Esecuzione forzata: quando può proporre opposizione il terzo proprietario dei beni pignorati?

Oggetto dell’ordinanza in questione è la convalida di sfratto per morosità, in seguito al mancato pagamento dei canoni mensili dovuti per la locazione di un immobile commerciale.

Per dirimere la controversia in esame, il Collegio ha espresso un importante principio di diritto in tema di pignoramento mobiliare il terzo che assuma di essere proprietario dei beni pignorati può proporre - prima che venga disposta la vendita o l'assegnazione - l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. , allo scopo di paralizzare l'azione esecutiva, nonché, dopo la vendita, l'opposizione tardiva , ex art. 620 c.p.c. , finalizzata alla ripetizione della somma ricavata. Nel caso in cui sia stata però disposta l'assegnazione in favore del creditore , occorre distinguere se questi abbia acquisito il possesso dei beni in buona o in mala fede nel primo caso , ai sensi dell' art. 2926, comma 1, c.c. , il terzo può solo agire per la ripetizione della somma corrispondente al credito soddisfatto con l'assegnazione, entro i successivi sessanta giorni, a pena di decadenza nel secondo caso , il terzo può proporre un'azione petitoria senza limitazioni temporali salva l'eventuale prescrizione acquisitiva in favore dell'assegnatario , in forza del combinato disposto degli artt. 2925 e 2920 c.c. Infine, a prescindere dalla condizione soggettiva di buona o mala fede dell'assegnatario, il terzo può anche proporre l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. dinanzi al giudice dell'esecuzione , allo scopo di far valere i propri diritti sulla somma ricavata, nella sola ipotesi in cui l'esecuzione mobiliare – dopo l'assegnazione stessa - sia ancora pendente , occorrendo procedersi alla distribuzione tra i creditori concorrenti. Resta ferma, in ogni caso, la responsabilità del creditore procedente di mala fede per i danni cagionati al terzo proprietario e per le spese che questi ha dovuto affrontare, a causa dell'esecuzione .

Presidente Frasca – Relatore Saija Fatti di causa In forza di ordinanza di convalida di sfratto per morosità del 16.2.2014, nonché di decreto ingiuntivo del 4.3.2004 per l'importo di Euro 9.109,95, per il mancato pagamento dei canoni mensili dovuti per la locazione di un immobile commerciale in Omissis , la società Nuova Roma s.a.s. avviò due procedure esecutive a carico della conduttrice Omissis s.r.l. l'una per il rilascio, ultimata il 14.5.2004, con la consegna dell'immobile alla Nuova Roma l'altra per il recupero del credito, mediante pignoramento mobiliare del 21.5.2004 concernente alcuni beni dell'azienda della conduttrice, relitti nell'immobile locato , cui seguiva l'istanza di vendita del 14.6.2004 e il conseguente decreto del Tribunale di Ravenna, con cui si fissava la comparizione delle parti per l'udienza del 7.7.2004. Senonché, in data 23.6.2004, la Omissis s.r.l. venne dichiarata fallita e il g.e., con provvedimento del 2.7.2004, dichiarò l'interruzione della procedura esecutiva mobiliare. In riscontro ad una sollecitazione della curatela fallimentare per le vie brevi, con lettera racc. del 26.7.2004 il curatore comunicò alla creditrice che i beni pignorati appartenevano non già alla fallita, ma alla N.P. & C. s.a.s., e ciò in forza di un contratto di cessione di ramo d'azienda del 29.7.2002, registrato il 9.8.2002 e depositato al R.I. il 22.8.2002 indi, la Nuova Roma, con atto del 24.8.2004, depositò dinanzi al Tribunale di Ravenna un'istanza per la riassunzione del procedimento mobiliare e all'esito della comparizione delle parti, presente anche il curatore della fallita, con ordinanza del 10.11.2004 il g.e. assegnò il compendio pignorato alla creditrice procedente. Successivamente, con ricorso del 9.4.2005, la N.P. s.a.s. chiese il sequestro giudiziario dei beni mobili contenuti nell'immobile già locato alla Omissis s.r.l., ex art. 670 c.p.c. , ma il Tribunale di Ravenna lo rigettò, non avendo la società proposto il rimedio tipico, ossia l'opposizione ex art. 619 c.p.c. tuttavia, con ordinanza del 23.9.2005, il Tribunale, in composizione collegiale, accolse il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. proposto dalla N.P. s.a.s., concedendo il sequestro, poi eseguito l'11.10.2005. Nel conseguente giudizio di merito, la predetta società chiese dichiararsi l'illegittimità dell'assegnazione dei beni mobili di sua proprietà alla Nuova Roma nella procedura esecutiva N. 436/2004 R.G.E., nonché di essere conseguentemente immessa nel possesso dei beni quale legittima