota diramata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze - Direzione del Federalismo Fiscale il 19 aprile 2007, prot. numero 10389, dalla nota diramata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze - Direzione del Federalismo Fiscale il 28 febbraio 2012, prot. numero 3049, e dalla circolare emanata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Direzione Generale per i Porti il 15 marzo 2012, numero 45, prot. numero MTRA/PORTI/3458, con la conseguente disapplicazione degli interessi moratori e della sanzione amministrativa. 2.4 Con il quarto motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione dell'articolo 112 c.p.c., in 4 relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunziarsi sul motivo di appello circa la disapplicazione degli interessi moratori e della sanzione amministrativa ex D.Lgs. numero 18 dicembre 1997, numero 472, articolo 5 e 6, comma 2, della L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 10, per obiettiva incertezza normativa sulla portata applicativa della L. 16 maggio 1970, numero 281, articolo 2, della legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2, articolo 1. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo è fondato. 1.1 La sentenza impugnata ha ritenuto tout court l'applicabilità al processo tributario di appello del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, il quale prevede che, quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma della comma 1-bis . Più precisamente, secondo il giudice del gravame Al rigetto integrale dell'appello consegue, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater la declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del contribuente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello già dovuto per l'appello predetto, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 normativa che questo collegio ritiene applicabile al processo tributario in adesione a quell'orientamento della Suprema Corte desumibile da Cass. Sez. Vtributaria ord. 26652/2017, che ha applicato tale normativa a ricorso per cassazione in materia tributaria . 1.2 Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, sulla condanna al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nell'ipotesi di declaratoria di infondatezza o inammissibilità dell'impugnazione, non trova applicazione nei giudizi tributari, trattandosi, come è stato evidenziato anche dal giudice delle leggi Corte Cost., 2 febbraio 2018, numero 18 , di una misura eccezionale di carattere sanzionatorio, la cui operatività deve, pertanto, essere circoscritta al processo civile in termini Cass., Sez. 6 -5, 11 giugno 2018, numero 15111 Cass., Sez. 6 -5, 27 luglio 2018, numero 20018 Cass., Sez. 6 -5, 10 maggio 2019, numero 12594 Cass., Sez. 5 , 19 novembre 2020, numero 26313 Cass., Sez. 5 , 27 novembre 2020, numero 27131 Cass., Sez. 5 , 3 marzo 2021, numero 5757 Cass., Sez. 5 , 15 settembre 2022, numero 27243 . Ciò diversamente da quanto dovuto per la soccombenza nel giudizio di legittimità, stante la natura di ordinario processo civile, disciplinato dalle norme del codice di rito, del giudizio di cassazione avente ad oggetto l'impugnazione di pronuncia resa da Commissione tributaria regionale Cass., Sez. Unumero , 7 aprile 2014, numero 8053 Cass., Sez. 5 , 27 novembre 2020, numero 27131 . 1.3 Ora, è noto che il contributo unificato costituisce debito fiscale Cass., Sez. Unumero , 5 maggio 2011, numero 9840 ovvero entrata tributaria erariale Cass. Sez. 5 , 29 dicembre 2016, numero 27331 , rispetto alla quale creditore è l'amministrazione finanziaria e non le parti in causa del singolo giudizio, sicché essa è soggetta ad accertamento secondo le dinamiche proprie delle entrate fiscali e rientranti, quanto a contenzioso, nella giurisdizione tributaria Cass., Sez. Unumero , 5 maggio 2011, numero 9840 Cass., Sez. Unumero , 17 aprile 2012, numero 5994 Cass., Sez. Unumero , 21 febbraio 2020, numero 4315 in tale contesto, la declaratoria, ad opera del giudice della causa di impugnazione cui inerisce il contributo, della sussistenza dei presupposti per il raddoppio di esso in ragione dell'integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione stessa, non ha natura di condanna, né di fatto costitutivo del diritto al raddoppio, ma ha soltanto funzione di agevolazione dell'accertamento amministrativo, rispetto alla sussistenza dei presupposti processuali del raddoppio stesso tale dichiarazione non impedisce, dunque, né all'amministrazione finanziaria di perseguire il raddoppio che ritenga dovuto nonostante la mancata dichiarazione, né al privato di contestare la sussistenza del diritto al raddoppio a fronte di una dichiarazione di tale presupposto da parte del giudice della causa e che egli ritenga erronea, il tutto nelle sedi e con i procedimenti amministrativi e giurisdizionali propri delle entrate tributarie in sostanza la statuizione relativa al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non riguardando l'oggetto del contendere tra le parti in causa, ha natura amministrativa Cass., Sez. 6 , 11 giugno 2018, numero 15111 . 1.4 Su tali presupposti, alcuni precedenti di questa Corte hanno ritenuto che la deduzione della corrispondente questione sia inammissibile come specifica ragione di impugnazione, stante l'indifferenza della controparte del giudizio rispetto ad essa e la piena possibilità di affrontare la medesima, se del caso, attraverso la contestazione, nelle sedi proprie, della pretesa che si ritenesse indebitamente esercitata dall'amministrazione finanziaria a tale titolo in termini Cass., Sez. Lav., 13 novembre 2019, numero 29424 Cass., Sez. 5 , 27 novembre 2020, numero 27131 . Si è aggiunto che neppure può paventarsi il timore che ciò comporti un indebito prolungamento dei tempi di giustizia in quanto non è detto - ed è anzi improbabile - che l'amministrazione finanziaria, pur a fronte di un'erronea dichiarazione sui presupposti processuali del raddoppio, lo persegua ugualmente, stante il fatto che la duplicazione di un importo pari a zero, dà comunque zero come risultato, mentre consentire che tale profilo possa essere oggetto di impugnazione prolunga senza dubbio il processo con riferimento a controparti del giudizio che sono del tutto estranee alla questione stessa né la perdita della tutela giurisdizionale in quanto come detto la dichiarazione giudiziale ha mera valenza amministrativa, priva di effetti preclusivi sulle pretese che l'una o l'altra parte del rapporto obbligatorio possono far valere nelle sedi giurisdizionali competenti in termini Cass., Sez. Lav., 13 novembre 2019, numero 29424 . Pertanto, ferma l'inammissibilità del suddetto motivo, si è anche affermato che la doglianza deve essere, comunque, valutata dalla Corte, la quale, attesa la natura di carattere amministrativo della relativa statuizione Cass., Sez. 6 -Lav., 9 novembre 2017, numero 2017 , che non attiene alla sfera della decisione sullo ius litigatoris, riguardando il rapporto del contribuente con l'erario relativamente alle condizioni per l'accesso alla giustizia, è tenuta, comunque, a rilevare anche d'ufficio l'erroneità della suddetta statuizione Cass., Sez. 6 5, 11 giugno 2018, numero 15111 Cass., Sez. 5 , 27 novembre 2020, numero 27131 . 1.5 Pur condividendo in linea di principio tali argomentazioni, il collegio ritiene di dare continuità in questa sede ad un più recente arresto della giurisprudenza di legittimità Cass., Sez. 5 , 3 marzo 2021, numero 5757 , il quale - sul fondamento delle medesime conclusioni in punto di diritto - ha accolto il motivo di ricorso ed ha cassato in parte qua la sentenza impugnata sull'implicito presupposto che la natura amministrativa dell'erronea statuizione sul raddoppio del contributo unificato nel giudizio tributario di merito non escludesse l'interesse della parte pregiudicata ad ottenerne la rimozione in sede giudiziaria attraverso l'esperimento degli ordinari mezzi di impugnazione appello o cassazione . Per cui, la rilevabilità d'ufficio dell'errore in cui il giudice di grado inferiore è incorso non preclude alla parte gravata dall'onere del raddoppio del contributo unificato di adire nelle forme di rito il giudice di grado superiore per caducare la ingiusta statuizione, non essendovi altro rimedio per sollecitare l'esercizio di tale potere soprattutto quando nessuna delle parti impugni il provvedimento adottato per errores in iudicando o in procedendo. D'altra parte, non ha senso l'artificiosa scissione tra la dichiarazione di inammissibilità del motivo di appello o di cassazione e l'annullamento d'ufficio del raddoppio del contributo unificato, là dove la parte gravata ha manifestato la chiara ed inequivoca volontà di ottenere la riforma della sentenza impugnata solo o anche in relazione a tale statuizione. A maggior ragione, poi, la dicotomia tra natura giudiziaria del provvedimento negato e natura amministrativa del provvedimento reso sull'istanza della parte onerata perde ogni