proprietaria, con condanna della convenuta al pagamento del valore dei beni non rinvenuti in sede di sequestro e al risarcimento del danno in suo favore, per il mancato godimento dei mobili, in misura pari ad Euro 150.000,00. Nel contraddittorio con la Nuova Roma, che pure aveva proposto domanda riconvenzionale condizionata, chiedendo la condanna della società N.P. e C. s.a.s. e di N.P., in solido, al pagamento della somma di Euro 33.029,52, il Tribunale di Ravenna, con sentenza del 1.12.2010, dichiarò inammissibile la domanda attorea, giacché essa avrebbe dovuto proporsi ai sensi dell' art. 619 c.p.c. N.P., in proprio e n. q., propose dunque gravame, che venne accolto dalla Corte d'appello di Bologna con sentenza del 18.10.2018. Nel riformare la prima decisione, la Corte osservò che la N.P. s.a.s., con la domanda introduttiva del giudizio, aveva chiesto riconoscersi l'illegittimità del provvedimento di assegnazione dei beni mobili in sede di pignoramento mobiliare, sul presupposto del vantato diritto di proprietà in forza del contratto di cessione di ramo d'azienda registrato il 9.8.2002 che la Nuova Roma aveva riconosciuto espressamente la proprietà in capo alla N.P. s.a.s. nella comparsa di costituzione e risposta di primo grado, ritenendo però che la stessa cessione non le fosse opponibile in quanto non era stata effettuata la comunicazione ad essa locatrice ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 36 che dunque la Nuova Roma non aveva il diritto di chiedere l'assegnazione dei beni al g.e., né questi avrebbe potuto conseguentemente disporre e men che meno accogliere l'istanza di riassunzione della procedura esecutiva, una volta dichiarata l'improcedibilità per effetto del fallimento dell'esecutata Omissis s.r.l. che N.P. era ben a conoscenza dell'esistenza della procedura esecutiva mobiliare, e quindi avrebbe potuto proporre l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. , in sua pendenza che, tuttavia, ciò non era avvenuto, ma comunque, per il combinato disposto dell' art. 2920 c.c. e art. 620 c.p.c. , il terzo proprietario può esercitare l'azione ordinaria per l'accertamento della proprietà dei beni mobili assegnati al creditore procedente in mala fede. Su tali premesse, rilevata l'indubbia mala fede della Nuova Roma ossia, la consapevolezza dell'altrui proprietà dei beni, rispetto al proprio debitore , la Corte felsinea - in riforma della prima decisione - accolse la domanda attorea, ordinando all'appellata la immissione nel possesso dei beni sequestrati in favore della N.P. s.a.s. la Nuova Roma venne anche condannata al risarcimento dei danni per il mancato utilizzo dei beni mobili, pari ad Euro 1.000,00 per ciascun anno di mancato godimento, dalla data di assegnazione fino alla sentenza, oltre accessori, con rigetto sia delle restanti domande della stessa appellante, sia della domanda riconvenzionale di Nuova Roma. Avverso detta sentenza, ricorre ora per cassazione la Nuova Roma s.a.s., sulla base di formali quattro motivi, illustrati da memoria, cui resistono con controricorso N.P. & C. s.a.s. e N.P. in proprio. La trattazione è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c. e non sono state depositate conclusioni dal P.G Ragioni della decisione 1.1 - Con il primo motivo si denuncia la falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 5,36 e 55 nonché dell'art. 658 c.p.c. e art. 1453 c.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, per aver la Corte territoriale ritenuto efficace, nei confronti del locatore, la cessione d'azienda operata dall'originario conduttore nei confronti della N.P. s.a.s., senza tener conto dell'intervenuta risoluzione del contratto di locazione commerciale determinata dalla convalida di sfratto, vicenda comunque antecedente alla propria presunta acquisizione della conoscenza dell'altrui proprietà dei beni pignorati e ad essa ricorrente assegnati. 1.2 - Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 36 nonché degli artt. 619 e 620 c.p.c. e art. 2920 c.c. , e ancora violazione dell' art. 116 c.p.