ragion d'essere nell'ambito dei procedimenti dinanzi alla giurisdizione tributaria, alla quale è riservata la cognizione sulle controversie in tema di contributo unificato D.Lgs. numero 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 2 . Difatti, è orientamento consolidato di questa Corte che l'ulteriore importo del contributo unificato c.d. doppio contributo che la parte impugnante è obbligata a versare allorquando ricorrano i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, ha natura di debito tributario, in quanto partecipa della natura del contributo unificato iniziale ed è volto a ristorare l'amministrazione della giustizia dei costi sopportati per la trattazione della controversia ne consegue che la questione circa la sua debenza è estranea alla cognizione della giurisdizione civile ordinaria, spettando invece alla giurisdizione del giudice tributario Cass., Sez. Unumero , 5 maggio 2011, numero 9840 Cass., Sez. Unumero , 17 aprile 2012, numero 5994 Cass., Sez. Unumero , 20 febbraio 2020, numero 4315 . Peraltro, è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. numero 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 2, in relazione alla Cost., articolo 111, comma 2, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie sul contributo unificato, il cui gettito e', in parte, assegnato proprio a tale magistratura, atteso che - sebbene tale contributo possa in parte concorrere al funzionamento dell'intero sistema di giustizia tributaria ed anche a coprire le spese per i compensi dei giudici tributari - ciò non incide affatto sull'indipendenza e l'imparzialità di questi ultimi sulla relativa questione, non essendovi alcuna relazione diretta tra il contributo unificato, e ancor meno l'individuazione della parte tenuta a corrisponderlo, e il compenso delle persone fisiche che decidono la causa, parimenti a quanto, peraltro, avviene nei giudizi ordinari Cass., Sez. 5, 8 giugno 2022, numero 18552 . 2. Il secondo motivo è infondato. 2.1 In base alla L. 16 maggio 1970, numero 281, articolo 2 Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a statuto ordinario 1. L'imposta sulle concessioni statali si applica alle concessioni per l'occupazione e l'uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato siti nel territorio della Regione, ad eccezione delle concessioni per le grandi derivazioni di acque pubbliche. 2. Le Regioni determinano l'ammontare dell'imposta in misura non superiore al triplo del canone di concessione. 3. L'imposta è dovuta dal concessionario, contestualmente e con le medesime modalità del canone di concessione ed è riscossa, per conto delle Regioni, dagli uffici competenti alla riscossione del canone stesso . 2.2 Dando seguito alla previsione della legge nazionale, l'articolo 1, comma 1 della legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2 Istituzione dei tributi propri della Regione , istituiva, con decorrenza dall'1 gennaio 1972, l'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato, situati nell'ambito territoriale della Regione . 2.3 Successivamente, introducendo una deroga alla legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2, articolo 1, comma 3, nel testo modificato dalla legge reg. Toscana 6 febbraio 1984, numero 8, articolo unico Imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile. Modifiche alla legge regionale 30 dicembre 1971, numero 2, articolo 1 , secondo cui L'imposta è commisurata al 100 per cento del canone di concessione statale , l'articolo unico della legge reg. Toscana 11 agosto 1995, numero 85 Determinazione dell'ammontare dell'imposta regionale sulle concessioni statali del demanio marittimo , disponeva che A decorrere dall'1.1.1994, l'imposta regionale sulle concessioni dei beni del demanio marittimo è commisurata al 15 per cento del canone statale di concessione determinato ai sensi del D.L. numero 5 ottobre 1993, numero 400, articolo 3, convertito con modifiche, dalla L. 4 dicembre 1993, numero 494 . 2.4 La legge reg. Toscana 27 dicembre 2012, numero 77, articolo 11, comma 1, Disposizioni di carattere finanziario. Collegato alla legge di stabilità 2018 , ha eliminato il tributo nei seguenti termini Al comma 2 dell'articolo 1 della legge regionale 30 dicembre 1971, numero 2 Istituzione dei tributi propri della Regione , dopo le parole acque pubbliche. sono inserite le seguenti L'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato istituita ai sensi della l. 281 del 1970, articolo 2 non si applica, a decorrere dal periodo d'imposta 2013, alle concessioni rilasciate dall'Autorità portuale di Piombino di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1996, articolo 1 Istituzione dell'Autorità portuale nel porto di Piombino e dalle Autorità portuali di Livorno e Marina di Carrara di cui alla L. 28 gennaio 1994, numero 84, articolo 6 Riordino della legislazione in materia portuale . Tale modifica si comprende ove si ponga mente al fatto che, in virtù delle disposizioni del D.Lgs. numero 6 maggio 2011, numero 68, articolo 8 Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e delle Province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario , il tributo è stato trasformato, con decorrenza dall'1 gennaio 2013, insieme ad altri, in tributo proprio regionale , ferma la facoltà per le Regioni di sopprimerlo sicché la specificità delle concessioni rilasciate dalle Autorità portuali è stata presa in considerazione dal legislatore regionale toscano, che ha deciso di introdurre una esenzione, ponendo come spartiacque la data dell'1 gennaio 2013, così esercitando la propria discrezionalità nell'ambito della politica fiscale riguardo a tributi propri. L'intervento normativo regionale del 2012 e', quindi, diretto ad introdurre una esenzione dapprima inesistente e soltanto a far data dall'anno 2013 ciò in quanto, nel regime normativo ratione temporis applicabile, il tributo in questione resta nella titolarità dello Stato ma attribuito alle Regioni , non rilevando l'esercizio delle funzioni legislative o amministrative delle Regioni o, quanto a quelle amministrative, di altri enti, quali le Autorità portuali riguardo all'utilizzazione dei beni stessi Cass., Sez. 6 -5, 19 ottobre 2016, nnumero 21136, 21137 e 21138 Cass., Sez. 5 , 10 giugno 2021, nnumero 16273 e 16275 . Il che è coerente con il principio sancito dal giudice delle leggi a proposito della spettanza della potestà di imposizione e riscossione del canone per la concessione di aree del demanio marittimo, secondo cui determinante è la titolarità del bene e non invece la titolarità di funzioni legislative e amministrative intestate alle Regioni in ordine all'utilizzazione dei beni stessi Corte Cost., 6 giugno 1989, numero 326 Corte Cost., 21 luglio 1995, numero 343 Corte Cost., 9 maggio 2003, numero 150 Corte Cost., 28 luglio 2004, numero 286 . 2.5 Ciò premesso, la questione del rapporto intercorrente tra il tributo regionale sul canone concessorio e la natura della concessione incisa è già stata più volte affrontata - sul piano tanto soggettivo quanto oggettivo - da questa Corte, la quale è sul punto pervenuta a conclusioni univoche e pienamente confacenti anche al caso di specie concessione demaniale per un manufatto ad area scoperta . Secondo l'articolato indirizzo che ne è derivato, da confermare anche in questa sede, l'eliminazione del tributo da parte della legge reg. Toscana 27 dicembre 2012, numero 77, articolo 11, comma 1, non ha effetto retroattivo, ma opera come, del resto, è testualmente previsto solo con decorrenza dall'annualità 2013, risultando pertanto ininfluente ai fini della presente causa, in quanto relativa ad annualità pregressa nella quale l'imposta era ancora vigente Cass., Sez. 6 -5, 19 ottobre 2016, nnumero 21136, 21137 e 21138 Cass., Sez. 6 -5, 9 marzo 2017, numero 6061 Cass., Sez. 5 , 10 marzo 2020, numero 6714 Cass., Sez. 5 , 3 maggio 2023, nnumero 11518, 11536 e 11550 . Questa eliminazione costituisce il frutto di una scelta puramente discrezionale del legislatore regionale consentitagli dall'ordinamento nazionale nell'ambito della manovra di bilancio legge finanziaria regionale per l'anno 2013 incidente su tributi propri, sicché non può ad essa attribuirsi alcun significato o efficacia di sostanziale riconoscimento dell'infondatezza della pretesa impositiva riferita ad annualità pregresse Cass., Sez. 6 -5, 9 marzo 2017, numero 6061 Cass., Sez. 5 , 10 marzo 2020, numero 6714 . L'attribuzione alle Regioni, su delega da parte dello Stato, di funzioni in materia di rilascio delle concessioni e la devoluzione ad esse dei relativi canoni, non è di per sé idonea a far venire meno il presupposto dell'imposta in esame, individuato dal combinato disposto della L. 16 maggio 1970, numero 281, articolo 2, e 1 della legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2, nella titolarità di una concessione statale su un bene, per l'occupazione e l'uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato , ciò perché tale