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, per aver la Corte d'appello ritenuto che la mancata comunicazione al locatore della cessione d'azienda, da parte del conduttore, determina la sola inopponibilità della cessione del contratto di locazione, fermi gli effetti sulla proprietà dei beni aziendali. Sostiene la ricorrente che, invece, la cessione dell'azienda e la cessione del contratto di locazione integrano una sola operazione economica, donde l'indispensabilità della comunicazione al locatore ex art. 36 cit., anche ai fini dell'opponibilità degli effetti traslativi, essendo peraltro irrilevante che la conoscenza acquisita aliunde dal locatore possa spiegare effetti, giacché in tal caso occorre che la cessione stessa venga da questi accettata, ex art. 1407 c.c. . Ne' è possibile effettuare una simile comunicazione dopo l'intervenuta convalida di sfratto, avendo questa determinato la risoluzione del contratto. Pertanto, la Corte d'appello non avrebbe potuto considerare essa ricorrente come creditore assegnatario in mala fede. Sotto altro profilo la ricorrente censura la decisione d'appello per non aver ribadito la valutazione di inammissibilità della domanda attorea già effettuata in primo grado, e ciò in quanto la N.P. s.a.s. non aveva proposto l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. , benché quest'ultima fosse senz'altro a conoscenza della pendenza dell'esecuzione sostiene la Nuova Roma che la pretesa proprietaria, ai sensi dell' art. 620 c.p.c. , avrebbe potuto, al più, rivalersi sulla somma ricavata, purché entro la chiusura della procedura. Aggiunge che, ai sensi dell' art. 2926 c.c. , il terzo preteso proprietario dei beni mobili può rivolgersi all'assegnatario di buona fede entro 60 giorni dall'assegnazione, sicché l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. sarebbe comunque non proponibile anche se l'assegnatario fosse in mala fede , perché l'assegnazione definisce il procedimento esecutivo. 1.3 - Con il terzo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell' art. 112 c.p.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, per aver la Corte felsinea pronunciato sulla domanda di accertamento della proprietà dei beni mobili assegnati al creditore procedente di mala fede, in assenza di specifica domanda della N.P. & C. s.a.s 1.4 - Con il quarto motivo, infine, si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell' art. 132 c.p.c. e art. 156 c.p.c. , comma 2, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, per aver la Corte d'appello rigettato la domanda riconvenzionale condizionata proposta da essa ricorrente, con motivazione contraddittoria. 2.1 - Preliminarmente, va rilevata l'inammissibilità della produzione documentale effettuata dalla ricorrente in uno con la memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., giacché nel giudizio di legittimità le parti, ove non abbiano già allegato i documenti all'atto del deposito del ricorso o del controricorso, possono sì provvedervi - nei ristretti limiti di ammissibilità di cui all' art. 372 c.p.c. , nel testo anteriore a quello introdotto dal D.Lgs. n. 149 del 2022 -, ma sono tenute a notificare alle altre parti un elenco, il che nella specie non risulta essere avvenuto. In proposito, il Collegio rileva che è applicabile il testo dell' art. 372 c.p.c. anteriore alla sostituzione operata dal D.Lgs. n. 149 del 2022, giacché l'art. 35, comma 7 dello stesso D.Lgs., ha disposto l'applicabilità dell'art. 372 nuovo testo anche ai giudizi di cassazione già pendenti alla data del 1 gennaio 2023 - come quello in decisione - ma solo nel caso di decreto di fissazione dell'udienza o adunanza camerale dopo quella data. Nella specie la trattazione del presente ricorso è stata fissata prima del 1 gennaio 2023. 2.2 - Sempre in via preliminare, occorre mettere ordine nella complessa e confusa vicenda processuale che occupa, al solo scopo di meglio chiarire i confini della presente decisione, resa nei limiti di quanto devoluto alla Corte e ferme le preclusioni già verificatesi. Non v'e' dubbio, infatti, che la procedura esecutiva mobiliare N. 436/2004 R.G.E., avviata da Nuova Roma dinanzi al Tribunale di Ravenna con atto di pignoramento del 21.5.2004 in danno della conduttrice Omissis s.r.l., avrebbe dovuto dichiararsi improcedibile ai sensi dell' art. 51 l.fall. , essendo sopravvenuto il fallimento della debitrice esecutata e non essendovi spazio né per l'interruzione del processo istituto non applicabile al procedimento esecutivo - ex plurimis, da ultimo, Cass. n. 37729/2022 , né tampoco per una sua riassunzione ad opera del procedente, come invece avvenuto nella specie. Peraltro, trattandosi di fallimento dichiarato prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006 , non avrebbe comunque potuto venire in rilievo l' art. 107, comma 6, l.fall. modificato che appunto equipara le procedure esecutive singolari pendenti, mobiliari o immobiliari, ai fini del subentro ex lege del curatore nella posizione del creditore pignorante - v. Cass. n. 25802/2015 poiché il previgente