presupposto va individuato non nell'esistenza di una concessione rilasciata dallo Stato, bensì nel fatto oggettivo dell'occupazione e dell'uso assentiti dei beni demaniali o del patrimonio indisponibile, indipendentemente dall'Autorità cui competa per legge il rilascio della relativa concessione Cass., Sez. 5 , 5 giugno 2015, numero 11655 Cass., Sez. 5 , 10 marzo 2020, numero 6714 Cass., Sez. 5 , 3 marzo 2021, numero 5741 Cass., Sez. 5 , 10 maggio 2021, numero 12293 Cass., Sez. 5 , 3 maggio 2023, nnumero 11518, 11536 e 11550 . La conformità del tributo alla riserva relativa di legge ex Cost., articolo 23 deve ritenersi assicurata dal fatto che gli elementi costitutivi del tributo in questione sono fissati per legge statale, nel senso che la L. 16 maggio 1970, numero 281, articolo 2, individua il presupposto impositivo come appena descritto , i soggetti passivi d'imposta concessionari di beni del demanio e del patrimonio indisponibile e la base imponibile costituita dallo stesso canone di concessione , ed in ambito regionale, la legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2, articolo 1, comma 3, prevede che l'imposta sia appunto commisurata ad una prestabilita percentuale aliquota del canone di concessione statale ebbene, per quanto specificamente concerne le concessioni demaniali marittime, la disciplina nazionale del D.L. 5 ottobre 1993, numero 400 Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime , convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, numero 494, detta altresì i criteri per la determinazione dei canoni cioè della base imponibile , stabilendo, per quanto qui rileva, che articolo 7, comma 1 Gli enti portuali potranno adottare, per concessioni demaniali marittime rientranti nel proprio ambito territoriale, criteri diversi da quelli indicati nel presente decreto, che comunque non comportino l'applicazione di canoni inferiori rispetto a quelli che deriverebbero dall'applicazione del decreto stesso Cass., Sez. 6 -5, 19 ottobre 2016, nnumero 21136, 21137 e 21138, aventi riguardo a concessione di beni del demanio marittimo, da parte dell'Autorità portuale, a favore di circoli nautici della Toscana . Vale, sul punto, quanto è stato già osservato dal giudice di legittimità Cass., Sez. Unumero , 10 settembre 2004, numero 18262 , secondo cui la Cost., articolo 23, contenente una riserva relativa di legge, vieta che le prestazioni personali o patrimoniali siano imposte direttamente da una fonte secondaria, ma non esclude che il precetto legislativo possa essere da detta fonte integrato, essendo anche ammissibile il rinvio a provvedimenti amministrativi diretti a determinare elementi o presupposti della prestazione, purché risultino assicurate, mediante la previsione di adeguati parametri, le garanzie in grado di escludere un uso arbitrario della discrezionalità amministrativa, sia dal giudice delle leggi Corte Cost., 6 giugno 1989, numero 326 Corte Cost., 21 luglio 1995, numero 343 Corte Cost., 9 maggio 2003, numero 150 Corte Cost., 28 luglio 2004, numero 286 , secondo cui la potestà di imposizione e riscossione del canone demaniale segua la titolarità dominicale del bene, e non quella delle funzioni legislative o amministrative di altri enti quali le stesse Autorità portuali che si concretano nell'esercizio del potere concessorio, o autorizzatorio, circa l'utilizzazione del bene stesso. Orbene, questo indirizzo più recentemente ribadito da Cass., Sez. 5 , 10 marzo 2020, numero 6714 Cass., Sez. 5 , 10 maggio 2021, numero 12293 Cass., Sez. 5 , 3 maggio 2023, nnumero 11518, 11536 e 11550 contiene elementi univoci per disattendere le doglianze della contribuente, posto che, sul piano della soggettività impositiva, la natura regionale del tributo non confligge con la natura statuale della concessione, a sua volta derivante dal diritto dominicale esercitato dallo Stato sui beni del demanio marittimo concessi in uso dall'Autorità portuale il che integra, come detto, il presupposto dell'imposta sul piano della determinazione obiettiva, poi, gli elementi costitutivi dell'imposizione discendono da criteri di legge, ferma restando la ricorribilità in sede giurisdizionale di quei canoni concessori che l'Autorità portuale abbia in ipotesi fissato in violazione di tali criteri e, più in generale, dei parametri di proporzionalità e ragionevolezza Cass., Sez. 5 , 10 maggio 2021, numero 12293 . Di qui la conclusione che, in tema d'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato, siti nel territorio della Regione, è conforme al principio della riserva relativa di legge, di cui alla Cost., articolo 23, il D.L. 5 ottobre 1993, numero 400, articolo 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, numero 494, che demanda all'Autorità portuale la determinazione, con normativa secondaria, dell'ammontare della base imponibile, purché ciò non comporti l'applicazione di canoni inferiori a quelli che deriverebbero dall'applicazione del decreto stesso, atteso che, in sede di normativa primaria, ex L. 16 maggio 1970, numero 281, articolo 2, sono fissati presupposto impositivo, soggetti passivi, base imponibile, aliquota e sanzioni Cass., Sez. 6 -5, 19 ottobre 2016, nnumero 21136, 21137 e 21138 Cass., Sez. 5 , 3 maggio 2023, nnumero 11518, 11536 e 11550 . 2.6 La contribuente assume che questi principi elaborati con riguardo a diverse fattispecie non varrebbero per la specificità della concessione demaniale marittima avente ad oggetto ex articolo 36 c.numero un manufatto ad area scoperta . Ciò perché, da un lato, i canoni per queste ultime concessioni verrebbero stabiliti autonomamente dalle Autorità portuali di cui alla L. 28 gennaio 1994, numero 84 Riordino della legislazione in materia portuale , senza prefissazione di parametri generali desumibili dalla legge e perché, dall'altro, essi risponderebbero a finalità del tutto peculiari, in quanto afferenti alla realizzazione di linee e programmi di sviluppo e promozione delle strutture portuali elaborate dalle stesse Autorità portuali tanto che le relative concessioni possono essere rilasciate solo a favore di imprese o società che presentino determinati requisiti tecnico-professionali ed organizzativi, e sempre in vista di quella realizzazione la cui mancanza può determinare la revoca stessa del titolo concessorio secondo la disciplina dettata dalla L. 28 gennaio 1994, numero 84, articolo 16 . 2.7 Tali considerazioni non sono convincenti, basandosi su elementi e peculiarità che non sono in grado di incidere sull'assetto della materia così come sopra delineato. Si tratta, infatti, di argomenti che valorizzano, in asserita funzione discriminante, la particolare finalità delle concessioni in esame e le particolari modalità di autonoma determinazione dei canoni peraltro, come visto, anch'esse radicate nella previsione di legge , senza però minimamente attingere o porre in discussione gli indicati fattori di legittimità del tributo, concernenti i - tutt'affatto diversi - profili della fruizione del bene demaniale marittimo da parte del privato quale presupposto d'imposta e della previsione legale degli elementi costitutivi della imposizione. Come si è detto, si tratta di profili incentrati in maniera esaustiva sul godimento del bene pubblico, indipendentemente dall'autorità investita della potestà normativa o amministrativa in materia, così come dalla maggiore o minore autonomia rispetto alla legge nella determinazione dei canoni. Sicché non può fondatamente affermarsi che l'imposta non sia dovuta sol perché afferente ad una concessione demaniale marittima asseritamente diversa dalle altre, là dove tale diversità opererebbe su piani sostanzialmente riconducibili, appunto, agli obiettivi della concessione ed ai criteri di determinazione dei canoni del tutto estranei alla fattispecie impositiva. E neppure potrebbe tralasciarsi di considerare come tali piani non siano, del resto, neppure in grado di snaturare e rendere avulse le concessioni in questione rispetto al regime generale loro proprio, non essendo in discussione che quelle finalità organizzative e promozionali della struttura portuale non siano comunque in grado di far venir meno la precipua e preminente finalizzazione concessoria all'uso ed all'occupazione del bene demaniale marittimo per lo svolgimento di attività imprenditoriale, assunta essa stessa dal legislatore ad indice di capacità contributiva ex Cost., articolo 53. 2.8 Nella specie, quindi, la sentenza impugnata si è uniformata ai principi enunciati, avendo ritenuto che risultano nella specie realizzati tutti i presupposti impositivi di cui alla L. 281 del 1970, e cioè la titolarità da parte dello Stato dei beni oggetto di concessione, la collocazione degli stessi nell'ambito della Regione nel caso, Toscana e la corresponsione di un canone concessorio che, tra l'altro, è determinato, in osservanza del principio di riserva relativa di legge di cui alla Cost., articolo 23, in base alla legge primaria ed in applicazione di atti di normazione secondaria . In ogni caso, la legge regionale Toscana 77 del 2012, articolo 11 deve ritenersi aver confermato la debenza del tributo per l'anno 2009, avendolo eleminato solo per anni successivi . 