art. 107, comma 1, l.fall. , prevedeva il subentro automatico del curatore nelle sole procedure esecutive immobiliari, ma non anche nelle procedure singolari aventi ad oggetto beni mobili, la declaratoria di improcedibilità, nel caso che occupa, era dunque assolutamente necessitata. In tutta evidenza, quindi, il provvedimento con cui il g.e. assegnò i beni pignorati in danno della Omissis s.r.l. alla procedente Nuova Roma a prescindere dalla questione di fondo circa l'effettività titolarità di detti beni, che peraltro era nota allo stesso g.e., come pure evidenziato nella sentenza impugnata, a p. 6 , si pone assolutamente al di fuori dello schema legale, e la sua adozione ha dato la stura ad un lunghissimo contenzioso che non avrebbe avuto ragion d'essere, per come dipanatosi ciò tanto più che lo stesso g.e. provvide all'assegnazione in via immediata ossia, senza previamente fissare la vendita , benché i beni pignorati non rientrassero tra quelli previsti dall' art. 529 c.p.c. , comma 2, né tantomeno tra quelli di cui all' art. 539 c.p.c. , comma 2. Quanto precede si evidenzia non senza qui ribadire la sicura ammissibilità dell'istanza di assegnazione di beni mobili in caso di esito negativo della vendita, pur a seguito della modifica dell' art. 538 c.p.c. operata dalla L. n. 52 del 2006 v. Cass. n. 15596/2019 , non massimata , tanto più che nella specie il pignoramento venne eseguito dalla Nuova Roma in data 21.5.2004, e dunque nell'egida del previgente art. 538 c.p.c. , comma 2, che tanto esplicitamente prevedeva. In ogni caso, il provvedimento di assegnazione dell'11.10.2004 non venne opposto da alcuno, ex art. 617 c.p.c. , né contro di esso reagì per tempo la pretesa effettiva proprietaria, ossia la società N.P. & C. s.a.s., sicché esso definì il procedimento esecutivo non risultando essersi resa necessaria alcuna fase distributiva, anzi essendo essa di per sé esclusa dall'intervenuto fallimento della società esecutata , e divenne così inoppugnabile esso dev'essere dunque assunto in quanto tale, nella disamina dei motivi di ricorso, come meglio si vedrà infra. 3.1 - Ciò posto, vanno esaminate congiuntamente, perché connesse, le censure avanzate col primo mezzo e col primo profilo del secondo mezzo esse sono infondate. Con dette doglianze, la Nuova Roma contesta, sotto vari profili, la lettura data dalla Corte d'appello alla mancata comunicazione della cessione del ramo d'azienda da parte della società conduttrice, Omissis s.r.l., in favore della N.P. & C. s.a.s., come invece previsto dalla L. n. 392 del 1978, art. 36 . La tesi di fondo, per come argomentata, muove dall'assunto per cui la mancata comunicazione della cessione abbia tout court determinato la sua inopponibilità ad essa locatrice anche in quanto costituente un'unica operazione economica, benché afferente ad un contratto traslativo della proprietà dei beni aziendali, nonché alla cessione del contratto di locazione , sicché i suoi effetti non potrebbero spiegare alcuna valenza nella vicenda processuale che occupa, perché la successiva conoscenza dell'altrui proprietà dei beni pignorati venne da essa ricorrente acquisita solo dopo che il contratto di locazione era stato già risolto per morosità, a seguito della convalida di sfratto disposta con ordinanza del 16.2.2004 di conseguenza - prosegue la Nuova Roma -, da un lato, essa ricorrente non può essere considerata quale creditore procedente in mala fede, e, dall'altro, la pretesa del terzo che assuma di essere proprietario dei beni pignorati resta pregiudicata dalla previa risoluzione del contratto di locazione né, tantomeno, detta cessione era stata mai accettata da essa ricorrente. 3.2 - Ebbene, le descritte doglianze non colgono del segno, perché - come correttamente ritenuto dal giudice del merito - la comunicazione della cessione d'azienda da parte del conduttore, ex art. 36 cit., ha il solo scopo di rendere opponibile al locatore la cessione del contratto di locazione ex multis, Cass. n. 17545/2018 , effetto che di regola deriva o dalla conclusione di un distinto negozio giuridico tra cedente e cessionario, in deroga all' art. 1594 c.c. Cass. n. 15700/2010 , ovvero in automatica conseguenza del principio di cui all' art. 2558 c.c. Cass. n. 4986/2013 detta comunicazione, dunque, non concerne certo gli effetti traslativi della cessione riferiti, cioè, ai beni aziendali , che seguono le ordinarie regole civilistiche, in primis quella di cui all' art. 1376 c.c. , oltre quelle dettate dagli artt. 2556 ss. c.c. . L'intera costruzione offerta da Nuova Roma - anche in relazione ai pretesi effetti derivanti dalla risoluzione del contratto di locazione in epoca antecedente all'acquisizione della sua conoscenza de facto della cessione - è dunque del tutto eccentrica ed infondata, perché non è revocabile in dubbio che, in assenza di qualsivoglia contestazione sulla esistenza e validità della cessione d'azienda del 29.7.2002, peraltro regolarmente iscritta nel R.I. ai sensi dell' art. 2556 c.c. , comma 2, l'effetto traslativo circa la proprietà dei beni aziendali sia assolutamente inconfutabile, né la sua ignoranza può utilmente invocarsi, al lume del disposto dell' art. 2193 c.c. , comma 2 ad ogni effetto di legge e per quanto qui interessa, dunque, i beni ceduti dalla Omissis s.r.l. alla N.P. & C. erano comunque di proprietà di quest'ultima società, anche alla data del pignoramento oltre che, ovviamente, alla data dell'assegnazione . Pertanto, è fuori discussione che la Nuova Roma, allorquando chiese l'assegnazione dei beni stessi dopo aver appreso del fallimento della Omissis s.r.l., nonché dell'esistenza della cessione del 29.7.2002 , era del tutto consapevole che i beni in questione erano stati ceduti alla società odierna controricorrente, sicché la valutazione della Corte felsinea circa la qualità soggettiva della stessa Nuova Roma quale creditore assegnatario di mala fede risulta ineccepibile. 4.1 - Vanno ora esaminati congiuntamente, in quanto connessi, il secondo profilo del secondo motivo, nonché il terzo motivo anch'essi sono infondati, benché la motivazione della sentenza impugnata meriti di essere corretta e/o integrata, ex art. 384 c.p.c. , u.c Con dette doglianze, la Nuova Roma si duole da un lato della qualificazione della domanda come effettuata dal giudice d'appello, assumendo che si tratti di una opposizione di terzo tardiva, ex art. 620 c.p.c. , e dunque inammissibile, perché proposta a procedura esecutiva già definita dall'altro, che la Corte sia incorsa in ultrapetizione, non avendo la società N.P. s.a.s. mai proposto una domanda di accertamento della proprietà dei beni per cui è processo. 4.2 - Ora, il terzo estraneo all'esecuzione, che vanti la titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene pignorato, può anzitutto ricorrere all'opposizione di terzo all'esecuzione, ex art. 619 c.p.c. , proponibile fino a che non sia stata disposta la vendita o l'assegnazione e allo scopo di impedirle, ovvero, in caso di beni mobili, anche dopo la vendita stessa, ai sensi dell' art. 620 c.p.c. , ma in tal caso potendo solo far valere i propri diritti sulla somma ricavata la limitazione dell'opposizione tardiva alla sola espropriazione mobiliare, infatti, si spiega perché i diritti vantati su beni immobili dai terzi estranei all'esecuzione trovano comunque tutela nel complesso delle regole che governano i trasferimenti immobiliari, soggette al sistema generale di pubblicità previsto dagli artt. 2643 ss. c.c. così Cass. n. 19761/2012 , in motivazione . Tale opzione processuale deve poi ricollegarsi con l'ulteriore disciplina dettata - in tema di pignoramento mobiliare - dall' art. 2920 c.c. , a mente del quale Se oggetto della vendita è una cosa mobile, coloro che avevano la proprietà o altri diritti reali su di essa, ma non hanno fatto valere le loro ragioni sulla somma ricavata dall'esecuzione, non possono farle valere nei confronti dell'acquirente di buona fede, né possono ripetere dai creditori la somma distribuita. Resta ferma la responsabilità del creditore procedente di mala fede per i danni e per le spese . Da tale disposizione si ricava, a contrario, che il terzo proprietario del bene mobile pignorato, che pure non abbia proposto l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. , ben può far valere i suoi diritti nei confronti dell'acquirente in mala fede ossia, consapevole del fatto che il bene pignorato non ricadeva nella titolarità dell'esecutato , e dunque ben può esercitare nei suoi confronti le azioni petitorie, senza limitazioni di sorta ciò in quanto l'acquirente in mala fede, che abbia conseguito la disponibilità del bene, non può invocare la regola generale di cui all' art. 1153 c.c. , ossia possesso vale titolo, non potendo vantare - per definizione - la condizione soggettiva necessariamente richiesta da detta disposizione. 