3. Invertendo l'ordine di prospettazione in ricorso, ragioni di pregiudizialità logico-giuridica suggeriscono di scrutinare in via prioritaria il quarto motivo rispetto al terzo motivo. 3.1 Ciò detto, il quarto motivo è infondato. 3.2 Difatti, la sentenza impugnata ha espressamente affrontato la questione della maggiorazione degli interessi moratori e della sanzione amministrativa, ritenendo che D'altronde, le circolari richiamate dal contribuente non sono per loro natura idonee a modificare l'assetto normativo in materia e comunque, non essendo state emesse dalla Regione predetta che è l'Ente impositore non risultano rilevanti neanche ai fini della pretesa - riproposta nelle controdeduzioni all'appello - mancata debenza degli interessi in ogni caso dovuti ex articolo 1219 e 1182 c.c. e delle sanzioni, la cui inapplicabilità non appare sostenibile in presenza, tra l'altro, del testuale riconoscimento della manifesta fondatezza della pretesa impositiva della Regione risultante, in controversie strettamente analoghe alla presente perché relative ad imposizione della Regione su concessioni emesse dalle Autorità Portuali della Toscana, dalle ordinanze nnumero 21136, 21137 e 21138 del 2016 della Suprema Corte . 3.3 Pertanto, non si può ravvisare alcuna omissione di pronunzia da parte del giudice di appello. 4. Viceversa, il terzo motivo è fondato. 4.1 Il D.Lgs. numero 18 dicembre 1997, numero 472, articolo 6, comma 2, prevede che Non è punibile l'autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento . Sulla stessa linea, il D.Lgs. numero 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 8, dispone che La commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce . Parimenti, la L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 10, stabilisce che 1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. 2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa. 3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto . 4.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l'incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua della L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 10, comma 3, e del D.L.gs 31 dicembre 1992, numero 546, articolo 8, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, né all'amministrazione finanziaria, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione tra le tante Cass., Sez. 6 , 11 febbraio 2013, numero 3254 Cass., Sez. 5 , 22 febbraio 2013, numero 4522 Cass., Sez. 5 , 23 novembre 2016, numero 23845 Cass., Sez. 5 , 4 maggio 2018, numero 10662 Cass., Sez. 5 , 1 febbraio 2019, numero 3108 Cass., Sez. 6 , 9 dicembre 2019, numero 32082 Cass., Sez. 5 , 20 luglio 2021, nnumero 20670, 20671, 20672 e 20673 Cass., Sez. 5 , 17 febbraio 2022, nnumero 5162, 5164, 5165, 5166 e 5167 Cass., Sez. 6 -5, 22 febbraio 2023, numero 5530 . Più in particolare, in tema di sanzioni amministrative tributarie, l'incertezza normativa oggettiva - che deve essere distinta dalla ignoranza incolpevole del diritto, come si evince dal D.Lgs. numero 18 dicembre 1997, numero 472, articolo 6 - è caratterizzata dalla impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni indici , quali, ad esempio 1 la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative 2 la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica 3 la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata 4 la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà 5 l'assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari 6 la mancanza di precedenti giurisprudenziali 7 l'esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale 8 il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale 9 il contrasto tra opinioni dottrinali 10 l'adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente tra le altre Cass., Sez. 5 , 13 giugno 2018, numero 15452 Cass., Sez. 5 , 18 gennaio 2021, numero 1893 . Si è anche detto che, in tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all'azione dell'amministrazione finanziaria, ai sensi della L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 10, commi 1 e 2, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata a da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente b dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo c dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. Infatti, i casi di tutela espressamente enunciati dal comma 2 del citato articolo 10 attinenti all'area della irrogazione di sanzioni amministrative e della richiesta di interessi moratori riguardanti situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti Cass., Sez. 6 -5, 14 maggio 2015, numero 537 . Si e', inoltre, osservato che la presenza di circolari amministrative ingeneranti un'interpretazione erronea della disciplina tributaria - ancorché non vincolanti, né esimenti dal pagamento del dovuto - può tuttavia incidere sull'affidamento del contribuente, così da giustificare la non debenza delle sanzioni amministrative e degli interessi moratori Cass., Sez. 5 , 25 marzo 2015, numero 5934 Cass., Sez. 5 , 18 maggio 2016, numero 10195 Cass., Sez. 5 , 11 luglio 2019, numero 18618 Cass., Sez. 5 , 30 settembre 2020, numero 20819 . 4.3 Orbene, come è stato già deciso da questa Corte in analoga vicenda Cass., Sez. 5 , 10 maggio 2021, numero 12293 - vedansi anche Cass., Sez. 5 , 3 maggio 2023, nnumero 11518, 11536 e 11550 , nel caso di specie ricorrono almeno tre convergenti evenienze che giustificano l'eliminazione degli accessori per sanzioni amministrative ed interessi moratori ai sensi del richiamato dalla L. 31 dicembre 2000, numero 212, articolo 10. Queste evenienze vanno così individuate Cass., Sez. 5 , 3 maggio 2023, nnumero 11518, 11536 e 11550 - l'effettiva emanazione negli anni di circolari e risoluzioni evidenzianti il dubbio interpretativo ed apparentemente legittimanti il mancato pagamento del tributo regionale qualora ricollegato a canoni concessori stabiliti in via contrattuale e non sulla base dei criteri di legge generali ed astratti, come nel caso delle concessioni in oggetto quali specificamente richiamate nella formulazione del motivo ancorché gli enti emananti queste fonti interpretative siano diversi dall'ente impositore Regione , rileva tuttavia che la tipicità del caso è data proprio dalla già richiamata complessità del tributo in questione e del suo presupposto costitutivo, certamente riferibile anche, ed in massima parte, proprio all'amministrazione finanziaria centrale che tali indicazioni ha fornito proprietà demaniale statale del bene in concessione regime generale delle concessioni su aree portuali legislazione statale istitutiva - il dato oggettivo della mancata richiesta di pagamento dell'imposta, da parte della Regione Toscana, per moltissimi anni fino al 2011 dalla sua introduzione con la legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, numero 2 mancata richiesta alla quale avrebbe fatto seguito, già nel 2012, senz'altro l'eliminazione del tributo per l'area portuale qui dedotta pur non comportante, come già evidenziato, alcun riconoscimento di infondatezza della pretesa da parte dell'amministrazione regionale - la particolare situazione certamente rilevante perché incidente sulla base imponibile del tributo e sulla sua esigibilità nella quale venne a trovarsi la ricorrente nella annualità in questione, allorquando la concessione non era stata ancora rilasciata, protraendosi per anni in regime provvisorio e senza la determinazione dell'esatto canone dovuto fino a compimento di quella annualità, oltre che per le annualità successive determinazione che sarebbe poi intervenuta, con effetto retroattivo, soltanto con il rilascio della concessione il 17 marzo 2009. 4.4 E', dunque, evidente come l'esclusione degli accessori in esame non derivi da uno scostamento degli indirizzi di legittimità già dettati in materia, ma anzi proprio dalla loro applicazione nel concorso di fattori del tutto peculiari alla fattispecie. 5. In conclusione, valutandosi la fondatezza del primo motivo e del terzo motivo, nonché l'infondatezza del secondo motivo e del quarto motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'articolo 384, comma 1, ultima parte, c.p.c., con l'accoglimento del ricorso originario della contribuente nei limiti degli interessi moratori e della sanzione amministrativa, che non sono dovuti. 6. Il consolidamento in corso di causa della giurisprudenza di legittimità sulla questione controversa costituisce giusto motivo per compensare le spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo ed il terzo motivo rigetta il secondo motivo ed il quarto motivo cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente nei limiti degli interessi moratori e della sanzione amministrativa compensa le spese dell'intero giudizio.