4.3.1 - Proprio richiamando il combinato disposto dell' art. 2920 c.c. e art. 620 c.p.c. , la Corte d'appello ha dunque ritenuto che, qualora il terzo non abbia proposto l'opposizione tardiva dinanzi al g.e., residui per lo stesso la possibilità di proporre azione ordinaria di accertamento della proprietà dei beni mobili assegnati al creditore procedente di mala fede. Sul punto, per quanto la soluzione, al fondo, non sia destinata a mutare, la motivazione della sentenza impugnata deve essere però corretta e/o integrata, perché - avuto riguardo alla vicenda che occupa - il pertinente riferimento normativo va individuato non solo e non tanto nell' art. 2920 c.c. pure applicabile, come si dirà infra, per effetto del richiamo operato dall' art. 2925 c.c. , bensì anche nell' art. 2926 c.c. , che regola i diritti dei terzi sulla cosa assegnata, così disponendo al comma 1 Se l'assegnazione ha per oggetto beni mobili, i terzi che ne avevano la proprietà possono, entro il termine di sessanta giorni dall'assegnazione, rivolgersi contro l'assegnatario che ha ricevuto in buona fede il possesso, al solo scopo di ripetere la somma corrispondente al suo credito soddisfatto con l'assegnazione. La stessa facoltà spetta ai terzi che avevano sulla cosa altri diritti, nei limiti del valore del loro diritto . Pertanto, anche in forza di interpretazione a contrario di detta ultima disposizione, nel caso di assegnazione dei beni mobili pignorati, il terzo proprietario che non abbia in precedenza agito tempestivamente ex art. 619 c.p.c. , può proporre a un'azione di ripetizione delle somme nei confronti dell'assegnatario di buona fede, fino a concorrenza del suo credito soddisfatto con l'assegnazione, ma con domanda autonoma esterna al processo esecutivo, da avviare entro sessanta giorni dall'assegnazione stessa, a pena di decadenza b una ordinaria azione petitoria nei confronti dell'assegnatario in mala fede, anch'essa al di fuori del processo esecutivo, senza limitazioni temporali di sorta fatta salva, naturalmente, l'eventuale prescrizione acquisitiva ciò in forza del rinvio operato dall' art. 2925 c.c. alla disciplina sostanziale della vendita forzata, e quindi alla già vista regola dettata, a contrario, dall' art. 2920 c.c. , applicabile dunque anche all'assegnazione c infine, a prescindere dalla condizione soggettiva dell'assegnatario, l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. , con i già evidenziati limiti oggettivi e funzionali, nella sola ipotesi in cui l'esecuzione mobiliare - dopo l'assegnazione stessa - sia ancora pendente, ossia qualora occorra comunque procedere alla fase distributiva, per esservi una pluralità di creditori concorrenti, di cui almeno uno di grado poziore, o anche equiordinato, all'assegnatario, sicché si renda necessario procedere al versamento del conguaglio, trattandosi di c.d. assegnazione mista per la non proponibilità dell'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. , nel caso in cui l'assegnazione definisca l'esecuzione, si veda il risalente insegnamento di Cass. n. 1031/1955 . A ciò può anche aggiungersi l'azione risarcitoria nei confronti del creditore procedente di mala fede, per i danni e le spese, ancora ai sensi del combinato disposto dell' art. 2925 c.c. e art. 2920 c.c. , ult. periodo si tratta, peraltro, di azione pure proposta dalla N.P. s.a.s., ed accolta dalla Corte d'appello, ma con statuizione neppure impugnata dall'odierna ricorrente, con la necessaria specificità. 4.3.2 - In definitiva, deve senz'altro escludersi che l'azione del terzo proprietario nei confronti dell'assegnatario per ottenere la consegna del bene, se proposta dopo la chiusura del procedimento esecutivo, sia identificabile nell'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. , come invece sostenuto dalla ricorrente, che da tanto fa erroneamente discendere l'inevitabile inammissibilità dell'azione avanzata, nel presente giudizio, dalla N.P. s.a.s 4.4.1 - Occorre adesso scrutinare la censura mossa da Nuova Roma sulla pretesa erronea qualificazione della domanda attorea effettuata dalla Corte d'appello, assumendosi che la N.P. s.a.s. non abbia mai proposto un'azione di accertamento della proprietà dei beni ad essa ricorrente assegnati, ma solo una tardiva opposizione di terzo all'esecuzione, appunto inammissibile. Ciò in quanto detta società chiese al Tribunale di dichiarare l'illegittimità dell'assegnazione operata dal g.e., con conseguente declaratoria dell'insussistenza di alcun diritto in capo all'assegnataria e condanna della stessa all'immissione in possesso dei beni. 4.4.2 - Ora, con orientamento consolidato, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che L'interpretazione della domanda giudiziale costituisce operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata, avendo riguardo all'intero contesto dell'atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo conto della sua formulazione letterale nonché del contenuto sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire, senza essere condizionato al riguardo dalla formula adottata dalla parte stessa così, Cass. n. 14751/2007 più recentemente, con specifico riferimento all'atto di intervento nel processo esecutivo, Cass. n. 9011/2015 . In quest'ottica, Nell'indagine diretta all'individuazione e qualificazione della domanda giudiziale, il giudice di merito come di legittimità non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tener presente essenzialmente il contenuto sostanziale della pretesa, desumibile, oltre che dal tenore delle deduzioni svolte nell'atto introduttivo e nei successivi scritti difensivi, anche dallo scopo cui la parte mira con la sua richiesta così, Cass. n. 8107/2006 . Tuttavia, Quando venga denunciata, col ricorso per cassazione, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell' art. 112 c.p.c. , assumendosi l'erronea qualificazione della domanda, il giudice di legittimità non deve limitarsi a valutare la sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investita del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda così Cass. n. 15367/2014 in senso conforme, Cass. n. 8008/2014 . 4.4.3 - In proposito, la Corte d'appello - seppur identificando la domanda attorea come diretta all'accertamento della proprietà - ha poi anche condannato la Nuova Roma ad immettere la N.P. s.a.s. nel possesso dei beni, sul presupposto della dimostrata proprietà, così sostanzialmente qualificando la domanda come vera e propria azione di rivendica. Infatti, i criteri identificativi di tale azione, ex art. 948 c.c. , devono individuarsi, quanto alla causa petendi, nell'affermato diritto di proprietà, in quanto appartenente alla categoria dei diritti autodeterminati - individuati, cioè, sulla base della sola indicazione del relativo contenuto quale rappresentato dal bene che ne forma l'oggetto ex multis, n. 24702/2006 Cass. n. 3089/2007 Cass. n. 22598/2010 . E, in effetti, è indubbio come la N.P. s.a.s. - a prescindere da ogni altra considerazione sul concreto atteggiarsi della sua strategia processuale - abbia sempre affermato di essere proprietaria dei beni in questione, sicché tale allegazione è certamente sufficiente ad integrare l'elemento della causa petendi della domanda di rivendica. Risulta quindi decisivo esaminare il petitum dell'azione promossa dalla società, atteso che la rei vindicatio ha funzione essenzialmente recuperatoria ed in proposito, non è dubbio che la società stessa anelasse non già alla mera declaratoria dell'illegittimità del provvedimento di assegnazione del g.e., bensì proprio a rientrare nella disponibilità dei beni assegnati alla Nuova Roma. D'altra parte, come pure evidenziato dalla già citata Cass. n. 19761/12 seppure in riferimento all'espropriazione immobiliare , l'ovvia finalità dell'azione ex art. 619 c.p.c. spiegata dopo la vendita forzata non può che tendere a vanificare l'effetto della disposizione del bene operata nella procedura esecutiva se poi l'azione concerne l'espropriazione mobiliare, l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. deve necessariamente dirigersi sul ricavato della vendita stessa, per le già viste ragioni. Pertanto, a ben vedere, il significato che la Corte avrebbe potuto attribuire alle domande attoree, per come esplicitate dalla società terza proprietaria, non si poneva affatto nell'alternativa tra opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. e domanda di accertamento della proprietà come preteso dalla ricorrente , quanto piuttosto in quella tra domanda diretta alla declaratoria di illegittimità degli atti della procedura avuto riguardo, appunto, al tenore letterale delle conclusioni rassegnate, per come emergenti dalla sentenza e riportate in ricorso e domanda petitoria. Infatti, s'e' già detto v. supra, par. 4.3.2 che l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. non può di per sé trovare spazio nel caso in cui - come nella specie - l'assegnazione del bene definisca il procedimento esecutivo, sicché la domanda del terzo che aneli a riottenere il bene, in quanto proprietario, con essa non si identifica, anche perché detta opposizione non ha finalità recuperatoria, potendo solo dirigersi sulla ripetizione del ricavato. Pertanto, l'unica alternativa percorribile - si ripete, al lume del tenore letterale delle domande attoree - non poteva che essere la seconda, poc'anzi descritta ma in tal caso, un'azione di accertamento del genere tesa, cioè, alla declaratoria di illegittimità degli atti della procedura non avrebbe potuto che considerarsi di per sé inammissibile perché proposta al di fuori del procedimento esecutivo, posta l'irretrattabilità degli effetti dell'esecuzione forzata per tutte, Cass. 12127/2020 e la necessità di ricorrere se del caso, incidentalmente, alle opposizioni esecutive, che hanno come comune denominatore la considerazione che il processo esecutivo è caratterizzato da un sistema chiuso, tipizzato ed inderogabile, di rimedi interni così, Cass. n. 7708/2014 , in motivazione nello stesso senso, Cass. n. 23182/2014 inoltre Cass. n. 11172/2015 , Cass. ord. n. 12242/2016 , Cass. n. 5175/2018 , Cass. ord. n. 11191/2019 , Cass. n. 17661/2020 , Cass., Sez. Un., n. 28387/20 , punto 60 delle ragioni della decisione . Peraltro, anche in relazione alle numerose aporie verificatesi nel corso dell'esecuzione mobiliare per cui è processo v. supra, par. 2.2 , la N.P. s.a.s. non avrebbe comunque potuto proporre l'opposizione ex art. 617 c.p.c. , in corso di procedura, perché non ne era parte v. da ultimo Cass. n. 27677/2022 , in motivazione, par. 19, non massimata sul punto . 4.4.4 - In definitiva, l'aver la Corte del merito optato per la natura petitoria delle domande attoree assume una valenza per certi versi quasi necessitata, anche in applicazione del principio di conservazione, ed è comunque corretta, posto che la società odierna controricorrente ha sostanzialmente chiesto di ottenere la consegna dei beni di cui ha assunto essere proprietaria, cioè ha agito con la rei vindicatio, secondo lo schema tipico dell' art. 948 c.c. , nei confronti del creditore assegnatario di mala fede, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2925 e 2920 c.c. . 4.4.5 - Pertanto, può affermarsi in proposito il seguente principio di diritto In tema di pignoramento mobiliare, il terzo che assuma di essere proprietario dei beni pignorati può proporre - prima che venga disposta la vendita o l'assegnazione - l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. , allo scopo di paralizzare l'azione esecutiva, nonché, dopo la vendita, l'opposizione tardiva, ex art. 620 c.p.c. , finalizzata alla ripetizione della somma ricavata. Nel caso in cui sia stata però disposta l'assegnazione in favore del creditore, occorre distinguere se questi abbia acquisito il possesso dei beni in buona o in mala fede nel primo caso, ai sensi dell' art. 2926 c.c. , comma 1, il terzo può solo agire per la ripetizione della somma corrispondente al credito soddisfatto con l'assegnazione, entro i successivi sessanta giorni, a pena di decadenza nel secondo caso, il terzo può proporre un'azione petitoria senza limitazioni temporali salva l'eventuale prescrizione acquisitiva in favore dell'assegnatario , in forza del combinato disposto degli artt. 2925 e 2920 c.c. Infine, a prescindere dalla condizione soggettiva di buona o mala fede dell'assegnatario, il terzo può anche proporre l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. dinanzi al giudice dell'esecuzione, allo scopo di far valere i propri diritti sulla somma ricavata, nella sola ipotesi in cui l'esecuzione mobiliare - dopo l'assegnazione stessa - sia ancora pendente, occorrendo procedersi alla distribuzione tra i creditori concorrenti. Resta ferma, in ogni caso, la responsabilità del creditore procedente di mala fede per i danni cagionati al terzo proprietario e per le spese che questi ha dovuto affrontare, a causa dell'esecuzione. 5.1 - Il quarto motivo, infine, è anch'esso infondato. Infatti, la Corte emiliana non è incorsa in alcuna contraddizione. Poiché si è accertato che la cessione del contratto di locazione non poteva spiegare effetti nei confronti della locatrice, stante la mancata comunicazione ex art. 36 della L. n. 392/1978 v. supra, par. 3.2 , è conseguenziale ritenere che la N.P. s.a.s. e la sua socia accomandataria in proprio non possano in alcun modo essere tenute in solido con il conduttore per il pagamento dei canoni, il che è quanto ritenuto, del tutto coerentemente, dal giudice del merito. 6.1 - In definitiva, il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di legittimità possono integralmente compensarsi, stante l'obiettiva novità di talune tra le questioni trattate. In relazione alla data di proposizione del ricorso successiva al 30 gennaio 2013 , può darsi atto dell'applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 . P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 , comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.